4
agli altri come guardarsi dentro e non dimenticare che spesso,
ricchezza e potere non stanno dalla parte dei giusti.
Nel Prometeo incatenato, l’assenza di giustizia e la poca
umanità di chi regna, sono evidenziate in modo particolare: Zeus
regna male sul popolo, sfrutta l’ignoranza degli uomini per
poterli assoggettare al suo volere.
Prometeo, che è un semi-dio, non accetta la situazione di
sottomissione in cui gli uomini si trovano per colpa di Zeus e si
ribella contro di lui in nome della dignità umana calpestata dal
potere, si ribella per restituire a tutti gli esseri umani il diritto di
credere in se stessi e non in un tiranno che basa le fondamenta
del suo potere sulla fragilità della natura umana.
Il sapere rende gli uomini liberi dalla schiavitù morale e
soprattutto li rende responsabili delle loro azioni siano esse
giuste o sbagliate.
5
L’eroe di Eschilo, possiede il coraggio di un uomo che
sa qual è il valore del fuoco, in altre parole, lui sa qual è il
valore della conoscenza e come questa possa cambiare le sorti di
un popolo che per ignoranza, accetta la tirannia.
La tragedia di Prometeo sembra quasi voler testimoniare
ciò che l’uomo può fare quando diventa il sostenitore della
giustizia e della verità.
Non credo che Prometeo sia un mito irraggiungibile, ma
credo che rappresenti un modo d’ essere dell’uomo: un modo
d’essere vero e privo di egoismo. Vedo in Prometeo l’assenza
totale di egoismo, l’assenza di un interesse personale da
difendere, vedo in lui lo specchio di una coscienza che si vuole
ribellare in nome della verità, anche a costo di perdere tutto
persino la libertà.
Ma dov’è la libertà? Forse è libertà quella che Zeus
concede ai suoi sudditi? Prometeo sceglie di essere libero
6
proprio quando rifiuta la libertà di Zeus che impone il rispetto di
regole assurde e soffoca ogni tentativo di giustificata protesta
contro l’ordine dispotico da lui costituito. Egli non accetta le
regole di Zeus, le rifiuta perché non servono a disciplinare la
vita di un uomo, ma servono ad annientarla e a renderla priva di
significato. Zeus è un tiranno e come tutti i tiranni sbaglia: segue
una politica scorretta, si appropria con la forza di un trono che
non era il suo ma del padre Crono, distruggendo un regno che si
vantava di essere il sostenitore dei nobili principi aristocratici,
impone il suo governo senza il consenso del popolo.
L’eroe di Eschilo cerca di porre rimedio agli errori del
padre degli dei, ma la sua protesta contro l’autorità costituita
non basta definirla la protesta di un rivoluzionario che lottando
per la libertà rifiuta ogni conservatorismo.
Prima di tutto Prometeo è un uomo che si chiede perché
il popolo deve accettare un governo che non ha mai chiesto né
7
voluto, è un uomo che crede nella libertà e nel progresso allo
stesso modo in cui crede nei valori dell’antica giustizia
aristocratica. Egli non può essere considerato solo un
rivoluzionario, perché quando guarda dietro di sé vede il
passato, florido e felice, vede un antico governo che faceva della
giustizia, dell’uguaglianza e del rispetto verso l’autorità divina, i
baluardi della sua stessa esistenza…Ma nel presente ogni
tradizione è morta, ogni valore morale e umano si è spento sotto
il peso di un tiranno che non conosce la legge eppure la impone.
La legge di Zeus è una legge che si fa interprete della
volontà di uno Stato autoritario, è una legge nuova che non può
essere moralmente accettata dalla gente, è l’espressione fredda e
cinica di uno Stato che sa comandare ma non insegna la
moralità. Uno Stato che non conosce leggi morali e religiose,
che non crede nell’esistenza di una giustizia divina superiore, è
uno stato destinato a non durare a lungo. Ed infatti la tirannide
8
di Zeus si dissolverà con il passare degli anni, ma non perché
verrà abbattuta da una rivolta popolare, ma perché lo stesso
Zeus si convertirà ad un’ideologia politica diversa, sicuramente
molto più solidale con gli esseri umani.
Il lavoro di questa tesi sul Prometeo è stato articolato in
modo tale da poter seguire un percorso che abbia un inizio ed
una fine. Nei primi due capitoli infatti, ho cercato di
“presentare” Eschilo e di interpretare la sua tragedia, mettendo
in risalto la personalità fortemente religiosa dello stesso autore e
la profonda complessità e conflittualità che pervadono l’opera.
Nei capitoli III e IV ho ritenuto opportuno sottolineare e
approfondire l’argomento circa il diverso modo d’interpretare il
potere politico di due personaggi altrettanto diversi: Zeus e
Prometeo. Dapprima tra i due principali protagonisti della
9
tragedia sembra non esserci alcun dialogo, poi finalmente
sopraggiunge l’inaspettato cambiamento: Prometeo cede e rivela
il suo segreto perché è venuto a sapere che Zeus non è più un
tiranno. Zeus ha quindi accettato e compreso l’antico valore
della giustizia aristocratica mentre Prometeo, a sua volta, non
potrà rifiutare il nuovo ordine civile e giuridico basato su una
democrazia vera, nata dal compromesso tra la forza del potere e
la forza del sapere. Il tema del compromesso, o meglio della
conciliazione, è il motivo di fondo che anima questa tesi: ogni
situazione che si crea all’interno della tragedia, le intenzioni
profonde dei personaggi, la finalità a cui tende l’opera stessa,
sono volte a realizzare il grande progetto della conciliazione.
La libertà illuminata sarà il frutto del compromesso tra
Zeus e Prometeo, un compromesso che ancora oggi insegna
l’importanza dei valori morali e il valore di una politica che non
è solo fonte di potere ma è anche fonte di sapere.
10
Il V capitolo, infine, è importante per capire come
Prometeo, nella sua battaglia per l’affermazione del progresso,
non per questo rinnega i valori morali del passato e della
tradizione. Una tradizione che si rinnova e che si trasforma in
progresso: credo che Prometeo voglia difendere questo principio
per testimoniare che il progresso della civiltà è un processo che
si realizza attraverso l’affermazione del valore della vita umana
che è anche il simbolo più antico e sacro da difendere in un
mondo che corre velocemente verso il futuro.
Prometeo appartiene al passato, difende la tradizione
aristocratica ma al tempo stesso è il rappresentante del
progresso e dell’uomo nuovo.
Dunque la tragedia di Prometeo, sembra essere una
tragedia attuale, una tragedia che ogni giorno gli uomini giusti
vivono per poter difendere i loro diritti, più volte usurpati dai
nuovi tiranni dell’epoca moderna. Ancora oggi, infatti la
11
condizione dell’uomo non è poi così cambiata: l’affermazione
dell’ ideologia democratica non trova di fronte a sé un facile
percorso, poiché, talvolta, i vecchi regimi di potere continuano
ad ostacolare la realizzazione dei nuovi governi del sapere.
12
CAPITOLO I
LA TRAGEDIA SECONDO ESCHILO
1) La vita e le opere.
C’e un profondo legame religioso che unisce il grande
tragediografo Eschilo al luogo in cui nacque, intorno al 525 a.C.:
si tratta di Eleusi, “luogo in cui da tempi antichi, pre-ellenici, si
celebravano i misteri, in cui i credenti, in atti misteriosi e
solenni, incessantemente rinnovavano l’esperienza del legame
con il grembo materno della terra, con le potenze dominatrici del
mondo, e venivano richiamati alla loro origine e alla loro
destinazione.”
1
1
M. Pohlenz, La tragedia greca vol. I, Paideia Editrice, Brescia 1979, p.52
13
Si narra che forse lo stesso Eschilo fu iniziato al culto
misterico della dea Demetra e che in seguito fu accusato di
averne rivelato i misteri, nonostante egli stesso, durante il
processo, avesse provato di non esservi neppure stato iniziato
2
.
Tale vicenda però non è stata chiarita, l’unica certezza che
abbiamo é che la densa atmosfera religiosa che si percepiva ad
Eleusi, influenzò Eschilo e la sua poesia.
All’amore per la poesia, Eschilo coniugò l’amore per la
patria, infatti a trentacinque anni, combatté a Maratona e dieci
anni dopo ritornò sul campo di battaglia a Salamina,
distinguendosi sempre per il suo coraggio
3
.
Eschilo fu un autore prolifero, infatti, in base ai dati delle
fonti, sappiamo che scrisse circa 90 opere, tra tragedie e drammi
satireschi.
4
2
Cfr. M. Pohlenz, La tragedia greca vol. I, cit., p.53
3
Cfr. ibidem, p.50
4
Cfr. D. Del Corno, Letteratura greca,Edizioni Principato, Milano 1988, p. 166
14
Purtroppo di queste 90 opere non ci rimangono altro che la
maggior parte dei titoli, qualche testo papiraceo e molti
frammenti
5
.
Le uniche tragedie, che ci sono pervenute per intero, sono
sette, almeno così é stato stabilito da una scelta formatasi fra il III
e il IV secolo d.C
6
.
Le sette tragedie, che possediamo per intero, sono i
PERSIANI, I SETTE A TEBE, LE SUPPLICI, L’ORESTEA,
l’AGAMENNONE, le COEFORE, e le EUMENIDI, anche se in realtà ci
sarebbe un’altra tragedia da menzionare, il PROMETEO
INCATENATO, sulla quale gravano alcuni dubbi circa
l’attribuzione della stessa ad Eschilo.
La critica più recente sostiene infatti che le incertezze
sull’opera derivino dal fatto che il linguaggio di questa tragedia,
a differenza delle altre, sia meno sublime e poco religioso e
5
Cfr. D. Del Corno, Letteratura greca, cit., p.166
6
Cfr. ibidem, pp.165-166