2
sussumibile anche in quella “altra forma di comunicazione” alla
quale
si riferisce l’art. 15 Cost.
3
nel garantire e tutelare la libertà e la
segretezza nella corrispondenza
4
.
Se le possibilità di utilizzazione di Internet sono pressoché
illimitate, lo sono anche le possibilità che se ne faccia un uso
improprio.
La Rete si configura, allora, come un “contenitore acritico” di
servizi, e l’uso che il fruitore ne fa dipende dal complesso intreccio di
quelle che sono le caratteristiche e le potenzialità di Internet, le
caratteristiche personali e i bisogni soggettivi e intersoggettivi
dell’utente.
Uno strumento viene definito dal suo uso, e l’uso dipende dai
bisogni e dalle aspettative degli individui in relazione a ciò che lo
strumento medesimo permette di fare.
Il carattere multimediale della Rete, inoltre, rende possibile
utilizzare e, simultaneamente, integrare in uno stesso messaggio testi,
immagini, foto, grafici, filmati, animazioni, ecc.
3
“La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono
inviolabili. La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria
con le garanzie stabilite dalla legge.”
4
Resta perciò esclusa ogni possibilità di autonomo e arbitrario intervento da parte di organi
amministrativi, compresa la polizia giudiziaria, che potrebbe invece procedere a forme di
intercettazioni solo subordinatamente ad una preventiva autorizzazione del giudice e
funzionalmente alla persecuzione di determinati reati.
3
Ci sono differenti “ambienti” in Internet, applicazioni e servizi
che consentono di trasferire nel cyberspazio file e comunicazioni. Tali
applicazioni e servizi si prestano però ad essere impiegati anche per
commettere reati.
Il ruolo da protagonista della telematica impone, all’attenzione
dell’operatore del diritto, problematiche di tutela giuridica
originariamente insospettate.
La nascita delle nuove tecnologie della comunicazione ha
creato la possibilità di reati informatici o comportamenti scorretti a cui
non era possibile pensare prima.
Si può parlare allora di “illeciti di Internet” intendendoci
riferire agli illeciti che potrebbero essere commessi dai soggetti che
regolano l’accesso alla Rete (es. rifiuto o limitazione di assegnazione
dell’accesso); di “illeciti contro Internet”, cioè quelle attività degli
utilizzatori i quali danneggiano la Rete con comportamenti devianti
(es. diffusione su Internet di virus).
Infine la telematica ha dato origine ai c.d. “illeciti per mezzo di
Internet”: trattasi di una categoria in cui confluiscono fattispecie
molto diverse sia per l’eterogeneità dei diritti che l’utilizzatore di
Internet può violare servendosi della Rete sia per la varietà dei modi
attraverso cui tali violazioni possono aver luogo.
4
Nell’ambito del genus “illeciti per mezzo di internet” il
presente lavoro tratterà delle tematiche attinenti ai reati in materia
sessuale che possono essere consumati attraverso Internet. In
particolar modo, dopo aver riepilogato, in modo sommario, i principi
generali del diritto penale, quali il principio di legalità, di materialità e
di offensività, si analizzerà la possibilità di esplicare le molteplici
condotte dei reati in materia sessuale previsti dal codice penale
attraverso il mezzo internet e le eventuali problematiche che l’uso del
Web, nell’esplicazione di tali condotte, pone in relazione ai suddetti
principi.
5
CAPITOLO I: I PRINCIPI DEL DIRITTO
PENALE.
I) Il principio di legalità (Nullun crimen, nulla poena sine
lege)
5
.
I.I) La legalità nell’ordinamento giuridico.
Nella cornice dell’odierno Stato di diritto, sia la produzione
delle norme penali che la loro applicazione sono presidiate da un
rigore particolare, che esalta, in questo campo la funzione di garanzia
generalmente assegnata alla legge.
Negli ordinamenti giuridici moderni, la funzione di garanzia
della legge, in materia penale, si riassume nel c.d. principio di legalità
dei reati e delle pene: sia il fatto costituente reato, sia la
corrispondente sanzione - nonché la natura, specie ed entità di questa -
devono essere previsti dalla legge.
Nell’ordinamento italiano, il principio di legalità, nelle sue
diverse articolazioni, è formulato nel modo più esplicito dalla legge
ordinaria ed è presidiato costituzionalmente. L’art 1 c.p. vigente
5
VASSALLI, “Nullun crimen sine lege”, in Giur.it. 1939, IV, 49 ss., NUVOLONE, Il principio di
legalità e il principio delle difesa sociale, in Studi in memoria di Grispigni, Sc. Pos. 1956, 237 ss.;
BRICOLA, La discrezionalità nel diritto penale, Milano 1965, p. 229 ss.; PETROCELLI, Appunti
sul principio di legalità nel diritto penale italiano, in Arch.pen. 1966, p. 191 ss; GALLO, La legge
penale, Torino, 1967; PAGLIARO, Principio di legalità e indeterminatezza della legge penale, in
Riv.it. 1969, 694; DOLCINI, Note sui profili costituzionali della commisurazione della pena, in
Riv.it. 1974, 338.
6
stabilisce “Nessuno può essere punito per un fatto che non sia
espressamente preveduto come reato dalla legge, né con pene che non
siano da essa stabilite”; il successivo art. 2, comma 1, a sua volta,
precisa: “Nessuno può essere punito per un fatto che, secondo la legge
del tempo in cui fu commesso, non costituiva reato”. L’espresso
divieto di applicazione analogica delle norme penali è contenuto
nell’art. 14 delle cd. Preleggi
6
: “Le leggi penali e quelle che fanno
eccezione a regole generali o ad altre leggi non si applicano oltre i
casi e i tempi in esse considerati”. Il principio di legalità è poi assunto
al rango di precetto costituzionale, per il tramite dell’art. 25, comma 2,
Cost
7
.: “Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che
sia entrata in vigore prima del fatto commesso”. Il comma 3 dello
stesso art. 25 costituzionalizza a sua volta, il principio di legalità nella
materia delle misure di sicurezza: “Nessuno può essere sottoposto a
misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge”.
Nonostante la differente formulazione fra l’art. 1 c.p. e l’art. 25,
comma 2 e 3 Cost., nessun dubbio può sorgere circa il fatto che la
norma costituzionale - pur apparendo focalizzata sulla regola della
irretroattività della legge penale incriminatrice - abbia comunque
6
Disposizioni sulla legge in generale, approvate preliminarmente al codice civile con r.d.
16/3/1942, n. 262.
7
BRICOLA, Art. 25. 2° e 3° comma, in Commentario della Costituzione, a cura di G. Branca, pp
234 ss
7
inteso riferirsi a tutti gli aspetti del principio di legalità
8
, conferendo
ad essi rango ed efficacia costituzionale.
I.II) La riserva di legge in materia penale.
La cd. riserva di legge- il principio, cioè, secondo cui reati,
pene e misure di sicurezza non possono avere altra fonte che non sia la
legge - è la determinazione più ovvia (e in certo senso
omnicomprensiva) del principio di legalità, considerato nel suo
aspetto formale
9
. L’espressione “riserva di legge”, del resto, non è
altro che una formulazione sintetica della regola enunciata dall’art. 1
c.p. e presidiata, a livello costituzionale, dall’art. 25, Cost.
Negli ordinamenti politici di tipo liberal-democratico, fondati
sul principio della rappresentanza parlamentare, alla riserva di legge in
8
La portata del principio di legalità, nell’ordinamento vigente, viene generalmente articolata nella
enunciazione di quattro regole fondamentali, che sono: 1) la cd. riserva di legge; 2) la regola della
tassatività e determinatezza della fattispecie penale; 3) il divieto di interpretazione analogica; 4)
l’irretroattività della legge penale.
9
Nella sua storia il diritto penale è contrassegnato dalla contrapposizione dialettica di due principi
che riflettono due diversi modi di concepire il rapporto tra individuo e Stato e lo stesso diritto
penale: Il principio di legalità formale e il principio di legalità sostanziale. Il principio di legalità
formale esprime il divieto di punire un qualsiasi fatto che, al momento della sua commissione, non
sia espressamente preveduto come reato dalla legge e con pene che non siano dalla legge
espressamente stabilite. Tale principio implica, pertanto, una nozione formale di reato, dovendo
appunto considerarsi reato solo ciò che è previsto come tale dalla legge. Con la duplice
fondamentale conseguenza: che non sono punibili le azioni non espressamente incriminate dalla
legge anche se antisociali e, viceversa, sono punibili le azioni dalla legge espressamente
incriminate anche se socialmente non pericolose. Ciò che imprime al fatto il carattere della
criminosità è l’espressa previsione di legge e, in definitiva, la natura penale della sanzione che la
legge per esso stabilisce. Il principio di legalità sostanziale (o materiale) sta, invece, a significare
che reati debbono essere considerati i fatti socialmente pericolosi, anche se non espressamente
previsti dalla legge, e che ad essi vanno applicate le pene adeguate allo scopo. Tale principio
implica una nozione sostanziale di reato, dovendo appunto considerarsi reato tutto ciò che offende
l’ordine sociale di un determinato tipo di Stato. Con la duplice conseguenza: che sono punibili le
azioni socialmente pericolose anche se non espressamente incriminate dalla legge e, viceversa,
sono non punibili le azioni espressamente incriminate dalla legge se socialmente non pericolose.
Ciò che imprime al fatto il carattere della criminosità è la sua pericolosità sociale.
8
materia penale si attribuiscono però, rispetto alla generica accezione
del principio di legalità, un fondamento e un significato particolari.
Storicamente, il principio di legalità esprime essenzialmente
esigenze di certezza, che richiedono leggi scritte e stabili, emanate
anteriormente alla commissione del reato e sottratte nella loro
applicazione all’arbitrio del potere esecutivo e di quello giudiziario
10
.
Il moderno principio della riserva di legge integra queste istanze
fondamentali con un’ulteriore pretesa: che cioè ogni atto normativo,
suscettibile di determinare una restrizione dei diritti individuali di
libertà, scaturisca in via esclusiva dalla volontà popolare, per come
essa si esprime attraverso la rappresentanza parlamentare, liberamente
eletta. Si ritiene, cioè, che solo i procedimenti di formazione delle
leggi, costituzionalmente previsti, possano garantire un controllo
sufficiente dell’uso dello strumento penale, diretto soprattutto a
impedire che esso venga usato quale mezzo di oppressione delle
minoranze o di persecuzione di individui e gruppi ben determinati.
I.III) La tassatività e la determinatezza della fattispecie legale.
La riserva di legge in materia penale, vincolando ad una espressa
statuizione legislativa la previsione dei reati e delle pene, assicura sul
10
DOLCINI, Discrezionalità del giudice e diritto penale, in Diritto penale in trasformazione, a
cura di Marinucci – Dolcini, Milano, 1985, pp 268-269; BRICOLA, La discrezionalità nel diritto
penale, vol. I, Varese, 1965, pp 230 ss
9
piano formale, il realizzarsi del principio di legalità. Di per sé,
tuttavia, la riserva di legge non avrebbe alcun significato pratico - e si
ridurrebbe ad una mera spoglia, priva di contenuto - se non fosse
integrata dal cd. principio di tipicità delle azioni penalmente rilevanti.
Questa regola dell’ordinamento esprime l’esigenza che il
legislatore, nel prevedere un reato, descriva, sulla base dell’esperienza
comune, un processo della realtà, in modo tale che, quando esso in
concreto si verifichi, sia agevolmente riconoscibile la sua
corrispondenza all’azione vietata dalla legge sotto la minaccia della
pena; così da scongiurare fin dove è possibile l’arbitrio del giudice e
dell’interprete.
In linea di massima si può dire che mentre la riserva di legge
tende a bloccare l’arbitrio del potere esecutivo, la tassatività e
determinatezza tendono, invece, a scongiurare quello del potere
giudiziario.
In realtà il principio di legalità, anche quando potrebbe dirsi
adempiuto nel suo aspetto formale (la riserva di legge) è comunque
sostanzialmente eluso quando la previsione legislativa sia così
generica e ambigua, da non consentire la ricostruzione del fatto
10
vietato
11
. La norma penale, insomma, deve fornire una
descrizione, più o meno dettagliata, del fatto punibile, mediante la
previsione,
astratta e generale, dei suoi caratteri essenziali: così da delineare una
fattispecie, immediatamente riconoscibile quando si verifichi nella
realtà fenomenica.
Perché il principio di legalità adempia a una reale funzione di
garanzia è dunque necessario che la fattispecie legale del reato sia
delineata secondo criteri di tassatività e determinatezza
12
che rendano
possibile la riconduzione del singolo, concreto fatto punibile al
modello astratto, delineato dal legislatore (cd. sussunzione). Quindi,
mentre il principio della riserva di legge attiene alle fonti del diritto
penale, il principio di tassatività e determinatezza presiedono alla
tecnica di formulazione della legge penale.
Il principio di tassatività, che la dottrina italiana ricava senza
11
Si pensi ad un codice penale costituito da una sola norma incriminatrice, formulata all’incirca
nel modo seguente: “ Sono puniti con la reclusione da…a…l’omicidio, il furto, la concussione,
l’alto tradimento, ecc….”. E’ evidente che una norma di questo genere non potrebbe mai svolgere
un ruolo né di orientamento, né di garanzia per il cittadino, che non sarebbe messo veramente in
condizioni di sapere che cosa gli è permesso e che cosa, invece, gli è proibito fare, sotto minaccia
della pena.
12
I due termini vengono spesso adoperati come sinonimi. Parte della dottrina tende invece a
differenziare i due termini (PALAZZO, Il principio di determinatezza nel diritto penale, Padova,
1979, 3 ss). Per determinatezza si intende l’idoneità di un atto ad essere conosciuto in sé stesso e
nel significato che esso esprime. Il concetto di legge determinata coincide solo in parte con quello
di norma tassativa. La determinatezza è una qualità della fattispecie redatta in termini precisi e
concordanti. Tra determinatezza e tassatività vi è un rapporto di sintomaticità in quanto la
fattispecie redatta in termini chiari e precisi è sintomatica del divieto di analogia risultando netti e
precisi i confini del suo ambito applicativo . Una norma è indeterminata quando il giudice può
ricorrere all’analogia. Il concetto di determinatezza è più vasto di quello di tassatività: lo
ricomprende ma non si esaurisce in esso. Il legislatore può ricorrere ad espressioni elastiche per
particolari ragioni di giustizia sociale, senza permettere al giudice particolari applicazioni
arbitrarie di modo che essendo “dentro e non fuori dalla legge” , l’esigenza costituzionale di
tassatività (art.13) ed il divieto di analogia espresso dall’art 14 disp. prel sono rispettati.
11
esitazione dall’art. 25, comma 2, Cost, esprime, a ben vedere, una
implicazione, in chiave garantistica, del canone di frammentarietà
della legge penale
13
: se è vero, infatti, che il diritto penale reagisce
solo a determinate e ben circoscritte modalità di aggressione di
determinati beni giuridici, ne consegue necessariamente che dalla
norma penale debba emergere con sufficiente precisione sia il bene
che si vuole proteggere con la minaccia della pena, sia le specifiche
modalità di aggressione, a cui è riservata la risposta penale.
E’ stato, del resto, giustamente osservato che la stessa pretesa di
obbedienza della norma risulta sminuita di efficacia, non appena il
contenuto del comando risulta dubbio o difficilmente riconoscibile.
Né si è mancato di mettere in evidenza che lo stesso principio
costituzionale di obbligatorietà dell’azione penale (art. 112 Cost.)
risulterebbe impraticabile, in mancanza di una puntuale
configurazione normativa dei fatti, in relazione ai quali vige l’obbligo
13
La moderna concezione, di ispirazione liberale, del diritto penale costituzionalmente orientato, è
esaltata dal principio di frammentarietà: le fattispecie penali dovrebbero tutelare il bene giuridico
solo nei confronti di specifiche forme di aggressione143. La sfera penalmente rilevante, di
conseguenza, è limitata rispetto a ciò che è considerato antigiuridico dall’intero ordinamento e non
coincide con l’ambito del moralmente riprovabile. La tendenza della giurisprudenza ad interpretare
estensivamente alcune espressioni delle fattispecie incriminatrici, per ragioni di prevenzione
generale, va vagliata attentamente con la consapevalezza che la lacunosità del diritto penale è
essenziale per non assolutizzare alcuni beni. Le scelte legislative, sono frutto di un bilanciamento
di interessi: all’esigenza di tutelare un determinato bene si contrappone un interesse contrario (che
non può essere strumentalizzato), la cui protezione richiede la riduzione del controllo penale.
(PALAZZO, Il principio di determinatezza nel diritto penale, Padova, 1979, 414)
12
di agire
14
.
Un’ulteriore implicazione della regola della tassatività è
costituita dalla pretesa che il fatto vietato sia realmente suscettibile di
verificarsi nella realtà, così da essere riconoscibile nella sua tipicità:
“ciò che nessun giudice può provare, infatti, neppure il legislatore
può assumere come oggetto dei suoi divieti”
15
.
Tassatività e determinatezza della fattispecie legale, in materia
penale, sono assunte dalla Corte Costituzionale come requisiti di
validità delle norme incriminatrici
16
. Al relativo principio va dunque
riconosciuta una fondamentale importanza, quale criterio di rilevanza
costituzionale, per la formulazione delle leggi penali. Se è vero,
infatti, che le istanze di tassatività e determinatezza della normazione
penale sono sorte storicamente per operare in funzione di limite al
14
BRICOLA, Legalità e crisi: l’art. 25, commi 2 e 3 della Costituzione rivisitato alla fine degli
anni ’70, in La questione crim., 1980, 210; RONCO, Il principio di tipicità della fattispecie penale
nell’ordinamento vigente, Torino, 1979, 110 ss.
15
Questo principio, limpidamente enunciato da FEUERBACH (Revision der Grundsatze und
Grundbegriffe des positiven peinlichen Rechts, 2 p., Chemnitz 1800, rist. an. Aalen 1966, 12 s.) è
stato posto dalla C.Cost. a base della dichiarazione di illegittimità dell’art. 603 c.p., che
incriminava il delitto di “plagio”, descrivendo come il fatto di chi “sottopone una persona al
proprio potere, in modo da ridurla in totale stato di soggezione”. Con la sent. 9/4/1981, n. 96, la
C. Cost., riscontrato che l’art. 603 c.p. prevedeva “un’ipotesi non verificabile nella sua
effettuazione e nel suo risultato”, non essendo “dimostrabile, in base alle attuali conoscenze ed
esperienze, che possano esistere esseri capaci di ottenere, con soli mezzi psichici, l’annientamento
totale di una persona”, concludeva nel senso della indeterminatezza dell’art. 603, per
“l’impossibilità di attribuire ad essa un contenuto oggettivo, coerente e razionale”; d’onde
“l’assoluta arbitrarietà della sua concreta applicazione”. Secondo il pensiero della Corte, dunque,
il principio di tassatività non solo “richiede una descrizione intelligibile della fattispecie”, ma
risulta osservato solo “fintantoché nelle norme penali vi sia riferimento a fenomeni la cui
possibilità di realizzazione sia stata accertata in base a criteri che allo stato delle attuali
conoscenze appaiono verificabili”.
16
Oltre a quella richiamata nella nota che precede vedi anche la sentenza C. Cost. 27/5/1961, n.
21, e 16/12/1970, n. 191.
13
potere giudiziario
17
, il relativo principio è stato elaborato
soprattutto
per ricavarne canoni di legiferazione.
Nella misura in cui viene invocato per desumerne limiti alla
interpretazione giudiziale, il principio di tassatività manifesta evidenti
connessioni con il divieto di analogia in materia penale.
Con il principio di irretroattività ha in comune la ratio della
certezza, intesa come massima predeterminazione della legge; in tanto
si può parlare, infatti, di previa esistenza del comando, in quanto esso
non solo esista, ma sia anche formulato in maniera determinata, così
da poter costituire una regola di condotta che non sia oscura, o
indecifrabile. In questa prospettiva, si è anzi giustamente rilevato che
l’esigenza di determinatezza, costituendo il più stretto vincolo del
giudice alla legge, sia proprio da considerarsi come il principio
sovraordinato a quello di irretroattività o, almeno, in rapporto con esso
come le due facce di una stessa medaglia.
18
Tuttavia tra il principio di tassatività assunto nella molteplicità
delle sue implicazioni e la realtà dell’ordinamento penale vigente,
esiste una sensibile divaricazione. Questo scarto dipende non solo
17
Il principio di determinatezza tende, in ultima analisi, a vincolare il più possibile l’attività
interpretativa del giudice alla legge positiva. E’ evidente infatti, che quanto maggiore è la
precisione della descrizione legislativa del reato, tanto più il giudice risulterà vincolato dal
contenuto del precetto. In argomento, PALAZZO, Il principio, cit., 131 ss,.
18
PALAZZO, Il principio, cit., 37.
14
dalla obiettiva difficoltà di rinvenire il livello di sufficiente
determinatezza delle fattispecie incriminatici, ma anche da un
eccessivo self-restraint della Corte Costituzionale, la quale al solenne
riconoscimento del principio di rado ha fatto seguire un effettivo
controllo sulle modalità di tipizzazione legislativa dell’illecito.
19
D’altra parte, l’ambiguità sovente riscontrabile nella normativa
penale, specie più recente, è anche una diretta conseguenza della
tendenza compromissoria che caratterizza l’attuale attività legislativa:
l’esigenza di bilanciare beni e interessi di cui sono portatrici forze
politico-sociali configgenti si traduce, a livello di redazione delle
fattispecie penali, in formulazioni ora troppo generiche ora incerte,
che non di rado celano l’intento di scaricare sul potere giudiziario il
compito di mediare tra opposte esigenze di tutela difficilmente
compatibili in sede più propriamente politica.
Da qui anche la ricorrente tentazione di settori della
giurisprudenza di sovrapporre alle scelte legislative politiche
giudiziarie di tutela dei beni giuridici, di fatto consentite o agevolate
dalla stessa ambiguità dei testi legislativi e dalla non infrequente
latitanza dei poteri pubblici istituzionalmente legittimati alla
19
Sulle ragioni di tale atteggiamento della Corte vedi NUVOLONE, La problematica penale della
Costituzione, in Scritti in onore di Mortati, IV, Milano 1977, 494 ss. E PALAZZO, Il principio,
Cit., Padova, 1979, 401.
15
risoluzione politica dei conflitti sociali.
20
I.IV) Determinatezza e tecniche di redazione della fattispecie
penale.
Uno degli aspetti più rilevanti sotto cui viene oggi considerato il
canone costituzionale della determinatezza è costituito dalla sua
funzione di orientamento per la selezione delle tecniche più idonee per
una compiuta esplicazione del principio di legalità. La tecnica di
redazione delle fattispecie penali, svolge, infatti, un ruolo decisivo per
la riconoscibilità del divieto legale, e quindi per il concreto realizzarsi
delle esigenze sostanziali, sottese al principio di legalità. E’ del tutto
evidente, infatti, che, quanto maggiore è la precisione della
formulazione legislativa del reato, tanto più il giudice risulta vincolato
al contenuto del precetto e tanto più il messaggio legislativo sarà
efficace.
Bisogna tener conto, però, del fatto che la norma penale contiene
pur sempre un comando astratto e generale e che il grado di
concretizzazione del precetto, che la norma può attingere, varia
necessariamente in funzione del suo contenuto prescrittivo.
20
PULITANO’, Supplenza giudiziaria e poteri dello Stato, in Quaderni costituzionali, 1983, 93 ss.