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herd, that has the important task to educate all young colts and foals
born in their herd.
Horses living in freedom, play and live all together and this is the key the
trainer has to know about horse training.
Those ways to act are the same that horse-trainers have to reproduce
during the training of each horse .
If we speak their language we’ ll obtain a lot of results in their personal
training.
So, the way to train a horse is the consequence of their own
comprehension.
If we try to understand their way to habit we’ ll have the solution of
training close in our hands.
It’s very simple to understand animals if we try to leave our human
presumptuousness of being the best inhabit of the world back on
shoulders.
Horses are beautiful animals and we can became their best friends
during life if we pursue their habits and their way of being naturally prey
animals.
Figura 1 Marta ed
il puledro
Pericolo dell'E.I.:
momenti di vita
al paddock
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CAPITOLO 1
1.1 INTRODUZIONE ALL’ARGOMENTO
1.2 Passaggio dal concetto dell’ “Imprinting” di Lorenz a
quello di “Imprint Training” di Miller
L’uomo ed il cavallo, due specie viventi nettamente differenti sul piano
etologico, il cavallo un animale predato da secoli e l’uomo primo fra i
predatori più temibili sulla faccia della terra; entrambi mammiferi con
una grande attitudine alla cura e alla protezione della prole, devoti al
gruppo ed alla “ famiglia “ dai quali dipende la loro sopravvivenza.
Allo stesso tempo due specie così differenti! L’una, il cavallo, nomade e
l’altra, l’uomo, per lo più sedentaria, il primo erbivoro ed il secondo
onnivoro: il risultato di due differenti modus vivendi che si è delineato
nel corso dei secoli, ma pur sempre legati da un inscindibile legame di
dipendenza l’uno dall’altro.Al fine di comprendere a pieno il cavallo,
comprenderne la sua natura, le sue abitudini di vita, il Sistema Naturale di
Addestramento, si riferisce a studi etologici di rilevanza internazionale. A
tal proposito è opportuno annoverare i più importanti etologi e fisio-
etologi che hanno svelato le abitudini comportamentali, dell’animale
adulto e neonato, nel caso specifico del cavallo.
A tutt’oggi è risaputo, infatti, che la figura materna per il neonato ha
un’importanza fondamentale per la formazione del carattere nell’ ambito
della specie di appartenenza. Il rapporto tra madre e figlio assume un
significato speciale, sia nell’uomo che in altri animali (mammiferi in
special modo) che apprendono dal rapporto con il genitore (Imprinting
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sessuale, grooming, comportamenti allelomimetici…) ciò che gli servirà
per la sua futura sopravvivenza nel proprio habitat di appartenenza.
Konrad Zacharias Lorenz etologo e fisiologo austriaco (Vienna, 7
Novembre 1903 – Altenberg, 27 Febbraio 1989) è considerato il padre
fondatore della moderna etologia scientifica e codificò, nei volatili
oggetto dei suoi studi, un atteggiamento che indicò con il termine di
“ Imprinting “, una sorta d’impressione permanente, una stampa
(dall’ inglese to print = stampare, fissare) dell’atteggiamento materno nei
confronti del neonato, un segno indelebile del rapporto tra madre e
figlio.
Konrad Lorenz e l'Imprinting sulle oche
In seguito alle prime cure neonatali, che seguono il parto (grooming della
madre nei confronti del cucciolo appena nato), il neonato fissa tutte
quelle informazioni che gli consentiranno di riconoscere la propria
madre come qualcuno di cui fidarsi, al quale affidare la propria fragile
“ prima esistenza ”.
Così, il padre dell’etologia, apprese che questo “ periodo sensibile “
poteva essere impiegato dall’uomo per avvicinare due specie anche così
differenti tra loro, per ri- creare quel legame inscindibile, fino a quel
tempo esclusivo, del rapporto madre - figlio.
La tecnica dell’Imprinting fu poi applicata ad altre specie animali,
sfruttando il periodo sensibile (che varia da alcuni minuti ad alcuni giorni
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secondo la specie considerata) di ogni individuo dopo la nascita, al fine di
far comprendere all’animale in questione che l’uomo poteva risultare
anche un valido alleato e non solo un temibile predatore.
Anche nei cavalli è stato quindi possibile applicare questa tecnica di
primo ammansimento del puledro, per instaurare con l’uomo quel
legame inscindibile che porrà le basi per un sereno e corretto
addestramento di tipo etologico e che caratterizzerà l’intera esistenza del
binomio uomo- cavallo.
Le oche seguono Lorenz nei suoi spostamenti
Pur partendo dalle ormai note teorie dell’etologo premio Nobel per la
Medicina e la Fisiologia (condiviso con Niko Timbergen e Karl von
Frisch, nel 1973), la tecnica di Imprinting che oggi è utilizzata con molte
specie animali, si rifà all’interpretazione che ne ha fatto il Dottor Robert
M. Miller, veterinario americano per equidi, che lui stesso ha chiamato
“ Imprint Training “.
Lorenz nella sua interpretazione ha codificato il tipo di apprendimento
chiamato “ Imprinting “ come una fissazione di comportamenti tra un
individuo ed un soggetto neonato; le oche che lui adorava e che sono
state alla base di numerosi suoi studi, una volta nate lo avevano
identificato prima come la loro “madre“! Ed in seguito come partner
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sessuale; proprio perché lui stesso, si è presentato come il primo
individuo apparsogli alla schiusa delle uova.
I piccoli di oca seguono la madre, il loro primo riferimento dopo la schiusa
delle uova
Quello che invece più interessa al Dottor Miller è sfruttare questo
periodo sensibile al fine di creare un legame duraturo con il soggetto
preso in esame, nel nostro caso per l’appunto, un puledro appena nato!
A sua volta questa tecnica di “ desensibilizzazione “ al contatto con
l’uomo è stata rivisitata, nel Metodo Naturale di Addestramento, ed
adattata alle esigenze del cavallo sportivo.
Il fine della nostra trattazione, è capire come sfruttare al meglio il
periodo sensibile del puledro neonato, per creare quel rapporto duraturo
e proficuo che tanto desidera un cavaliere dal suo futuro cavallo.
Il Metodo Naturale di addestramento si prefigge quindi di instaurare con
il puledro e successivamente con il futuro cavallo adulto, quel rapporto
di fiducia indispensabile al perdurare del rapporto di collaborazione tra
uomo e cavallo, senza dover in alcun modo ricorrere alla coercizione o
peggio ancora alla violenza come via risolutiva.
Prima di entrare nel merito degli aspetti tecnici del metodo sarà quindi
utile parlare della struttura del branco e comprendere quei meccanismi
comportamentali alla base della natura del cavallo.
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CAPITOLO 2
2.1 IL CAVALLO IN NATURA
2.2 La struttura sociale del branco
I cavalli che hanno la possibilità di vivere allo stato brado o comunque
riuniti in branchi per la maggior parte della loro vita (situazione che è
possibile ricreare anche in un allevamento o in un maneggio dotato di
ampi spazi verdi recintati) crescono nella consapevolezza di appartenere
ad un gruppo solido e compatto, sanno quindi di essere protetti da
qualsiasi intruso, predatori o uomo che sia. In più questi cavalli imparano
quale sia la logica del branco, come ci si comporta con gli altri soggetti
del gruppo e altre nozioni importanti quali la ricerca del cibo, quella
dell’acqua e la distinzione tra le piante commestibili e quelle tossiche!
Consentendo al nostro puledro di vivere in un branco di cavalli che
condividono uno stesso spazio (ma si possono considerare valide anche
le situazioni in cui il puledro vive con un altro suo coetaneo, o con un
soggetto più grande sempre della stessa specie), potremo sicuramente
contare su un soggetto cresciuto nelle migliori condizioni, non solo dal
punto di vista fisico, ma anche “ psicologico“.
Branco di cavalli in fuga
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Esempi di cavalli e di puledri in branco
Nel branco possiamo individuare vari soggetti, ognuno con un ruolo ben
definito ed una posizione specifica nella gerarchia, che sarà mantenuta
per tutta la vita se i soggetti del branco rimarranno sempre gli stessi. Si
potranno invece avere delle modificazioni, nel caso in cui vengano
introdotti o sottratti alcuni soggetti dal gruppo di appartenenza.
I gruppi di cavalli si possono formare per ragioni differenti: o perché li
abbiamo suddivisi noi nei paddock, secondo un criterio che si rifà alle
nostre esigenze lavorative, oppure si può creare naturalmente una volta
che i soggetti sono entrati in contatto tra loro e perseguono uno stesso
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interesse, per lo più di tipo fisiologico, come la ricerca delle migliori fonti
di cibo o d’acqua.
I cavalli scelgono di stare insieme per sentirsi più sicuri; questo comporta
identificazione individuale, coordinazione delle attività del gruppo e lo
stabilirsi di scambi sociali capaci di mantenere gli individui uniti.
I gruppi sociali possono essere pressocchè stabili oppure transitori.
Nei gruppi sociali solidi individuiamo ad esempio: sia gruppi famigliari,
composti da uno stallone che vive con alcune fattrici (il suo harem) ed i
loro figli ma possiamo anche avere gruppi formati da soli maschi scapoli,
senza femmine.
I giovani puledri, che non hanno ancora raggiunto la maturità sessuale,
possono essere cacciati dal gruppo d’origine per formarne uno proprio,
questo avviene solitamente se il branco d’appartenenza non ha a
disposizione sufficienti risorse alimentari.
Esistono anche degli stalloni che vivono in solitudine e che
occasionalmente, nel periodo degli amori, si avvicinano ad un branco
appartenente ad un altro soggetto maschio per accoppiarsi.
In natura i cavalli non formano gruppi di più di venti individui (il
numero di venti soggetti potrebbe indicare che la memoria sociale di un
cavallo abbia questi limiti e che quindi dovremo stare attenti a non
eccedere con il numero di cavalli in un paddock, soprattutto se lo spazio
è limitato. E’ frequente, infatti, che il cerchio delle conoscenze sociali di
un cavallo che vive in aree ristrette sia molto più piccolo (meno di dieci
individui).