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In questo possono essere d’aiuto i sistemi di misurazione delle performance che, a partire
dagli input ricevuti direttamente dall’ambiente o forniti da una apposita funzione, si
occupano di pianificare il percorso di sviluppo delle competenze ed elaborazione dei
processi, verificando, tramite il controllo di gestione, che questi rispecchino l’andamento
desiderato e la realizzazione degli obiettivi prefissati.
Un modello di supporto alla gestione aziendale da diversi anni all’onore delle
cronache è il Balanced Scorecard; nato come strumento di misurazione bilanciata dei
risultati tramite indicatori di natura non solamente economico-finanziaria, è stato in seguito
sviluppato fino a diventare una componente essenziale nel processo di comunicazione,
realizzazione e revisione della strategia. Sono due i principi cardine del modello che,
favoriti dalla specificazione degli obiettivi istituzionali lungo le linee gerarchiche aziendali,
ne hanno guidato l’evoluzione: da una parte la focalizzazione di ogni decisione intorno ai
principi raccolti nella mission e dettagliati dalla strategia, dall’altra, l’allineamento dei
comportamenti verso il raggiungimento di risultati coerenti tra loro. A ciò si aggiunge la
denotazione di continuità del BSC, il quale necessita il costante apporto di informazioni ad
alimentare i vari indicatori che lo compongono e contestualmente l’aggiornamento della sua
struttura che, per essere realmente utile, deve rispecchiare ogni modificazione, sia in
termini di configurazione aziendale, sia di linee strategiche. A partire da queste
considerazioni, con il lavoro che segue si è inteso verificare due ipotesi antitetiche ma
correlate cui lo stato dell’arte non ha ancora trovato soluzione definitiva.
Innanzitutto, considerato il forte impatto che l’introduzione del modello di
performance management provoca sia sulla struttura che sui sistemi e sui processi,
rappresentando di fatto e affinché il suo funzionamento si riveli efficace, un momento di
cambiamento organizzativo, ci si è chiesti se un’analisi dettagliata degli elementi tipici
dell’azienda potesse giovare alla sua implementazione. Più precisamente, in che modo una
migliore comprensione degli aspetti gestionali e organizzativi può supportare i momenti di
sviluppo e manutenzione del BSC, mantenendolo allineato alle necessità che di volta in
volta si renderanno attuali? Ancora, se è vero che la portata di un BSC “a regime” influisce
su tali aspetti, in che modo risultano modificati dall’introduzione dello strumento i soggetti
responsabili e quelli coinvolti, le procedure, le tempistiche, le priorità e i processi?
La seconda ipotesi che si intende verificare è speculare alla prima. Si è osservato
che la funzione aziendale di programmazione e controllo possiede il migliore accesso alle
informazioni e, spesso, in conseguenza di ciò, la capacità di indirizzare efficacemente gli
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elementi caratteristici di un’organizzazione nella direzione perseguita. Inoltre, l’impiego del
BSC comporta una rilevante diffusione di questi sistemi lungo le direttrici dell’impresa,
modificandole (è la prima ipotesi), ma anche controllandole (seconda ipotesi). Preso atto
che l’introduzione del modello rappresenta un momento di cambiamento organizzativo e
che questo influenza a sua volta gli elementi della struttura aziendale, il passo successivo è
stato chiedersi se il BSC potesse risultare uno strumento di change management efficace. In
altri termini, la vita organizzativa risulta contrassegnata in misura sempre più marcata da
continue mutazioni ambientali che hanno ripercussioni anche all’interno dei confini
aziendali, ma è possibile gestire questi momenti di cambiamento organizzativo attraverso il
Balanced Scorecard? E’ un sistema in grado programmare, governare e orientare il
cambiamento futuro e lo sviluppo dei fattori critici di successo aziendali o è solo un
elemento che si aggiunge al “caos organizzativo”?
La ragion d’essere della tesi può quindi essere sintetizzata in tre quesiti:
1. un’analisi del cambiamento organizzativo, può e in che modo supportare e
migliorare lo sviluppo del BSC?
2. come influisce il BSC sugli elementi organizzativi tipici (struttura organizzativa,
cultura, politiche, leadership, ecc.)?
3. è possibile utilizzare il BSC come strumento di gestione del cambiamento
organizzativo?
La risposta agli interrogativi sinora formulati è stata ricercata in primo luogo facendo
ricorso alla bibliografia disponibile sui temi trattati, rivelatasi consistente e solo in rare
occasioni lacunosa. La seconda parte dell’elaborato ha compiuto un passo ulteriore,
inserendo l’analisi ora dettagliata nel peculiare contesto della sanità pubblica italiana che
vanta dimostrazioni di impiego del Balanced Scorecard tanto isolate quanto importanti.
Uno di questi pionieri è l’Azienda Ospedaliera di Busto Arsizio che, da oltre un
quinquennio, ha adottato il modello di gestione delle performance oggetto di studio e presso
la quale è stata svolta, sotto la forma del case study, una ricerca finalizzata alla verifica
delle considerazioni di carattere teorico-bibliografico formulate a conclusione della prima
sezione dello scritto.
Il lavoro che segue è organizzato in quattro capitoli che seguono l’ordine
concettuale appena tratteggiato. Dopo aver presentato il contesto ambientale moderno, i
fattori che lo influenzano e gli strumenti opportuni alla loro valutazione, saranno
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approfondite le variabili che le più rilevanti analisi del cambiamento organizzativo
consultate individuano alla base del funzionamento aziendale, nell’ordine: strategia,
struttura, cultura, politiche e stili di leadership. Per ognuna di esse verranno esaminate le
relazioni con il cambiamento al fine di determinare quando, come e perché siano in grado
di facilitarlo od ostacolarlo. Saranno quindi prospettati tre differenti modelli di change
management che suggeriscono altrettanti approcci, differenziati a seconda dell’attenzione
prestata alle variabili prima considerate, nonché all’ambiente esterno. Da ultimo,
l’introduzione dei sistemi di misurazione delle performance consentirà di mettere in luce
l’importante contributo che questi sono in grado di trasmettere nel processo di gestione del
cambiamento.
Il secondo capitolo è interamente dedicato alla metodologia del Balanced Scorecard,
fulcro di tutta la trattazione. In tale sede l’analisi sarà meramente letteraria e volta ad
approfondire, sia il contesto in cui il modello è stato sviluppato e quindi le esigenze che
mirava a soddisfare, sia l’evoluzione delle caratteristiche che, a dispetto delle critiche
mosse da più parti e grazie alle sorprendenti esperienze di un elevato numero aziende, ne
hanno progressivamente sancito l’affermazione quale sistema di gestione delle performance
più diffuso nelle grandi imprese private. La trattazione si dilunga anche nel delicato
processo di implementazione, rielaborato mediando tra le indicazioni generiche fornite a tal
riguardo dagli ideatori del modello e quelle più dettagliate di altri accademici.
Gli ultimi due paragrafi contengono le considerazioni e le conclusioni sino a tal punto
compiute e relative alle ipotesi più sopra definite, rispettivamente l’applicazione degli
elementi tipici dell’analisi organizzativa a supporto dello sviluppo del modello e il suo
utilizzo quale strumento di gestione del cambiamento.
Il terzo capitolo osserva l’impiego del BSC in sanità ed è stato sviluppato alla luce
di un duplice scopo. Con riferimento alle peculiarità del settore, si è voluto, da una parte
illustrare, come già compiuto da più insigni autori, le possibilità di adattamento dello
strumento; dall’altra, verificare la validità e la possibilità di estendere a tale ambito le
considerazioni formulate a conclusione dei capitoli precedenti in risposta alle ipotesi che
hanno ispirato il presente lavoro.
Il percorso compiuto ha preso le mosse a partire dalla definizione del contesto (economico,
politico e legislativo) del settore sanitario e, in particolare, ospedaliero nel nostro Paese. Ha
seguito la presentazione dello stato dell’arte inerente il contributo che il BSC è in grado di
apportare nel contesto in esame, nonché degli adattamenti da compiersi relativamente alla
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struttura e alle fasi del processo di implementazione. Ampio spazio è stato dedicato anche
alle critiche compiute verso l’utilizzo “sanitario” nella speranza di offrire reali avvertenze,
ma anche di dimostrare le contraddizioni presenti in letteratura e ferma restando
l’intenzione di supportare la riflessione sulle effettive potenzialità dello strumento.
Il quarto capitolo rappresenta il banco di prova generale sul quale tutta l’analisi
teorica precedente, con le logiche argomentazioni, percezioni e conseguenze, viene
verificata e confrontata con una situazione analoga, ma stavolta reale.
L’osservazione “sul campo” dell’esperienza dell’Ospedale di Busto Arsizio comprende la
presentazione dell’evoluzione della struttura e dei sistemi di controllo anche alla luce della
riorganizzazione recentemente compiuta. Saranno quindi considerate le variabili che hanno
reso auspicabile l’adozione del BSC e i momenti caratteristici del suo sviluppo, ponendo in
evidenza i fattori che, nel caso concreto, ne hanno supportato o messo a repentaglio il
successo. Alla luce delle sfide e delle trasformazioni che l’azienda sta affrontando, saranno
da ultimo valutati, sia i possibili contributi delle evidenze che un’analisi degli elementi
organizzativi può offrire, sia le reali opportunità di impiego del Balanced Scorecard come
strumento di change management.
Prima di addentrarsi nel vivo della discussione, desidero esternare pochi, semplici e non
certo esaustivi ringraziamenti. A tutto lo staff dell’Ospedale di Busto Arsizio, che mi ha
sostenuto e aiutato in questi mesi, mai negando spiegazione alcuna; in particolare al dott.
Zoia, per la grande opportunità che mi ha concesso, alla dott.sa Ottolini, per la costante
attenzione dedicata e al dott. Masini, per l’inesauribile esempio di tenacia e dedizione
mostrato. Infine al professor Baraldi, che fin dalle lezioni del corso ha saputo trasmettere
passione e metodo di lavoro, suscitando in me il desiderio di apprendere la statura di simile
professionalità.
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Capitolo Primo
La gestione
del cambiamento organizzativo
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Introduzione
l primo capitolo si sviluppa sotto la forma di un’analisi degli elementi mobilitati
durante un momento di cambiamento organizzativo. Dopo aver preso in rassegna la
teoria sottostante la gestione d’azienda, con particolare riferimento all’ambiente
competitivo in cui questa viene esercitata, verranno approfonditi la struttura organizzativa,
la cultura, le politiche e la leadership.
Per ogni tematica sarà dedicata adeguata attenzione, sia alla presentazione della teoria
sottesa, sia all’indagine delle relazioni intercorrenti con le trasformazioni organizzative al
fine di porre in evidenza la funzionalità del ruolo di ciascuna
Con la presentazione dei modelli di gestione del cambiamento proposti da due
differenti scuole di pensiero, sarà infine possibile conciliare tutti gli elementi costitutivi
dell’azienda precedentemente introdotti e offrire uno sguardo d’insieme circa il suo
funzionamento e le dinamiche intercorrenti con i propri stakeholder.
Una volta edificato questo background, con l’ultimo paragrafo verrà apprezzato il
contributo dei sistemi di misurazione e gestione dei risultati: anche in questo frangente, alla
presentazione dello stato dell’arte seguirà lo studio sia delle relazioni con gli altri elementi
organizzativi, sia del ruolo rivestito all’interno di un momento di cambiamento. Da ultimo,
si intende indagare l’ipotesi secondo cui sarebbe consigliabile sfruttare i canali
comunicativi tradizionalmente utilizzati dall’attività di performance management ai fini di
un più efficace indirizzo del cambiamento.
1.1 Il cambiamento è l’unica costante
Primo e fondamentale passo del percorso che segue è il proposito di fare chiarezza riguardo
a cosa si intende quando si parla di un’organizzazione, in quanto, seppur sotto diversi e più
specifici punti di vista, essa rappresenta l’attore principale di questo elaborato. L’origine
dell’espressione è da ricercare nel greco ὄργανον (organon), che significa “strumento”, ma
sebbene la letteratura moderna a riguardo sia considerevole, una definizione univoca non è
ancora emersa. Pare dunque utile richiamare gli elementi comuni evidenziati nei numerosi
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tentativi di precisarne la natura; i due esempi riportati sono ritenuti significativi in quanto
evidenziano aspetti differenti ma complementari circa la natura dell’organizzazione.
Mullins identifica una struttura formale creata dalla dirigenza per istituzionalizzare le
relazioni degli individui e dei gruppi di persone presenti nell’organizzazione, allo scopo di
indirizzarne gli sforzi in attività volte al raggiungimento dei suoi obiettivi.1
Nella prospettiva adottata da Menard, un’organizzazione è un accordo istituzionale
finalizzato a rendere possibile un cosciente e deliberato coordinamento delle attività
all’interno di confini determinati, in cui i partecipanti si impegnano in azioni collettive con
lo scopo di creare e allocare capacità e risorse all’interno di una combinazione di comando
e cooperazione.2
Entrambe la definizioni sembrano parafrasare gli insegnamenti di Mintzberg, riconoscendo
l’organizzazione come la formalizzazione e strutturazione degli elementi fondamentali
dell’attività organizzata: divisione del lavoro e coordinamento.3 Questa visione consente di
introdurre due concetti fondamentali, quello di ruolo, ovvero l’unità organizzativa
fondamentale, slegata dal suo occupante4, e quello richiamato nelle definizioni proposte, di
direzione e controllo, necessario ad indirizzare le interazioni che avvengono in azienda
verso gli scopi istituzionali.5
In quanto entità strutturata, emerge la presenza di confini; a tal riguardo risulta necessario
distinguere tra quelli organizzativi/strutturali menzionati nelle definizioni e quelli
geografici. Questi ultimi non vanno infatti tralasciati poiché il funzionamento di
un’organizzazione spazia al loro interno6, anche se oggigiorno ciò avviene in modo sempre
meno identificabile, tanto che essi risultano, in ultima analisi, mere astrazioni7.
1
“Individuals and groups interact within a formal structure. Structure is created by management to establish
relationships between individuals and groups, to provide order and systems and to direct efforts to carry out
goal seeking activities.” Mullins (2005), p. 32.
2
“An organization is an institutional arrangement designed to make possible the conscious and deliberate
coordination of activities within identifiable boundaries, in which members associate on a regular basis
through a set of implicit and explicit agreements, commit themselves to collective actions for the purpose of
creating and allocating resources and capabilities by a combination of command and cooperation.” Menard
(1995), p. 172.
3
“Ogni attività umana organizzata, da quella della produzione dei vasi a quella di inviare un uomo sulla luna,
fa nascere due esigenze fondamentali e opposte: la divisione del lavoro in vari compiti da eseguire e il
coordinamento di questi compiti per portare a termine l’attività”. Mintzberg (1985a), p. 37.
4
“As the basic unit of an organization is the role rather than the person in it, the organization in maintained in
existence, sometimes over a long period of time, despite many changes of members.” Statt (1991), p. 102.
5
In modo più schematico Daft delinea l’organizzazione come un’entità sociale guidata da obiettivi, progettata
quale sistema di attività deliberamene strutturate e coordinate che interagiscono con l’ambiente esterno. Daft
(2004), p. 12.
6
Butler (1991), pp. 1-3.
7
“I confini […] tra le organizzazioni, stanno diventando più flessibili e labili con l’emergere del bisogno da
parte delle imprese di rispondere più velocemente ai cambiamenti dell’ambiente esterno”. Daft (2004), p. 12.