1. L’EFFICACIA DELLA NORMA TRIBUTARIA NEL
TEMPO
1.1 Il principio generale della non retroattività delle disposizioni
tributarie.
La data di entrata in vigore di una legge, di regola, è anche la data a partire dalla quale inizia
la sua efficacia; Vi possono essere, però, casi in cui il momento dell’entrata in vigore non
coincide con l’inizio della sua efficacia poiché quest’ultimo può essere differito o può
retroagire
1
. Il concetto di efficacia, che la dottrina e la giurisprudenza distinguono dal
concetto di validità, attiene agli effetti prodotti dalla norma in un determinato ambito
spaziale (si parlerà in questo caso di efficacia nello spazio) o in un determinato ambito
temporale (cioè di efficacia nel tempo). Tralasciando la disciplina dell’efficacia spaziale, ci
soffermerò soltanto sull’efficacia temporale delle norme tributarie analizzando nello
specifico il problema della loro retroattività.
Le norme fondamentali da cui deve partire l’analisi sono gli articoli 10 e 11 delle
disposizioni preliminari al Codice civile.
L’articolo 10 disp. prel. c.c. stabilisce
2
che in linea generale le norme di legge e
regolamentari entrano in vigore, cioè divengono efficaci, quindici giorni dopo la loro
pubblicazione, trascorso il cosiddetto periodo di vacatio legis. Sarà poi il legislatore che
potrà ridurre questo periodo, fino ad annullarlo completamente, stabilendo l’entrata in
vigore della norma anche lo stesso giorno della pubblicazione. Questa possibile
anticipazione dell’entrata in vigore della norma, però, non rappresenta un’efficacia
retroattiva, che è cosa ben diversa.
Una disposizione molto simile la troviamo nell’articolo 73, comma terzo, della
Costituzione, dove si afferma che le norme sono pubblicate dopo la promulgazione ed
1
Cfr. F. Tesauro, Istituzioni diritto tributario, parte generale, Utet giuridica, 2006, pag.35.
2
L’articolo 10 disp. prel. c.c. stabilisce che: “Le leggi e i regolamenti divengono obbligatori nel decimoquinto giorno
successivo a quello della loro pubblicazione, salvo che sia altrimenti disposto”
4
entrano in vigore il quindicesimo giorno dopo la loro pubblicazione, salvo che la stessa
legge non stabilisca diversamente. Nonostante si tratti di una norma costituzionale, la
presenza di questo specifico rinvio permette al legislatore ordinario di stabilire un termine
iniziale diverso; quindi non cambia nulla rispetto a quanto detto circa l’articolo 10 delle
disp. prel. cod. civ..
L’articolo 11 disp. prel. cod. civ.
3
invece esprime un altro principio molto importante,
secondo cui la legge dispone solo per l’avvenire, non potendo avere un effetto retroattivo.
Tale disposizione normativa, avendo carattere generale, deve ritenersi applicabile anche alla
materia tributaria: specificamente, alle norme tributarie aventi carattere impositivo, ovvero,
a quelle norme di legge che introducono una nuova imposta, aumentano l’aliquota di
un’imposta esistente, eliminano o riducono un trattamento agevolativo
4
.
Il problema della retroattività si manifesta quando il legislatore pone il momento d’inizio di
efficacia di una norma anticipatamente rispetto alla pubblicazione dell’atto normativo in
questione. Le conseguenze di questa decisione sono fondamentali sia sul piano della
certezza del diritto, sia su quello della tutela del cittadino, in quanto le nuove norme
potranno essere applicate solo a fattispecie concrete verificatesi dopo l’entrata in vigore
della norma stessa.
Il principio generale dell’irretroattività della legge ha però un valore assoluto solo nei
confronti delle leggi penali, a causa di un divieto di retroattività espresso in proposito,
desumibile dall’articolo 25, comma 2, della Costituzione
5
.
Invece, al di fuori della materia penale, il principio generale dell’irretroattività della legge
ha un valore solo relativo: nel senso che esso non esclude che in qualche caso il legislatore
possa ritenere opportuno estendere l’efficacia della nuova legge a vari rapporti pregressi,
attribuendo pertanto alla medesima efficacia retroattiva.
Il problema della retroattività della norma è stato oggetto per lungo tempo di analisi da parte
della dottrina la quale è arrivata a conclusioni differenti. La dottrina dominante
6
analizza il
3
L’articolo 11 disp. prel. c.c. : “La legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo”
4
In questa sede, si tralascia la problematica specificamente attinente alla retroattività della norma tributaria
sanzionatoria.
5
L’articolo 25 della Costituzione al comma 2 dispone che: “nessuno può essere punito se non in forza di una legge che
sia entrata in vigore prima del fatto commesso”.
6
Cfr. Fantozzi, Manuale di diritto tributario, Torino, 1997, pag. 158 ss.; Russo, Manuale di diritto tributario, Giuffrè,
1999, pag. 109 ss.; Natoli, Corso di diritto tributario, Milano, 1999, pag. 63 ss.
5
concetto di retroattività della norma tributaria distinguendo fra retroattività propria ed
impropria.
Si parla di retroattività propria quando sia la fattispecie che i suoi effetti si collocano nel
passato rispetto all’entrata in vigore della legge. L’esempio tipico che viene fatto è quello
delle norme che prorogano l’efficacia di esenzioni scadute; infatti, dopo la loro scadenza il
legislatore può ritenere che dovessero essere mantenute e ne dispone la proroga attraverso
una norma di legge che produca effetti dal momento della scadenza delle esenzioni, quindi
anteriormente alla sua entrata in vigore.
Si ha, invece, retroattività impropria quando la legge istituisce un tributo da corrispondere
dopo la sua entrata in vigore ma riferendolo a fatti verificatisi prima di essa. I casi di
retroattività impropria non sono stati rari e sono serviti soprattutto a recuperare a tassazione
manifestazioni di capacità contributiva sfuggite nel passato. Come nel caso della famosa
legge 246 del 1963 (oggetto fra l’altro di un’importantissima sentenza della Corte
costituzionale, la n. 44 del 1966, che si prenderà in esame anche nel prosièguo della
trattazione) che voleva applicare al passato l’imposta sugli incrementi di valore delle aree
fabbricabili.
Altri autori
7
, invece, sostengono che questa distinzione non abbia fondamento e tutto il
fenomeno della retroattività debba essere ricondotto a quello della retroattività impropria,
non sussistendo, quindi, alcuna distinzione. Infatti tali autori sostengono che nel caso di
retroattività propria, gli effetti prodotti dalla norma non sono anticipati; essi si producono
ugualmente dopo la sua entrata in vigore e consistono, trattandosi per esempio di una
proroga di esenzione temporanea scaduta, o nell’estinzione del potere d’imposizione se i
fatti tardivamente esentati non sono stati assoggettati a tassazione, o nella nascita del diritto
al rimborso se la tassazione ha avuto luogo.
In questo esempio i due effetti possibili della norma retroattiva, estinzione del potere
d’imposizione o diritto al rimborso, si producono comunque dopo l’entrata in vigore della
norma e non prima.
In sostanza, afferma questa parte della dottrina, non è possibile che una norma nuova vada
indietro nel tempo e faccia nascere effetti giuridici per un periodo ormai già trascorso. La
norma tributaria retroattiva dispone solo per il futuro e la caratteristica della retroattività è
7
Cfr. Falsitta, Manuale di diritto tributario, Padova, Cedam, 2003, pag. 93-95; Bertora, Legittimità delle norme di
prelievo cosiddette retroattive, in Riv. dir. Fin., 1969.
6
giustificata dal semplice fatto che la norma assume a presupposto dell’imposta fatti accaduti
nel passato. Dunque, il connotato tipico della norma retroattiva è che essa dispone per
l’avvenire, però assume a presupposti d’imposta fatti o effetti accaduti nel passato,
modificandone il trattamento
8
.
Invece, per quanto specificamente attiene alla retroattività in peius che riguarda la norma
impositiva, nell’orientamento della giurisprudenza, appare efficace la descrizione che della
stessa fornisce la Corte costituzionale.
In particolare, i Giudici della Corte ne ipotizzano la configurabilità “non soltanto quando la
legge ponga a base della prestazione un fatto verificatosi nel passato, ma anche quando esso
alteri, modifichi o trasformi, con effetto retroattivo, gli elementi essenziali dell’obbligazione
tributaria e i criteri di valutazione che vi sono connessi, quali risultano da una precedente
normativa”
9
.
Secondo tale giurisprudenza, la retroattività legislativa che riguarda la norma impositiva
può, dunque, assumere due diverse forme: con la prima, si prende in considerazione un fatto
già verificatosi al fine di ricollegarvi l’insorgenza dell’obbligo contributivo; qui, in altre
parole, il presupposto è stato già realizzato prima dell’introduzione della nuova
imposizione.
Con la seconda forma di retroattività, la nuova legge tributaria modifica, con effetto
retroattivo, gli elementi essenziali dell’obbligazione tributaria, tra i quali rientrano sia
l’imponibile sia l’aliquota, valutandoli giuridicamente in modo diverso dalla legge
previgente.
In sintesi, la retroazione della legge tributaria si caratterizza per il fatto di riconnettere effetti
impositivi a presupposti già realizzatisi; ovvero, per il fatto di modificare i profili soggettivi
ed oggettivi della fattispecie imponibile o i criteri di determinazione dell’imposta quali
delineati nella previgente normativa
10
.
In ultimo dobbiamo considerare che, a prescindere dalle varie teorie esposte sopra sulle
norme retroattive, gli articoli presi in considerazione (artt. 10 e 11, disp. prel. c.c.) sono
contenuti in una legge ordinaria e dunque non è escluso che il legislatore ordinario possa
8
Cfr. Falsitta, opera ultima citata.
9
Corte cost., Sent. n. 45 del 16 giugno 1964.
10
Cfr. E. Della Valle, Affidamento e certezza del diritto tributario. Milano, Giuffrè, 2001, pag. 48-49.
7
derogarvi attraverso un atto normativo di pari rango che disponga appunto la retroattività di
una norma.
1.2 Il principio di capacità contributiva come limite alla retroattività
delle norme tributarie.
Il problema del fondamento normativo della limitazione alla retroattività della legge
tributaria deve affrontarsi facendo riferimento, essenzialmente, a due distinti principi:
anzitutto al principio di capacità contributiva, desumibile dall’articolo 53, comma 1 della
Costituzione; e poi al principio dell’affidamento e della buona fede del contribuente.
L’attenzione della dottrina, e poi della giurisprudenza, si è da tempo polarizzata sull’articolo
53, comma 1, della Costituzione, probabilmente a causa di un duplice motivo:
- la possibilità di collegare, in maniera diretta, la retroattività legislativa sfavorevole
alla violazione del requisito della “attualità” della capacità contributiva.
- la necessità di ricorrere ad una disposizione costituzionale specificamente dedicata
alla materia fiscale, onde contrastare in tale settore la predetta retroattività, alla luce
dell’orientamento della Corte costituzionale secondo cui “al di fuori della materia
penale, coperta dall’articolo 25, comma 2, della Costituzione, il retroagire è
tendenzialmente consentito al legislatore, salvo il contrasto con specifiche
disposizioni costituzionali”
11
.
Riguardo invece al principio dell’affidamento, sempre quale limite alla retroattività
legislativa, questo assume rilevanza in maniera implicita quando si affronta l’elemento della
“prevedibilità” dell’imposizione retroattiva, quale specificazione del principio di capacità
contributiva
12
. Vedremo inoltre che tale principio viene ad assumere sempre più
un’importanza autonoma, fino a diventare oggi uno dei principi cardine su cui è improntato
lo statuto dei diritti del contribuente (articolo 10) di cui si parlerà nel prosièguo del lavoro.
11
Corte cost., Sent. n. 118 del 8 luglio 1957.
12
Cfr. E. Della Valle, Affidamento e certezza del diritto tributario. Milano, Giuffrè, 2001, pag. 70-80.
8
Di seguito analizzeremo in primo luogo il principio di capacità contributiva in termini
generali
13
, per poi passare a dar conto della dottrina e della giurisprudenza di legittimità e di
merito, riguardo al tema della retroattività in relazione all’articolo 53 coma 1 della
Costituzione ed agli altri principi che insieme a quest’ultimo sono stati presi in
considerazione.
L’articolo 53 della Costituzione secondo cui “tutti sono tenuti a concorrere alle spese
pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”, rappresenta il punto di arrivo naturale
dell’indagine circa la legittimità costituzionale delle norme tributarie retroattive. Prima di
tutto perché rappresenta il principio fondamentale di tutto l’ordinamento tributario, poi
perché, proprio in riferimento a questa disposizione, sono state espresse le teorie più
interessanti sul tema che, nella maggior parte dei casi, sono arrivate ad una conclusione
importante secondo cui esistono dei limiti alla legittimità costituzionale dell’efficacia
retroattiva delle norme fiscali impositive.
Le prime analisi svolte sull’articolo 53 della Costituzione ebbero, come conseguenza,
un’interpretazione svalutativa del concetto di capacità contributiva, attraverso l’attribuzione
di un senso vago ed indeterminato. Gli economisti, i primi ad analizzare questo concetto, lo
considerarono come uno “scatolone vuoto” cui il legislatore poteva attribuire la portata più
varia a seconda delle scelte di politica fiscale contingenti. Prevalse, quasi subito, l’idea che
l’articolo 53 fosse una norma programmatica, idea, questa, avvalorata anche da alcune
sentenze della Corte di Cassazione
14
, secondo cui le disposizioni dei primi due commi
dell’articolo 53 della Costituzione erano programmatiche e quindi non d’immediata
applicazione, lasciando al legislatore la possibilità di una successiva e più completa
determinazione e specificazione di tale concetto. La conseguenza fondamentale di una tale
valutazione del principio di capacità contributiva fu l’esclusione di un possibile giudizio di
legittimità da parte della Corte costituzionale.
A poca distanza dalla decisione della Corte di Cassazione, però, la Consulta
15
modificò
questa impostazione, stabilendo che la legittimità costituzionale di una norma può anche
13
In questa sede esamineremo gli aspetti prevalenti del principio di capacità contributiva: quelli in qualche modo più
attinenti alle considerazioni che saranno fatte successivamente sulla retroattività delle disposizioni tributarie.
Ovviamente l’analisi non sarà quindi esaustiva essendo l’articolo 53 un principio cardine del sistema tributario che
sarebbe impossibile, nella nostra trattazione, approfondire in tutti i suoi aspetti e corollari.
Vedi sul tema: Moschetti (a cura di), “La capacità contributiva”, Cedam, 1993; Amatucci (diretto da) , “Trattato di
diritto tributario” vol. I, tomo I, Cedam 1994, pag.225 ss.
14
Cassazione, Sent. n. 844 del 25 marzo 1954.
15
Corte cost., Sent. n. 1 del 14 giugno 1956.
9
derivare dal contrasto con una norma programmatica. Tutto ciò ha portato ad approfondire il
concetto di capacità contributiva, al fine di valutare, di volta in volta, se una norma di legge
ordinaria contrasti con esso.
Oggi la dottrina dominante è concorde nel ritenere la capacità contributiva come l’idoneità
economica dell’individuo a concorrere alle spese pubbliche, la quale si esprime attraverso
indici economicamente valutabili, quali il patrimonio, il reddito, la spesa per consumi o
investimenti; fenomeni, cioè, sempre suscettibili di valutazione economica. In presenza di
questi indici, la prestazione tributaria trova la sua giustificazione nella mera possibilità
economica (effettiva e reale, e non presunta o fittizia) di concorrere all'interesse collettivo,
in ragione dell'esistenza di una ricchezza superiore alle esigenze dell'economia individuale
del soggetto (concetto del minimo vitale). Mentre sarebbero incostituzionali imposte che
colpissero fenomeni diversi, per esempio lo stato civile di una persona o caratteristiche
fisiche.
Questa interpretazione del principio di cui all’articolo 53 è stata accolta pienamente anche
dalla Corte costituzionale che, nella sentenza numero 45 del 1964, stabilisce che: “Per
capacità contributiva si deve intendere l’idoneità economica del contribuente a
corrispondere la prestazione coattiva imposta”.
Questi studi sul concetto di capacità contributiva, da parte d’importanti giuristi, hanno fatto
venir meno l’originario significato vago ed indeterminato attribuito dagli economisti, per
rivelare un concetto importante quale quello di forza economica. Di conseguenza l’articolo
53 della Costituzione cessa di essere una norma meramente programmatica, per diventare
una norma precettiva, cioè con efficacia vincolante per il legislatore ordinario.
L’articolo 53, primo comma, rappresenta, ora, non solo un criterio di misurazione del
prelievo di ricchezza, ma anche il presupposto di legittimità dell’imposizione tributaria e si
collega strettamente al principio di uguaglianza sancito nell’articolo 3 della Costituzione.
Infatti da esso si desume che le prestazioni tributarie devono gravare in modo uniforme su
soggetti che manifestano la stessa capacità contributiva, e in modo differente, secondo il
criterio della progressività
16
, su soggetti che hanno manifestazioni di ricchezza differenti.
Ogni prelievo tributario deve quindi avere una causa giustificatrice in indici concretamente
rilevatori di ricchezza. E’ ovvio che al legislatore rimane una grande discrezionalità nello
16
L’articolo 53, secondo comma, della Costituzione stabilisce che: “Il sistema tributario è informato a criteri di
progressività”.
10