8
temporale in attesa della sentenza di divorzio per la 
legislazione civile. 
Questa comparazione, a nostro avviso, è tutt'altro che 
trascurabile proprio in relazione ai rapporti tra le due 
legislazioni che, nel tempo, hanno attraversato fasi alterne 
(conflitti si sono avvicendati a momenti di maggiore o minore 
collaborazione e dialogo). 
Ci siamo soffermati quindi, sulle cause di separazione 
con una riflessione particolare in ordine alla causa principale: 
l'adulterio. 
In particolare, abbiamo analizzato i termini normativi e 
le implicazioni che derivano (rectius: che potrebbero 
derivare) da un'applicazione rigorosa e “poco pastorale”. 
La trattazione, infatti, non poteva ignorare il lato meno 
giuridico della questione ma (considerando l'animus e la 
ratio di tutta la normativa canonica) non meno importante, 
quello cioè pastorale e psicologico. 
Si tratta, a nostro avviso, di due aspetti da cui non si 
può prescindere in virtù della natura di tali norme e dei 
rispettivi destinatari (fedeli/cittadini). 
Proprio questa dualità ci ha consentito di analizzare il 
dato testuale nel tentativo di coordinarlo con l'aspetto 
precipuamente pastorale, senza tuttavia perdere di vista la 
dimensione giuridica. 
Riteniamo, infatti, che la complessità del contesto 
sociale non possa essere ignorata dal legislatore canonico. 
  
9
Una maggiore elasticità normativa (e non solo!), è 
inevitabile, non potendosi prescindere dalle mutate esigenze e 
circostanze in cui la norma canonica dev'essere applicata. 
La «norma aperta», infine, contenuta nel can. 1153, ha 
costituito un ulteriore spunto di riflessione soprattutto in 
relazione alla sua affinità con il disposto dell'art. 151 c.c.  
La sua formulazione, a nostro modo di vedere, lascia 
ampia discrezionalità sia al giudice sia alle parti, 
nell'individuazione delle (nuove ed ulteriori) cause di 
separazione. 
Riteniamo infine che, in tema di separazione si debba 
operare su due fronti: da un lato mantenere, dall'altro 
abbandonare. 
Mantenere le funzioni originarie dell'istituto; 
abbandonare lo spirito obsoleto con cui si guarda per dargli 
nuovo slancio e nuovo vigore. 
  
10
CAPITOLO I 
STORIA DELL’ISTITUTO 
 
SOMMARIO: 1.1. Panorama storico. ― 1.2. Il Concilio di Trento. ― 1.3. 
Dal Concilio Di Trento al Codice del 1917. ― 1.4. La Separazione 
nella legislazione civile. ― 1.5. La separazione nel codice Piano-
Benedettino. ― 1.5.1. Sulle varie cause di separazione. ― 1.5.2. 
L'adulterio: causa principale in tema di separazione. ― 1.5.3. 
Riflessi e competenze del potere statale. ― 1.5.4. Le altre cause di 
separazione. ― 1.5.5. Separazione consensuale: un istituto 
(anche) canonico. ― 1.5.6. Malitiosa Desertio: ipotesi di 
separazione di fatto?.  
1.1. PANORAMA STORICO 
L’istituto della separazione ha radici molto profonde 
nella storia della società e, nel corso dei secoli, ha assunto 
importanza e significati diversi soprattutto in relazione a ciò 
che ne costituisce il fondamento: il matrimonio. 
Il percorso evolutivo del diritto matrimoniale canonico 
si può articolare in due fasi, rispettivamente, prima e dopo il 
Concilio di Trento (1545-1563). Possiamo ben dire, infatti, che 
la materia matrimoniale, sebbene non sia mai stata ignorata o 
trascurata da parte della Chiesa, solo in seno al Concilio 
ottenne una compiuta ed adeguata elaborazione.  
  
11
In particolare, gli aspetti più analizzati ed approfonditi 
dai padri conciliari furono la sacramentalità del matrimonio e 
la condanna del divorzio. 
In precedenza, durante il periodo classico, il 
fondamento del matrimonio era rappresentato dalla semplice 
intentio, (indicata più precisamente con l’espressione 
“affectio maritalis”) dei nubendi con la conseguenza che, la 
possibilità di far cessare il rapporto coniugale, non era 
subordinata a particolari formalità né presupposti. Infatti, 
così come la volontà di essere uniti in modo durevole era 
elemento necessario e sufficiente per la nascita del rapporto 
di coniugio (salva poi l’auctoritas per gli alieni iuris), allo 
stesso modo il venir meno dell'affectio era motivo valido e 
idoneo per la sua estinzione
1
. 
Successivamente però, si rese necessario l’intervento in 
senso restrittivo da parte del legislatore, a causa degli abusi 
che già dai tempi più remoti si evidenziarono anche in 
quest’ambito. 
L’importanza del rapporto coniugale ed in special modo 
della fonte di tale rapporto, era tuttavia destinata ad 
aumentare nel tempo divenendo uno dei cardini delle 
legislazioni di tutti i tempi; infatti, tanto la genesi quanto la 
crisi del rapporto coniugale hanno da sempre costituito 
terreno fertile per dottrina e giurisprudenza.  
                                            
1
 G. RENZO VILLATA, Separazione Personale dei Coniugi, a) storia, in Enciclopedia del 
Diritto, XLI, 1989, ed. A. Giuffrè, Milano, pp. 1350-1376. 
  
12
In realtà, la distinzione tra l’istituto della separazione ed 
il divorzio, è frutto di lunga ed attenta elaborazione 
dottrinale; in origine si parlava più semplicemente di 
divortium, intendendosi con tale termine la possibilità 
riconosciuta ai coniugi (sebbene in misura e con conseguenze 
diverse) di far cessare tanto la convivenza, quanto i diritti ed i 
doveri connessi.  
Il primo giurista ad occuparsi della materia fu Pietro 
Lombardo cui si deve la distinzione tra scioglimento del 
matrimonio e mera cessazione della convivenza coniugale, 
indicando il primo con il termine divortium e definendo la 
seconda come separatio
2
.  
In realtà, le due espressioni per molto tempo non 
furono utilizzate nel loro reale significato ma 
indifferentemente; e questo nonostante le difformità fossero 
ben evidenti: il “divortium sive separatio quoad vinculum 
aut foedus“ incideva sull’esistenza stessa del rapporto 
coniugale, al contrario il “divortium sive separatio quoad 
torum et mutuam servitutem” indicava invece la cessazione 
della convivenza
3
. 
Le norme in tema di divortium si sono sviluppate e 
perfezionate nel tempo; non solo nell’ambito della 
legislazione statale ma anche in quella canonica. Entrambe, 
infatti, hanno assunto progressivamente contorni più decisi e 
                                            
 
2
A. GIUFFRE’, Separazione Personale dei Coniugi, c) dir. Canonico, in Enciclopedia 
del Diritto, vol. XLI, Milano, 1989, pp. 1403-1412.  
3
 ID., op. cit., p. 1404. 
  
13
fisionomie proprie, con evidenti e talvolta marcate influenze 
reciproche. 
Le cause originarie che legittimavano la cessazione del 
rapporto coniugale erano addirittura diverse tra uomo e 
donna. In particolare esse erano: per la donna, l’adulterio, 
l’essere avvelenatrice o mezzana; per l’uomo, l’omicidio, 
l’essere avvelenatore o violatore di sepolcri.
 
 
Tali differenze (che continueranno a rinvenirsi per 
molti secoli), si riflettevano anche sulle sanzioni, diverse tra 
marito e moglie, che potevano essere sia di natura 
patrimoniale (perdita della dote, della donazione nuziale) che 
personale (divieto di contrarre nuove nozze)
4
. 
Alcuni autori hanno in tal senso parlato di divortium 
semiplenum o matrimonii dissolutio imperfecta
 
volendo 
probabilmente porre l’accento sulle restrizioni personali che 
ne derivavano ma che tuttavia non incidevano sulla 
permanenza del legame. 
La possibilità di ricorrere a tale istituto ha subìto nel 
tempo, alternativamente, limitazioni e (più o meno) larghe 
concessioni, non essendo indifferente la concezione cristiana 
che, si è detto, cominciava a farsi strada all’interno delle 
società
5
. 
Sicuramente le sanzioni più pesanti erano previste per 
tutte le ipotesi in cui il divorzio non aveva alla base una delle 
                                            
4
 G. RENZO VILLATA, op. cit., pp. 1350-1376. 
5
 R. PALOMBI, op. cit., p. 493. 
  
14
cause legittime indicate dal legislatore (fino ad arrivare alla 
deportazione, prevista però solo per la donna
6
). 
L’influenza poi della dottrina cristiana si rendeva 
evidente oltre che sotto il profilo delle restrizioni delle cause 
di divorzio, anche nella concezione stessa del matrimonio. 
Un’attenta analisi della legislazione del Basso Impero 
(partendo da Giustiniano fino ad arrivare alla fine del V sec.), 
ci permette di comprendere chiaramente che, all’interno di 
una legislazione unitaria e compatta qual era quella romana, 
ben presto comincia ad aprirsi un varco che permette al 
matrimonio cristiano (quanto meno ad alcuni princìpi) di fare 
il suo ingresso nel mondo pagano, influenzandolo in varia 
misura partendo proprio da ciò che in quella realtà era 
pressoché ignorato: l’indissolubilità. 
Dal punto di vista più strettamente cristiano, tale 
principio trova sin dalle origini il suo fondamento nelle 
Scritture; i vangeli sinottici e le lettere di s. Paolo hanno 
costituito, infatti, il fondamento dell’insegnamento cristiano. 
 Il principio dell’indissolubilità però, si afferma con 
vigore grazie a s. Agostino che, in particolare, evidenzia e 
(potremmo dire) “sancisce” un nuovo aspetto dell'unione 
coniugale: la sacramentalità.  
                                            
6
 G. RENZO VILLATA, op. cit. p.1352, ma cfr. anche BIONDI, Diritto romano 
cristiano, III, Milano, 1954, p. 172. 
  
15
Il vincolo matrimoniale che lega l’uomo alla donna, è 
simbolo dell’unione tra Cristo e la Chiesa e per tale motivo 
sacramento
7
. 
La concezione in tema di matrimonio ed indissolubilità 
proposta da s. Agostino, inoltre, per molto tempo è stata 
addirittura identificata con la stessa dottrina cristiana. 
Sebbene, nei secoli, tale concezione indissolubilista 
abbia sporadicamente ceduto il passo ad una visione più 
tollerante (dovuta ad esigenze pratiche di convivenza tra 
pagani e cristiani), la dottrina canonica non ha mancato di far 
sentire la propria voce influenzando la norma laica. 
E’ pur vero però che, affinché la Chiesa potesse imporre 
con una certa forza la propria concezione del matrimonio, era 
necessario un passo ulteriore: passare cioè da una 
giurisdizione meramente spirituale (connessa quindi a 
sanzioni di tipo spirituale) ad una che si sostituisse (o si 
aggiungesse!) a quella statale per regolare ed amministrare 
tutta la materia
8
. 
Questo grande passaggio si rinviene intorno al X sec. 
quando, in seguito a numerose lotte tra potere laico ed 
ecclesiastico, la Chiesa acquista la piena competenza sulle 
cause matrimoniali
9
. 
                                            
7
 G. RENZO VILLATA, op. cit. p.1353. 
8
 ID., op. cit,. p. 1354, sulla giurisdizione matrimoniale della Chiesa si veda anche V. 
SAVIOLI, La giurisdizione patrimoniale e la giurisdizione della Chiesa in Italia 
prima del Mille, Modena, 1884.   
9
 ID., op. cit., pp. 1350-1376. 
 
  
16
Il secolo successivo, segnerà un'evoluzione ulteriore, 
riconoscendo all'autorità ecclesiastica una competenza in 
materia matrimoniale non soltanto piena ma anche 
“esclusiva”. 
I motivi che sono stati addotti a giustificazione di 
questo “evento” sono molteplici, conseguenza anche del 
maggiore o minore sfavore con cui si è guardato al potere 
ecclesiastico; tuttavia, ciò che preme in questa sede rilevare è 
che, a partire dal IV sec. i numerosi concili ecumenici hanno 
iniziato ad occuparsi, in varia misura e da diverse angolature, 
dell’istituto del divorzio e della separazione, disciplinandone 
tanto le cause legittimanti, quanto le sanzioni in caso 
d'inosservanza (arrivando, in alcuni periodi, a vietare il 
divorzio in modo assoluto). 
 Certamente un’importante evoluzione dottrinaria si 
ebbe, nel corso del XII secolo, grazie a Pietro Lombardo e 
Graziano.  
Il Lombardo elaborò, nell’ambito del concetto di 
separatio, la nozione di duplex separatio: una corporale e 
l’altra sacramentale.  
 La prima (indicata come separatio quoad thorum), non 
sciogliendo il vincolo, poteva derivare da adulterio o entrata 
in convento del coniuge; la seconda (separatio quoad 
  
17
vinculum o divortium), si rifletteva sulla validità 
dell’unione
10
. 
Questa distinzione ha rappresentato la base per le 
successive elaborazioni dottrinali e legislative che hanno 
portato l’istituto della separazione ad acquisire contorni e 
contenuti sempre più precisi e specifici. 
Il contributo di Graziano, attraverso la sua importante 
opera nota comunemente con il termine Decretum, si 
sviluppa non soltanto in ordine alle cause di separazione ma 
anche su un altro aspetto di centrale importanza, riflettendo 
in realtà, l'incertezza che da qualche tempo regnava in 
dottrina: «è il consenso che crea il vincolo coniugale o è 
necessaria l'unione dei corpi perché si possa parlare di 
matrimonio?».  
Una risposta alla questione non viene data dallo 
studioso che mantiene una posizione incerta, cercando di 
trovare una soluzione che si ponga come via di mezzo, che 
cerchi di conciliare ed armonizzare le due tesi opposte
11
, 
sostenendo che: «il matrimonio è iniziato dalla desponsatio e 
perfezionato dalla unione sessuale»
12
. 
                                            
10
 G. RENZO VILLATA, op. cit., p. 1356. 
11
 In dottrina si sosteneva, da un lato, la necessità e sufficienza del consenso perché si 
potesse parlare di matrimonio, dall'altro, si riteneva che questo elemento andasse 
completato (meglio, integrato), dall'unione sessuale. Sul punto si veda J. GAUDEMET, 
Storia del diritto canonico, Ecclesia et Civitas, ed. s. Paolo, Roma, 2008, pp. 628-633. 
12
 Il passo è citato da J. GAUDEMET, op. cit., p. 629. 
  
18
La questione troverà una soluzione solo nel XIII secolo 
a partire dal quale si afferma la duplice natura del 
matrimonio: contratto e sacramento. 
Graziano, all'interno della sua opera, dedica vari 
canones, alle diverse cause di separazione; in particolare, la 
prima e più importante ad essere presa in considerazione è 
l'adulterio, definita causa principale in tema di separazione 
(dato il rilievo e la centralità che sin dall'inizio ha rivestito).  
Altre cause erano: la fornicatio spiritualis, l’ebrietas 
abituale ed il furor del coniuge
13
. Casi questi che, integrano 
tutte situazioni di pericolo fisico per il coniuge.  
Contrariamente a quanto si era verificato in precedenza, 
a partire dal Basso Medioevo e fino ai tempi moderni, 
l’attenzione che il legislatore rivolge all’istituto in questione è 
limitata ai soli aspetti patrimoniali ed economici prevedendo, 
come in passato, la perdita della dote ma anche altre sanzioni 
di tipo pecuniario.  
Si ribadisce la competenza dell'autorità ecclesiastica in 
ambito matrimoniale sebbene non mancano i tentativi di 
“usurpazione” per opera del potere laico. 
                                            
13
 G. RENZO VILLATA, op. cit., pp. 1362-1363. 
  
19
1.2 IL CONCILIO DI TRENTO 
Il dibattito attorno al principio d'indissolubilità ritrova 
nuovo vigore e nuovi spunti a partire dal Cinquecento 
quando, dal mondo protestante, giungono ulteriori critiche e 
contestazioni (pur non arrivando a riconoscere la piena 
libertà nel divorziare) verso tale principio. 
Il secolo vede al suo interno un'ulteriore tappa di 
centrale importanza per l’elaborazione canonica 
rappresentata dal Concilio di Trento (1545-1563). 
 Si è affermato che l'elaborazione conciliare si sviluppa 
soprattutto intorno a due aspetti peculiari del matrimonio: la 
sacramentalità e la condanna del divorzio
14
. 
In tale sede, il dibattito diviene particolarmente 
animato giungendo in via definitiva alla elaborazione (ma 
anche conferma) di alcuni capisaldi in materia matrimoniale: 
il matrimonio, in quanto sacramento, è indissolubile, simbolo 
dell’unione tra Cristo e la Chiesa. 
In seno alla Congregazione dei teologi del 9 febbraio 
1503, il gesuita spagnolo Alfonso Salmeron definisce la 
sacramentalità del matrimonio in questi termini: "non 
ratione vinculi, quod etiam erat in lege naturae, quod 
vinculum est effectus matrimonii; neque contractus est 
sacramentum, cum ille sit apud omnes gentes. Est autem 
                                            
14
 C. A. JEMOLO, Il matrimonio nel diritto canonico dal Concilio di Trento al codice 
del 1917, ed. Il Mulino, Bologna, 1993, p. 44. 
  
20
sacramentum ea ratione, quo concurrunt signa sensibilia a 
Deo ordinata ad conferendam gratiam" 
15
. 
Inoltre, nello stesso contesto, la similitudine ed il 
richiamo all'unione tra Cristo e la Chiesa è ben evidenziato 
anche dal Maillard, che ricollega la sacramentalità del 
matrimonio alla “significationis unionis mysticae Christi cum 
Ecclesia, quae unio indissolubilis est” 
16
. 
In quanto sacramento, il matrimonio contiene e porta 
in sé promessa di grazia. Infatti esso è stato istituito, o 
meglio, “elevato” alla dignità di sacramento da parte di Cristo, 
“ut gratiam conferret”. Il matrimonio, a differenza di quanto 
avviene in altri sacramenti, non è stato creato ex novo ma è 
presente sin dai tempi più remoti all'interno della collettività; 
dunque, è certamente più corretto parlare di 
“sacramentalizzazione” di un'istituzione preesistente
17
. 
Nel matrimonio cristiano allora, l'aspetto naturale e 
quello sacramentale si intrecciano in un'unica realtà 
acquistando per il credente un valore ed un significato 
speciale e del tutto particolare
18
. 
 
 
 
                                            
15
 Il riferimento è di: C. A. JEMOLO, op. cit., p. 44. 
16
 Il riferimento è di: C. A. JEMOLO, op. cit., p. 45.  
17
 T. GARCÌA BARBERENA, Matrimonio y regulación canonica, in nota (8) a M. 
VIDAL, Il matrimonio tra ideale cristiano e fragilità umana, teologia, morale e 
pastorale, ed. Queriniana, 2005, p. 266. 
18
 Questo aspetto si evince con chiarezza anche nel codice vigente in cui, al can. 1055, 
leggiamo: «[…] è stato elevato da Cristo Signore alla dignità di sacramento».