4
Sulla base di queste premesse si sono quindi considerate restrittive ai
sensi dell’art.81, e non esentabili, le clausole miranti ad impedire le
importazioni parallele e le vendite passive , nonché quelle con cui il
produttore fissa il prezzo di rivendita.
L’impostazione delle Corti comunitarie è stata invece sensibilmente
diversa rispetto a quella della Commissione. Dai primi anni 60 fino ad
oggi, le corti hanno insistito sulla importanza dell’analisi degli accordi
nel loro contesto economico. Spesso la Corte di Giustizia ha
contribuito all’evoluzione della disciplina in materia di intese,
indicando percorsi successivamente fatti propri dalla Commissione.
Nel 1969 la Corte aveva infatti introdotto un prototipo di de minimis
eliminando dal novero delle intese vietate quelle che avessero
ripercussioni concorrenziali insignificanti.
Il sistema creato ha però cominciato ben presto a dare segni di
cedimento. Il sistema di controllo delle intese instaurato attraverso il
reg. 17/62 basato sulla notifica degli accordi alla Commissione si è
rivelato un’arma a doppio taglio. Pur consentendole di controllare
attentamente tutte le dinamiche del mercato comunitario, il
meccanismo delle notifiche è risultato di difficile gestione ed
eccessivamente oneroso. Le limitate risorse della direzione generale
della concorrenza sono state infatti per lungo tempo utilizzate per
sbrigare pratiche inerenti ad intese innocue da un punto di vista
concorrenziale. Nel tentativo di non rimanere sommersa dal numero
delle notifiche la Commissione ha escogitato metodi più o meno
efficaci, dalle c.d comfort letters ai regolamenti di esenzione per
5
categoria in applicazione dell’art.81, riuscendo solo in parte ad
arginare il flusso ininterrotto delle notifiche. Il nuovo regolamento,
pur risultando discutibile sotto alcuni punti di vista, è nel suo
complesso innovativo ed encomiabile. In esso si considerano con
attenzione i risultati derivanti dall'analisi economica e si cerca di dare
una svolta alla disciplina delle intese.
L’obiettivo prefissato è quello di creare un sistema che valuti le intese
all’interno del loro contesto di mercato, che consideri maggiormente
gli aspetti economici, non limitandosi ad analizzare gli accordi in
termini legali e formalistici.
In questo lavoro tratterò in modo approfondito la fattispecie delle
intese verticali.
Il lavoro si divide in tre capitoli: nel primo si analizzano le intese in
generale. Nel secondo si esaminano le intese verticali tenendo in
considerazione la disciplina che le regola. Nel terzo si fa rifermento
alla modernizzazione delle norme per l'applicazione del trattato CEE.
6
CAPITOLO PRIMO
LE INTESE RESTRITTIVE DELLA CONCORRENZA
1. Introduzione
A norma dell’art. 41 comma 1° Cost., “l’iniziativa economica privata
è libera”, tale concetto di libertà, in quanto contrapposta ad ogni
chiusura di tipo corporativo costituisce una condizione indispensabile
al progresso economico ed accompagna, fin dal nascere del
capitalismo industriale, la graduale affermazione del modello di
economia di mercato, al contrario delle economie pianificate in cui
ogni scelta in materia di produzione e di investimenti è adottata ed
imposta da organi burocratici centralizzati, e il sistema di mercato si
affida ad una pianificazione.
La libertà di iniziativa economica
1
e la competizione fra imprese, non
possono, però, tradursi in atti e comportamenti che pregiudicano in
modo rilevante e durevole la struttura concorrenziale del mercato. E’
questo il principio cardine della legislazione antimonopolistica
dell’Unione Europea (artt. 81 e 82 del Trattato Ce, secondo la nuova
numerazione in vigore dal 1° Maggio 1999), volta a preservare il
regime concorrenziale del mercato comunitario e a reprimere le
pratiche anticoncorrenziali che pregiudicano il commercio fra Stati
membri. E’ questo il principio cardine recepito anche dalla
legislazione antimonopolistica italiana generale (legge 10-10-1990, n°
1 Cfr. G.F.Campobasso, Manuale di diritto commerciale, UTET 3° ediz., cap. VIII, pag. 93.
7
287), volta a preservare il regime concorrenziale del mercato
nazionale e a reprimere i comportamenti anticoncorrenziali che
incidono esclusivamente sul mercato italiano.
La legge 287/1990 ha istituito un apposito organo pubblico
indipendente - l’Autorità garante della concorrenza e del mercato- che
vigila sul rispetto della normativa antimonopolistica generale, adotta i
provvedimenti antimonopolistici necessari ed irroga le sanzioni
amministrative e pecuniarie previste dalla legge.
La competenza dell’Autorità italiana ha tuttavia carattere residuale: è
circoscritta alle pratiche anticoncorrenziali che hanno rilievo
esclusivamente locale e che non incidono sulla concorrenza nel
mercato comunitario. Per queste ultime è invece competente in via
esclusiva la Commissione delle Comunità Europee, che provvede ad
applicare la relativa normativa
2
.
La politica della concorrenza è essenziale alla realizzazione del
mercato interno, la cui ragione d'essere è permettere alle imprese di
competere a parità di condizioni sui mercati di tutti gli Stati membri.
L'obiettivo della politica della concorrenza è promuovere l'efficienza
economica creando un clima propizio all'innovazione e al progresso
tecnico.
Nel quadro dell'economia di mercato, la concorrenza favorisce
pertanto il successo economico, sia tutelando contemporaneamente nel
modo migliore gli interessi dei consumatori europei, sia assicurando la
2 V. P. Fattori – M. Todino , La disciplina della concorrenza in Italia, p.85
8
concorrenzialità delle imprese, dei prodotti e dei servizi dell'Europa
sul mercato mondiale
3
.
Tre sono i fenomeni rilevanti per la disciplina antimonopolistica
nazionale e comunitaria: 1) le intese restrittive della concorrenza; 2)
l’abuso della posizione dominante; 3) le concentrazioni.
2. Le intese: profili generali
Si definisce intesa un accordo fra imprese volto a limitare o ad
eliminare la concorrenza fra le imprese partecipanti, al fine di
aumentare i prezzi e i profitti delle stesse, senza produrre vantaggi
compensativi oggettivi. Nella pratica, tali accordi hanno generalmente
per oggetto la fissazione di prezzi, la limitazione della produzione, la
ripartizione di mercati, clienti o territori, la manipolazione di gare
d'appalto o una combinazione di questi obiettivi.
Nella legislazione europea, il principale riferimento normativo in
materia di intese è rappresentato dall’art. 81 del Trattato istitutivo
dell’Unione, il quale vieta tutte le intese che “abbiano per oggetto o
per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della
concorrenza all'interno del mercato comune”.
Le intese possono essere verticali o orizzontali: sono orizzontali
quando sono messe in atto dai partecipanti ad uno stesso mercato,
mentre le intese verticali riguardano tipicamente stadi successivi della
produzione e vendita di un prodotto: un tipico esempio è rappresentato
dagli accordi di distribuzione. Le intese verticali sono molto diffuse,
3 C. Osti, Antitrust e oligopoli, Milano,1995, .222
9
ma appare molto più complicato da un punto di vista antitrust
determinare se tali intese abbiano un effetto o un oggetto
anticoncorrenziale. Prendiamo ad esempio il caso della distribuzione
di un prodotto alimentare: un’intesa orizzontale tra produttori è
probabilmente anticoncorrenziale, poiché modifica i parametri
economici della produzione e ciò possiede un effetto negativo sui
consumatori (minori quantità prodotte, maggiori prezzi). Un’intesa
verticale può essere data da un accordo di distribuzione esclusiva, tra
un produttore e un grande distributore organizzato (catena di
ipermercati): è possibile che il produttore faccia un buon prezzo al
venditore se questo offre solo i suoi prodotti. La dottrina antitrust
deve valutare se tale intesa è restrittiva e danneggia la concorrenza, ed
anche se un eventuale danno non viene bilanciato
4
.
3. Forme d'intese
L'art. 81.1 vieta, in quanto incompatibili con mercato comune “ tutti
gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni d'imprese e
tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra
gli Stati membri”.
Esaminiamo i suddetti divieti.
3.1Gli accordi
La nozione d'accordo, come delineata dagli interventi della
Commissione, si presta a ricomprendere una schiera fittissima di
4 V. Falce, Lo scambio delle informazione nell’esperienza comunitaria e nazionale. In giur.
Comm, 1999, I, p. 241
10
fattispecie. Ciò perché l'accordo presuppone la convergenza della
volontà delle parti, senza costituire un contratto valido e vincolante
secondo gli ordinamenti nazionali
5
. L'opzione per un concetto a
compasso allargato deriva dalla considerazione pratica che gli
obiettivi della legislazione anticoncorrenziale sarebbero messi
seriamente a repentaglio se il semplice espediente di celare ogni forma
di collusione sotto atti e comportamenti privi di rilievo formale
consentisse alle imprese di sottrarsi alla reazioni degli organi
comunitari o delle singole autorità antitrust operanti negli Stati
membri. Ecco perché la prova di un accordo restrittivo ex articolo 81
poggia sull'accertamento, diretto o indiretto, della comune volontà
degli operatori economici di attuare una politica, di perseguire un
obiettivo o di adottare un preciso comportamento sul mercato, a
prescindere dal modo in cui tale volontà si è manifestata.
Di conseguenza, non è richiesto che l'accordo assuma una veste
formale
6
. Al contrario, si ammette che la volontà sia espressa per il
tramite di intermediari, dipendenti o tacitamente con comportamenti
concludenti, ovvero risultati dalla previsione di sistemi di controllo in
merito all'attuazione di quanto concordato e di sanzioni correlate
all'eventuale inadempimento. Conta, in definitiva, che le imprese in
causa abbiano comunque espresso la loro volontà comune di
5 Cfr. Corte di giustizia, 11 gennaio 1990 , C-277/87,Sandoz, in racc. 1990, I, p. 45
6 A. FRIGNANI, La messa in opera delle nuove norme antitrust comunitarie, Bologna 1999, pag.
112
11
comportarsi sul mercato in un modo determinato, limitando,
reciprocamente la loro politica commerciale sul mercato
7
.
Altro corollario é che l'operatività del divieto si prescinde
dall'efficacia giuridica dell'impegno
8
. Il gentlement's agreement, che
rappresenti la fedele espressione della comune volontà e determini una
restrizione della concorrenza, incappa nella repressione, a prescindere
dall'accertamento se le imprese siano ritenute obbligate ad adottare il
comportamento tra loro concordato
9
.
Ma vi è di più, id test l'ipotesi del concorso esterno. Un'impresa che
abbia preso parte ad una violazione articolata dalle regole della
concorrenza attraverso comportamenti rientranti nella nozione di
accordo o di pratica concordata e diretti a contribuire alla
realizzazione dell'infrazione nel suo complesso, può essere
responsabile anche di quanto attuato da altri operatori nell'ambito
della medesima fattispecie collusiva, quando sia accertato che
l'impresa considerata era al corrente degli altrui comportamenti illeciti
e pronta ad accertare i rischi
10
.
Come già ricordato, la nozione di accordo dovrebbe essere limitata
dall'imprescindibile bilateralità del rapporto: la manifestazione
individuale di volontà, che resti tale e non s'incroci con quella di
controparti, esula dal divieto di cui all'articolo 81. Ne discende
l'opportunità di distinguere l'ipotesi in cui un'impresa abbia adottato
7 Tribunale di primo grado, 11 Marzo 1999, T- 191/94, Tellier, in Racc., 1999, II, p.347.
8 Corte di giustizia , 15 Luglio 1970, C-41/69, Chemifarmia, in foro it., 1971, IV, c.12
9 Tribunale primo grado, 20 marzo 2002, T-9/99, Hbf, in Racc, 2002, II, p. 1487
10 Tribunale primo grado, 20 Marzo 2002, T-28/9, Sigma tecnologie, in Racc, 2002, II, p. 1845;
20 Marzo 2002, n.17/9, ke kelit, ibid, p. 1647
12
una misura effettivamente unilaterale da quella in cui il carattere
unilaterale è solo apparente, ma sintomatico di un'intesa sottostante.
Senonchè, come si è già avvertito, per questa via si sono compiuti
passi da gigante verso la “spiritualizzazione” dell'accordo, se si
preferisce verso una sua ricostruzione in termini meramente virtuali:
emblematico il caso Sandoz, fattispecie in cui la sussistenza
dell'accordo é stata dedotta da una “clausola contrattuale”, ricavata
dall'opposizione di una dictura “ esportazione vietata” dei destinatari
della fattura stessa.
La convergenza programmatica, di cui l'accordo è espressione,
presuppone soggetti distinti non solo giuridicamente, ma anche
economicamente; requisito, quest'ultimo di cui difettano gli accordi tra
società appartenenti al medesimo gruppo
11
. Al riguardo, in ambito
comunitario si è passati ad un'applicazione restrittiva dell'articolo 81,
che paralizzava l'operativa del divieto solo ove ricorresse il duplice
requisito della concreta autonomia di definizione, della propria
condotta sul mercato e della reale suddivisione di compiti all'interno
della coalizione, ad una presunzione di legittimità degli accordi
conclusi tra società affiliate al medesimo gruppo
12
. Tuttavia, tale
presunzione non riveste carattere assoluto, ad una presunzione non
riveste carattere assoluto, dal momento che vien fatta salva non solo la
possibilità per la Commissione di dimostrare l'autonomia delle
condotte sul mercato delle imprese appartenenti al gruppo, ma anche
di posticipare la valutazione degli accordi allorché, in epoca
11 Corte di giustizia, 24 ottobre 1966, C-73/95, Vibo Europe, in Racc., 1966 I, p. 5457.
12 Corte di giustizia, 31 ottobre 1994, Centrafarm, C-15/74, in Racc., 1974, I, p.1147
13
successiva all'intesa intercorsa e per effetto di avvenimenti esterni, i
legami all'interno del gruppo siano cessati.
Tra accordo e fenomeno distorsivo deve intercorrere una relazione non
di mera occasionalità o coincidenza, bensì di evidente dipendenza. In
base allo stesso principio, escono dal giro del divieto tutte le ipotesi in
cui i parametri concorrenziali siano fissati dall'autorità pubblica e
soltanto riprodotti in qualche atto di rilievo interprivato. Al riguardo il
consolidato orientamento giurisprudenziale comunitario muove da
presupposto che gli articoli 81 e 82 riguardino i soli comportamenti
anticoncorrenziali adottati dalle imprese di propria iniziativa e giunge
ad affermare l'inapplicabilità delle norme antitrust ogniqualvolta il
comportamento anticoncorrenziale sia imposto dalle imprese da una
normativa nazionale o quest'ultima crei un ambito normativo atto ad
eliminare qualsiasi possibilità di comportamento anticoncorrenziale.
Un'importante decisione della Corte di giustizia ha riconosciuto alle
autorità antitrust il potere-dovere di disapplicare la normativa interna
che imponga o favorisca l'adozione di comportanti contrari alla
disciplina antitrust comunitaria, accertando l'infrazione ed inibendone
la continuazione
13
.Si è venuta così profilando un'ipotesi peculiare di
responsabilità, condizionata dalla tempistica disapprovazione ad opera
dell'organo preposto alla tutela della concorrenza: a) prima della
decisione di disapplicazione, i comportamenti imposti da disposizioni
legislative nazionali non sono imputabili alle imprese che restano
immuni da qualsiasi conseguenza della violazione delle norme
13 Corte di Giustizia, 9 settembre 2003, C-198/01, Cif, in Racc., 2003, I, P 8055
14
antitrust comunitarie, sia sul piano sanzionatorio, sia nei confronti di
eventuali azioni di terzi; B) dal momento in cui la decisione di
disapplicazione è divenuta definitiva, essa s'impone alle imprese, che
non possono più asserire d'essere costrette a violare le norme antitrust
e, quindi, sono possibili di sanzioni pecuniarie
14
.
3.2 Le decisioni di associazione d'imprese
Le decisione d'associazione di imprese sono manifestazioni collettive
di volontà, poste in essere da imprese partecipanti, anche in via
temporanea ad una organizzazione comune, nelle quali si attuino delle
direttive, o anche semplici raccomandazioni, rivolte dalle associazioni
professionali di categoria ai propri aderenti.
L'associazionismo economico svolge funzioni assai spesso preziose,
convogliando interessi di categoria che potrebbero altrimenti rimanere
sottorappresentati. Può accadere, però, che l'istanza associativa si
presti a spianare la strada dei fenomeni collusivi. Si ritiene, anzi, che,
laddove il numero degli operatori sia massiccio, la trade association,
proprio in ragione alla sua capacità di fungere da nesso tra singoli
operatori, sia veicolo imprescindibile per tessere una trama collusiva.
A questa convinzione rimonta l'irrigidimento, del regime
sanzionatorio, divisato dal regolamento 1/2003
15
.
14 G. Faella,Incompatibilità tra normativa interna e disciplina antitrust comunitaria: gli incerti
equilibrismi della Corte di giustizia nel caso Cif, in foro it., 2004, IV, p. 326.
15 Cfr. Corte di giustizia, 11 gennaio 1990, C-277/87, Sandoz, in racc. 1990, I, p.45