8
diversita` e le varieta` della lingua, quali si manifestano in
rapporto alle differenze (culturali, sociali, economiche) degli
individui e in rapporto alle differenze delle situazioni in cui
avviene la comunicazione"
5
.
Uno degli ambiti di maggior interesse per la
Sociolinguistica, come afferma G. Berruto, e` quella parte della
lingua che viene condizionata dal contesto sociale (nel senso di
status sociale del parlante), la cosiddetta Varietätenlinguistik,
linguistica delle varieta`, ovvero "lo studio delle varieta` di una
lingua nelle loro caratteristiche linguistiche e nella loro
architettura"
6
, e quindi aspetti linguistici (fonetici.
Grammaticali, sintattici ecc) che dipendono dal contesto sociale
e racchiudono significati sociali.
Nell'ambito di un panorama linguistico piuttosto
complesso e ricco di varieta` - come quello della lingua italiana
-, lo scopo della Sociolinguistica diventa quello di determinare
chi parla quale varietà di lingua, quando, in quale contesto e
con quali interlocutori
7
. G. Berruto individua, fra le maggiori
variabili sociali utilizzate in Sociolinguistica e che producono
differenze notevoli nel comportamento linguistico dei parlanti,
quella dei gruppi sociali e delle classi generazionali. Si tratta di
individui che, avendo in comune un fattore sociale rilevante,
che può essere il territorio demografico, la classe d'età, la quota
di distribuzione di risorse sociali o persino certe esperienze ed
aspettative, formano un gruppo sociale caratterizzato dalla
5
M. DARDANO e P. TRIFONE, La lingua Italiana, una grammatica
completa e rigorosa. Op. cit, p. 41.
6
G. BERRUTO, Fondamenti di sociolinguistica, op. cit
7
J.A. FISHMAN (a cura di.), Advances in the Sociology of Language, 2
voll.1972. The Hague.
9
solidarietà` e dalla coesione ma che genera, utilizza e promuove
certi comportamenti linguistici.
Oggetto di studio della presente ricerca sarà una delle
numerose varietà dell'italiano contemporaneo, e cioe` la varietà
giovanile (detta anche gergo giovanile). Partendo da una base
sociologica che ha come oggetto di studio il contesto sociale e
le motivazioni che stanno dietro alla nascita delle varietà
gergali in generale e quella giovanile in modo particolare, si
prende in esame la definizione del gergo, in quanto varieta` sub
standard dell'italiano e gli aspetti di differenziazione dai
linguaggi settoriali, percorrendo la storia dei gerghi, per arrivare
infine all'aspetto piu` strettamente linguistico, di maggior
interesse, che riguarda l'analisi lessicale e sintattica dei gerghi, e
di quello giovanile in modo particolare.
10
2. Definizione e caratteristiche dei gerghi
La parola 'gergo' viene dall'antico italiano 'gergone' (poi
detta anche baccaglio, amaro, giammuffa), che ha origine
probabilmente dal francese jargon
8
. In inglese è molto usata la
parola slang, ma nei dizionari si trova anche la parola jargon;
in spagnolo si dice jerga (jerigonza nel ‘700) , e in portoghese
girigonza.
E` un termine usato comunemente per definire delle
varietà di lingua che vengono utilizzate da specifici gruppi di
persone che si sono sensibilmente allontanate dalla lingua o dal
dialetto parlato normalmente in zona. I gerghi più noti sono
quello dei militari, dei carcerati, dei giovani e soprattutto
quello della malavita, che nasce appunto col preciso scopo di
garantire la segretezza delle comunicazioni, di qui il forte
impiego delle espressioni metaforiche.
9
Gli attuali vocabolari di Lingua Italiana danno la seguente
definizione del gergo: "a. Forma di linguaggio propria di un
determinato gruppo sociale, usata per non farsi capire da
persone estranee al gruppo: il g. della malavita. b. Linguaggio
tipico di determinati ambienti: g. burocratico, politico,
studentesco. c. Parlare allusivo, indiretto, enigmatico: parlare
in gergo"
10
.
8
che significava “gorgheggio degli uccelli”, nel senso di una lingua
incomprensibile
9
p.es. palo per "complice", cantare per "confessare", dritta per
"informazione giusta"…).
10
Vocabolario della lingua italiana, il Conciso, I Edizione, 1998.
11
I sociolinguisti italiani ne danno una definizione piu`
precisa, anche a livello terminologico; G. Sanga
11
, uno dei piu`
grandi studiosi italiani della storia dei gerghi, conferma che un
gergo e` "la lingua parlata dai gruppi sociali marginali:
vagabondi, mendicanti, ambulanti, malviventi". Anche C.
Marcato
12
, in Storia della lingua italiana, spiega che e` " un
repertorio lessicale che si origina all'interno di una data lingua
(o dialetto), di cui rappresenta una <<formazione
parassitaria>>, per necessita` di un gruppo sociale: una
controlingua per una cultura alternativa, che risulta dalla
variegata combinazione di fattori quali instabilita`,
vagabondaggio, marginalita` socioeconomica […] e` un mezzo
linguistico con cui manifestare un bisogno di affermazione e
l'appartenenza a un gruppo"
13
Quest'ultima definizione viene condivisa da M. Dardano,
il quale, nella sua "Lingua italiana, grammatica completa e
rigorosa", e sotto il titolo gerghi esordisce come segue:
"Si dice che la lingua serve per comunicare, ma a volte
esistono lingue che sembrano volere sfuggire a questo fine.
Lingue misteriose, in un certo senso, sono i gerghi".
14
Per Dardano il gergo e` una lingua convenzionale, ma
segreta e usata a scopo difensivo ed e` anche un legame che
unisce persone accomunate da certe condizioni di vita (per
11
G. SANGA, Gerghi in Alberto A. Sobrero (a cura di) "Introduzione
all'italiano contemporaneo", Edizione Laterza 1993, p. 151.
12
C. MARCATO, il gergo, in Storia della lingua italiana. Luca serianni e
Pietro Trifone (a cura di). Volume secondo, scritto e parlato. Einaudi,
1994.
13
Ivi, p. 753
14
M. DARDANO e P. TRIFONE, La Lingua Italiana. Op. cit., p. 372
12
esempio carcerati, militari, giovani, artigiani di un certo settore
ecc.).Un gergo si puo` definire tale nella condizione di presenza
di un certo tipo di utenti, e` un segno di riconoscimento socio-
psicologico del gruppo stesso, nonche` l'espressione di una
societa` alternativa che si e` formata all'interno di una certa
societa`.
A questo punto risulta importante fare una precisazione
terminologica: spesso si fa un uso estensivo, alquanto errato,
dello stesso termine di "gergo" estendendolo anche a
comprendere i "linguaggi settoriali", es. il 'gergo dei medici', il
'gergo dei giornalisti', il 'gergo sportivo'. Un uso improprio che,
secondo Sanga
15
, nasce dall'errata convinzione che i gerghi
storici fossero diversi tra loro e che fossero direttamente
connessi al mestiere esercitato.
I linguaggi scientifici, tecnici e finanziari non rientrano
sotto la definizione di gergo: la creazione di parole speciali
nasce soltanto da esigenze legate alla comunicazione (che deve
riferirsi specificamente a determinati concetti): dunque, essa
non è legata alle caratteristiche sociali dei parlanti. Se nella vita
di tutti i giorni si parla di gerghi scientifici, in questi casi la
linguistica usa il termine di linguaggi settoriali. La definizione
è riconosciuta in linguistica italiana, ma non è di carattere
universale
16
.
Bisogna riconoscere, tuttavia, che le lingue speciali (o
linguaggi settoriali) condividono col gergo alcuni aspetti, il piu`
importante dei quali e` la presenza di un lessico che puo`
risultare esplicito e incomprensibile ai non appartenenti al
15
G. SANGA, Gerghi, op. cit., p.1
16
Cfr A. FORCONI,., La mala lingua. Dizionario dello 'slang' italiano. I
termini e le espressioni gergali, popolari, colloquiali. Sugarco. 1988.
13
gruppo sociale. (o nel caso delle lingue speciali a chi non
esercita il mestiere in questione)
17
.
Cio` nonostante, secondo Marcato una netta distinzione
tra le due varieta` linguistiche va fatta in base ai due seguenti
fattori:
a) Alle lingue speciali manca una funzione
caratterizzatrice che e` invece fondamentale per il gergo
e tipica di esso, e cioe` la connotazione socio-
psicologica, la quale pone il gergo come una "contro
lingua" o "antilingua".
b) Le lingue speciali, secondo il famoso schema di
Berruto
18
, si collocano sull'asse diafasico, mentre il gergo
si colloca su un punto in cui s'incrociano l'asse diafasico
e quello diastatico.
Ma da chi e` parlato il gergo? Per rispondere a questa
domanda M. Dardano ci invita ad osservare le dinamiche sociali
e linguistiche che nascono all'interno di un gruppo di persone
unito da condizioni di vita comune e che convive nello stesso
ambiente, "Una parola, un'espressione rara, un uso linguistico
assolutamente individuale assume un'estensione imprevedibile
nel gruppo perché rappresenta in modo efficace una situazione
alla quale tutti i componenti partecipano. La nuova invenzione,
pur non avendo all'origine nulla di artificiale e di segreto,
diventa tale per i non iniziati".
19
17
C. MARCATO, il gergo, op. cit., p.1
18
G. BERRUTO, Sociolinguistica dell'italiano contemporaneo, Roma 1987,
pp.154‐63. Lo schema e` riportato a p. 35 della presente ricerca.
19
M. DARDANO, La Lingua Italiana, op. cit., p.2
14
Sanga, ripercorrendo la storia dei gerghi dal Medioevo ai
nostri giorni, afferma che il gergo era parlato "Da tutti coloro,
in breve, che costituivano il mondo classico delle fiere e dei
Luna Park di ogni paese: un mondo turbolento e parassitario, i
cui componenti, in parte imbroglioni, oziosi e malintenzionati,
misti a rifiuti e relitti sociali di ogni genere, avevano in comune
la vanita` di ascriversi alla categoria dei dritti, e con zelo
concorde impegnavano tutte le risorse della malizia e
dell'astuzia contro l'ignoranza e l'ingenuita` dei gonzi […] La
principale caratteristica culturale del mondo della 'piazza', il
segno di riconoscimento e di appartenenza, e` l'uso del gergo,
lingua particolare, diversa dall'italiano e dai dialetti, e propria
delle classi marginali".
20
Per Sanga i gerganti, dunque, risultano essere
appartenenti a una classe sociale marginale, sono persone che
non 'lavorano', nel senso di non svolgere un'attività produttiva
riconosciuta dalla Società, ma fanno numerosi mestieri
"parassitari" che cambiano di volta in volta, a seconda della
necessita`: mendicante, ladro, ambulante. In piu` sono persone
che non hanno fissa dimora, quindi non hanno un'area
circoscritta in cui svolgono attivita` lavorative e che si puo`
definire come zona di sfruttamento, bensi` si spostano da una
zona all'altra, pertanto o sono nomadi (vagabondi, fieranti) o
itineranti (p. es i venditori ambulanti).
Secondo un pregiudizio ben diffuso sui gerghi, come
sostiene Sanga
21
, il gergo sarebbe in primo luogo una lingua
'artificiale' e 'criptica'. Il che non è vero, poiché per essere, una
lingua artificiale deve essere inventata meccanicamente per lo
20
G. SANGA, Gerghi. op. cit p.1, cit. p.154
21
Ivi. G. Sanga
15
piu` attraverso deformazioni fonetiche e lessicali, e cio` è vero
ma solo in parte, come si vedra` piu` avanti. Inoltre il gergo non
ha scopo criptico, cioe` lo scopo del gergo non e` quello di non
farsi capire dagli estranei (ovvero i non appartenenti al gruppo).
Anche Dardano
22
sostiene che il gergo non nasce solo dalla
volonta` di nascondere, ma anche dalla voglia di stupire i
compagni: "Ingannare il nemico e stupire gli amici sono le due
finalita` del gergo".
"I gerganti stessi, scrive Sanga, tendono ad avallare
questo mito, affermando di parlare in gergo per non farsi
capire: in realta` il gergo non è usato quasi mai in presenza di
estranei. Il gergante racconta volentieri di usare l'amaro (uno
dei nomi del gergo) per intendersi con lo zaraffo (il compare)
per meglio improsare (imbrogliare) il bello (bello o vincenzo e`
l'ingenuo da spennare, il gonzo). In realta` in queste situazioni
delicate l'impiego del gergo sarebbe altamente rischioso
perche` insospettirebbe il gagio (il non gergante, l'estraneo)".
23
Nel 1643 Anton Maria Cospi, segretario del granduca
Ferdinando II di Toscana, parlando dei "ladri vagabondi" nel
Giudice Criminalista, scrive:
"e hanno un linguaggio proprio loro che si dice furbesco,
che lo parlano solo fra loro e quando da altri non vogliono
essere intesi, ma dicono poche parole per non essere scoperti
per mariuoli"
24
.
22
M. DARDANO, La Lingua Italiana. op. cit., p.372
23
G. SANGA, Gerghi, op. cit. p.153
24
Anton Maria COSPI, Notizia de' libri rari nella lingua italiana,
Camporesi 1973, p.363.
16
Un'altra testimonianza piuttosto esplicita del fatto che il
gergo venga usato quasi esclusivamente tra i gerganti come
forma di identificazione si trova nelle Autobiografie della
Leggera, storie di vita di marginali cremonesi raccolte e
pubblicate da Danilo Montaldi
25
, in cui spiega che i gerganti di
solito si riconoscono dall'aspetto, ma se ci fossero dubbi, ci si
puo` rivolgere alla persona in gergo; se lo capisce, vuole dire
che e` "dei nostri". La frase che si usa per l'identificazione in
questo caso e` el pisto el she dis a la sigagna "il prete dice alla
donna", che chiaramente non significa niente di particolare ma
serve solo per verificare la conoscenza del gergo.
Ad affermare quanto gia` detto sullo scopo del gergo,
Lurati sostiene che, in un'Italia cosi` ricca di dialetti, se non si
vuole essere capiti spesso basti parlare in dialetto, ma il gergo
e` un'altra cosa perché e` "la lingua dell'astuzia e
dell'orologio".
26
Insomma Il gergo risulta essere parlato
prevalentemente "nei rapporti quotidiani fra cointeressati che
in pubblico"
27
, la criptolalia, invece, si configura come un
elemento potenziale piu` che reale e potrebbe essere considerata
una caratteristica del gergo, ma solo in situazioni rare e molto
delicate.
25
D. MONTALDI, Autobiografia della Leggera. Giulio Einaudi, Torino,
1961
26
O. LURATI. - Quale l’ideologia degli ambulanti? Il gergo dei magnani
lombardi con una raccolta inedita sulla Val Colla della metà
dell’Ottocento, in: Valli di Lugano. - Locarno, Dadò, 1990. - pp. 221-248,
cit. p. 221
27
C. MARCATO, il gergo, op. cit. p.761
17
Di seguito viene riportato il testo
28
, citato in C. Marcato
di una cartolina mandata al padre da un giovane militare intento
a non farsi capire dai capi, pare, afferma la stessa autrice, in
tempo di guerra austro-piemontese del 1866
29
, e` alquanto
notevole il fatto che questo tipo di testi sia raro, sia perché
prodotto graficamente dagli stesso gerganti, sia per la stessa
natura orale del gergo.
Caro grimo.Vi mando sta sfoiós' a per slacàrvi che il
me giàn l'e` badial, e cosi` spero del vos giàn. In questi
slònz fa molto gris'òp e i paùs ci smèrg'e poch da sboiàr,
poch artìbi, poca bas'òfia e lòfia, a volte rèba e poch stavél,
e cosi` sbèrza e gris'òp si sta lòfio. Il patùm con poca
spingarda o cobiàr in terra e sono pieno di stódoi. Presto
spero di ficcàre il vel a bàita per alcuni giorni. Vi saluto e
sono il vos gnarèl
30
.
Il gergo, quindi, "non e` una lingua oscura, una lingua
segreta, una lingua occulta, come spesso e` stato detto: e`
semplicemente una lingua diversa […]. Il gergo e` una lingua
in cui si riconoscono, si identificano determinati gruppi di
individui […] 'marginali, in opposizione alla parlata degli
'altri' ".
31
28
A. FRANCHINI, I Rendenesi nel mondo e il "tarón" , Trento, Arti
Grafiche Saturnia, 1951, cit., p156;
29
C. MARCATO, il gergo, op. cit. p.762
30
La traduzione del testo data dalla stessa autrice e`: "caro padre. Vi invio
questa lettera per dirvi che io sto bene, in salute, e cosi` spero di voi. In
questi paesi fa un freddo cane e i superiori ci danno poco da mangiare,
poco pane, poca minestra e cattiva, raramente polenta e poco formaggio e
cosi` per la fame e per il freddo si sta male. Il letto consiste in poca paglia
o si dorme in terra e sono pieno di pidocchi. Presto spero di poter scappare
a casa per alvuni giorni. Vi saluto e sono il vostro figlio".
31
G. SANGA,Gerghi, op. cit ,p. 155
18
Cio` ci porta a ragionare sui motivi di declino, o
addirittura scomparsa, di alcuni gerghi: Il declino di un gergo
(di mestiere) puo` dipendere, oltre alla scomparsa del mestiere
connesso, anche dallo scioglimento di gruppi o associazioni, o
dal risanamento di quartieri bassi.
32
La malavita, invece,
continua a sopravvivere, e il suo gergo sembra muoversi verso
una gergalita` unitaria, i gerganti dei piccoli paesi portano
inevitabilmente modi di dire ed espressioni dalle grandi citta` ai
loro paesi di origine. Il gergo della malavita sembra seguire,
quindi, un percorso simile a quello dell'argot in Francia. Si
verifica, di conseguenza, un continuo regredirsi del gergo dei
piccoli paesi e un rafforzamento di quello delle grandi citta`,
che tende a influenzare sempre di piu` il substandard nazionale,
lo conferma E. Radtke
33
, uno dei piu` grandi studiosi dei gerghi,
sostenendo che i nuovi gerghi dell'italiano contemporaneo si
caratterizzino per lo smorzarsi delle funzioni criptolalica e
socio-psicologica dei gerghi tradizionali.
32
Ivi, C. Marcato.
33
E. RADTKE, Gerghi di lingua italiana vs. gerghi dialettali? Nuovi
processi di gergalizzazione nell'italiano contemporaneo e nella varieta`
dialettali, in G. HOLTUS, M. METZELTIN e M. PFISTER (a cura di), la
dialettologia italiana oggi, Tübingen 1989, pp 141-49.
19
PRIMO CAPITOLO
Il gergo giovanile
20
PARTE PRIMA
Sociologia del gergo giovanile
21
1. Gli studi in Italia
Fino agli anni Ottanta era quasi impossibile, secondo E.
Radtke
34
, trovare veri e propri studi che documentassero
l'esistenza di un gergo giovanile, fatta eccezione per qualche
articoletto di giornale dai toni moralistici. Lo stesso M.
Cortelazzo, nella presentazione di un vocabolario del gergo
giovanile
35
sostiene che "Ci sara` piu` di qualcuno che davanti
a un vocabolario del linguaggio giovanile arriccera` il naso",
ricordando il giudizio espresso da M. Fortunato nell'Espresso di
qualche anno fa in cui scrisse, a proposito del vocabolario di G.
R. Manzoni, Peso Vero Sclero
36
:
" Ecco un volumetto che tenta di inseguire il cosiddetto
linguaggio giovanile. Un vero e proprio dizionario, insomma,
che mette insieme e spiega parole come "cip" (una pasticca di
ecstasy) […] o "zic" (fare un giretto). Boh!"
37
L'interesse dei linguisti per il gergo giovanile e`
cominciato da breve tempo, e coincideva per l'appunto con i
primi approcci verso l'analisi del cosiddetto plurilinguismo
dell'italiano
38
. Nell'83 il sociolinguista G. Berruto scrive cio`
che segue:
34
E. RADTKE, Il linguaggio giovanile in Italia: state of the art, le fonti,
la documentazione, la descrizione linguistica, in Lingua Giovani, E.
Radtke (a cura di), Edizione Gunter Narr Verlag Tübingen. 1993. pp. 1-42
35
Liceo di Mendrisio, Vocabolario del linguaggio giovanile, Chiasso,
Tettamanti, 1998
36
G. R. MANZONI, Peso Vero Sclero. Milano. Il Saggiatore. 1997
37
Mario Fortunato, nell'Espresso del 26 giugno 1997, p. 193
38
Ivi. E. RADTKE, Il linguaggio giovanile in Italia: state of the art, le
fonti, la documentazione, la descrizione linguistica, op. cit.