di tutti gli spettatori che diventano al tempo stesso complici delle azioni a cui
assistono. Ciò fa sì che aumenti la loro consapevolezza e il loro imbarazzo e, di
conseguenza, il dolore diviene quasi insopportabile. Rappresentare l’intimità o le
paure più recondite dell’uomo sulla scena, fa sì che gli autori reiescano a
trasmettere sensazioni forti, quasi come se il pubblico stesso si trovasse a viverle
in quel preciso istante. Per scuotere l’animo degli spettatori, spesso vengono
utilizzati termini osceni e colloquiali, come «fuck» o «cunt»
3
che possono essere
considerati un vero e proprio atto verbale di aggressione, e che spesso hanno un
effetto più immediato di una violenza effettivamente rappresentata sul palco. Ne
deriva, quindi, un linguaggio forte, viscerale che costringe chi lo ascolta ad una
reazione, sia essa positiva o negativa
4
. E’ grazie a questa serie di elementi che il
teatro in-yer-face è in grado di afferrare il pubblico per il colletto e scuoterlo.
Affronta i temi più scabrosi scaraventandoli con violenza in faccia alla platea, non
certo per solleticare la morbosità del pubblico, quanto piuttosto per mettere in luce
ogni tipo di rapporto che un individuo è capace di intessere con se stesso e con il
resto della comunità. Il teatro sperimentale desidera, quindi, svegliare il pubblico
e rivelargli esperienze di ogni genere, al solo scopo di vaccinarlo dagli stessi
eventi della vita reale.
Scenario di questa innovazione artistica è l’Inghilterra degli anni Novanta,
sfondo ideale per un teatro che intende farsi scrittura azzardata e coraggiosa,
capace di guardare in modo impietoso se stesso e il mondo che lo circonda.
Questo tipo di rappresentazione necessita sin dal principio di un pubblico nuovo,
attuale, sciolto dai legami della tradizione e profondamente radicato alla società
contemporanea; individui duttili, aperti all’innovazione, in grado di accogliere con
naturalezza il violento impatto di uno sconvolgimento artistico di tale portata.
È un teatro che intende rivelare qualcosa che altrimenti sarebbe sconosciuto:
una sensibilità comune, un disagio vero e forte, una tensione emotiva che ha
bisogno di raccontarsi, di esternare le emozioni umane, di viverle e farle vivere
fino in fondo. È un teatro più diretto, irriverente, dirompente, scioccante e
provocatorio di qualsiasi testo scritto e rappresentato in precedenza. Per quanto la
3
Rispettivamente «scopare / vaffanculo» e «fica / coglione»
4
http://www.inyerface-theatre.com/what.html
3
necessità di concepire il teatro come spazio nuovo si riscontrasse già nelle teorie
di Alfred Jarry e Antonin Artaud, è agli inizi degli anni Novanta che il teatro
diventa vero palcoscenico della realtà. L’intento dei nuovi autori è quello di
descrivere la società inglese contemporanea: famiglie distrutte, individui senza
radici, relazioni problematiche. L’Inghilterra attuale è un luogo di anime solitarie
che vanno alla deriva tra gli ambienti più poveri, squallidi, sporchi e privi di ogni
colore, siano essi un monolocale, un appartamento o una strada. Le opere si
popolano così di ragazzi che si prostituiscono, ladruncoli, gang femminili; droga
e violenza diventano argomento abitudinario.
Le opere del teatro in-yer-face hanno preso vita soprattutto nei teatri minori
di Londra, quali Royal Court Theatre Upstairs, Bush, Hampstead, Soho Theatre,
Finborough, Tricycle. Il teatro sperimentale non è, però, una prerogativa della
metropoli: molte rappresentazioni sono nate anche al di fuori della capitale, come
ad esempio al Traverse di Edimburgo, oppure sono ambientate in altre città. E’
questo il caso di Trainspotting: dal libro di Irwin Welsh del 1993 viene tratta una
versione teatrale che debutta il 23 febbraio 1995 al Citizen’s Theatre di Glasgow,
diretta da Harry Gibson. E’ un perfetto esempio di teatro in-yer-face e la prova
lampante ne è la battuta iniziale con cui Mark commenta una storiella oscena. La
storia ruota intorno ai quattro personaggi principali Mark, Tommy, Franco e
Alison, tutti alle prese con i problemi della vita e con l’eroina, attraverso una
recitazione rivolta direttamente al pubblico, con parti narrative e scenografie
molto semplici.
Sebbene il teatro in yer-face prenda spunto dal teatro d’avanguardia d’inizio
secolo, è solamente negli anni Novanta che s’impone sulla scena inglese, ed è
grazie a giovani autori emergenti, incoraggiati soprattutto dai direttori artistici che
l’immagine della nuova drammaturgia britannica verrà rivalutata anche all’estero.
Uno dei primi sostenitori di questa nuova corrente teatrale fu Dominic
Dromgoole, direttore artistico del Bush dal 1990 al 1996, che con una media di
dieci nuove commedie ogni anno, cercò di dare una spinta innovativa alla nuova
drammaturgia. Il suo intento era quello di dare libertà ai giovani autori e superare
la concezione di teatro degli anni Ottanta, secondo la quale «la maggior parte dei
teatri volevano opere dalle buone intenzioni, ben argomentate, e incentrate su una
4
vittima»
5
. Questa libertà consisteva nel lasciar loro rappresentare opere senza
regole o ideologie predefinite e, soprattutto, prive di una standardizzazione del
gusto.
Questo ideale di rivalsa della libertà nasceva, sia negli autori sia nei direttori
artistici, da un passato di censura, imposta al teatro britannico sin dal 1737. Le
severe regole che controllavano il teatro inglese si erano col tempo ammorbidite,
ma mai del tutto eliminate; di conseguenza, come spesso accade, ciò che è vietato
è ciò che più affascina. E così i drammaturghi, soprattutto nel secondo
dopoguerra, iniziarono a provocare le istituzioni, creando dei circoli privati,
immuni dai limiti imposti dalla censura. Nel caso di Look Back In Anger di John
Osborne, rappresentata per la prima volta l’8 maggio 1956 al Royal Court, la
provocazione arrivava al pubblico attraverso l’ambientazione inusuale e povera, il
tono arrogante dei personaggi e l’argomento scottante che veniva affrontato, la
lotta di classe. L’opera fu scritta in forma semplice, con un’ambientazione
realistica e una trama easy-to-follow; la novità stava, appunto, nella semplicità del
linguaggio, nella critica aperta alle istituzioni e nell’originalità dei personaggi
provenienti dalla classe operaia, di cui il ribelle Jimmy Porter diventa eroe.
Attraverso il testo, Porter si fa portavoce di una generazione frustrata attraverso un
linguaggio ruvido, che colpisce direttamente il pubblico. Look back in anger apre
una nuova tendenza nel teatro contemporaneo, che raggruppa alcuni autori sotto il
nome di “Angry Young Man”.
Sul finire del Novecento questi nuovi autori hanno iniziato ad alzare la voce
sui problemi della società e dell’uomo nel suo singolo. Siamo negli anni
successivi al governo della “Lady di ferro”, Margaret Thatcher, che durante la sua
carica aveva inneggiato alla competizione sociale e del benessere, all’esasperato
individualismo e all’efficientismo produttivo, in netta antitesi con i valori
solidaristici, egualitari e anticonsumistici che avevano prevalso nel decennio
precedente.
6
In ambito extra britannico, gli anni Novanta sono lo scenario in cui anche la
musica sembra alzare un grido di libertà, attraverso le note del Grunge, o Seattle
5
Sierz, In-yer-face theatre, cit. pp.80-81
6
La conoscenza storica – il Novecento di A. De Bernardi e S.Guarracino, edizioni scolastiche
Bruno Mondatori, Milano, 2000; pag 424 - 425
5
sound, un particolare genere di musica rock nato a metà degli anni Ottanta ed
inizialmente circoscritto allo stato di Washington negli Stati Uniti d'America, in
particolare alla città di Seattle. Letteralmente il significato del termine grunge è
"sporco", "sudicio", significato che evidenzia l'aspetto estetico trasandato dei
protagonisti, nonché una scarsa ricercatezza tecnica comune a numerose band in
questione, interessate maggiormente all'immediatezza e alla forza della propria
musica e dei propri testi. Inoltre, riaffiora nel grunge la finalità di denuncia e
l'utilizzo dello strumento musicale come protesta contro l'establishment politico e
culturale del momento, ma anche contro temi vissuti più da vicino, come la
povertà, la disoccupazione, la droga. Questo movimento è però destinato a una
breve vita: si spegnerà infatti dopo il suicidio di Kurt Cobain, leader dei Nirvana,
nel 1994
7
.
Come già detto, la libertà di espressione si traduce, a teatro, in un linguaggio
scurrile e aggressivo, in immagini spinte e spesso oscene, atte a scuotere il
pubblico dal torpore della tradizione
teatrale.
Phaedra (Diana Kent) e Ippolito (Laurence
Penry-Jones). Foto di Manuel Harlan. ©
Bristol Old Vic Theatre
Il teatro di Sarah Kane (1971 –
1999), ad esempio, è interamente
incentrato sul dolore: un dolore fisico e
psicologico, una violenza autoindotta,
come in 4.48 Psychosis, o una violenza
che ogni personaggio riversa sull’altro,
come in Blasted. L’amore in Phedra’s
love, sebbene venga analizzato da diversi
punti di vista, porta sempre alla
sofferenza: se, infatti, Fedra è logorata dal
suo amore per Ippolito, tanto da suicidarsi
in suo nome dopo l’ennesimo rifiuto,
quest’ultimo vive il sesso senza alcuna
partecipazione emotiva, come un
passatempo che non suscita in lui alcun
7
Wikipedia, l’enciclopedia libera , http://it.wikipedia.org/wiki/Anni_1990#1990
6
sentimento, tantomeno amore. Quello di Sarah Kane è uno studio sulle passioni
portate ai loro estremi e, al tempo stesso, una critica alla società moderna, come si
evince dalla battuta di Ippolito «Credevo si dovesse fare così. Una bella famiglia.
L’unica famiglia reale veramente amata dal suo popolo»
8
, che è una chiara critica
all’inefficienza della famiglia reale britannica
9
.
L’intera produzione teatrale della Kane riproduce un paesaggio in rovine, in
cui le persone esercitano senza pietà ogni tipo di violenza l'uno sull'altro, in
risposta a un generale disagio esistenziale che spesso è stato trattato dalla critica
come materiale biografico per studiare il carattere dell’autrice, sebbene sarebbe
più opportuno considerarlo un ritratto della realtà in cui si trova inserita. Il suo
teatro analizza la cupezza delle relazioni sociali vissute come incubo, lasciando
spazio anche alla lingua delle vittime, cui è concessa l'opportunità di affermare se
stessi.
Il primo ottobre 1996 segna un’altra tappa fondamentale nella storia del
teatro in-yer-face: al Royal Court Theatre viene rappresentata per la prima volta
Shopping and Fucking, di Mark Ravenhill: storia di giovani alle prese col mondo
della droga e dell’omosessualità, ragazzi ingenui che presto si trovano a fare i
conti con problemi ben più grandi di loro, inadeguati al mondo che all’improvviso
li travolge e li risucchia nella sua spirale più torbida.
La trama è abbastanza semplice e il finale inatteso sconvolge il pubblico. Di
nuovo la violenza, il sesso, l’omosessualità e la droga vengono rappresentati sulla
scena di fronte a un pubblico ancora troppo ancorato alla tradizione, un pubblico
che non è pronto ad assistere a scene così crude e che, soprattutto, non è pronto a
trovarsi così schiettamente faccia a faccia con quella realtà che ognuno cerca di
evitare o, più sdegnosamente, cerca di non vedere. E proprio le parole di Robbie
sanno descrivere al meglio e in modo conciso e diretto questa condizione del
pubblico e, quindi, della società inglese contemporanea:
“I think we all need stories, we make up stories so that we
can get by”
10
.
8
Sarah Kane. Tutto il teatro. Einaudi, Torino 2000, p.71
9
Sierz, In-yer-face theatre, cit. p.142
10
Mark Ravenhill, Shopping and Fucking.
7
Un altro evidente episodio di ipocrisia da parte della società britannica
affonda le sue radici nell’Incident Advertisment Act del 1889, secondo il quale la
parola fuck non doveva essere scritta o detta in pubblico
11
. La soluzione attuata fu
quella di inserire degli asterischi nel titolo, che divenne quindi Shopping and
F***ing. Ipocrisia allo stato puro, quindi, visto che parole come fuck facevano, e
fanno tuttora, parte del gergo comune, siano esse scritte o pronunciate. Nonostante
il titolo sembrasse offensivo e fuori luogo, la critica apprezzò la violenza e le
oscenità che Ravenhill aveva portato sulla scena, cosa che non era avvenuta
invece per Blasted della Kane. Finalmente ci si rende conto che la realtà
rappresentata non è altro che quella che ci attende fuori dal teatro, quella realtà
che da tempo si cerca di evitare con ipocrisia e con scarsi risultati.
E’interessante notare anche l’unità tematica che attraversa l’opera: una
critica più o meno esplicita al consumismo e continui rimandi alla sessualità e alla
volgarità, ormai argomento comune di tutte le famiglie, qualunque sia la loro
estrazione sociale. Il tutto è reso attraverso quello che Ramón Del Valle-Inclán
definirebbe esperpento
12
, un’immagine grottesca della realtà riflessa da uno
specchio deformante, metafora della vita e della decadenza dei costumi britannici.
E questi ragazzi, infatti, rappresentano in parte la decadenza della nuova
generazione, e in parte, la corruzione dei costumi della società britannica
contemporanea. Questa critica è nascosta dietro i nomi degli stessi personaggi:
sono i nomi della boy band inglese che in quegli anni spopola ovunque, i Take
That. Cinque ragazzi più o meno coetanei dei protagonisti di Shopping and
Fucking, che però non guardano alla società con occhio critico: la usano per il
loro successo, sfruttando l’ingenuità dei fans e contando sulla pioggia di denaro
che improvvisamente si riversa su di loro. Testi come Sure o Back for Good
difficilmente trasmettono un messaggio impegnato come quello del teatro inglese
di quegli anni. È l’altra faccia della medaglia, o meglio, della società: la
ricchezza, la fama, la spensieratezza e il benessere.
11
Sierz, In-yer-face theatre, cit. p.163
12
Ramón Del Valle-Inclán, Luces de Bohemia , apparsa per la prima volta sulla rivista Espaňa dal
31 luglio al 23 ottobre 1920.
8
La disillusione giovanile e la caduta verso un pessimismo estremo vengono
ripresi da Ravenhill in Some explicit polaroids, rappresentata per la prima volta al
teatro New Ambassadors nel settembre del 1999. Questa volta però, all’analisi
della cultura giovanile si affianca un violento attacco alla politica di estrema
sinistra. Sarà infatti questo aspetto a non essere accolto dalla critica, ormai
avvezza alla violenza e al sesso sul palco. Tema principale dell’opera è la rabbia:
una rabbia non soltanto politica, ma che scaturisce anche dalle storie dei singoli
personaggi e dal loro diverso modo di porsi di fronte alla vita, alla morte,
all’amore e alla malattia. Per descrivere il risentimento di questa generazione,
Ravenhill sceglie come simbolo le polaroid: foto estemporanee, destinate a
deteriorarsi; immagini furtive scattate con il desiderio che rappresentino ciò che
noi vogliamo vedere e vogliamo far vedere agli atri. La polaroid è un dispositivo
che ha tutte le premesse per convalidare la politica dell'usa e getta: la foto non ti
piace? Bene, subito la prossima. Si vuol modificare la storia e basta poco, basta
reimpostare subito la posa secondo le luci giuste, il fatuo estro di un momento:
prevale il concetto di urgenza su quello di piacere, e non è un caso
13
.
Per quale motivo, dunque, questo genere di teatro richiama spesso
l’attenzione della critica e la curiosità del pubblico? Secondo Aleks Sierz è perché
“in-yer-face theatre is contemporary theatre. What was
distinctly new about 1990s drama [...] is the type of in-yer-
face plays which shocked and disturbed audiences, creating
a new aesthetic sensibility”
14
.
Tutto cambia, quindi, ed evolve al passo con i tempi. Sono questi, infatti, gli
anni della nascita della Microsoft, e quindi del computer, di Internet e della
comunicazione a distanza, che sembra quasi “congelare” i rapporti umani su di
uno schermo, facilitando le conoscenze su larga scala, ma, in un certo senso,
13
“Alcune Polaroid esplicite” articolo a cura di Roberto Oddo, Prometheus, quindicinale di
informazione culturale, Anno I, Numero 9 – 1 Ottobre 2001
14
«Il teatro in yer face è teatro contemporaneo. Ciò che era nuovo nei drammi degli anni Novanta
è il tipo di opere che scioccarono e disturbarono il pubblico, creando una nuova sensibilità
estetica.», IN-YER-FACE THEATRE, sito internet a cura di Aleks Sierz, http://www.inyerface-
theatre.com/what.html
9