formazione di quello che sará il futuro Cancelliere di Carlo V, formazione fondata prevalentemente
sul diritto. Infatti tutta la sua famiglia sia paterna che materna era tradizionalmente dedita alla
giurisprudenza.
Inizialmente venne affidato allo zio paterno Pietro di Gattinara, notaio di Vercelli nel cui
studio lavoró 3 anni. Dopodiché lo troviamo a casa dello zio materno Bartolomeo Ranzo, giudice
sempre a Vercelli, che fu per Mercurino "come un padre"
3
. Lavoró con lui per due anni, svolgendo
mansioni di suo procuratore e imparando moltissimo dai suoi consigli. Ma allo stesso tempo
studiava da autodidatta, come lui stesso ricorda nell'Autobiografia: «si diede a leggere per conto suo
e a imparare le Institutiones giustinianee e in breve tempo fu in grado di recitarne a memoria
l'intero testo»
4
.
All'etá di 25 anni decise di intraprendere gli studi di giurisprudenza andando contro ai
consigli della famiglia
5
. In tutti questi anni aveva appreso numerosi "trucchi del mestiere", molta
esperienza nel settore, ma non bastava.
Per il mantenimento agli studi Mercurino si serví della dote della moglie, che nel frattempo viveva
in casa con la suocera, e si trasferí a Torino nel 1490. Infatti quel matrimonio, contratto verbalmente
anni prima, continuó nel tempo anche se inizialmente vivevano separati. Occorre notare che
nell'Autobiografia il Gattinara non accennerá quasi mai alla sua vita privata, in particolare alla
moglie e all'unica figlia Elisa. L'episodio della dote appena citato è uno dei rari riferimenti ad
Andreetta. Bisogna comunque considerare che, anche se per motivi prettamente economici, ella per
lui fu assai importante. E' grazie infatti al suo denaro che poté compiere gli studi ed arrivare ad
avere una carriera brillante.
Giunto a Torino, Mercurino fu accolto in casa del giurista Giovanni di Gattinara, zio
paterno. Nuovamente il giovane si imbatté in una figura dedita alla legge. Venne totalmente preso
dallo studio, dedicandovisi con tanta costanza che al terzo anno di giurisprudenza gli fu concessa
dal principe la licenza per intraprendere la carriera legale. Possiamo quindi gia intravedere la
personalita forte, determinata, caparbia fino all'estremo che lo avrebbe caratterizzato per tutta la
vita, nonché un' indubbia intelligenza. In poco tempo il suo nome fu introdotto in tutti gli ambiti
giudiziari e si distinse per l'ottimo risultato ottenuto in una causa che coinvolgeva la famiglia
regnante. Il suo nome arrivó cosí al duca Filiberto di Savoia, che lo scelse il Gattinara quale
consigliere della moglie Margherita d'Asburgo, figlia dell'Imperatore Massimiliano I.
3
ibídem, p. 29
4
ibídem, p. 30
5
Sua madre in particolare considerava questa scelta sbagliata per una serie di motivi. Inanzitutto per una questione di
etá, 25 anni era troppo tardi per dedicarsi agli studi. Poi per una questione di guadagni: secondo lei la carriera di
avvocato non portava nessun vantaggio . Per ultimo una questione di bilancio familiare: l'ereditá che spettava a
Mercurino era quasi esaurita e non si poteva utilizzare quella dei fratelli.
3
Ebbe cosí inizio un'altra fase importante nella vita del futuro Cancelliere. Al seguito della
duchessa lo troviamo prima in Savoia, poi in Franca Contea. Inizialmente in Savoia con il ruolo di
consigliere della duchessa Margherita e di
avvocato fiscale. Nel 1505 venne nominato presidente della Bresse, e un anno dopo, con la morte
del duca Filiberto, prese le parti dell'arciduchessa nella interminabile disputa giudiziaria con Carlo
III, suo cognato.
Con la morte di Filippo il Bello, fu costretto a seguire l'arciduchessa Margherita in Germania
per decidere sulla sua ereditá. All'arciduchessa fu affidato il governo dei Paesi Bassi e l'investitura
della contea di Borgogna. Nel 1508 morí Etienne de Thyard, presidente del parlamento della contea
di Borgogna, e fu deciso dallo stesso Massimiliano di sostituirlo con Mercurino. In realtá il
Gattinara ambiva a questa carica e, per ottenerla, aveva chiesto l'intervento della stessa Margherita.
Con la nuova nomina andava quindi a ricoprire due cariche di presidenza, quella di presidente del
parlamento della Borgogna e quello di presidente della Bresse. Nel frattempo si iniziarono le
trattative per il trattato di Cambrai, del 10 dicembre 1508, nel quale, si stipulava la pace fra Luigi
XII e l'Imperatore e si definivano l'impegno nella guerra contro Venezia e la concessione a Luigi
XII dell'investitura del ducato di Milano. La redazione del trattato è dello stesso Mercurino.
Nel maggio 1510, Massimiliano gli affidó un nuovo incarico: recarsi in Spagna presso il re
Cattolico per attuare l'accordo appena stipulato
6
. In Spagna rimase per un anno, ma prima di partire
aveva incaricato alcuni amici fedeli di seguire le trattative per l'acquisto di una proprietá in Franca
Contea, nel caso si fosse presentata l'occasione. Mercurino infatti aveva intenzione di vendere tutti i
suoi possedimenti piemontesi e trasferirsi definitivamente nella terra degli avi.
Al ritorno, gli amici avevano avviato le trattative di acquisto per la proprietá di Chévigny, castello
poco distante da Dôle. Il castello era in avanzato stato di degrado, quindi si incaricó anche di
avviare i lavori di ampliamento e restauro. La questione sulla proprietá di Chévigny fu molto
importante, poiché portó Mercurino a un arresto nella sua carriera politica e giudiziaria.
La causa per la proprietá di Chévigny è solo apparentemente un affare privato, in realtá si
trattó una vera e propria battaglia politica fra Mercurino e la nobiltá locale. La nobiltá della Franca
Contea non vedeva di buon occhio la figura del Gattinara. Era molto gelosa dei propri privilegi e
non riusciva a sopportare un presidente del parlamento che promuoveva una riforma del codice e
una riorganizzazione del parlamento stesso. Nel 1509 Mercurino, trovandosi a Dôle, ebbe modo di
esaminare alcuni casi giudiziari e rendersi conto del cattivo funzionamento delle amministrazioni e
delle istituzioni. Suo scopo era di ripristinare una certezza e un'equitá del diritto e della legge,
sopprimendo i favoritismi. Ma andiamo con ordine.
6
L'accordo riguarda l'ereditá che spettava a Carlo. Dopo numerose trattative si decise che, finché era in vita Giovanna
la Pazza, la reggenza spettava al re Ferdinando il Cattolico. Con la morte della madre, il regno sarebbe passato al figlio.
4
Dopo circa un anno, i vecchi proprietari fecero sapere di aver intenzione di ritirare l'offerta e
di non essere più intenzionati a vendere il castello
7
. Mercurino si dichiaró disposto ad accettare
l'offerta a patto peró che gli fossero risarciti il prezzo di acquisto e di restauro. La richiesta fu
respinta. Inizió quindi un'aspra battaglia legale, protrattasi in numerosi processi. La causa fu
trasferita fuori dalla provincia, nella cittá di Malines, e affidata a nuovi giudici. Mercurino pensava
che in questo modo si potesse emettere un giudizio indiscusso e definitivo. Ma i giudici non presero
nemmeno in considerazione le regole procedurali. Mercurino si trovó contro non solo la nobiltá
locale ma anche i giudici, la legge. Venne addirittura accusato di aver sfruttato il suo ruolo di
presidente per l'acquisto della proprietá; a tale accusa Mercurino rispose con una denuncia per
diffamazione. Allo stesso tempo fu architettato un omicidio contro la sua persona.
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Giá in passato
era stato vittima di attentati. Il primo risale ai tempi dell'universitá, quando venne accusato di
detenzione indebita dei beni di Andreeta. Per ben 7 volte Mercurino assunse il proprio patricinio in
tribunale, ottenendo sempre vittoria. I suoi avversari provarono per 4 volte a ucciderlo, ma riuscí
sempre a cavarsela. Il secondo episodio avvenne nella chiesa di Vercelli. Era morto il duca Filiberto
e Mercurino aveva preso le difese della vedova Margherita nella battaglia legale contro il cognato
Carlo III
9
. Venne assalito da un gruppo di sicari, convinti che l'eliminazione del Gattinara sarebbe
stata gradita al principe. Ma anche in questo caso egli trovó una via di salvezza.
Divenne vittima di un'ingiustizia, ma nonostante tutto, continuava a difendersi. Infatti si era
riaperto un altro processo, e Mercurino non aveva intenzione di trovare alcun tipo di compromesso:
si mantenne sempre saldo nelle sue posizioni, sperando che prima o poi la giustizia sarebbe arrivata.
Ma la sentenza non fu delle migliori: per prima cosa egli dovette restituire la proprietá di Chévigny,
nonché gli eventuali profitti e guadagni percepiti o da percepire. Gli furono addebitate le spese
processuali, una somma esorbitante che dovette pagare entro una data stabilita. Infine gli fu tolta la
carica di presidente del parlamento della Borgogna. Quando gli arrivó la notizia, Mercurino si
trovava nel convento di Varallo Sesia e, in preda all'amarezza, suppongo compose un'operetta
dedicata al re cattolico Carlo d'Asburgo. Il tema centrale è "l'avvento della monarchia universale e il
futuro trionfo della cristianitá"
10
, in cui indica nella figura di Carlo il reggitore di tale monarchia
da lui sognata.
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Con l'acquisto andava a ricadere su Mercurino il diritto commissorio, secondo il quale i parenti di parte maschile
potevano riavere la signoria per successione familiare.
8
Doveva essere aggredito mentre era in viaggio, ma Mercurino riuscí a salvarsi nuovamente. A suo avviso la divina
provvidenza aveva svolto il suo compito. Questa tematica è molto presente nell' Autobiografia, lui stesso dichiara di
essere cosi devoto all'aiuto divino tanto da far voto di andare in pellegrinaggio al Santo Sepolcro. L'autorizzazione gli
fu peró negata.
9
Margherita voleva ottenere la sovranitá sui territori che gli spettavano, mentre il cognato puntava ad ottenere
maggiori competenze giuridisdizionali.
10
M.Gattinara, Autobiografia, ed. a.c. di Giancarlo Boccotti, Roma, Bulzoni Editore, 1991, p. 61
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Mercurino lasció il monastero diretto verso le Fiandre, dove avrebbe incontrato
l'arciduchessa. Margherita gli propose di rimanere al suo fianco ad ottime condizioni, ma egli non
accettó. Come lui stesso afferma «come poteva restare alle sue dipendenze, anche a condizioni piú
vantaggiose, senza compromettere il suo onore e il suo nome?»
11
. L'arciduchessa Margherita
temeva che Mercurino petesse passare ai francesi, mosso dall'ira del momento. Sapeva infatti che il
re Luigi XII gli aveva offerto di entrare al suo servizio, colpito dalle doti messe in evidenza durante
gli accordi di Cambrai. Mercurino peró giuró che mai sarebbe passato dalla parte francese. Si puó
supporre che Mercurino avesse concepito un'avversione verso la Francia, probabilmente per il
comportamento di quest'ultima durante la guerra contro Venezia. Egli ebbe infatti modo di seguire
la vicenda da vicino, in quanto, rappresentando l'Imperatore, doveva occuparsi dell'esecuzione del
trattato. Ebbe cosí modo di intravedere quell'atteggiamento "poco rispettoso dei patti" che la
Francia avrebbe assunto anche piú avanti. Per esempio il ritardo nell'iniziare la guerra, prevista dal
trattato stipulato per i primi di aprile. Dopo essere uscito vittorioso dalla battaglia di Agnadello del
14 maggio 1509, il re di Francia aveva intenzione di superare il Mincio e di occupare i possedimenti
che sarebbero spettati a Massimiliano. Per ultimo, egli decise di ritirarsi dall'accordo e di porre fine
alla guerra.
Mercurino lasció le Fiandre diretto in Germania, con l'intenzione di mettere a conoscenza
l'Imperatore dell'accaduto, in particolare della perdita di quella carica che gli era stata affidata dallo
stesso Massimiliano. Venuto a conoscenza dei fatti e della sentenza del processo, l'Imperatore
mostró tutto il suo disappunto e propose a Mercurino di rimanere presso di lui. Egli accettó l'offerta,
ma prima di iniziare il suo operato chiese all'Imperatore di poter tornare in Italia per vedere la
famiglia. Mentre si trovava in viaggio per far ritorno in Italia, giunse al Gattinara una lettera della
duchessa Margherita, nella quale si spiegava che il gran Cancelliere Jean Le Sauvage
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era morto e
che il re Carlo aveva deciso di assumerlo al suo posto. Sicuramente fu rilevante in questa decisione
la persona della duchessa Margherita. Quest'ultima cercó sempre di proteggere il fedele consigliere
anche dopo il licenziamento, ed è indubbio che le buone referenze di cui muní Mercurino ebbero
un certo valore nella decisione di Carlo V. Inoltre, nella corte di Carlo, Mercurino poteva contare
sulla presenza dell'amico e conterraneo Laurent de Gorrevod. Si puó supporre che Gorrevod
riuscisse a confutare le voci che correvano sul nome del Gattinara nel gruppo dei ministri
borgognoni alla corte di Carlo, agevolandone cosí la candidatura.
Si aprí un nuovo capitolo nella vita del Gattinara, un periodo che sarebbe durato 13 anni, i
più importanti della sua carriera politica e diplomatica. In questo periodo si dedicó
11
Ibídem, p. 63
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Fra Mercurino e Jean Le Sauvage vi furono sempre ostilitá. Lo stesso Mercurino lo indica come antagonista e
ideatore di tutte quelle ingiustizie di cui era stato vittima in precedenza.
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