6
Ma la prima sigaretta viene accesa anche prima dei 15 anni nel 26,6% dei
casi, più dalle ragazze che dai ragazzi; la maggior parte dei giovani (58,2%),
quindi, inizia a fumare tra i 15 e i 17 anni e solo il 14,1% tra i 18 e i 24.
I dati Iss-Doxa rivelano inoltre che non hanno mai fumato il 76,2% dei
giovani e che gli ex fumatori sono il 4%. La percentuale dei giovani fumatori
è minore nelle regioni del Sud e nelle Isole (17,9%), mentre al Nord e al
Centro la quota è rispettivamente del 21,7% e del 21,4%. Rispetto agli adulti i
giovani fumano al giorno meno sigarette: 10 contro 14. Nell’indagine è stata
valutata anche l’intenzione a smettere di fumare e i risultati mostrano che solo
il 10,2% pensa seriamente di abbandonare il vizio del fumo nei prossimi 6
mesi, ma nessuno dei giovani si rivolge al medico di base per smettere di
fumare: soltanto l’1,9% ha dichiarato di aver chiesto aiuto.
Proprio per sottolineare che il problema del tabagismo è molto grave su
scala mondiale, potrebbe essere importante far riferimento ai dati riportati
dalla OMS riguardo alle morti annue legate a patologie fumo-correlate: quasi
5 milioni di decessi nel mondo sono stati causati dal fumo; in Europa, invece,
sono 1,2 milioni. Il 20%, inoltre, di tutte le morti sono da correlare al fumo di
sigaretta. Di queste il 35% è dovuto a tumori, il 56% a malattie
cardiovascolari e respiratorie, il 9% ad altre cause (sempre fumo-correlate).
Restringendo il campo e guardando all’Italia sono 80 mila i decessi attribuibili
al fumo ogni anno, praticamente il 14,2% di tutte le morti.
La previsione dell’OMS è che, se non saranno adottate misure efficaci, le
morti attribuibili al fumo potranno divenire 8,3 milioni nel 2030 e l’80% delle
vittime si registrerà nei paesi a reddito medio e basso. Sempre secondo
l’Organizzazione Mondiale della Sanità il tabacco uccide più dell’Aids e della
droga e nel 2015 le morti dovute al tabacco saranno il 10% del totale e
supereranno del 50% quelle causate dall’Aids.
In riferimento a questi dati è quindi possibile definire il tabacco la prima
causa di morte facilmente evitabile.
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La diffusione delle sigarette tra la popolazione è dovuta soprattutto alla
capacità dei produttori di sigarette di sfruttare qualsiasi mezzo esistente nella
società per propagandare i loro prodotti.
In particolare, il legame che si è stabilito tra i media e le aziende
produttrici di sigarette si è sempre più rafforzato nel tempo, diventando di
vitale importanza per la vendita di questo tipo di prodotti. Fino a quando è
stato possibile pubblicizzare le sigarette su stampa, per radio o in tv, la società
era sottoposta - come accade oggi per la merce la cui pubblicità è legale - ad
un vero e proprio bombardamento di annunci pubblicitari che avevano come
scopo l’iniziazione al fumo. Questi non solo sono riusciti a fare notevolmente
aumentare le vendite di sigarette, ma hanno anche avuto la capacità di
convincere la maggior parte di persone che iniziare a fumare non avrebbe fatto
loro del male.
Le case produttrici di tabacco hanno da sempre usufruito di modelli
particolarmente influenti sui diversi target: per rivolgersi agli adulti e agli
adolescenti sono stati spesso usati come testimonials atleti e dottori che,
impegnati nei loro rispettivi lavori affermavano: “fumare non provoca danni
alla salute”. Invece, i più giovani sono stati influenzati tramite immagini e
personaggi del mondo fantastico: ad esempio Babbo Natale che porta un sacco
pieno di stecche di sigarette Camel o Chesterfield;
Fig. 1: annunci Chesterfield (1952) e Camel (1947) basati sul personaggio di Babbo Natale
8
Allo stesso modo, durante i periodi di festività particolari, quali la festa del
papà, era possibile leggere su qualche annuncio: “Vuoi fare contento tuo
padre?Regalagli una stecca delle sue Camel!”.
Proprio da ciò è possibile notare come nel tempo sia cambiato anche il
target dei produttori di tabacco: quando uomini e donne adulti sono stati
completamente conquistati, i produttori hanno indirizzato gli annunci
esclusivamente verso i più giovani. E’ questo lo scopo odierno delle aziende
produttrici di tabacco: rendere gli adolescenti consumatori in fase di
addestramento.
In base a quanto detto finora i produttori di sigarette devono molto ai
media; infatti, affiancando la pubblicità a mezzo stampa alle altre strategie
comunicative utilizzate fino a quel momento, la Camel tra il 1919 e il 1929 ha
raddoppiato le vendite passando da 528.300.000 a 1.120.240.000 di sigarette
prodotte; grazie all’invenzione della radio e alla pubblicità su questo nuovo
mezzo di comunicazione, le vendite sono state raddoppiate in cinque anni;
analogamente, a seguito dell’affermazione della Tv negli USA, l’azienda ha
triplicato la produzione di sigarette in soli due anni, grazie soprattutto alla
sponsorizzazione di programmi come “Quiz program” e “Bob Hawks show”.
Il 60% delle famiglie americane alla fine degli anni ’50 possedeva almeno una
TV e questo spiega un ennesimo decollo delle vendite di sigarette e in
generale un nuovo boom della pubblicità, che accompagna l’uomo nell’era del
marketing e della comunicazione di massa.
Da quando la pubblicità di sigarette è stata vietata dalla legge quasi
ovunque e su qualsiasi mezzo di comunicazione, i produttori di tabacco hanno
cercato di trovare modi diversi per pubblicizzare i loro prodotti, anche in
modo occulto, creando in alcuni casi vere e proprie nuove forme di marketing
relative al mercato delle sigarette. Ad esempio in Africa i commercianti hanno
la possibilità di ridipingere gratuitamente la facciata del proprio negozio se
accettano di averla somigliante ad un pacchetto di sigarette; a Varsavia il
marchio della Camel è stampato sulle tende dei negozi e sui taxi; nelle
discoteche della Malaysia gli alberi di Natale vengono addobbati
gratuitamente dalla Kent con decorazioni che mettono in mostra il marchio
9
aziendale; nel centro di Dresda, in Germania, ragazze in minigonna
allestiscono un tavolo accanto ad una Cadillac e in cambio di un pacchetto di
sigarette vuoto, ne offrono ai passanti uno di Lucky Strike pieno con un
volantino sul quale si legge: "Quello che vi siete messi in tasca è un simpatico
pezzo d'America; le Lucky Strike sono l'originale, un vero classico"; in molte
città accade spesso che veicoli con il logo della Camel si fermino all’entrata
dei licei: la conducente distribuisce gratis sigarette ai ragazzi di 15-16 anni; a
Taipei, in una sala giochi, vengono messe a disposizione di chiunque li
desideri pacchetti di sigarette americane; e sempre a Taipei, studenti liceali,
una volta entrati nella discoteca "Whisky a go-go", hanno la possibilità di
usufruire gratuitamente dei pacchetti di sigarette Salem che trovano su tutti i
tavoli.
Per chiarire ulteriormente l’entità del problema, dopo una breve
descrizione della nascita e dell’evoluzione della pubblicità dagli albori fino ad
oggi (cap. I), nel secondo capitolo viene esposta una rassegna dei più
importanti documenti di prevenzione redatti negli ultimi anni dalle
organizzazioni mondiali e delle leggi vigenti in Italia sul tema in questione,
cercando anche di delineare i diversi contesti socio-culturali ai quali si fa
riferimento nella maggior parte delle ricerche ed in questa tesi.
La seconda parte del capitolo è incentrata sul ruolo fondamentale che i
mass media hanno da sempre ricoperto in questo campo. Come detto, è
impossibile negare che con l’avvento del cinema e della TV qualcosa sia
cambiato nelle strategie di mercato delle case produttrici di tabacco. Per
questo vengono descritte alcune delle strategie comunicative utilizzate dai
grandi produttori in base al mezzo di comunicazione utilizzato.
Infine, nella parte finale del secondo capitolo sono stati presi in esame
esempi di pubblicità illegale fatta nell’ambito dello sport e della moda. Più in
particolare si è fatto riferimento alla pubblicità esplicita di sigarette nel
motociclismo, nella Formula 1, nel rally e nelle regate velistiche o anche a
quella indiretta effettuata tramite marche d’abbigliamento (e quindi tramite i
cosiddetti marchi alibi), create dalle aziende proprio per evitare l’ostacolo
costituito dalle leggi vigenti nei paesi.
10
N
Fig. 2: due esempi di divise ufficiali dei motociclisti dei team sponsorizzati da Lucky Strike e Chesterfield
Nel terzo capitolo ci si è soffermati ad analizzare alcune tra le più
importanti e conosciute campagne pubblicitarie anti-fumo, considerando come
pubblicità anche le manifestazioni “Smoke-Free” organizzate e ormai diffuse
non solo in Italia ma in tutto il mondo. Più in particolare sono state descritte le
ultime tre campagne di sensibilizzazione promosse dalla UE.
Nel quarto capitolo - dopo aver definito il concetto generale di
posizionamento – viene fornita una più particolare descrizione del
posizionamento dei due marchi i cui messaggi pubblicitari vengono analizzati
dalla ricerca (Camel e Marlboro). Inoltre, successivamente viene descritto il
mercato delle sigarette, con particolare riferimento alla situazione che vede
come protagoniste principali le “tre grandi sorelle”: Philip Morris, RJ
Reynolds e BAT, cioè le multinazionali produttrici dei maggiori marchi di
sigarette.
A seguire, un paragrafo incentrato sulla descrizione dei due siti internet di
Philip Morris e RJ Reynolds, case di produzione di Camel e Marlboro, in
modo da delineare alcune strategie delle due aziende in un settore di mercato
molto attivo ed importante al giorno d’oggi come il web.
Nel quinto capitolo viene descritta la tecnica utilizzata in questa ricerca:
l’analisi del contenuto, in riferimento alla sua nascita e al suo sviluppo, alle
sue principali caratteristiche e alle prime ricerche che l’hanno utilizzata.
11
Nel sesto capitolo viene descritta la ricerca, soffermandosi in particolare
su:
1. Obiettivo;
2. Campione;
3. Costruzione dello strumento di ricerca;
4. Tecniche utilizzate per l’analisi dei dati.
L’ obiettivo della ricerca è l’analisi del posizionamento simbolico di due
marchi storicamente leader nel settore (Camel e Marlboro), nonché
l’individuazione dei valori veicolati dai loro annunci pubblicitari.
Il campione è costituito da 210 pubblicità a mezzo stampa, egualmente
divise tra i due brands e provenienti da paesi diversi. Esso è stato analizzato
tramite una scheda di analisi appositamente costruita (presentata nella sua
totalità nell’appendice), che fa riferimento a livello teorico alla classificazione
dei valori di Rokeach (1973), a quella dei bisogni di Maslow (cit. in Losito,
2002, par. I. I) e al modello delle quattro i e delle quattro c di Fabris (1992).
Le tecniche utilizzate per l’analisi dei dati così emersi vengono
brevemente descritte in conclusione di capitolo e sono: l’analisi delle
frequenze, l’analisi delle corrispondenze multiple (ACM) e l’analisi dei
cluster. Queste sono state effettuate tramite i programmi statistici SPSS e
SPAD.
Infine, nel settimo ed ultimo capitolo, i risultati ottenuti sono stati
analizzati ed interpretati per trarre alcune conclusioni che riassumano i
risultati principali della ricerca.
12
Cap. I
LA PUBBLICITA’
I. 1 Come e quando è nata la pubblicità
La pubblicità è l'attività aziendale diretta a far conoscere l'esistenza o ad
incrementare il consumo e l'uso di un bene o un servizio, mettendone in
evidenza le sue qualità. Le aziende fanno attività pubblicitaria principalmente
- ma non solo - attraverso i mezzi di comunicazione di massa: radio,
televisione, giornali, internet.
Oggi la pubblicità fa parte della vita quotidiana di ognuno. La sua storia è
parallela a quella dell’uomo e quindi alla storia della civiltà. In particolare, il
suo sviluppo si intreccia continuamente con quello della cultura in cui ha
origine, al punto che non sempre è possibile attribuire il primato temporale
all’una realtà piuttosto che all’altra.
I primi esempi di pubblicità di cui si trovano testimonianze risalgono ai
Fenici, che elencavano le merci in vendita con grandi scritte sui muri delle
strade maggiori. Ma anche in Grecia o nell’antica Roma si faceva uso di
insegne e manifesti con lo scopo di reclamizzare i prodotti in vendita nelle
botteghe, annunciare eventi pubblici, gare, fiere o spettacoli. Anche a Pompei,
incisi sulle rovine, sono stati ritrovati messaggi commerciali ed elettorali.
La vera svolta coincise però con lo sviluppo delle tecniche di stampa ed in
particolare con il 1448, anno in cui furono inventati i caratteri mobili dal
tipografo tedesco Johann Gutenberg. Grazie a questo nuovo tipo di
procedimento di stampa, già nel XVII secolo cominciarono a comparire
stabilmente i primi annunci pubblicitari sulle pagine dei settimanali inglesi.
Con la nascita e il decollo della stampa si diffusero moltissimi libri dando il
13
via ad una nuova epoca, molto più veloce della precedente; si venne così a
creare una situazione analoga a quella che si vive oggi e che sta portando
diversi sociologi a proporre di dividere la storia dell’uomo in B.I. (Before
Internet) ed A.I. (After Internet).
La dinamicità che caratterizza il periodo successivo all’invenzione dei
nuovi meccanismi di stampa porta in soli ventisette anni a creare il primo
annuncio pubblicitario, datato 1497 e consistente nella prima comunicazione
edita da William Caxton per la vendita di un calendario.
Allo stesso modo nacquero poco a poco le prime agenzie pubblicitarie:
esse inizialmente avevano il solo compito di procurare spazio sui giornali
agli inserzionisti; successivamente, intorno al XX secolo, iniziarono anche
ad occuparsi dei contenuti dei messaggi.
Tuttavia, la moderna pubblicità a mezzo stampa così come la si conosce –
seppur in forma ancora rudimentale – si è affermata nei secoli XVII e XVIII,
quando in Europa cominciarono a diffondersi le gazzette; esse, oltre alle
informazioni, contenevano al loro interno anche le cosiddette rèclame, ossia
delle inserzioni di privati senza alcuna illustrazione e proponenti affari,
compravendite ecc.
La diffusione della pubblicità è stata inizialmente riscontrabile solo nei
paesi evoluti e quindi in rapida crescita economica, caratterizzati da un
sistema legislativo di tipo liberale: Inghilterra, Francia e Stati Uniti, dove
grazie alla rivoluzione industriale la pubblicità comincia ad assumere un ruolo
significativo all’interno della società.
Nel 1845 in Francia fa la comparsa la prima concessionaria di pubblicità,
la “Société Générale des Annonces”, che gestisce gli spazi pubblicitari di tre
grandi giornali. Nel 1863 in Italia viene fondata la “Manzoni”, organizzazione
che raccoglie inserzioni per più giornali contemporaneamente, permettendo lo
sviluppo della stampa quotidiana dall’800 a oggi grazie ad un flusso di denaro
costante e crescente. Sono però gli USA a creare la prima agenzia
pubblicitaria che offre ai propri clienti una struttura di scrittori ed artisti per le
proprie inserzioni.
14
A partire dall’inizio dell’800 le inserzioni vengono affiancate e
successivamente sostituite dagli annunci, che utilizzano artifici tipografici e
immagini per attirare maggiormente l’attenzione del lettore, cercando quindi
di comunicare il messaggio in modo più diretto ed efficace. Ma la resa di
stampa dei quotidiani è ancora scarsa e gli annunci vengono realizzati
grezzamente e confinati in apposite pagine senza colore.
Per questo motivo si sviluppò la cosiddetta
stampa litografica, che permise ai manifesti non
solo l’utilizzo del colore ma anche resa e qualità
ottime. Il manifesto si impone così come mezzo
primario di comunicazione di massa, grazie alla
sua superficie più ampia che permette agli
illustratori, ma a volte anche ad affermati artisti
(Toulouse-Lautrec ad esempio), di creare veri e
propri capolavori.
Fig. 3: pubblicità di Toulouse-Lautrec
del locale parigino La revue blanche
Con l’avvento del ‘900 si ha il vero boom della pubblicità, grazie
soprattutto alle nuove tecnologie e al contributo della psicologia, disciplina
che tra le scienze sociali ha influito maggiormente sullo sviluppo di tale
ambito: le prime strategie pubblicitarie vengono, ad esempio, adottate sotto la
spinta delle teorie meccanicistiche stimolo-risposta. Il riferimento è quindi alla
riflessologia pavloviana e l’unico scopo della pubblicità sembra essere quello
di bombardare un destinatario considerato passivo tramite stimoli ripetitivi,
brevi ed incessanti.
Successivamente con il behaviorismo di Watson si mira a creare un
rinforzo e quindi una ricompensa (soddisfazione di un determinato bisogno
tramite l’acquisto del prodotto) tra stimolo (pubblicità del prodotto) e risposta
(acquisto del prodotto). Anche in questo secondo caso il contenuto dei
messaggi non conta più di tanto; ciò che conta è l’intensità degli stimoli che
bombardano il consumatore.
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In una terza fase si ha l’influenza della psicoanalisi, per la quale il
destinatario continua ad essere considerato come facente parte di una massa
passiva e le strategie pubblicitarie risultano efficaci solo se in grado di attivare
le motivazioni inconsce che sottendono all’acquisto e al consumo dei prodotti.
Grazie a questa concezione nasce negli anni ’50 la ricerca motivazionale che
indaga sull’incidenza dell’inconscio sulla scelta, l’acquisto e l’uso di
determinati prodotti.
A causa di questi cambiamenti si passa dal concetto di persuasione a
quello di influenza, in modo da evidenziare l’articolarsi dello stimolo durante
il processo di persuasione in una fonte (che emette il messaggio pubblicitario)
ed il messaggio stesso (di cui risultano essere molto importanti sia i contenuti
emotivi sia la struttura). Con questo passaggio viene sottolineata non solo
l’importanza del campo psicologico del soggetto ma vengono anche prese in
considerazione le variabili sociali, i valori e gli orientamenti del gruppo di cui
il soggetto fa parte. Per questi motivi si comincia a parlare di effetti limitati
dei media: secondo tale teoria, elaborata nel 1940 da Lazarsfeld, l’influenza
dei media non è diretta ma “mediata” da condizioni e fattori psico-sociali
(Wolf, 1985).
Proprio per quanto afferma la teoria degli effetti limitati è necessario
sottolineare l’importanza che assume lo sviluppo tecnologico ed i
cambiamenti sociali che questo ha implicato. Basti pensare, per esempio, alle
nuove forme pubblicitarie che si sono diffuse nella prima metà del ‘900 grazie
alle nuove invenzioni: nel 1904 è la volta del primo filmato pubblicitario ad
opera dei fratelli Lumiere, che pochi anni prima avevano inventato il
cinematografo; negli anni ’20 vengono prodotti i primi comunicati pubblicitari
per la radio, che sarà per almeno trent’anni il mezzo ideale – perché il più
diffuso e il più seguito - per raggiungere i consumatori.
Ennesima svolta si ha con l’avvento negli anni ’30 della televisione e delle
prime stazioni televisive commerciali statunitensi che, non avendo canone,
basano la loro economia quasi esclusivamente sugli introiti pubblicitari.
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A partire dagli anni ’60 però, a causa della crisi socio-politica e della
diffusione di nuovi modi di intendere la vita, la teoria degli effetti limitati
viene sostituita dalla nozione di powerful mass media; ciò accade perché:
1) le comunicazioni di massa sono sempre più articolate e diffuse;
2) nella vita collettiva entrano in crisi le principali agenzie di
socializzazione, come la famiglia e la scuola;
3) aumenta l’interesse per gli effetti dei media a lungo termine rispetto a
quelli a breve termine.
In realtà sono molti gli studi che oggi rileggono quel periodo soffermandosi
sulla continuità e non sulla contrapposizione tre le vecchie e le nuove
acquisizioni. E’ stato ad esempio sottolineato come il potere dei media sia
inversamente proporzionale al potere delle altre agenzie di socializzazione.
Nell’ambito degli importanti cambiamenti qui brevemente descritti è stata
formulata la teoria dell’agenda setting il cui assunto primario non sostiene che
i media cercano di persuadere, ma che essi descrivono in un certo modo la
realtà e presentano al pubblico una sorta di ordine del giorno, un insieme di
fatti, problemi, personaggi sui quali essere informati e farsi un’opinione; in
conclusione i mezzi di comunicazione non propongono opinioni, ma
impongono al pubblico i temi in merito ai quali avere un’opinione (Wolf,
1985).
Nonostante quanto appena sottolineato esistono delle teorie sviluppate durante
gli anni ’70 ancora in linea con la nozione di powerfull mass media:
¾ la teoria della spirale del silenzio: elaborata da Noelle Neumann si
basa su due concetti fondamentali, cioè quello dell’opinione pubblica e
quello del ruolo della tv. Il presupposto di fondo è che più un mezzo
rende difficile la percezione selettiva, maggiore sarà la forza del suo
effetto: esso infatti rafforza quando supporta gli atteggiamenti
persistenti e modifica quando li contraddice. Il mezzo che più di ogni
altro ostacola la percezione selettiva del pubblico è la televisione (“La
spirale del silenzio”, 2002).
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Tramite alcuni studi sperimentali basati proprio su questi presupposti
la studiosa tedesca ha potuto concludere che a causa dell’operato dei
mezzi di comunicazione determinate opinioni vengono considerate
maggioritarie pur non essendolo, fino a diventarlo realmente. Queste
vengono infatti accettate da alcuni soggetti, mentre altri essendo
portatori di opinioni diverse, si sentono marginali, isolati, “devianti”, e
per questo “tacciono” rinunciando a far valere il proprio punto di vista.
A causa di tale processo si ha un annullamento simbolico delle
opinioni minoritarie (Wolf, 1985);
¾ la teoria della coltivazione: nasce da uno studio condotto da Gerbner
nel 1967/68 sul tema della violenza in tv. Secondo la teoria i media
hanno un ruolo centrale nella società contemporanea ed in particolare
la televisione è un elemento “organizzatore” della cultura: per questo
la cultura popolare si riduce alla cultura televisiva. Infine, quindi, la
televisione “coltiverebbe” nei telespettatori assidui immagini
semplificate, distorte, stereotipiche della realtà (Wolf, 1985).
In conclusione di questo primo paragrafo che ha permesso di descrivere come
si è evoluto il concetto di pubblicità dagli albori sino ad oggi, potrebbe infine
essere utile far riferimento allo sviluppo del concetto di marca. Esso è
influenzato sia dall’evoluzione della pubblicità stessa sia dalle teorie sopra
citate e dai cambiamenti socio-culturali susseguitisi nel tempo. Per descriverlo
viene riportata una tripartizione presentata in “Il nuovo manuale di tecniche
pubblicitarie” (Lombardi, 1998). Secondo tale modello esistono tre fasi
storiche che ripercorrono l’evoluzione della marca:
1) Marca funzionale (detta anche soap opera, anni ’60): tende ad
assicurare un’efficace soluzione dei problemi di base che si possono
presentare al cliente (ad esempio pulire nel caso dei detersivi) e la
mancanza di un’eventuale non performance del prodotto. La marca
quindi ottiene fiducia perché dà garanzia di qualità e sicurezza,
migliorando concretamente la vita dei consumatori. Il prodotto viene
quindi visto come un eroe che riesce a risolvere i problemi legati al
quotidiano e a valori molto importanti per l’epoca (la famiglia, il
dovere, la comunità).
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Questa prima fase permette alla marca di distinguersi e definirsi come
principale brand di una determinata categoria merceologica, creando
un bisogno e al tempo stesso avendo gli strumenti adatti per
soddisfarlo (così come hanno fatto Coca-Cola o McDonald’s).
In questo periodo la pubblicità viene creata basandosi sui modelli di
elaborazione classici:
¾ I modelli AIDA (Joyce, 1967) e DAGMAR (Colley, 1961)
“prevedono un’elaborazione che passa dal livello cognitivo a
quello affettivo e successivamente al conativo. Alla base di tutto
quindi ci sono le vendite, la cosiddetta USP (Unique Selling
Proposition) con copy strategy che privilegiano promesse di
benefit oggettivi. E’ quindi fondamentale farsi conoscere, farsi
comprendere, entrare nella memoria, creare un’opinione: grazie a
ciò si svilupperanno i sentimenti, gli atteggiamenti, i desideri che
spingeranno il soggetto all’acquisto del prodotto o ad un atto
preparatorio ad esso” (Lombardi, 1998, p. 110).
Di seguito viene riportato uno schema descrittivo dei due modelli
1
:
AIDA DAGMAR
ATTENZIONE CONOSCENZA
INTERESSE COMPRENSIONE
DESIDERIO CONVINZIONE
AZIONE AZIONE
1. Rappresentazione grafica dei modelli AIDA (Joyce, 1967) e DAGMAR (Colley, 1961). Fonte:
Lombardi, 1998
19
¾ Il modello della gerarchia degli effetti (Ladvidge e Steiner, 1961),
invece, non fa altro che aggiungere dei livelli intermedi di
passaggio che possono aiutare la comprensione ed indicare le
possibili conseguenze sul piano delle scelte comunicazionali.
Di seguito uno schema descrittivo del modello in questione
2
:
Informazioni e fatti
CONOSCENZA Campagne di lancio
Annunci descrittivi
COMPRENSIONE Slogans, jingles
Sentimenti ed emozioni
GRADIMENTO Campagne competitive
Annunci argomentativi
PREFERENZA Campagne di immagine
Desideri e motivazioni
Campagne con testimonials
CONVINZIONE Offerte limitate
AZIONE Promozioni
Stimoli sul punto di vendita
Ciò accade fino agli anni ’70, quando il marketing passa dalla
vendita all’ascolto del mercato ed il processo non parte più dalla
produzione, ma è la produzione ad adeguarsi alle richieste del
mercato, abbandonando così il paradigma delle 4P (Kotler, 1976) in
cambio di quello dell’ SCA (Porter, 1985).
2. Rappresentazione grafica del modello della gerarchia degli effetti (Ladvidge e Steiner, 1961). Fonte:
Lombardi, 1998.