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precedenti che culminano nel fenomeno dell’antipolitica.
Lo scopo di questa ricerca è quello di cercare di misurare il livello di
sofisticazione politica di circa duecento persone, scelte come campione per questo
studio, e di metterlo in relazione con una serie di altre variabili indicative dei
comportamenti politici dei cittadini in questione.
In altre parole si tratta di capire, per quanto riguarda le persone prese in esame,
quale sia il loro livello di conoscenza, in termini nozionistici, dei principali fatti
politici, che avvengono e che sono avvenuti in Italia, in modo tale da esaminare la
competenza politica degli elettori in questione, partendo dal presupposto che siano
tutti poco informati riguardo la politica; sia le relazioni che questo cambiamento
ha con variabili tipo: l’ideologia politica, il senso di efficacia politica,
l’atteggiamento nei confronti del voto e l’orientamento valoriale.
Nell’attuale panorama politico italiano è interessante vedere come il livello di
sofisticazione politica di questi cittadini influisce sui loro comportamenti, se
magari risulta proporzionale alle loro azioni politiche e, non in ultimo, quali sono
le caratteristiche distintive delle persone con più alti punteggi di sofisticazione
politica.
Nella nostra democrazia non servono approfondite analisi per constatare come sia
cresciuto, soprattutto in tempi recenti, un forte disinteresse nella politica, a tal
punto che si sente sempre di più parlare di “anti-politica”.
Questa ricerca non ha tra gli obiettivi quello di analizzare i vari comportamenti
dei cittadini/elettori legati all’“antipolitica”, cosa che peraltro risulterebbe difficile
per via delle numerose interpretazioni del concetto stesso di antipolitica, bensì
quello di misurare la conoscenza che questi cittadini/elettori hanno dei principali
fatti politici, tenendo comunque presente il contesto all’interno del quale si svolge
la ricerca, descrivendo quindi i principali risultati su di un quadro che per cornice
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ha un generale sentimento di insoddisfazione per la politica.
Questa tesi quindi non ha un significato predittivo, ma, al contrario, descrittivo,
esplorativo e da un certo punto di vista innovativo. Descrittivo ed esplorativo in
quanto si propone di descrivere empiricamente la conoscenza che gli elettori
hanno del panorama politico, e innovativo in quanto ha come idea quella di
fornire un contributo mettendo in relazione il grado di sofisticazione politica con
una serie di altre variabili volte a misurare aspetti centrali dell’espressione
politica.
Il lavoro di ricerca si divide in due parti. La prima parte, che corrisponde al primo
capitolo, è dedicata interamente all’analisi delle fonti bibliografiche relativamente
alla sofisticazione politica e comprende la descrizione dei maggiori studi, delle
metodologie utilizzate e dei principali risultati a riguardo. Sono inoltre state
descritte le principali variabili che saranno esaminate in relazione alla scala di
sofisticazione politica.
La seconda parte della ricerca è incentrata sul contributo empirico che si é voluto
dare allo studio della sofisticazione politica.
Per l’espletamento di questa seconda parte della ricerca è stato costruito un
questionario che comprende una scala per la misurazione della sofisticazione
politica e una serie di altre scale per la misurazione delle altre variabili da
esaminare. Sono stati analizzati i risultati di questo questionario somministrato a
200 soggetti, i quali pur non rappresentando un campione significativo, hanno
permesso di trarre alcune osservazioni interessanti, ma purtroppo non
generalizzabili, sul tema della sofisticazione politica.
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CAPITOLO 1
1.1 Recensione delle fonti bibliografiche. Definizioni teoriche
Fin dalle prime ricerche sull’opinione pubblica e il comportamento elettorale si è
immediatamente affermata l’immagine di un elettore disinformato, scarsamente
interessato alla politica, poco informato circa il funzionamento delle istituzioni,
privo di riferimenti ideologici e con limitate capacità di astrazione. (Campbell,
Converse, Miller, Stokes 1960; Converse 1964). Questo quadro si ritrova
sostanzialmente immutato, tanto negli anni 50 del novecento, quanto alle soglie
del secondo millennio (Smith 1980; Luskin 1987; Delli Carpini e Keeter 1991),
tanto negli Stati Uniti quanto nelle nazioni europee (Popkin e Dimoch 1996;
1999); nonostante l’immagine di un cittadino disinformato ed incapace di
interpretare le dinamiche politiche sia in aperto contrasto con le basi stesse della
teoria democratica (Berelson, Lazarsfeld e McPhee 1954; Carmines e Huckefeldt
1996).
La maggioranza delle ricerche sul tema della conoscenza politica sono state
effettuate negli Stati Uniti. In un saggio iniziale famoso, Converse (1964) ha
concluso che il cittadino americano medio difettava di un orientamento stabile
verso la politica ed esibiva un basso livello di conoscenza, la mancanza di
consistenza fra gli atteggiamenti, l'instabilità degli atteggiamenti.
Da quel tempo, numerosi ricercatori americani di politica hanno esaminato
nuovamente le sue asserzioni, circa la conoscenza che i cittadini hanno delle
istituzioni politiche americane, con il risultato che la mancanza di informazione
politica dell'elettore americano è uno dei dati meglio documentati nella scienza
politica (Bartels, 1996).
Gli studi sulle capacità di concettualizzazione dei cittadini si muovono
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prevalentemente in due direzioni: da un lato si è assistito ad un processo di
ridefinizione del concetto di sofisticazione politica e all’individuazione di
strumenti di misura sempre più versati a cogliere le effettive modalità di
elaborazione cognitiva dei cittadini, dall’altro si è cercato di sostenere che,
nonostante il basso livello di cognizione politica, gli elettori sono comunque in
grado di giungere ad una scelta soddisfacente. In prima battuta, per comprendere
cosa si debba intendere per sofisticazione politica e quale sia il ruolo svolto da tale
concetto, si consideri la definizione offertane da Hamill e Lodge (1986), i quali
sostengono che in scienza politica, qualsiasi affermazione relativa al
comportamento dei cittadini e delle elite può essere qualificata secondo il suo
livello di sofisticazione, e quasi tutti i tentativi di spiegare il comportamento
politico introducono qualche misura di sofisticazione quale variabile di controllo o
interveniente.
La ragione di ciò è semplice: la conoscenza individuale influenza come l’elettore
percepisce, ricorda ed interpreta la realtà.
I primi studi sulla sofisticazione politica risalgono al 1960, anno in cui Campbell
et al. (1960) dividevano i votanti sulla base del grado con cui essi
concettualizzavano la politica. L’interesse principale dei loro studi fu relativo sia
alla presenza o all’assenza di certe astrazioni legate con l’ideologia; sia al grado
con cui si differenzia il mondo politico degli individui, e, soprattutto, alla natura
del grado di “connettività” tra gli elementi che sono stati discriminati con
successo. In altre parole, il loro interesse principale riguardava la struttura di
pensiero che l’individuo applica alla politica; un tipo di interesse che li ha
costretti a trattare di tipologie e differenze quantitative.
Di conseguenza, gli autori hanno stabilito una tipologia caratterizzata da quattro
livelli di concettualizzazione (indicati con le lettere da A a D), basate sulla lettura
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delle risposte date alle domande a risposta aperta sulle “preferenze e le
avversioni”, incluse nell’ American National Election Study del 1956. Il livello A
corrispondeva a “tutte le risposte dalle quali emergevano alcuni accenni della
concezione astratta che comunemente si associa alla ideologia”, mentre i tre livelli
più bassi corrispondevano a coloro che “esprimevano un interesse vagamente
concreto o di breve termine” o “ideologia all’acqua di rose” (livello B),
atteggiamenti che riflettevano le loro percezioni dello stato attuale delle cose
(livello C), e tutti quelli che mostravano un approccio nei confronti dei due partiti
maggiori e dei candidati presidenziali che appariva disconnesso rispetto alla
politica interna (livello D). Il nucleo centrale del campione riguardava i livelli dal
B al D, con una percentuale solo dell’11,5% che mostrava un certo grado di
concezione ideologica (livello A). Campbell et al. (1960) hanno inoltre dimostrato
che i livelli più alti di concettualizzazione erano associati con livelli di istruzione
e di coinvolgimento politico più elevati.
L’uso dell’ideologia come indicatore di sofisticazione politica fu inoltre proposto
da Converse (1964), che introdusse anche il concetto di “belief system”, per
generalizzare il concetto di ideologia utilizzato da Campbell et al. Egli definiva il
sistema di credenze come una “configurazione di idee e disposizioni d’animo in
cui gli elementi siano uniti da una sorta di vincolo o dipendenza funzionale”.
Converse sostiene che il sistema di credenze di una persona è in gran parte una
funzione del livello di informazioni che un individuo possiede; col termine
“informazioni” egli intende sia i fatti propri della “conoscenza contestuale”, sia le
relazioni essenziali tra questi fatti.
Sono stati utilizzati due approcci diversi per misurare il livello di sofisticazione
dei cittadini: il primo considerava l’“uso attivo” dell’ideologia nel prendere
decisioni politiche, ricollegandosi al livello di concettualizzazione di cui avevano
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già trattato Campbell et al. (1960), usando peraltro le stesse “domande sulle
preferenze e le avversioni” da loro adottate; il secondo prevedeva il
riconoscimento delle posizioni ideologiche dei partiti e la comprensione di quelle
“etichette” ideologiche, basandosi sulla abilità che gli intervistati avevano di
descrivere uno dei partiti come più conservatore dell’altro, dando una spiegazione
razionale di cosa volesse dire “conservatore”. Converse notò che un alto livello di
sofisticazione in entrambi i criteri di valutazione era associato con un elevato
livello culturale e di attivismo politico, dato coerente con le conclusioni cui erano
giunti Campbell et al. (1960)
Il concetto di sofisticazione politica in termini di livello di concettualizzazione
continuò ad avere un certo successo fino alla fine degli anni ’70. Pierce (1970),
Pierce e Hagner (1982) e Nie, Verba e Petrocik (1976) utilizzarono il termine di
concettualizzazione di Campbell et al. in varie forme, allo scopo di illustrare il
ruolo dell’ideologia nel modo in cui i votanti prendevano delle decisioni politiche,
concludendo che i votanti, in generale, avevano incrementato la loro
sofisticazione negli anni ’60 e ’70.
Secondo questa interpretazione del concetto di sofisticazione politica, diffusosi
principalmente nell’ambito della psicologia politica e basato sulla teoria degli
schemi cognitivi (Lodge, McGrawn, Conover, Feldman e Miller 1991), esistono
diversi possibili schemi che possono essere applicati alla politica, ed il livello di
coinvolgimento politico e di expertise dei cittadini influenza quali di questi
schemi vengono utilizzati (Fiske e Kinder 1981). Questo approccio mantiene un
legame con la precedente proposta di Converse (Lauwrence 2003) in quanto si
basa su un idea di conoscenza organizzata in strutture cognitive (paragonabili al
concetto di sistema di credenze), tuttavia avversa l’idea che il political belief
system si possa configuare in un solo modo, riconoscendo al contrario che la gente
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organizza la propria visione del mondo politico secondo modalità differenti
(Conover e Feldman 1984) e che anche gli elettori meno sofisticati possiedono un
qualche tipo di schema (Fiske e Kinder 1981; Hamill, Lodge e Blake 1985).
Nonostante le numerose critiche rivolte al concetto di schema, al carattere vago
della sua definizione ed operazionalizzazione (Kuklinski, Luskin e Bolland 1981,
Luskin 2002) questo filone di studi ha il merito di aver introdotto nel dibattito il
concetto di political expertise, ampiamente utilizzato dagli autori successivi quale
sinonimo di sofisticazione politica (Luskin 1987). Si tratta di un concetto molto
generale e astratto in grado di ricomprendere alcune capacità, attitudini e
comportamenti che contraddistinguono il modo in cui gli individui si rapportano
alla politica. Ad esempio: i politicamente esperti si ritiene siano appassionati alle
questioni politiche, si espongano a un a grande quantità di informazione politica
prestino grande attenzione a tali informazioni e riflettano sui significati e sulle
implicazioni di queste (Krosnik 1990). Sempre secondo Krosnik (1990), sia
l’interesse, che l’esposizione, la quantità e la qualità dell’informazione sono
fattori ciascuno in grado di esercitare un effetto proprio, benché tutti afferenti al
concetto di political expertise (Lawrence 2003).
Come gia detto, questi lavori furono aspramente criticati da Smith (1980) che
provò che i livelli di misurazione della concettualizzazione non avevano alcuna
validità, né affidabilità. Quando Smith esaminò le misurazioni del livello di
concettualizzazione del Changing American Voter (Nie, Verba e Petrocik 1976), e
di Pierce (1976), ed i metodi di misurazione utilizzati da Campbell et al. (1960)
durante il programma di sondaggi del 1956-60 dell’American National Election
Study, usando tre tipi di test diversi, scoprì che l’affidabilità, e quindi la validità,
di queste misurazioni era molto bassa. Smith, inoltre, sosteneva che i votanti, in
linea generale, non fossero divenuti più ideologici o sofisticati di quanto non
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fossero stati ai tempi del The American Voter. Probabilmente questi rappresentano
alcuni dei motivi per i quali ricerche più recenti sembrano aver abbandonato
l’intento di misurare la sofisticazione basandosi su livelli di concettualizzazione
del sè.
Negli anni ’80, furono fatti altri tentativi di usare l’ideologia quale indicatore di
sofisticazione, ma non ebbero molto seguito. L’approccio più seguito era quello
degli schemi, che si diceva fossero la rappresentazione delle connessioni tra idee e
concetti. Questo approccio fu introdotto da Fiske e Kinder (1981), e portato avanti
da altri, compresi Conover (1984), Conover e Feldman (1984), e Hamill, Lodge e
Blake (1985), ma ampiamente criticato da Kuklinski, Luskin e Bolland (1991),
che sostenevano che gli schemi erano stati misurati in modo inappropriato, che le
loro applicazioni erano puramente “cosmetiche”, ed il loro uso generalmente
falliva nel fornire una visione ulteriore rispetto a concetti simili, come mappe e
attitudini cognitive. Tuttavia, i due autori notavano le somiglianze tra la misura
dell’uso dello schema partitico in Hamill, Lodge e Blake e le misure di
sofisticazione usati in altri contesti nella letteratura da Zaller (1986) e Luskin
(1987) (Kuklinski, Luskin e Bolland 1991), suggerendo che vi erano almeno
alcune osservazioni preziose, che si sarebbero potute utilizzare per future ricerche
sulla sofisticazione, partendo dal “vicolo cieco” del programma di ricerca da loro
criticato.
Tuttavia vi è consenso pressoché unanime sul fatto che l’informazione politica già
assimilata e memorizzata fornisce le coordinate attraverso le quali l’elettore
interpreta la nuova informazione. In altre parole, si può affermare che la
conoscenza politica accumulata nel tempo determina quali strategie
dell’information-processing, tra le diverse disponibili verranno impiegate.
Se si vuole procedere alla rilevazione della competenza politica dell’elettorato si