IV
Queste opinioni focalizzarono l’attenzione soprattutto sull’idea che lo
spostamento d’arte era da legittimarsi solo in funzione di una
rivalutazione critica e storica e non mosso da intenti propagandistici.
3
Col passare del tempo l’ambiente scientifico si trovò concorde
sull’idea che le mostre d’arte non dovessero costituire un semplice
deposito di oggetti e un luogo di indagine per studiosi e specialisti, ma
un polo di diffusione culturale e di educazione. Dovevano colmare la
distanza tra il pubblico dei “non addetti ai lavori” e l’arte.
All’inizio degli anni ottanta l’arte fu concepita sotto un duplice
aspetto: come comunicazione e come produzione soggetta ad un’analisi
di tipo economico. Si svolge, allora, un’attività espositiva in grado di
assicurare una mediazione tra la figura del curatore e degli organizzatori
e il pubblico. Sempre in questi anni ci si rivolge alle mostre in funzione
di uno svecchiamento dell’istituzione museo (sede ospitante della
maggior parte delle mostre) e all’impulso di considerare i beni culturali
come risorsa economica, diventando la carta vincente dei musei che
hanno interesse ad attirare nuovi visitatori. Le mostre hanno sempre
avuto la capacità di attirare il pubblico e corrono il rischio, adesso come
allora, di diventare veicolo di ideologie commerciali piuttosto che
storico-culturali che ne possono ridurre di conseguenza la qualità
dell’offerta.
L’idea che l’attività espositiva debba attirare e avvicinare all’arte
un settore del pubblico che non ha mai cercato questo contatto
4
è ancora
uno degli scopi dell’attività organizzativa delle mostre, ma la
produttività economica che ne viene determinata, ha spinto
all’introduzione di politiche di prodotto che mirano ad un’ottimizzazione
3
Roberto Longhi e Cesare Brandi.
4
A. Moretti, Le mostre evento e i musei. Prodotto, relazione e modelli interpretativi. “Economia della
cultura”, N° 3, 1997, anno VII.
V
della progettazione e della promozione dell’offerta. Le mostre che si
fermano solo alla proposta di un alto contenuto scientifico rischiano di
non riscontrare un favore del pubblico che cerca nuovi stimoli e nuove
attrattive. Le rassegne espositive sono ora studiate per il grande pubblico
e al di là dei contenuti storici e artistici e dagli scopi divulgativi, hanno
bisogno, per essere viste e richiamare attenzione, di passare da mostre a
vere e proprie “mostre evento”. La mostra d’arte dei nostri giorni rischia
così di “ridursi al mero fine di far parlare di sé”
5
, di legarsi ad un tipo di
promozione e di comunicazione mass mediatica che viene attuata nella
pubblicizzazione e nel lancio di un prodotto.
Sentir parlare di una mostra come grande evento o evento di
successo, suscita maggiore interesse sul pubblico e può indicare che è di
più alto rilievo se maggiormente comunicata dai media. In questo modo
diventa anche più appetibile e suscita curiosità, attrae e diventa di
“moda”. Questa visibilità determina la capacità di attirare pubblico ed un
potenziale conseguente successo.
Oggi la carta della promozione e della comunicazione di una
mostra, che sia essa una rassegna d’arte straordinaria per le opere
contenute, o che sia un veicolo di promozione e valorizzazione di un
luogo ed entri nel canale e nella logica commerciale, economica, politica
e culturale, è di fondamentale importanza.
Esistono aziende e società che fondano il loro lavoro
sull’ideazione e organizzazione di mostre e che curano nei minimi
particolari tutte le fasi della progettazione di una mostra e che in sinergia
con l’ambiente scientifico, realizzano eventi che attirino un pubblico più
ampio possibile. Queste stesse società curano l’ufficio stampa e le
relazione coi media e ne determinano la promozione e la comunicazione.
5
M. Firpo, Farsi del male con le mostre, “Il sole 24ore”, 24 aprile 2005
VI
Diventa sempre più importante la progettazione di eventi che recuperino
e valorizzino i territori ospitanti l’esposizione; diventa importante creare
delle connessioni e delle nuove opportunità per questi territori. In questo
lavoro si tenterà di strutturare l’analisi di un ambito specifico della
progettazione espositiva: la comunicazione.
Lo stesso concetto di mostra (e di mostrare) presuppone una
attività comunicativa: si mostra appunto per comunicare qualcosa. Una
mostra comunica nell’esposizione delle opere, nell’allestimento, nelle
immagini che produce e nelle modalità e nei canali scelti per portarne a
conoscenza il pubblico.
Lo studio che segue tenterà di spiegare le diverse forme di
comunicazione attuate nella realizzazione di un evento espositivo e nella
sua promozione e presenterà nello specifico l’esame della mostra
intitolata “Piero della Francesca e le corti italiane”.
In un primo capitolo intitolato “Una mostra, un evento”, si
metteranno in risalto alcuni dei passaggi fondamentali dell’attività
espositiva nella storia e la modificazione di intenti e finalità, fino a
giungere ad una sua caratterizzazione come vero e proprio evento. Si
passeranno in rassegna le fasi di ideazione, progettazione e promozione
di una mostra/evento nell’ottica del marketing della cultura e si stabilirà
come la semiotica sia uno strumento di ausilio fondamentale del
marketing per migliorarne le strategie e per ampliarne e ottimizzarne
l’intellegibilità. Si evidenzieranno, pertanto, i contributi della semiotica
nell’analisi delle pratiche di consumo e delle tecniche di comunicazione.
Nel secondo capitolo si tratterà nello specifico la comunicazione,
le sue funzioni e la comunicazione di una mostra nelle sue molteplici
forme. Tenteremo di dare una risposta a domande del tipo “Come si
comunica una mostra?” e soprattutto, “Cosa si intende per comunicare
VII
una mostra”? Una mostra può comunicare ed essere comunicata a più
livelli: esporre è comunicare; deve essere resa visibile e raggiungere il
pubblico. Se per comunicare intendiamo il <<rendere comune, il
diffondere e trasmettere>> avremo uno degli scopi fondamentali della
realizzazione stessa di una mostra: comunicare ciò che è stato allestito e
che viene esposto per essere fruito dal destinatario di riferimento.
Collegata a questa funzione si deve pensare ad un’altra accezione del
termine comunicare, che lo Zingarelli include tra le definizioni, ovvero
<<il condividere o trasmettere pensieri, sentimenti o sim.>> e nel caso
specifico si potrebbe dire nuovi studi e ricerche.
Diventa d’obbligo trasmettere (comunicare) allestendo una mostra
tutti quei i nuovi saperi raggiunti su una determinata tematica o un
determinato autore, in modo da determinare un accrescimento culturale
ed educativo del pubblico.
Non si deve però arginare la comunicazione di un evento
espositivo a questa unica funzione del comunicare. Va aggiunto che, a
partire dall’ideazione e dalla progettazione, fino alla realizzazione di un
evento espositivo, si attuano diversi livelli di comunicazione.
Una comunicazione interna: la scelta del luogo deputato come
sede della mostra; il progetto dell’allestimento; la pianificazione grafica;
la scelta degli apparati e degli strumenti sussidiari alla mostra:
biglietteria, book shop, guide, audioguide, brochure informative ecc.
Una comunicazione esterna: la promozione e la pubblicità, la
cartellonistica, i manifesti ecc. per informare il pubblico dell’offerta. In
entrambi i casi, chi progetta e comunica una mostra, deve essere in grado
di far arrivare al pubblico tutto il sistema di valori, di idee e di
motivazione che l’ha generata.
VIII
Se analizziamo una mostra dal punto di vista semiotico ci ritroveremo di
fronte ad un universo di senso, in presenza di forme significanti e di una
ininterrotta costruzione di significazioni.
Proprio in questa prospettiva abbiamo preso in esame la mostra-evento
“Piero della Francesca e le corti italiane”, svoltasi ad Arezzo dal 31
marzo al 31 luglio 2007, presso il Museo Statale d’arte Medievale e
Moderna.
Nel capitolo terzo spiegheremo le ragioni di una mostra su Piero
della Francesca, definendone le novità e gli aspetti caratterizzanti. Una
mostra, non solo dedicata al grande artista Piero della Francesca, uno dei
più interessanti e importanti del Quattrocento italiano, ma un evento di
grande richiamo, studiato nella comunicazione e nella promozione, in
maniera tale, da farlo percepire come evento eccezionale, portatore di
grandi novità e produttore di una nuova e prestigiosa immagine della
città di Arezzo e delle sue terre.
Un evento espositivo che si è avvalso di una edificazione
scientifica di enorme prestigio, grazie ai curatori (Antonio Paolucci,
Carlo Bertelli e Giangiacomo Martines) che insieme al comitato
scientifico hanno lavorato alacremente per ricostruire un percorso che
mettesse in luce gli studi innovativi raggiunti su Piero della Francesca e
la sua attività di pittore itinerante attraverso le più importanti corti
italiane.
Pensata e concretata, nella realizzazione e organizzazione
generale, con l’esperienza e la competenza della Villaggio Globale
International, la quale ha definito, inoltre, un progetto per una più
accurata valorizzazione del territorio e per la comunicazione e la
promozione dell’evento stesso.
IX
Un progetto che ha reso la mostra un vero evento di eccellenza tanto da
ottenere che lo stesso Ministro per Beni e le Attività Culturali, lo
presentasse ufficialmente a Roma e lo definisse una “grande festa per
l’arte”
6
e ancora “ […] un progetto fortemente voluto dal Ministero per i
beni Culturali”
7
.
Vedremo quindi, in questa sede come la mostra sia stata lanciata
nelle fasi di promozione, sia stata curata nella comunicazione e
attraverso quali canali sia stata operata tale comunicazione.
Nel quarto capitolo sarà approfondita l’analisi del logo e
dell’identità visiva, l’immagine coordinata, i materiali prodotti per la
promozione, sottolineando come questa e la mostra stessa, siano state
essenzialmente un’esperienza visiva. E proprio come esperienza visiva
verrà affrontata nel quinto capitolo, dove si passeranno in rassegna tutte
le immagini comunicate: uno sguardo alle immagini pubblicitarie e alle
immagini che hanno raccontato Piero della Francesca e la mostra come
un vero e proprio testo visivo.
L’altra esperienza visiva fatta dal visitatore in prima persona, la
realtà concretizzante della mostra e che rappresenta l’atto comunicativo
più interno, ovvero il percorso, nel suo allestimento e nella grafica, sarà
letto come si legge un testo cogliendone le significazioni nel capitolo
sesto. Come se stessimo leggendo un testo, vedremo come Piero della
Francesca è stato raccontato ai suoi visitatori. Ripercorreremo insieme
l’itinerario per Piero, un itinerario che rappresenta per il visitatore
l’invito a godere dell’opportunità di vedere tutte insieme le sue opere e
apprezzare la città che le custodisce.
6
F. Rutelli, in L’anno di Piero lungo le strade dell’aretino, di Giacomo Gambassi, Toscana oggi, 28
gennaio 2007
7
F. Rutelli, in Piero della Francesca e le corti italiane, “Catalogo della mostra”, Skira, Milano, 2007
X
Infine, nell’ultimo capitolo allargheremo la trattazione ad un aspetto
interessante delle mostre/evento, ovvero a tutte quelle manifestazioni
collaterali a “Piero della Francesca e le corti italiane”, che da un lato
hanno arricchito l’offerta per il visitatore e dall’altra sono state prodotte
sulla scia del grande evento.
1
1. Una mostra, un evento
1.1 Mostre ed esposizioni
Secondo il dizionario della lingua italiana
1
il termine mostra sta a
significare: a) il mostrare, l’esibizione; b) una finta o finzione; c) una
ordinata rassegna di oggetti o animali presentata al pubblico.
Esposizione, rassegna di opere artistiche o di interesse storico,
archeologico ecc.) (est.) luogo, sede di tale manifestazione. Sarà giusto
anche fare riferimento al verbo cui rimanda il termine mostra e quindi
all’infinito mostrare. Il mostrare corrisponde ad a) sottoporre alla vista,
all’attenzione generale o specificamente di altri; b) rendere manifesto,
dare a vedere. Tutti questi significati stanno ad indicare una funzione
imprescindibile dell’attività espositiva. Il mostrare, inteso come
sottoporre alla vista e all’attenzione generale, è il fine primo di una
mostra d’arte, nella sua caratteristica evidente di collocazione di oggetti
e cose di un certo rilievo alla vista di un pubblico. Ma è anche vero che
una mostra rende manifesta l’attività di un artista, di un autore o gruppi
di autori (a seconda che si tratti di una mostra monografica, personale,
collettiva o tematica) e dà modo di vedere i prodotti di questa stessa
attività.
Mostre ed esibizioni d’arte, come rassegne temporanee e aperte al
pubblico, veicoli principali di diffusione, circolazione e commercio delle
1
Lo Zingarelli 2000, Vocabolario della lingua italiana, ed. Zanichelli
2
opere d’arte, hanno avuto nascita e sviluppo a partire dal mutato rapporto
tra committenza e artista, dalla nascita di un nuovo pubblico e allo
sviluppo del mercato dell’arte. A partire dalle prime e rudimentali forme
di esposizione come le fiere popolari del sec. XVI, organizzate per le
feste patronali, passando per l’esposizioni delle opere d’arte nei mercati
come necessità e occasione per gli artisti per farsi conoscere, arrivando
alla prima istituzionalizzazione delle esposizioni pubbliche che si ebbero
in Francia con i Salons aperte esclusivamente agli accademici fino al
1791; e ancora, quelle cha a partire dal 1874 nello studio di Nadar hanno
dato il via, per la storia dell’arte, alle prime mostre degli impressionisti.
Accanto alle iniziative delle grandi organizzazioni pubbliche -i Salons e
le esposizioni universali- (Biennale Internazionale d’Arte di Venezia,
1895), vanno ricordate le mostre organizzate a partire dalla fine
dell’Ottocento dalle gallerie private che creano la premessa a quel
circuito espositivo d’avanguardia del primo Novecento atto a sostenere e
promuovere i talenti artistici.
Nel secondo Novecento la scena artistica cambia sotto il segno, da
un lato, degli intrecci e degli scambi fra la promozione privata e pubblica
attraverso musei, istituti specializzati e gallerie private, e dall’altro, dalla
presentazione sempre più opportuna delle novità in mostre grandi o
piccole di confronto internazionale.
Il ruolo di mostre ed esposizioni ha subito una spinta ulteriore
negli ultimi decenni del sec. XX in concomitanza alla perdita di
importanza delle gallerie private a favore delle grandi esposizioni
(personali, tematiche, retrospettive) allestite da musei e fondazioni che
hanno intrecciato rapporti con operatori privati nel settore dell’arte e
della cultura e hanno goduto del sostegno pubblico e statale.
3
Negli ultimi venti anni del ‘900 si opera in modo che una mostra sia
qualificante di un luogo espositivo, che si tratti di musei, gallerie e
fondazioni. Parallelamente, lo scopo della realizzazione di esposizioni
permanenti diventa utilitaristico: crea prestigio a chi le allestisce, a chi le
propone e le cura. Gli spazi utilizzati, a prescindere dal tipo di
esposizione venga ideata e a quale autore venga presentato, guadagnano
in fascino e di pari passo partecipare a queste rassegne diventa di moda.
Si vede prediligere il carattere di mondanità rispetto a quello
culturale anche perché molto spesso vengono allestite mostre in luoghi
diversi dai musei e spesso da soggetti diversi da quelli preposti alla
gestione museale.
Lo scenario cambia nel momento in cui si vuole avvicinare una
maggior quantità di persone alla fruizione della cultura, dei luoghi della
cultura, musei e gallerie per prima cosa, che devono divenire non più
solo luoghi di conservazione ed esposizione delle opere, oltre che di
studio e ricerca per addetti ai lavori o per pochi, ma si ripensano come
luoghi di attività educative e di progettazione culturale. Un modo per
rivolgersi a nuovi interlocutori e per favorire un passaggio dalla cultura
elitaria ad una cultura aperta a tutti, di massa. Le esposizioni hanno
quindi, in questo periodo, una enorme funzione divulgativa e vengono
allestite prestando una maggiore attenzione al pubblico di riferimento.
Perché se c’è chi mostra, mette in mostra ed ha l’intento di
mostrare, dall’altro lato è evidente che ci deve essere qualcuno che
osserva, contempla, percepisce ciò che viene mostrato. Vi è un pubblico
che è disposto nel momento della visita a entrare in contatto con una
realtà che gli viene proposta, che viene confezionata per lui. Vi è un
pubblico che osserva. Interagisce. Crea connessioni. Sperimenta il
4
percorso che viene organizzato per lui ed esamina ciò che vede; legge e
interpreta ciò che gli viene proposto.
In funzione del ruolo preminente attribuito al pubblico di
riferimento e indipendentemente dal tipo di esposizione, l’intento è stato
quello di migliorare il modo di progettare, presentare e comunicare una
mostra.
1.2 Una mostra oggi
Oggi è facile trovare una espressione come “Creazione di eventi: le
mostre”. Ci sono corsi, master e specializzazioni che preparano figure
specifiche a cui far riferimento se si vuol ideare e progettare una mostra.
Figure che devono ricoprire il ruolo di operatori, progettisti culturali,
manager culturali per allestire al meglio un evento che si qualifichi come
di successo. Tra questi eventi, che devono essere curati nei minimi
particolari e che richiedono competenze e capacità per sbaragliare una
diffusa competizione, vi sono le mostre.
Non si pensa più solo ad esposizioni di opere d’arte, di oggetti o
autori o a delle retrospettive che segnalino una nuova ricerca; agli studi
effettuati e alle novità da rendere pubbliche. Adesso si pensa alla
creazione di eventi i cui aspetti espositivi vengono integrati, arricchiti da
una molteplicità di “mini-eventi” concomitanti e che coinvolgono più
dimensioni della più ampia esposizione.
L’ideazione di una mostra che abbia la portata e le caratteristiche
per divenire un evento di successo, quindi un vero e proprio
“avvenimento o iniziativa di particolare rilievo”
2
, deve utilizzare un
2
Lo Zingarelli 2000, Vocabolario della lingua italiana, ed. Zanichelli
5
insieme di accorgimenti. Non perdendo di vista l’esigenza scientifica, il
lavoro di preparazione, studio e ricerca che risultano sempre alla base di
una realizzazione di qualità, è indubbio che si siano introdotte delle
novità che si collegano ad un mutamento subito dalla società, da nuove
richieste ed esigenze e da una maggiore attenzione rivolta ad un
destinatario di riferimento.
Il dichiarato intento di avvicinare un maggior numero di persone
alla visita di mostre ed esposizioni d’arte ha spinto gli organizzatori a
rivedere formule e approcci per definire dei progetti che non fossero
fruibili solamente da una solita elite di esperti e appassionati, ma che
potessero essere appetibili per un target più ampio e desse una spinta alla
formazione di una acculturazione di massa.
Questo non è stato l’unico motivo, si è resa pressante anche
l’esigenza di fornire un diversivo, uno svago, una offerta più ricca in
seguito all’aumento progressivo del cosiddetto “tempo libero”
(considerato come intrattenimento). Si è stabilita una più accanita
concorrenza nell’ambito di questo tipo di offerte culturali e si ritiene
necessario apportare nuove idee, guardare in modo più attento alle nuove
esigenze, per diventare più competitivi in quello che è diventato un
“mercato” culturale. Si ripensano determinate strategie per far sì che la
visita ad una mostra diventi attraente e desiderabile, considerate le
mutate circostanze e data soprattutto la ricerca di nuovi interlocutori.
Cambiano le strutture sociali e le identità individuali a cui la
realizzazione di una mostra deve rapportarsi. Il presupposto
fondamentale consiste in un nuovo concetto di visitatore e una
conoscenza più diretta dei pubblici di riferimento.