Questi altro non era che un funzionario governativo
e si collocava al vertice delle città costituenti municipio.
Potrebbe essere ammissibile che tale funzionario sia
diventato un capo di governo e poi, un po’ per usurpazione e
un po’ per riconoscimento, “avrebbe assunto il nome e il
potere di iudex, affermando così una sovranità
indipendente”.
2
Profondamente legati a questa tesi sono stati alcuni
studiosi di storia sarda che hanno ribadito l’origine e le basi
dell’organizzazione amministrativa sarda come derivanti
dalla costituzione bizantina, sempre portando come
elemento fondante la figura del lociservator.
3
2
R. CARTA RASPI, La costituzione politico sociale della Sardegna,
pag. 223 e segg., Cagliari, 1937
3
E. BESTA, La Sardegna medioevale. Le istituzioni politiche,
giuridiche e sociali, pag. 60 e segg., Palermo, 1908-1909
5
LA DIFESA TERRITORIALE
Un’analisi più recente, vede la suprema autorità del
Giudicato come un soggetto eletto dalle prime assemblee
dei governi di Arborea, Torres, Gallura, e Cagliari, col
compito di curare l’amministrazione della giustizia e la
fondamentale direzione della difesa territoriale.
4
E’ proprio da questa angolatura che gli studiosi più
moderni preferiscono partire nell’affrontare il complesso
tema dell’origine dell’organizzazione giudicale.
Il punto focale da cui si deve osservare la realtà
sociale sarda nell’alto medioevo è proprio il bisogno di
protezione delle comunità dell’isola.
4
M. CARAVALE, Lo Stato giudicale, questioni ancora aperte, p.220 in
Atti del convegno internazionale di studi «Società e Cultura nel
Giudicato d’Arborea e nella Carta de Logu». Pagg. 213-224, a cura di
G. Mele. 5, 6, 7, 8 dicembre 1995, Oristano.
6
La nascita dei Giudicati rappresenta il tentativo di
difesa, la reazione dell’Isola di fronte all’ondata di invasioni
barbariche che tra l’ottavo e l’undicesimo secolo investono
tutta l’Europa, la risposta locale ritenuta più idonea, in quel
periodo, per far fronte alla situazione e al pericolo sempre
più pressante.
In questo arco di tempo, infatti, la Sardegna deve
sottostare ai continui e ripetuti assalti degli Arabi e
all’influenza, seppure ormai debole, del governo di
Bisanzio.
Si può quindi verosimilmente pensare che in
principio l’azione difensiva da parte dei Giudicati si sia
concentrata nelle città maggiormente esposte agli attacchi
nemici e che poi, risolto il problema incombente, tali città si
siano evolute in città-stato indipendenti e si siano espanse
fino ad articolarsi nei quattro Giudicati.
7
I QUATTRO GIUDICATI
La divisione stabile e consolidata nei quattro Stati
indipendenti viene collocata nei primi decenni
dell’Ottocento, quando esistono testimonianze certe di
scambi epistolari fra i pontefici Leone IV e Niccolò I con i
quattro Giudicati sardi.
Esattamente si tratta dell’anno 815, e le epistole
erano indirizzate ai regnanti per condannare la sembra
consueta pratica, in quel tempo, di celebrare matrimoni fra
consanguinei.
5
I quattro Giudicati di Arborea, Torres, Gallura e
Cagliari divennero dei veri e propri Stati medioevali,
caratterizzati dai fondamentali elementi: popolo, territorio
e vincolo giuridico.
6
5
A. CAOCCI, La Sardegna, p.84, Milano, 1986
6
F. C. CASULA, La storia di Sardegna, p.447, Sassari 1998
8
Erano Stati perfetti dotati di summa potestas, e
quindi della facoltà di stipulare accordi internazionali,
nonché Stati sovrani “non recognoscentes superiorem”.
Erano anche super individuali; con ciò si intende
affermare che era ritenuta fondamentale l’appartenenza al
popolo che, col bannus-consensus - un giuramento espresso
durante l’assemblea solenne della Corona de Logu -
affidava lo Stato nelle mani dello Iudex sive rex.
Questo era l’assenso di “totu su logu” inteso come
approvazione di tutti i cittadini dello Stato.
Queste assemblee erano chiamate Corona, perché i
componenti si disponevano in circolo attorno al magistrato
che le presiedeva, e si occupavano delle attribuzioni più
rilevanti del Giudicato, ovvero amministrative, giuridiche e
politiche.
7
7
F. C. CASULA, Dizionario storico sardo, p. 471, Sassari 2003
9
Per comprendere la solennità e l’intimo significato
della cerimonia è interessante citare un’epistola del 1216
della giudicessa Benedetta diretta al pontefice.
Questa parlava della confirmatio del popolo,
testimoniata dalla recezione del “baculum regale, quod est
signum confirmationis in regnum” e comunicava di aver
dovuto giurare di “regnum non alienare, neque minuere, et
castellum alicui aliquo titulo non donare neque pactum aut
societatem aliquam cum gente extranea inire aliqua tenus
aut facere sine consensu eorundem”.
8
Insomma il Giudice
nulla poteva disporre senza il consenso della Corona de
Logu.
8
R. CARTA RASPI, La costituzione politico sociale della Sardegna, p.
230, Cagliari 1937.
10
SU COLLECTU
Questa riunione aveva un sicuro carattere
parlamentare ed era l’adunanza per eccellenza, su collectu.
Si riuniva nella capitale ed era formata dall’alto
clero, dai castellani, da un rappresentante di ciascuna
Curadoria più due rappresentanti della capitale, eletti dai
jurados delle ville riuniti in Coronas de Curadoria.
Lo Iudex sive rex era scelto da questa con sistema
misto elettivo-ereditario seguendo la linea diretta maschile e
solo in via alternativa secondo la linea femminile.
Le donne potevano assumere il ruolo di reggente al
posto di un figlio minore o del consorte assente o del padre.
Qualora vi fossero dei casi di assenza o minore età
del Giudice, era incaricato della reggenza un maggiorente
parente stretto del re. Questi veniva nominato judike de fattu
o vicarius.
9
9
F. C. CASULA, La storia di Sardegna, p. 448, cit.
11
Tale supplenza temporanea avveniva soprattutto
quando un giudice moriva prematuramente e lasciava come
erede al trono un figlio minore, già riconosciuto
anticipatamente dal popolo come successore.
Una volta stabilita la designazione del regnante,
altrimenti detta laudatio, dalla Corona de Logu, si
procedeva alla solenne cerimonia d’incoronazione davanti
all’alto clero, ai maggiorenti e al popolo nella sua totalità.
Il vescovo officiava e poneva nelle mani dello Iudex
il baculum regale, lo scettro di cui parla la giudicessa
Benedetta nella sua epistola, dopo il giuramento solenne del
Giudice, anch’esso riportato nella suddetta epistola.
L’eletto si nominava iudex e in un periodo più tardo
anche rex o imperator. Al titolo seguiva immancabilmente
l’indicazione dello Stato che governavano (“protestando
parte de Arborea”).
R. DI TUCCI, Il diritto pubblico nella Sardegna del medioevo, pp.88-
89, in Archivio storico sardo XV, 1924, pagg. 3-130
12
Si chiamavano tali “per boluntade de donnu Deu”,
o “divina gratia” o “gratia dei”. Ovvero, non per diritto
divino, ma “col beneplacito” di Dio, quasi come un dono.
10
10
R. CARTA RASPI, La costituzione politico sociale della Sardegna,
pp. 233 e seg., Cagliari, 1937
13
LO “IUDEX SIVE REX”
Lo iudex sive rex era dunque a capo dello Stato e
esercitava i poteri sovrani: rennare, potestare, imperare.
11
Il giuramento espresso in forma solenne aveva
fondamentale importanza, tanto che al sovrano fedifrago
veniva strappato il consensus e il popolo poteva decretarne
una fine atroce facendolo ferocemente giustiziare.
Il Giudice sardo impersonava un vero e proprio
garante degli equilibri sociali raggiunti spontaneamente
dalle comunità del suo territorio.
Era il tutore della delicata articolazione interna
dell’isola e, soprattutto, difensore dell’ordinamento vigente.
Non poteva di conseguenza operare per un
superamento di tale ordine, perché ciò avrebbe
irrimediabilmente significato tradire il fondamento stesso
della propria esistenza.
11
F. C. CASULA, La storia di Sardegna, p. 448, cit.
14
Le potestà dello Iudex sorgevano, infatti, dai bisogni
e dalle necessità delle comunità esistenti in Sardegna, non
da una legittimazione superiore, e dovevano essere volte a
garantire una coordinata difesa militare per contrastare il
problema sempre incombente delle invasioni, nonché una
protezione omogenea e profonda degli ordinamenti giuridici
radicati.
Infatti, gli abitanti dell’Isola erano intimamente
legati ai loro equilibri giuridici e amministrativi e,
avvertendo come sempre possibili attacchi esterni,
ritenevano di fondamentale importanza preservarsi da
possibili snaturamenti e contaminazioni.
Dunque al Re spettava il supremo potere militare e
giudiziario; inoltre era sua prerogativa nominare e reggere i
suoi amministratori locali, per creare una rete di
collaboratori fedeli ed efficienti volta al perfetto
funzionamento di quel meccanismo delicato e complesso
che era il Giudicato.
15
Inoltre il regnante deteneva in suo nome e curava il
patrimonio pubblico del fisco, altrimenti detto Rennu, per
distinguerlo dai beni privati peculiari dello Iudex, o de
pegugiare, e riscuoteva il reddito dalle imposte dirette e
indirette e dalle multe.
12
Lo Iudex sive rex nell’espletamento della sua carica
giudicale era quindi assistito da una complessa
organizzazione burocratica per assicurare che l’intero
“apparato” funzionasse in ogni suo ingranaggio.
Questo difficile equilibrio era mantenuto fondando e
articolando l’ordinamento giudicale su due tipi differenti di
amministrazione: una centrale e una periferica.
Ovviamente l’intero discorso deve intendersi
ragionevolmente esteso a tutti e quattro i Giudicati
articolatisi nell’Isola.
12
F. C. CASULA, La storia di Sardegna, p. 449, Sassari 1998, cit.
R. DI TUCCI, Il diritto pubblico nella Sardegna del medioevo, p. 91,
cit.
16
L’amministrazione centrale e l’intera società
giudicale facevano naturalmente perno sul Giudice, donnu
per antonomasia.
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