5
art. 52
4
. In tale articolo è comparso, per la prima volta, un accenno alle
conseguenze che la deviazione può avere. Il Legislatore dell’epoca stabilì,
così, la inescusabilità dell’ errore sulla persona dell’ offeso e la mancata
applicazione delle eventuali circostanze aggravanti riguardanti le qualità di
quest’ ultimo.
La disciplina del reato aberrante, così come strutturata dai compilatori del
codice Zanardelli, risultò presto incompleta rispetto alla complessità del
fenomeno.
Alla “offesa di persona diversa da quella contro cui l’offesa era diretta” fu, in
seguito, dedicato l’ art. 120 del Progetto preliminare del codice Rocco,
contenuto nel Capo relativo alla “persona offesa dal reato”
5
. Nel Progetto
definitivo l’intera materia fu trasferita al Capo III “Del concorso di reati”,
dove gli articoli dedicati al reato aberrante divennero due, l’ 85 e l’ 86
6
. Oggi,
i due articoli, lievemente modificati, risultano trasfusi negli artt. 82 e 83 del
codice vigente.
L’ aberratio ictus, disciplinata dall’ art. 82 c.p., è caratterizzata dal fatto che
l’errore provoca l’offesa di un soggetto diverso da quello che l’ agente voleva
4
La necessità di estendere la formula dell’ art. 358 a tutti i tipi di reato nacque in sede di discussione dell’
art. 51 del progetto, relativo allo “ stato d’ ira ed alla provocazione ”, ad opera del commissario Faranda.
Egli, denunciava il carattere restrittivo dell’ espressione “ contro chi ne sia stata ingiusta causa ” nei casi di
deviazione dell’ azione. Gli fu obiettata l’ esistenza, appunto, dell’ art. 358 , ma il problema non poteva
essere così risolto dal momento che, mentre l’ art. 51 era applicabile a tutti i tipi di reati, l’ art. 358 si riferiva
ai soli delitti di sangue. Da qui la formale richiesta del trasferimento dell’ art. 358 nella parte generale del
codice e la successiva nascita dell’ art. 52.
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Tale norma menzionava soltanto l’ ipotesi dell’ offesa “ oltre che a persona contro cui l’ azione era diretta,
anche a persona diversa ”.
6
La norma si presentava, infatti, come un’ ipotesi di reato complesso, nel quale tutti gli eventi sono imputati
a titolo di dolo con la sola attuazione di pena per gli eventi non voluti che in realtà accedono al reato
complesso doloso, sotto specie di responsabilità oggettiva. L’ estensibilità della disposizione al caso in cui la
persona colpita fosse una sola, fu resa possibile ritenendo configurabile l’ ipotesi del tentativo nei confronti
della vittima ideata.
6
colpire
7
. L’errore cade, quindi, sull’ oggetto materiale e l’ evento si considera
commesso in danno alla persona che si voleva offendere.
L’ art. 83 c.p., invece, si riferisce ai casi di aberratio delicti, in cui l’ errore
cagiona un evento delittuoso diverso da quello voluto dal colpevole
8
. Il fatto
realmente accaduto andrà posto a carico dell’ agente in base al principio della
causalità psichica. Oltre alle fattispecie disciplinate dal codice, la dottrina ha
elaborato una terza ipotesi di reato aberrante: l’ aberratio causae.
Questa figura ricorre quando l’ error in executiviis incide sul processo
causale, cosicché, l’azione, pur avendo prodotto l’evento voluto dall’agente,
ha avuto uno svolgimento causale diverso da quello previsto
9
.
Tutte le ipotesi di aberratio, comunque, presuppongono che tra la condotta
dell’ agente e l’ evento sussista un rapporto di causalità
10
.
Elementi comuni alle fattispecie disciplinate dal codice sono inoltre:
ξ la discordanza tra il voluto e il realizzato;
ξ il motivo determinante tale discordanza che va ravvisato in un errore
nell’ uso dei mezzi d’esecuzione o in un’altra causa.
7
Tizio spara un colpo di fucile contro Caio e cagiona, invece, la morte di Sempronio che passa nelle
vicinanze.
8
Tizio getta un tizzone acceso contro un fienile per incendiarlo e colpisce Caio.
9
Tizio getta Caio nel fiume perché anneghi, ma questi muore senza toccare l’ acqua urtando il capo contro
uno scoglio.
10
Art. 40. Affinché un evento possa essere attribuito ad un uomo è necessario che si sia verificato in
conseguenza dell’ azione di lui.
7
La divergenza tra il voluto e il realizzato.
La divergenza tra il voluto e il realizzato si verifica tutte le volte in cui il
soggetto agente ignora o si rappresenta in modo diverso da come sono in
realtà uno o più requisiti che caratterizzano l’avvenimento concreto, ovvero
suppone l’esistenza di requisiti in realtà inesistenti. Tale fenomeno trova la
sua più adeguata collocazione sistematica nell’ambito dell’ errore
11
.
Naturalmente questo tipo di “errore” , nel nostro ordinamento, ha rilevanza
sul piano degli effetti sanzionatori penali solo qualora almeno uno fra l’
evento voluto e quello realizzato corrisponda ad una fattispecie oggettiva di
reato. Possiamo così avere tre ipotesi di divergenza, a seconda che costitutivo
di una fattispecie oggettiva di reato sia solo il fatto voluto, solo il fatto
realizzato oppure tanto il voluto quanto il realizzato. Le prime due ipotesi
sono espressamente disciplinate negli artt. 47 e 49 c.p.
12
, dove è presente, al
momento della condotta, una rappresentazione erronea della realtà, che può
cadere su un elemento descrittivo - naturalistico della fattispecie o su un’
intera situazione assumibile come elemento negativo. Nel reato aberrante,
11
La problematica dell’ errore in diritto penale concerne il piano conoscitivo della persona ed attiene alla sua
attività intellettiva. L’ errore non si trova, però, nella conoscenza in sé, ma si inserisce nel rapporto di
difformità tra la cognizione soggettiva e la realtà. Quello penalmente rilevante è quello in cui l’ oggetto della
situazione intellettiva sia creduto come reale e non semplicemente rappresentato.
Il soggetto crede in ciò che ha rappresentato ponendo questo convincimento alla base della sua volontà.
Diversa dall’ errore è l’ ignoranza, che, essendo mancanza di conoscenza della realtà, si concretizza in una
mancanza d’ informazione del soggetto attivo. La lacuna provocata dall’ ignoranza è inconscia, perché nel
momento in cui il soggetto si rende conto di questa sua “ mancanza ” non è più convinto della realtà da lui
rappresentata.
Il dubbio, invece, è un’ ignoranza cosciente che inizia quando si ha coscienza di ignorare la realtà o di non
sapere quale, tra le ipotesi rappresentate, sia quella reale.
12
Art. 47: Errore di fatto. Cfr.: nota n° 1
Art. 49: Reato supposto erroneamente e reato impossibile.
8
invece, sia il “voluto” che il “realizzato” corrispondono a schemi tipici di
reato. Questa è, senza dubbio, la categoria di ipotesi di divergenza più
problematica, sia per la grande varietà di situazioni ad essa riconducibili sia
per il gran numero di fattispecie che le regolano. Concerne, infatti, tutti i casi
in cui l’ agente, volendo porre in essere un fatto costitutivo di reato, realizzi in
realtà un evento, per qualche requisito,diverso da quello rappresentato,
sempre penalmente rilevante ai sensi di una fattispecie di parte speciale. Si
tratterà di conseguenza non voluta della stessa specie di quella prevista e
voluta, senza mutamento nel titolo di reato, nonostante l’ effetto della
condotta che venga a ricadere su persona diversa da quella alla quale la offesa
era diretta ( art. 82 c.p.). Ovvero si tratterà di conseguenza di specie diversa
da quella ideata e voluta dall’agente ( art. 83 c.p.). Naturalmente in entrambi i
casi il reo potrà cagionare anche l’ offesa voluta o provocare l’evento voluto.
Nella fattispecie dell’ aberratio ictus, la deviazione ricade sulla persona -
oggetto materiale del reato, che appare diversa da quella voluta. Dal momento
che non rientrano, nell’ oggetto del dolo, né l’ identità della persona offesa né
l’individualità dell’ oggetto materiale, un’ eventuale divergenza in ordine ad
uno di questi requisiti sarebbe penalmente irrilevante, non escludendo la piena
conformità, sul piano normativo, tra il fatto voluto e quello realizzato. Quindi,
l’ agente risponde dell’ offesa cagionata a persona diversa come se avesse
commesso il reato in danno della persona che voleva offendere.
Nella fattispecie dell’ aberratio delicti, invece, si ha un evento di natura
diversa da quello ideato. Si avrà, allora, mutamento nel titolo di reato.
Per questo l’ art. 82 c.p. è applicabile a tutti i reati e compatibile con altre
norme, mentre, l’ art. 83 c.p. è una norma suppletiva che si applica soltanto se
il mutamento di evento non è previsto da altre norme.
9
Nel caso di aberratio causae l’ evento voluto viene realizzato dall’agente
attraverso un processo causale diverso da quello previsto. Per i reati “a forma
vincolata”, la migliore dottrina italiana
13
, ha osservato che, finché
l’accadimento concreto può essere riportato al tipo di attività causativa
descritto dalla norma, la deviazione causale è penalmente irrilevante. Nel caso
contrario manca persino il nesso di causalità materiale e il fatto oggettivo di
reato. Inoltre, essendo per la legge indifferente in che modo l’evento si
verifica, è sufficiente, ai fini della sussistenza del dolo, che l’ agente si
rappresenti la propria condotta come idonea a realizzare un risultato
normativo equivalente a quello descritto dalla fattispecie.
13
LEONE, Il reato aberrante, Napoli, 1964, pag. 192