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Tesi di Laurea in Chimica 6
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Figura 2 Esempi di polimeri policoniugati
N
H
n
3.2 eV
N
H
n
3.1 eV
n
3.0 eV
n
2.5 eV
S
n
2.0 eV
S
n
1.1 eV
n
1.5 eV
polipirrolo
polianilina
poli-p-fenilene
politiofene
poli-p-fenilenevinilene
poliacetilene
polibenzotiofene
Di molti di questi materiali sono state studiate le proprietà ottiche e optoelettroniche,
giungendo alla realizzazione di dispositivi quali diodi a fotoemissione (OLEDs)
3
,
dispositivi fotovoltaici
4
, transistori ad effetto di campo (OFETs)
5
. In particolare, i diodi
emettitori di luce a semiconduttore organico (gli OLEDs), dispositivi basati
sull’elettroluminescenza, appaiono particolarmente interessanti per le loro
caratteristiche applicative: infatti questi dispositivi possiedono alcune peculiarità, che
vengono conferite dai materiali polimerici di partenza, capaci di rendere i displays
ottenuti attraverso questa tecnologia sottili e flessibili come le pagine di un giornale.
Figura 3. Prototipi di un televisore e di un pannello per illuminazione da parete basati
su tecnologia OLED
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Molte aziende che commercializzano prodotti tecnologici, come la Philips o la Dow,
investono ormai da decenni in questo campo, e i primi prodotti di consumo basati sulla
tecnologia OLED ( ad esempio schermi di telefoni cellulari o lettori mp3) sono da
qualche anno già in commercio.
2. Poli-p-fenilenivinileni
L’elettroluminescenza generata in un polimero policoniugato fu riportata per la prima
volta usando il poli-p-fenilene vinilene o PPV (figura 2) come layer tra elettrodi
metallici, anche se i primi dispositivi realizzati presentavano una bassa efficienza
quantica esterna (0.001%, in fotoni per elettrone iniettato)
6,7
.
Il PPV possiede un band gap tra i livelli Σ e Σ* di 2.5 eV e genera
elettroluminescenza giallo-verde. Il PPV non sostituito risulta completamente
insolubile, perciò film di questo polimero vengono ottenuti sintetizzando attraverso il
metodo di Wessling-Zimmermann un suo precursore solubile, che può essere
agevolmente processato e poi convertito termicamente nel corrispondente PPV. Nei
primi anni ‘90, fu poi dimostrata la versatilità di sostituenti alcossidici sulla catena che
rendevano solubili i poli-p-fenilenivinileni e in più, agendo da sostituenti
elettrondonatori, contribuivano a determinare un red-shift della lunghezza d’onda di
assorbimento e di emissione del materiale
8
. Inoltre la solubilità conferisce al materiale
la possibilità di essere processato attraverso comuni tecniche di deposizione da
soluzione, che sono economicamente convenienti.
Tra i primi metodi di sintesi del PPV è possibile citare la reazione di Wittig, il metodo
di Wessling-Zimmermann e il metodo di Gilch
1
. Successivamente cross-coupling
catalizzati dal palladio si sono dimostrati notevolmente più versatili per l’ottenimento di
PPV solubili. Infatti, i protocolli di reazione prevedono in genere l’uso di condizioni
blande, che tollerano svariati gruppi funzionali e in più consentono un alto controllo
sulla struttura: i polimeri ottenuti sono stereo-definiti e in genere non possiedono difetti
sp
3
, che sono invece comuni in quelli sintetizzati con altre metodiche
9
.
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Ad esempio, il gruppo di ricerca di Naso ha contribuito ad estendere il cross-coupling
di Stille alla sintesi dei PPV
10
, attraverso una reazione di polimerizzazione tra l’(E)-1,2-
bis(tributilstannil)etene e vari diodobenzeni, catalizzata dal tetrakis-
trifenilfosfinopalladio e riportata nello schema 1:
Schema 1. Sintesi del dialcossi PPV attraverso il cross coupling di Stille e rassegna
di alcune strutture ottenute mediante questa metodica
OR
OR
I
I
Bu
3
Sn
SnBu
3
+
Pd(PPh
3
)
4
RO
OR
n
O
O
n
O
O
n
O
O
n
O
O
O
O
O
n
Inoltre, nel medesimo gruppo di ricerca, sono stati realizzati protocolli sintetici per la
sintesi dei PPV basati sui cross-coupling di Suzuki
11
e di Kikukawa
12
,
convenientemente utilizzati per ottenere polimeri con diverse caratteristiche strutturali,
mostrati nello schema 2:
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Schema 2. (a) Sintesi di PPV tutti trans o tutti cis attraverso il cross-coupling di
Suzuki, e (b) di PPV con unità solfoniche e antrachinoniche attraverso il cross-
coupling di Kikukawa
BB
O
O
C
8
H
17
O
OC
8
H
17
O
O
Br
Br
II
Pd
2
dba
3
/AsPh
3
toluene/metanolo
r.t.
Pd(PPh
3
)
4
/Na
2
CO
3
aq
toluene/metanolo
riflusso
C
8
H
17
O
OC
8
H
17
C
8
H
17
O
OC
8
H
17
n
n
(a)
MgBrBrMg
OC
8
H
17
C
8
H
17
O
+
Me
3
Si
Br PdCl
2
(dppf)
OC
8
H
17
C
8
H
17
O
Me
3
Si
SiMe
3
+
F
4
B N
2
-Ar-N
2
BF
4
Pd(dba)
2
CH
3
CN
r.t.
OC
8
H
17
C
8
H
17
O
Ar
n
-Ar- =
S
OO
O
O
O
(b)
;;
Nonostante l’esistenza e le proprietà dei PPV sia nota ormai da decenni, notevoli
sforzi nello studio delle loro proprietà e di quelle dei loro oligomeri sono ancora in
corso, volti soprattutto alla comprensione approfondita dei meccanismi che sono alla
base del trasporto di carica all’interno di questi materiali.
3. Oligo-p-fenilenivinileni
Le proprietà elettroniche degli oligomeri dei PPV sono tutt’oggi oggetto di grande
interesse
13
, dato che gli oligomeri sono comunemente considerati sistemi ‘modello’
per lo studio delle proprietà e delle caratteristiche dei corrispondenti polimeri. I difetti
strutturali talvolta presenti nei materiali polidispersi possono essere causa di perdita di
efficienza dei dispositivi con essi realizzati, a causa della creazione di siti di
ricombinazione delle cariche iniettate nel materiale che provocano diseccitazione non
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radiativa degli eccitoni. Ciò rende difficoltoso stabilire con certezza le relazioni
esistenti tra la proprietà e la struttura del materiale. Per questi motivi, gli oligomeri
coniugati possono giocare un ruolo chiave, dato che la conoscenza della loro struttura
risulta molto più accessibile rispetto alla loro controparte polimerica. Dato che i PPV
sono materiali molto promettenti per le loro future applicazioni in dispositivi organici
elettroluminescenti, i relativi oligomeri vengono studiati soprattutto per quel che
concerne le loro proprietà allo stato solido. L’elevato ordine dei film ottenibili da
oligomeri attraverso le comuni tecniche di deposizione da soluzione, agevola il
movimento delle cariche iniettate dagli elettrodi di catena in catena (hopping), fino alla
loro ricombinazione; il loro principale svantaggio è invece dovuto alla formazione di
aggregati allo stato solido, in cui a causa della interazione Σ Σtra molecole vicine,
generano eccimeri che determinano un marcato red-shift della fotoluminescenza e
talvolta il quenching dell’emissione
14
; questo inconveniente viene riscontrato molto
meno frequentemente nei polimeri, che hanno un grado di cristallinità molto più basso.
Il classico OPV, il distirilbenzene o DSB, e i suoi derivati, mostra una fluorescenza
nel blu in soluzione diluita, con una efficienza di fotoluminescenza (PL) di circa il 90%.
Recentemente, dimeri e trimeri del DSB, riportati in figura 4, sono stati sintetizzati e la
loro efficienza di fotoluminescenza allo stato solido è stata valutata
15
. Il 2,5,2’,5’,2’’,5’’-
esastiril-[1,1’;4’,1’’]terfenile o HSTP è un solido completamente amorfo, dotato di una
eccellente stabilità termica e di una fluorescenza allo stato solido ed una
elettroluminescenza blu ad alta efficienza. La bassa cristallinità dell’ HSTP è dovuta
alla conformazione a elica assunta dal gruppo terfenilenico centrale della molecola,
per rilasciare la tensione sterica tra i sostituenti stirenici. Questo comporta la riduzione
della formazione di aggregati allo stato solido con conseguente miglioramento del
trasporto di carica.
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Figura 4. Distirilbenzene e suoi dimeri e trimeri
Distyrylbenzene
DSB
Tetrastyrylbiphenyl
TSB
Hexastyrylterphenyl
HSTP
Recentemente sono stati riportati da Bunz alcuni oligomeri cruciformi
16
in grado di
funzionare da sensori nei confronti di alcuni cationi metallici, attraverso uno shift della
loro fotoluminescenza in soluzione. I gruppi funzionali azotati posseduti da questi
oligomeri sono in grado di legare cationi metallici, modificando in questa maniera
l’energia dello stato eccitato, grazie al diverso effetto elettronico sullo scheletro
molecolare quando assumono una carica positiva.
Figura 5. Shift dell’emissione dell’oligomero cruciforme in funzione del catione
aggiunto in soluzione di diclorometano
N
N
NBu
2
Bu
2
N
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4. Reazioni di cross-coupling di reattivi di Grignard catalizzate dal ferro
Si è visto come la chimica di sintesi giochi un ruolo fondamentale nell’ottenimento di
nuovi materiali policoniugati. In particolare le metodiche che impiegano processi di
cross-coupling catalizzati da metalli di transizione a partire da building blocks
facilmente accessibili si dimostrano particolarmente versatili per ottenere strutture
stereodefinite e regioregolari. Tipicamente, come elettrofili si adoperano alogenuri
organici, che reagiscono con reattivi organo-metallici a vario carattere nucleofilo, in
grado di cedere il gruppo organico al catalizzatore mediante una semplice
transmetallazione. L’utilità di tali processi sintetici ovviamente non è limitata alla sola
chimica dei materiali, perchè i processi di formazione di nuovi legami carbonio-
carbonio rivestono un ruolo fondamentale anche in altre applicazioni, come la
preparazione di fine chemicals e prodotti farmaceutici, sia in laboratorio che a livello
industriale.
Nella maggior parte dei casi tali cross-coupling sono catalizzati da complessi del
palladio o del nichel. Tuttavia, a dispetto della loro validità di natura pressocché
generale, la disponibilità di tali composti presenta qualche inconveniente, dati (1) gli
alti costi dei complessi catalitici, (2) la tossicità in special modo del nichel, (3) la
necessità di sintetizzare leganti sempre più efficienti al fine di generare catalizzatori
maggiormente longevi e reattivi, e (4) tempi di reazione in alcuni casi troppo lunghi.
Inoltre, mentre questa classe di catalizzatori risulta molto efficiente su ioduri e bromuri
organici, solo recentemente sono stati introdotti nuovi leganti in grado di estendere
l’attività catalitica ai coupling operanti su cloruri e triflati, che sono substrati
sicuramente più vantaggiosi, dato il loro costo inferiore. Al contrario i leganti (di solito
fosfinici, come la tri-t-butilfosfina), che consentono di effettuare questo tipo di reazioni,
sono in genere costosi e si dimostrano facilmente ossidabili da parte dell’ossigeno
atmosferico, per cui necessitano di atmosfera inerte sia in condizioni di impiego che
per la loro conservazione, e ciò ne penalizza una futura applicazione su larga scala.
Una valida alternativa potrebbe essere individuata nella catalisi di queste reazioni da
parte di sali o complessi del ferro, che permetterebbero di sostituire i costosi
complessi dei metalli nobili con reattivi economici, stabili, e meno tossici. Infatti il ferro