2
Per quando riguarda l’arte le scienze e la filosofia si sono ampiamente
adoperate nella ricerca di una verità che potesse avere il carattere
dell’universalità, ma le loro premesse sono state sempre sconfermate a causa
di un errore di fondo: l’arte è soggettività che si oggettivizza, l’arte è
particolare e insieme generale, ed in quanto tale sfugge all’occhio
dell’osservatore non partecipe. Tale ambiguità costitutiva è destinata ad
essere scavalcata ed osservata da una scuola di pensiero che per prima è
riuscita a fare tesoro di quello che solo i più geniali tra gli artisti avevano
intravisto: questa è la psicoanalisi.
Poco più recente è l’interrogarsi dell’uomo sulla vicinanza evidente dell’arte
alla follia, così evidente che ha finito, in molti periodi della storia, per
costituire uno stereotipo: l’artista e il folle sono simili o, spesso e volentieri,
sono la stessa persona.
Nel campo dello studio psicoanalitico dell’arte la riflessione teorica e quella
clinica possono convergere verso un campo comune come facce interattive
di una stessa medaglia, nel quale trovare una feconda applicazione. E’ nella
pratica clinica che si riconosce nell’orientamento psicoanalitico, questa
sintesi per un certo verso è già avvenuta, dando origine ad un tipo di terapia
parallela a quella verbale: l’arte-terapia.
La particolarità di questa disciplina è che, oltre all’ampia differenziazione
all’interno degli stessi ordinamenti teorici, ha dovuto conoscere anche una
disomogenea distribuzione nel mondo scientifico, con un evidente
sbilanciamento verso il continente americano. Giunta in Italia con varie
decadi di ritardo, oggi può contare su varie scuole di formazione che ne
preservano, realmente, la pratica: tra queste si è scelto di soffermare
l’attenzione su quella che è la più rappresentativa e che, sicuramente, gode
di una maggior presenza sul territorio, ovvero l’associazione Art Therapy
Italiana, con sede principale a Bologna. Questo però deve essere considerato
come un punto di arrivo importante, risultato di un lungo processo di
“gestazione” nell’ambito della psicoanalisi e, più ristrettamente, nel
panorama della psicologia italiana.
3
È tra le finalità fondamentali di questo lavoro evidenziare questo percorso in
realtà reso possibile soltanto dal passaggio da una volontà conoscitiva ad
una più strumentale.
La prima parte sarà dedicata all’analisi del contributo prettamente teorico
della psicoanalisi, quello indirizzato alla comprensione, ora della natura
dell’arte ora dei meccanismi con la quale questa si esprime: entrambi
condividono il presupposto che l’origine sia da ricercare nell’inconscio.
Questi sono effettivamente i due indirizzi che la psicoanalisi sembra aver
scelto. Nella direzione di un’analisi più attenta alla sistemazione dell’arte in
un sistema meta-psicologico, atto a svelare il significato profondo dell’arte,
è collocabile l’opera di Sigmund Freud.
L’opera degli altri due autori trattati, Ernst Kris e Silvano Arieti, è più
chiaramente diretta verso una comprensione dei meccanismi con cui la
creatività si lega alla personalità e si esprime nella realtà esterna. È
importante far notare che non si è adottato un criterio di imparzialità
nell’esporre i diversi pensieri, ma si effettuato un lavoro di cernita
strumentale alla messa in risalto dei legami con la pratica arte-terapeutica.
La seconda parte è dedicata invece ad alcuni dei più importanti autori di
arte-terapia: Edith Kramer e Donald Winnicott, e ad una rapida analisi della
formazione e delle attività dell’associazione dell’A.T.I., nella speranza di
riuscire a delineare le caratteristiche basilari di una struttura che è, per sua
stessa natura, complessa e multiforme.
Nella terza parte viene approfondita in modo specifico l’arteterapia in
relazione all’emozioni e ai suoi ambiti di applicazione. Per arteterapia si
intende un'attivazione di risorse e potenzialità che tutti noi abbiamo, ma
anche la capacità di elaborare le proprie emozioni e di trasmetterle
creativamente agli altri mediante una serie di esercizi espressivi raccolti
dalle più diverse forme di arte: disegno, gioco, musica, scrittura,
poesia,pittura, teatro e molto altro. Gli ambiti di applicazione dell'arteterapia
sono essenzialmente tre: di autostima, di sostegno e terapeutico. Essere se
stessi, stare bene è qualcosa che si può imparare ad ogni età e senza soffrire
necessariamente di disturbi particolari.
4
Nella quarta ed ultima parte,invece, viene descritto il lavoro svolto in una
scuola materna con lo scopo di aiutare i bambini ad esplorare, esprimere e
comprendere le proprie emozioni attraverso modalità che stimolano a pensare e ad
agire in maniera più creativa ed efficace.
5
Capitolo I
L’arte non riproduce ciò che è visibile,
ma rende visibile ciò che non lo è.
Paul Klee.
I.1 Uno sguardo alla storia
L’importanza della psicoanalisi nell’ambito delle scienze umane e sociali
può essere ricondotta ad un dir poco epocale cambiamento epistemologico e
metodologico nei confronti della cultura scientifica fine ottocentesca, in
grado di influenzare la ricerca psicologica e sociale a lei posteriore. La
nuova scienza psicoanalitica ha posto, infatti, al centro della sua indagine la
soggettività umana, cosa in sé per sé non certo nuova, esaltandone al
massimo le diversità intersoggettive, le dinamiche intrasoggettive e,
soprattutto, portando alla luce ed elevando a campo degno di massima
attenzione l’insieme di sentimenti e delle pulsioni profonde che rendono
l’uomo così propriamente “uomo”. Il riconoscimento della “interiorità”
quale campo di indagine scientifica, sembra derivare e riprendere quella
particolare sensibilità propria del pensiero romantico europeo, che aveva
profondamente modificato la cultura e la società ottocentesca: lo stesso
Freud ha sempre riconosciuto la priorità e la profondità in materia di
conoscenza dell’animo umano degli artisti, in particolare dei suoi amati
poeti e scrittori, dichiarandolo esplicitamente in un noto passo del suo
commento alla Gradiva di Wilhelm Jensen: “I poeti sono però alleati
preziosi, e la loro testimonianza deve essere presa in attenta considerazione,
giacché essi sono soliti sapere una quantità di cose fra cielo e terra che la
nostra filosofia neppure sospetta. Particolarmente nelle conoscenze dello
spirito essi superano di gran lunga noi comuni mortali, poiché attingono a
fonti che non sono ancora state aperte dalla scienza”
1
. L’attività artistica è
6
rivelatrice dell’essere umano nella sua più sconosciuta e squisita interiorità,
perché, si direbbe, proprio da essa originata; ma per Freud essa mantiene il
carattere dell’eccezionalità, prerogativa di pochi ed eletti individui e, quindi,
non adatta ad essere utilizzata per un uso terapeutico.
D’altro canto, senza volersi addentrare in questioni propriamente
epistemologiche, la natura stessa della ricerca teorica psicoanalitica, quasi
esclusivamente alimentata dalla deduzione di ciò che avviene nella seduta
terapeutica, rivoluziona completamente il concetto di ricerca scientifica.
Infatti, completa la monodirezionalità tipica della scienza positivisticamente
intesa (ricerca su soggetto-oggetto di indagine) e implica in maniera del
tutto nuova la dualità del rapporto terapeutico e conoscitivo. E’ superfluo
sottolineare la straordinaria importanza rivestita in terapia dai fenomeni di
transfert e di controtransfert e il valore del setting analitico, quali testimoni
chiari di tale bi-direzionalità. Tuttavia, Freud stesso probabilmente non ha
inteso appieno la spinta innovatrice della scienza che stava creando, tutto
teso alla ricerca di un maggiore riconoscimento da parte del mondo
accademico, vero emblema della cultura positivista dell’Europa a cavallo tra
XIX e XX secolo
2
. In realtà oggi la scientificità della psicoanalisi ha subito
dei ridimensionamenti evidenti dati dal fatto che “molti concetti centrali per
il pensiero analitico non soltanto non sono stati studiati e convalidati in
modo sistematico, ma sono così intrinsecamente inadatti a essere tradotti in
termini operativi e così poco manipolabili che è difficile immaginare
persino come possano essere sottoposti a prove empiriche. […] Molti
studiosi preferiscono collocare la psicoanalisi nella tradizione ermeneutica
piuttosto che in quella scientifica”
3
. Ciò che maggiormente ha rilevanza in
questo contesto è che la psicoanalisi ha una riconosciuta valenza terapeutica
e che l’applicazione delle sue leggi in terapia crea un’esigenza continua di
ricerca teorica: è effettivamente di applicazione che bisogna parlare perché
il lavoro di Freud era spesso tutto proteso verso un interesse prettamente
teorico anche se fortemente ispirato, guidato e convalidato dalla pratica
clinica
4
. Di certo, l’importanza del metodo terapeutico psicoanalitico ha
contribuito in grandissima misura alla notorietà e all’esistenza stessa della
psicoanalisi. E’ proprio tale incessante ricerca di strumenti nuovi da usare in
e per la terapia che ha condotto alla scoperta di possibilità non indagate da
7
Freud e dai suoi primi seguaci: l’arteterapia ne costituisce un esempio
innovativo ed affascinante. Infatti lo studio dell’arte e della creatività è stato
influenzato in maniera rilevante dal pensiero psicoanalitico, nonostante una
non sempre lineare unità di intenti dovuta certamente anche alla molteplicità
di spunti della materia
5
.
Intuitivamente sembrerebbe chiaro individuare per la creatività un ruolo
chiave all’interno della terapia psicoanalitica, data dal suo carattere più
profondo, più primario, più insito sul “quel terreno franoso” che Jacques
Lacan chiama “Lalangue”
6
, in una parola, dalla sua estrema
rappresentatività dell’inconscio. Lo stesso Lacan parla di “retorica
dell’inconscio” quasi a voler sottolineare la stretta vicinanza tra il
funzionamento dell’inconscio e il linguaggio proprio della creazione
poetica
7
: è la psicoanalisi stessa, fondata com’è su procedure poetico-
metaforiche, a conseguire la definizione di arte. L’arte-terapia, invece, è il
frutto di una profonda riflessione che, percorrendo tutta la storia della
psicoanalisi in un percorso tutt’altro che lineare, giunge soltanto di recente
ad una teorizzazione più consapevole e chiara. Un intervento non molto
recente di Francesco Corrao
8
, importante psicoanalista italiano, può fornire
una buona linea guida per orientarsi nel complicato percorso seguito dalla
psicoanalisi. Egli afferma che la ricerca psicoanalitica sull’arte “ha avuto
uno sviluppo graduale che corrisponde grosso modo al processo di
evoluzione generale […] della psicoanalisi, sia sul piano teorico che su
quello pratico”. Quindi la risposta che la psicoanalisi nella sua storia ha dato
alla questione arte si è articolata, dice Corrao, in ben nove punti di vista
differenti, ognuno dei quali può aggiungere qualcosa alla conoscenza teorica
e clinica: dalla ricerca dei temi fondamentali della psicoanalisi nelle grandi
opere del passato, ad una più profonda integrazione di questa con la vicenda
biografica, valorizzando sempre più la fenomenologia dell’esperienza
artistica ed estetica per uno “studio del processo creativo e della sua
interpretazione metapsicologica”, fino a giungere “all’indagine sulla
relazione dell’artista con la sua opera, con lo spettatore e con la società”.
Come si può facilmente notare, l’arteterapia non è riconosciuta come
naturale conclusione in termini pratici della lunga e incompiuta discussione
sull’arte.
8
Le stesse scuole di arte-terapia, come l’Art Therapy Italiana al cui
contributo questa ricerca è primariamente indirizzata, riconoscono come
importanti maestri non tanto gli psicoanalisti che hanno centrato la loro
ricerca sull’arte, quali Ernst Kris, Hanna Segal, Janine Chasseguet-Smirgel,
ma gli autori che hanno dato importantissimi contributi in altri campi,
soprattutto per quanto riguarda la tecnica terapeutica, quali Donald Woods
Winnicott e Wilfred Bion, o per l’innovazione nel campo delle teorie dello
sviluppo, quali Margareth Mahler ed Erik Erikson.
Perché partire quindi dalle teorie sull’arte e sulla creatività, peraltro in molti
casi superate e confutate, per trattare un campo ricco di innovazione e di
dinamicità quale quello dell’arte-terapia?
La risposta è nella necessità di avere una “definizione operativa” da
ricercare negli studi psicoanalitici inaugurati dallo stesso Freud; inoltre è
forte la convinzione che, anche negli scritti più antichi, le basi per uno
sviluppo in senso arte-terapeutico erano state saldamente gettate.
Gli stessi concetti di arte e di creatività sono spesso intuitivamente accostati,
soprattutto nel linguaggio comune, perdendo forse il loro particolare riferirsi
a condizioni che, per quanto vicine e interdipendenti, sono comunque
sostanzialmente differenti. La psicoanalisi ha intuito questa sottile
differenza separando il problema estetico, inteso come percezione e
“sentimento” del bello, dal problema della natura stessa della creazione.
L’arte-terapia probabilmente utilizza proprio la concezione della creatività
psicoanaliticamente intesa per sondare, creare e raggiungere la condizione
ottimale della terapia. E’ la creatività del paziente ad essere utilizzata in una
duplice funzione strumentale: come mezzo privilegiato di svelamento
dell’attività dell’inconscio e, in secondo luogo, come attività promotrice del
cambiamento. Inoltre, anche attraverso la creatività viene favorita la nascita
e l’instaurarsi del rapporto tra paziente e terapeuta, che rimane il mezzo più
efficace di qualsiasi terapia psicodinamicamente orientata.
Sempre facendo riferimento allo schema cronologico proposto da Corrao, si
può notare che la psicoanalisi delle origini non ha fatto dello studio della
“metapsicologia della creatività” e della sua“collocazione nel sistema
psichico” il primario interesse nell’approccio all’arte. Sono stati soprattutto
Ernst Kris nel 1952, Silvano Arieti nel 1976 e Hanna Segal nel 1991 ad
9
affrontare in modo sistematico il problema: và da sé, quindi, che l’arte-
terapia deve molto a questi autori non tanto sotto il profilo della tecnica
terapeutica, ma per l’importanza della loro opera in direzione dello studio
“metapsicologico” della creatività.
1 S. Freud (1907), Delirio e sogno nella Gradiva di W. Jensen, in OSF, vol. V, p. 264.
2 L’impegno con cui Freud difendeva la scientificità della psicoanalisi è nota attraverso
l’opera di molti suoi biografi.
Cfr. H. Ellenberger (1976), P. Gay (1990), E. Jones (1953), P. Roazen (1998).
3 Questo interesse prettamente teorico di Freud anche all’interno delle sedute terapeutiche
condotte da egli stesso, è noto
10
I.2 Freud arte-terapeuta?
Il punto di riferimento essenziale, se non altro per una questione di
comodità, per il lettore italiano che voglia conoscere il pensiero freudiano
sull’arte, è senza dubbio la raccolta, edita dalla Boringhieri di Torino per la
prima volta nel 1969, intitolata Saggi sull’arte, la letteratura e il linguaggio.
In realtà ad una attenta lettura ci si rende conto che Freud ha avuto un
interessamento costante per l’argomento arte e creatività, soprattutto per
quanto riguarda la letteratura, ma non ha mai analizzato in maniera
dettagliata il problema con uno studio monografico. Ciò rappresenta senza
dubbio una manchevolezza ma, al tempo stesso, una fortuna per la ricerca
postuma: egli ha così potuto mantenere un rapporto aperto, libero e molto
informale con le sue idee sull’arte, consegnando ai posteri riflessioni su
molti aspetti differenti del problema: dalla psicoanalisi “applicata” alle
opere e alla vita degli artisti, al ruolo della creatività nel sistema psichico
dell’uomo fino al problema della fruizione dell’opera d’arte e ai suoi
meccanismi. Il fatto che Freud fosse altamente attratto dall’arte è
notoriamente testimoniato, oltre che da egli stesso, dai biografi che hanno
raccontato della sua vasta ed importantissima collezione di reperti antichi,
soprattutto di origine egizia, greca e romana: il suo studio poteva forse già
essere il prototipo di un moderno setting arte-terapeutico? Il suo circondarsi
di opere antiche, custodite soprattutto nella stanza dedicata alle sedute con i
suoi pazienti, potrebbero, in maniera forse un po’ ardita, dimostrare una
riconosciuta capacità, se non proprio curativa, quantomeno favoritrice
dell’emersione dell’inconscio e del processo terapeutico?
Comunque, a parte speculazioni sull’uso dell’arte in terapia da parte di
Freud, rimane più proficuo affrontare direttamente la lettura di ciò che egli
ha davvero scritto sull’argomento. Freud esprime palesemente la sua
rassegnazione di fronte al mistero dell’arte, o meglio al mistero del genio
artistico, con la celeberrima frase in apertura del saggio Dostoevskij e il
parricidio, del 1927: “Purtroppo dinanzi al problema dello scrittore la
psicoanalisi deve deporre le sue armi”
5
. Certamente questa concezione
evolutiva, che segue per l’appunto molto da vicino lo sviluppo di tutta la
teoria psicoanalitica, può costituire un utile punto di riferimento, anche se
11
non tiene conto dell’estrema diversità di intenti e di situazioni in cui le opere
freudiane sull’arte sono sorte. Lungi dal presentarsi come un’analisi
completa e puntuale della letteratura freudiana sull’arte, lo scopo di questa
ricerca è quello di riattualizzare le concezioni teoriche più arcaiche alla luce
dello sviluppo che hanno avuto in senso arte-terapeutico: è infatti con Freud
che la concezione dell’arte e della creatività quale attività mediatrice tra il
sistema inconscio e il sistema preconscio-conscio acquista una sistemazione
teorica. Alla base della moderna tecnica arte-terapeutica di indirizzo
psicodinamico c’è proprio lo sfruttamento di questa caratteristica essenziale
della produzione creativa, che viene sostenuta, invogliata, incanalata ai fini
della guarigione del paziente. In sintesi, la ricerca si soffermerà
maggiormente sui testi in cui il contributo di Freud alla comprensione della
arte e della creatività assume le qualità peculiari di innovazione e modernità,
tali da renderlo tuttora importante: saranno quindi oggetto di analisi i
concetti di arte quale mediazione tra processo primario e secondario, di
mezzo di espressione dei conflitti e di attività di trasformazione della realtà,
paragonabile al gioco dei bambini.
4La raccolta, a cui si rifanno tutti le citazioni tranne quelle altrimenti segnalate, è stata
pubblicata in due volumi:
S. Freud (1969), Saggi sull’arte, la letteratura e il linguaggio, Boringhieri, Torino.
5 S. Freud (1927), Dostoevskij e il parricidio, in Saggi, vol. I, p. 323.