4Alberto Mario Banti nel saggio Il Risorgimento italiano del 2004 considera il Risorgimento «nØ il frutto dell opera di un uomo solo (Cavour o Garibaldi), nØ l effetto di una favorevole congiuntura internazionale, ma piuttosto l esito di un processo culturale e politico che prende avvio alla fine del XVIII secolo e che precisa poi i suoi caratteri nei primi decenni dell Ottocento. Questo processo porta ad identificare la nazione italiana come la comunit di riferimento che fonda le pretese o i progetti di costruzione di uno stato nazionale italiano; per cui deve essere considerato un processo politico-culturale che si fonda sull idea di nazione e che ha come scopo la costruzione di uno stato italiano»2. Giampiero Carocci nel saggio Il Risorgimento del 2006 afferma: «il Risorgimento Ł il processo attraverso cui il popolo italiano ha conseguito nel corso dell Ottocento la libert , l indipendenza e l unit ; ed Ł una delle massime manifestazioni dell affermarsi del principio nazionale liberale»3. Denis Mack Smith nel suo primo libro dedicato alla storia italiana Cavour and Garibaldi: 1860 del 1954, definisce il Risorgimento come un processo storico dagli esiti negativi. Cavour Ł ritratto come un uomo scaltro e incoerente e le conquiste dell unificazione come il frutto di una serie di errori ed espedienti. Garibaldi Ł l unico protagonista dell et risorgimentale ed Ł descritto come capo popolo pragmatico e al tempo stesso affidabile. Altres nel saggio Il Risorgimento italiano: storia e testi del 1999, lo storico inglese afferma: «fu piuttosto uno di quei complessi movimenti che si sviluppano lungo linee che sono a volte molto lontane dalle intenzioni dei partecipanti, e il suo successo fu molto piø fortuito, di quello che piø tardi piacque affermare a molti dei suoi protagonisti»4. Gilles PØcout storico francese, nell introduzione al saggio Il lungo Risorgimento. La nascita dell Italia contemporanea (1770-1922) del 1999, lo definisce: « [ ] periodo di transizione e di sconvolgimenti politici e sociali corrispondenti ai movimenti principali ed ai grandi eventi che hanno permesso all Italia di realizzare nel XIX secolo la sua unificazione. Come per la Francia la Rivoluzione del 1789, il Risorgimento segna la nascita dell Italia contemporanea»5. 2 A. M. Banti, Il Risorgimento italiano, Roma-Bari, Laterza, 2004, p. V. 3 G. Carocci, Il Risorgimento, Roma, Newton Compton, 2006, p. 9. 4 D. Mack Smith, Il Risorgimento italiano, Roma-Bari, Laterza, 1999, p. XIX. 5 G. PØcout, Il lungo Risorgimento La nascita dell Italia contemporanea (1770-1922), Milano, Mondadori., p. 3.
5Analizzando queste prime definizioni ci accorgiamo che, il Risorgimento per questi storici Ł definito come un processo che ha portato l Italia all unificazione e all indipendenza. Ognuno cerca di dirci come e con quali intenzioni fu realizzato questo processo, chi furono o chi non furono i personaggi chiave, e soprattutto indicano o cercano di indicare all interno del XIX secolo qual Ł stato l arco temporale dello svolgimento di tale processo. Ma quando inizia il Risorgimento? E soprattutto quando finisce? A nostro parere molto dipende se, nel momento in cui si decide di studiare il Risorgimento, Ł preferita come parte del processo la visione politico-militare e/o territoriale oppure la visione politico-culturale. E in questo senso che il problema della periodizzazione da sempre Ł stato motivo di dibattito ed ha quindi generato diverse posizioni e interpretazioni. Per quanto concerne il termine a quo del Risorgimento ci sono opere che, preferendo la visione politico-militare lo fanno coincidere con il Congresso di Vienna e con la Restaurazione nel 1815 o con l arrivo delle armate di Napoleone in Italia (1796). Se invece Ł preferita la visione politico-culturale diverse, sono le opere che lo pongono nella seconda met del Settecento (1750-1790) coincidente con l avvio delle riforme. Nella storiografia italiana degli anni Cinquanta per esempio sono numerose le opere che considerano come termine a quo il Triennio repubblicano (1796-1799), nel quale si posero le basi degli ideali che animarono l esperienza risorgimentale. Altres , ci sono opere che, mettendo in evidenza l influenza di Napoleone, piø in senso amministrativo che in senso militare, intendono come termine a quo l anno 1800, quello nel quale l Italia almeno a livello amministrativo diventa unita e quindi inizia a prendere coscienza della nuova situazione. Fra le varie ipotesi, facciamo nostro come termine a quo quello definito dal punto di vista politico-culturale che considera centrale il Triennio repubblicano (1796-1799), all interno del quale si formeranno gli ideali che saranno poi espressione dell intero processo del Risorgimento. Mi riferisco ai principi liberal-conservatori dei moderati e ai principi liberal-rivoluzionari dei repubblicani democratici che porteranno avanti parallelamente un loro progetto di Risorgimento dell Italia. Per quanto riguarda il termine ad quem, sulla base delle stesse considerazioni fatte per il termine a quo esistono diverse posizioni e interpretazioni. Ci sono opere che lo fanno coincidere con la proclamazione del Regno d Italia (1861) e non considerano il periodo
6successivo come Risorgimento; ed opere nelle quali si pone come termine del Risorgimento la conquista di Roma e successiva proclamazione a capitale d Italia (1871). Diversa Ł la posizione dell ISRI (Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano) per il quale il Risorgimento si conclude solo con l inizio della Prima Guerra Mondiale (1915). Altres esiste l interpretazione data dallo storico francese Gilles PØcout che fa coincidere il termine ad quem del Risorgimento con l avvento del fascismo (1922). Fra le varie ipotesi abbiamo scelto come termine ad quem quello dell IRSI, in quanto condividiamo l idea che la Prima Guerra Mondiale sia lo spartiacque tra un Italia liberale e un Italia incapace di mantenere il parlamentarismo e che dar spazio all avvento del fascismo. In generale, abbiamo visto esistere e coesistere diverse periodizzazioni; per esempio quella che inizia con il Congresso di Vienna (1815) e si conclude con la conquista di Roma (1870), inizialmente corrispondeva al taglio istituzionale dato dall insegnamento universitario italiano nelle varie cattedre di Storia del Risorgimento. Negli ultimi anni l approccio Ł totalmente cambiato preferendo a questa periodizzazione una molto piø ampia, come quella intesa dal Pecout, orientata verso la visione politico-culturale del Risorgimento e della formazione dell identit nazionale, incentrata su un approccio per tematiche, piuttosto che incentrata sull approccio politico-militare. Da queste prime battute sul significato o sulla periodizzazione da dare al Risorgimento, si comprende quanto dibattito c Ł, quante le diverse posizioni, e quanto l argomento ha destato l interesse di storici e non storici. Viene dunque spontaneo chiedersi: quando si Ł cominciato a studiare il Risorgimento? E soprattutto con quali interpretazioni? Tra il 1850 e il 1870, la storiografia liberale (ad esempio Filippo Antonio Gualterio6 nel saggio Gli ultimi rivolgimenti italiani) pone l attenzione su alcuni personaggi del Risorgimento (Cavour, Carlo Alberto, Massimo d Azeglio) esaltandone le gesta al fine di screditare i governi della Restaurazione, mostrando gli italiani meridionali come vittime sventurate di regimi reazionari. In questo stesso periodo alla storiografia liberale si affiancheranno e si contrapporranno ricerche di vario tipo, condotte da due diverse categorie di storici: quelli sabaudisti e quelli filomazziniani o filodemocratici. Quando parliamo di storici sabaudisti, intendiamo quegli storici liberali inclini a mostrare una storia del Risorgimento piø vicina alla posizione dei Savoia; per storici filomazziniani o 6 F. A. Gualterio, Gli ultimi rivolgimenti italiani, 4 voll., Firenze, Le Monnier, 1850-51.
7filodemocratici, intendiamo invece, quegli storici inclini a mostrare una storia del Risorgimento piø vicina alle posizioni di Mazzini. Tra la fine dell Ottocento e l inizio del Novecento assistiamo alla nascita delle prime istituzioni culturali specializzate nel coltivare e promuovere studi ed edizioni di fonti relative alla storia risorgimentale. Nel 1883 viene fondato l Istituto storico italiano a Roma, nel 1885 inizia le sue pubblicazioni la Rivista storica del risorgimento italiano, nel 1907 si costituisce la Societ nazionale per la storia del Risorgimento che dal 1908 pubblica una sua rivista il Risorgimento italiano7. Parallelamente alle ricerche delle istituzioni sopraindicate, compariranno alcune opere d impianto polemico scritte da storici non professionisti come Alfredo Oriani e Piero Gobetti. Oriani nel 1913, nel saggio La lotta politica in Italia8, prendendo in considerazione piø l aspetto nazionale del Risorgimento e valorizzandolo come cardine dell azione politica arriver a criticarne il carattere troppo elitario. Definisce il processo di formazione dello stato italiano come una pura e semplice conquista regia , affermando che dalle belle e nobili speranze che animavano i grandi uomini del Risorgimento come Mazzini, tutto si sia dissolto in una meschina prassi amministrativa. Gobetti invece, con il suo stile brillante spregiudicato e sempre polemico, nel saggio Rivoluzione liberale9 del 1924, giudica il Risorgimento incapace di laicizzare e modernizzare veramente le masse, lo definisce una rivoluzione fallita nel senso che non Ł riuscito a portarle, parole sue: «come soggetti attivi sulla scena della storia». Saranno queste tesi che, nonostante l impianto polemico e poco rigoroso dal punto di vista filologico, lasceranno un segno duraturo nelle interpretazioni successive. E negli anni Venti del Novecento che possiamo individuare la vera grande stagione della storiografia liberale sul Risorgimento con il lavoro di quattro intellettuali di grande valore: Gaetano Salvemini, Giovanni Gentile, Gioacchino Volpe e Benedetto Croce. Gaetano Salvemini nasce come storico del Medioevo, ma non manca di occuparsi della storia italiana dell Ottocento. Il suo interesse da storico socialista sar rivolto soprattutto allo studio delle personalit e delle forme organizzative del campo democratico nel saggio Il pensiero religioso politico sociale di Giuseppe Mazzini del 1905, in cui evidenzia l importanza della corrente repubblicana mazziniana come vettore del 7 Cfr. in proposito: A. M. Banti, Il Risorgimento italiano, Roma-Bari, Laterza, 2004, p. 135. 8 A. Oriani, La lotta politica in Italia, 3 ed. Firenze, Libreria della Voce , 1913. 9 P. Gobetti, Rivoluzione liberale, Bologna, Cappelli, 1924.
8socialismo; e nel saggio Le piø belle pagine di Carlo Catteneo del 1922, nel quale individuando nel Catteneo il suo maestro, lo indica come colui che doveva essere la vera guida spirituale della democrazia italiana10. Giovanni Gentile non Ł uno studioso del Risorgimento, ma si dedicher alla storia delle idee nell Italia del Risorgimento, in particolare ad autori chiave del periodo (Alfieri, Cuoco, Rosmini, Gioberti) focalizzandosi poi sul pensiero di Giuseppe Mazzini, e insistendo sull enorme importanza della componente religiosa e sull idea di nazione. Nel saggio del 1923 I profeti del Risorgimento italiano11 (dedicato a Benito Mussolini), mostra gi l orientamento della sua personale interpretazione del Risorgimento: l epopea risorgimentale giudicata di matrice mazziniana e non liberale, precorre il fascismo, in quanto entrambi sono movimenti religiosi diversi dal liberalismo individualistico; per Gentile Ł il fascismo che ha raccolto l eredit del Risorgimento. Anche Gioacchino Volpe come gli altri non Ł uno studioso del Risorgimento, ma nei decenni fra le due guerre presta attenzione alle vicende risorgimentali, soprattutto nel saggio Italia moderna, in cui il Risorgimento viene visto come opera di una minoranza socialmente e politicamente variegata; tuttavia Volpe non attribuisce al termine minoranza un significato negativo, anzi spiega che essa Ł piuttosto una coraggiosa avanguardia politica e culturale, la definisce la vera aristocrazia morale della nazione , la cui eredit semmai, viene smarrita, dalla classe dirigente dell et liberale, per trovare poi una sua ulteriore rinascita nella guerra e nella rivoluzione fascista 12. Benedetto Croce non Ł stato propriamente uno storico del Risorgimento, ma Ł autore di due grandissimi lavori storici che fissano molto bene la sua ricostruzione e il suo giudizio sulle vicende della storia dell Italia liberale e dell Ottocento europeo; uno Ł la Storia d Italia dal 1871 al 191513 del 1928, l altro Ł la Storia d Europa nel secolo decimonono14 del 1932; in questo saggio l esperienza risorgimentale Ł collocata nel contesto della piø generale storia dell Europa ottocentesca che Croce ritiene caratterizzata dall affermazione di una vera e propria religione della libert . 10 Cfr. in proposito: W. Maturi, Interpretazioni del Risorgimento, Torino, Einaudi, 1962, p. 456. 11 G. Gentile, I profeti del Risorgimento italiano, Firenze, Vallecchi, 1923. 12 Cfr in proposito: A. M. Banti, Il Risorgimento italiano, cit. , p. 139. 13 B. Croce, Storia d Italia dal 1871 al 1915 , Bari, Laterza, 1928. 14 B. Croce, Storia d Europa nel secolo decimonono , Bari, Laterza, 1932.
9A suo parere il processo di unificazione va inserito in questo quadro e sulla base di queste premesse offre una valutazione totalmente positiva dell unificazione come processo puramente liberale. Croce nel saggio del 1932 Storia d Europa nel secolo decimonono, evidenzia l importanza del periodo successivo all unificazione, come la fase che aveva visto la progressiva omogeneizzazione politica e culturale della nazione politica e culturale secondo i valori del parlamentarismo liberale. Insiste sul fatto che Ł stata la grande guerra a distruggere il sistema politico, rendendo possibile l affermarsi della dittatura fascista; in questo modo negava qualunque tipo di connessione causale tra il liberalismo italiano e il fascismo. A questa tesi della storiografia liberale rappresentata da Croce, si contrappone la ricostruzione storica effettuata da Gramsci (contenuta nei Quaderni del carcere che verranno pubblicati postumi tra il 1947 e il 1949), per il quale tra il liberalismo e il fascismo esiste un chiaro legame. Egli descrive il Risorgimento come una rivoluzione passiva, in cui i liberali conservatori (i moderati ) hanno avuto strategicamente la meglio sui liberali rivoluzionari (i repubblicani democratici ) venendo a patti con l ordine feudale esistente15. Ma il prezzo di questo compromesso era stata la permanente spaccatura tra Stato e societ civile, caratterizzata da una cronica instabilit politica e da un disordine sociale endemico. Negli anni Trenta, un nutrito gruppo di storici svilupper una variegata ricerca storica di intonazione nazionale e fascista, in cui prevarr un interpretazione del Risorgimento nelle sue varie declinazioni (mazziniana, sabaudista, garibaldina) all interno di una visione che enfatizzer gli elementi di continuit tra l esperienza risorgimentale e la rivoluzione fascista . E in questo contesto che, per volere di Cesare Maria de Vecchi Ministro dell Educazione Nazionale, nel 1936 vengono istituite le prime cattedre universitarie di Storia del Risorgimento16. Tra le due guerre, influenzati dai lavori dei quattro intellettuali visti in precedenza, si former una generazione di studiosi di storia del Risorgimento che sar il nerbo della storiografia liberale del dopoguerra, con nomi di grandi storici come Adolfo Omodeo, Walter Maturi, Federico Chabod e Rosario Romeo17. 15 L. Riall, Il Risorgimento: storia e interpretazioni, cit., p. 37. 16 Cfr. in proposito: A. M. Banti, Il Risorgimento italiano, cit., p. 140. 17 Un attenta e dettagliata analisi dei lavori degli storici Adolfo Omodeo e Rosario Romeo Ł presente su: W. Maturi, Interpretazioni del Risorgimento, cit., pp. 517-549 e pp. 666-672.
10Per quanto riguarda l interpretazione cattolica del Risorgimento, negli anni Trenta Ł difficile individuare degli storici del Risorgimento, fatta forse eccezione per i lavori di Alessandro Luzio attento con le sue ricerche anche alle ragioni dei legittimisti e incline alla demolizione dei miti risorgimentali. Tra gli anni Quaranta e Cinquanta, con i contributi di Ettore Passerin D EntrŁves e Arturo Carlo Jemolo, inizia una vera e propria ricostruzione ed interpretazione del Risorgimento in chiave cattolico-liberale ed escono le prime pubblicazioni sul ruolo dei cattolici nella vita italiana post-unitaria e sul rapporto Stato-Chiesa. L attenzione di questa storiografia si fermava sui cattolici liberali del periodo preunitario e sui rapporti fra la classe dirigente dello Stato e l’istituzione ecclesiastica. Con i lavori di Fausto Fonzi, Gabriele De Rosa, Pietro Scoppola, Giorgio Rumi e Francesco Traniello, che si occupano soprattutto dell azione politica dei cattolici, si definisce un filone cattolico-democratico della storiografia cattolica18. Nel secondo dopoguerra, il confronto tra le interpretazioni facenti capo a Croce e Gramsci produrr una contrapposizione che finir per caratterizzare l intero dibattito storiografico sul Risorgimento. Nel dopoguerra, gli storici di impostazione marxista come Franco Della Peruta, Ernesto Ragionieri e Emilio Sereni, si concentreranno sulla ricerca di prove storiche che davano conferma della possibilit di una valida alternativa alla rivoluzione passiva guidata dai liberali moderati, sostenendo l esistenza di un potenziale movimento rivoluzionario. Da parte loro, gli storici di impostazione liberale tra i quali Rosario Romeo, nel saggio Risorgimento e capitalismo del 1959, considerano assolutamente irrealistica la discussione sulla possibilit di una rivoluzione agraria nell Italia meridionale durante il Risorgimento. 18 E. Passerin D EntrŁves, La giovinezza di Cesare Balbo, Firenze, Le Monnier, 1949; G. De Rosa, L azione cattolica, Bari, Laterza, 1953; E. Passerin D EntrŁves, L ultima battaglia politica di Cavour, Torino, ILTE, 1956; P. Scoppola, Dal neoguelfismo alla Democrazia cristiana, Roma, Studium, 1957; F. Fonzi, I cattolici e la societ italiana dopo l unit , Roma, Ed. Studium, 1960; P. Scoppola, Crisi modernista e rinnovamento cattolico in Italia, Bologna, Il Mulino, 1961; F. Traniello, G. Sofri, Breve storia del Risorgimento, Bologna, Cappelli, 1962; G. De Rosa, La crisi dello stato liberale in Italia, Roma, Studium, 1964; G. De Rosa, Storia del movimento cattolico in Italia, Bari, Laterza, 1966; A. C. Jemolo, Chiesa e Stato in Italia dalla unificazione a Giovanni XXIII, Torino, Einaudi, 1966; P. Scoppola, Chiesa e Stato nella storia d’Italia, Bari, Laterza, 1967; P. Scoppola, La Chiesa e il fascismo, Bari, Laterza, 1971; F. Fonzi, Crispi e lo Stato di Milano, Milano, GiuffrŁ, 1972; F. Fonzi, Storia e storiografia dei movimenti cattolici in Italia, Roma, Elia, 1976; F. Traniello, Dizionario storico del Movimento cattolico in Italia (1860-1980), 3 vol., Torino, Marietti, 1981-1984; G. De Rosa, Il Partito popolare italiano, Bari, Laterza, 1988; E. Passerin D EntrŁves, Religione e politica nell Ottocento europeo, a cura di F. Traniello, Roma, IRSI, 1993; E. Passerin D EntrŁves, La formazione dello stato unitario, a cura di N. Raponi, Roma, IRSI, 1993; F. Traniello, Cesare Balbo alle origini del cattolicesimo liberale, a cura di G. De Rosa con F. Traniello, Roma-Bari, Laterza, 1996; G. De Rosa, Cattolici, Chiesa, Resistenza, Bologna, Il Mulino, 1997; F. Traniello, Religione cattolica e stato nazionale. Dal Risorgimento al secondo dopoguerra, Bologna, Il Mulino, 2007.