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direzione di una ricerca comparata di queste dimensioni all’apparenza così differenti.
Per quanto, inoltre, si pensasse a delle possibili relazioni fra le tre suddette
dimensioni, non si è mai pensato che invece di tre variabili indipendenti, a livello
neurale, vi potesse essere un UNICO modulo preposto all’analisi delle tre variabili,
anche se a livello fenomenico le percepiamo distinte come spazio, tempo e quantità.
Eppure le evidenze sperimentali sull’associazione spazio/quantità, sul legame fra
tempo/spazio e tempo/quantità, così come le chiare evidenze neuropsicologiche,
potrebbero almeno instillare nelle nostre menti l’idea che vi possa essere un
processamento comune per dimensioni differenti. La prima parte di questo lavoro
sarà dedicata, per l’appunto, ad una rassegna di studi ed esperimenti comportamentali
sulle associazioni fra spazio e quantità, tempo e spazio, tempo e quantità senonchè
all’analisi delle evidenze neuropsicologiche che sembrano confermare l’associazione
fra spazio, tempo e quantità in soggetti con patologie quali Neglect, sindrome di
Williams, Discalculia, Sindrome di Turner. Tutti questi studi supportano l’idea di
un’associazione fra tempo e spazio, spazio e quantità, quantità e tempo come se una
variabile influenzasse e/o interferisse sull’altra e come se vi fosse una
sovrapposizione di circuiti neurali. Supposizione che rende necessara la successiva
panoramica, dal punto di vista anatomico e funzionale, sulla zona cerebrale
altrettanto misteriosa e affascinante che sembra essere la base neurale di spazio,
tempo e quantità o almeno una delle basi neurali: il parietale.
Il parietale, una regione cerebrale misconosciuta sino a poco tempo addietro, relegata
al ruolo di zona associativa e di smistamento delle percezioni sensorie, è rivalutata
nella complessità di funzioni che sembra, invece, elaborare. Il parietale è, davvero, al
centro fra le zone di elaborazione sensoria primarie (occipitale e temporale in primis)
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ma è anche una regione, a quanto pare, dove si organizza qualcosa di più importante,
dove potrebbe prendere vita quel modulo spaziale/temporale/numerico di cui si
parlava. Nello specifico, ci occuperemo di un’area del parietale: il PPC, ovvero la
corteccia parietale posteriore, situato dietro le aree 1,2,3 di Brodmann, ovvero le aree
sensomotorie. L’analisi, attraverso studi di neuroimmagini (fMRI in primis)
dell’elaborazione di tempo, spazio e quantità nel PPC completa la prima sezione del
lavoro.
La seconda sezione si sviluppa in un percorso di ricerche e speculazioni storiche e
attuali su possibili elaboratori comuni fra spazio, tempo e quantità. Analizzeremo
l’idea di Meck e Church (1983) e Gelman e Gallistell (2000), che illustra la proposta
di un unico elaboratore fra tempo e quantità, un elaboratore, per quantità numeriche e
temporali, che utilizza tempo e quantità come grandezze analogiche, quindi
illustreremo l’ipotesi di Dehaene e collaboratori (Dehaene et al.1993, 1998, 1999,
2003; Piazza et al. 2004, Hubbard et al. 2005) di un unico meccanismo fra spazio e
quantità numeriche, comune ad uomini ed animali, che elabora spazialmente le
quantità numeriche. Unitariamente all’idea di Dehaene e collaboratori, la proposta di
Meck e Church (1983) e Gelman e Gallistell (2000) rappresenta l’incipit ideale per la
teoria della magnitudo di Vincent Walsh (2003).
La teoria della magniduto va, per l’appunto, a fondere le proposte di Meck e Church
e Gelman e Gallistel con quella di Dehaene e collaboratori, pensando che vi possa
essere una sola zona di elaborazione di tutte le quantità (numeriche, spaziali e
temporali). L’idea di Walsh pone le sue basi sulla considerazione di un'unica metrica
comune per le tre variabili oggetto d’indagine, il cui collante sarebbe la
programmazione dell’azione. Analizzeremo i punti di forza ma anche le numerose
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critiche (Kleinschmidt 2004; Castelli 2006) che evidenziano delle lacune concettuali
e metodologiche nell’affrontare la questione.
La terza sezione è dedicata alla verifica sperimentale della teoria della magnitudo o
almeno, si proverà a creare un semplice paradigma di ricerca per lo studio della
teoria della grandezza di Walsh, provando a misurare le possibili interferenze fra
grandezza fisica, grandezza numerica e tempo. I due esperimenti di stima temporale,
su cui verranno testati 15 soggetti dell’Università di Messina e Palermo, sono
implementati su Psyscope, uno strumento per la costruzione di esperimenti
psicologici per computer Machintosh, ideato da Johnatan Cohen e collaboratori alla
Carnegie Mellon University. I dati saranno analizzati attraverso un’ANOVA a
misure ripetute e grazie a SPSS, strumento che ha coadiuvato l’analisi statistica.
Infine, presenteremo delle conclusioni e degli spunti per possibili ricerche future a
partire dalle evidenze riscontrate, per capire quale possa essere il senso filo ed onto
genetico di un’elaborazione comune fra spazio, tempo e quantità e per comprendere
appieno il processamento della numerosità simbolica ed analogica.
Possibili ricerche che potrebbero, ancora una volta, impiegare tecniche di
neuroimmagini e d’interferenza cerebrale, quali la stimolazione magnetica
transcranica, che negli ultimi anni hanno permesso giganteschi passi in avanti nelle
neuroscienze cognitive.
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CAPITOLO I
Spazio / Tempo / Quantità.
Quali Relazioni?
1.1 Evidenze Sperimentali
L’analisi delle ricerche ed evidenze sperimentali, attraverso l’uso di semplici
esperimenti comportamentali, sottolinea il legame fra le tre dimensioni oggetto di
indagine: spazio, tempo e quantità numeriche. Di seguito presenteremo le evidenze
scientifiche più interessanti attraverso una rassegna delle principali ricerche
sull’argomento.
1.1.1 Associazione Spazio/Quantità numerica
Un forte collegamento fra abilità matematiche e abilità spaziali è stato, da sempre,
evidenziato in maniera più aneddotica che sperimentale. I grandi matematici come
Albert Einstein rilevarono l’importanza del ruolo dell’immaginazione visuo–spaziale
per lo sviluppo delle loro idee matematiche (Hadamard 1946), Friedrich August
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Kekulè, addirittura, venne a capo di un tormentoso dubbio scientifico attraverso
un’immagine onirica che gli presentò la struttura esagonale del benzene
rappresentato in un serpente che si mordeva la coda
1
. Recenti ricerche avvalorano
scientificamente i collegamenti fra numero e spazio.
Dormal e Pesenti (2006), in una loro ricerca in cui i soggetti dovevano comparare
coppie di stimoli costituite da puntini, riscontrarono che giudicare il numero di
puntini in un segmento era influenzato dal concorrente processamento della
lunghezza spaziale; determinare, quindi, la “quantità” dello stimolo (il numero di
puntini) è influenzato da un effetto priming di uno stimolo spaziale e, quindi, la
spazialità in cui sono distribuiti gli stimoli target da giudicare interferisce sul
giudizio di quantità, oggetto di indagine. Alla stessa maniera la dimensione fisica, la
spazialità per l’appunto, dei numeri arabi può influenzare il giudizio di grandezza
semantica degli stessi (Tzelgov et al. 1992, Pansky e Algom 1999).
L’effetto, comunque, più conosciuto nel testare il legame e l’interferenza fra numero
e spazio è, di certo, l ’effetto SNARC.
SNARC è, semplicemente, l’acronimo di Spatial numerical association of response
code ed, in parole povere, non è altro che l’effetto per cui i tempi di reazione nel
rispondere a un numero alto con la mano destra sono minori che rispondere a un
numero basso con la stessa mano e viceversa il rispondere a un numero basso con la
mano sinistra è più “facile” che rispondere con la mano destra (Dehaene et al. 1990;
Dehaene et al. 1993).
Stanislas Dehaene (1990) chiese ai suoi soggetti di svolgere un semplice compito,
cioè dire se dei numeri presentati sullo schermo erano più grandi o più piccoli di un
1
Dopo essersi addormentato davanti al fuoco, Kekulè sognò un serpente che si mordeva la coda. Lo
scienziato si svegliò e per tutta la notte lavorò per risolvere l'enigma della struttura ciclica esagonale
del benzene
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numero (per esempio il 55) presentato in precedenza; Dehaene divise i soggetti del
suo esperimento in due gruppi, il primo gruppo doveva rispondere con la mano
sinistra/destra se i numeri erano più piccoli/grandi del 55, l’altro gruppo rispondeva
inversamente, cioè con la mano destra/sinistra se i numeri erano più piccoli/grandi
del 55.
I risultati furono di una “sconvolgente” evidenza e cioè il gruppo che rispondeva con
la mano sinistra/destra per i numeri piccoli/grandi era più veloce (tempi di reazione
più bassi) nello svolgere il compito. Dehaene (1993) riscontrò gli stessi risultati in
una ricerca successiva con un compito di parità
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(Dehaene et al. 1993).
Secondo Dehaene e collaboratori (Dehaene et al.1990; Dehaene et al. 1993; Dehaene
e Cohen 1995; Dehaene et al.1998; Dehaene et al. 2003) i numeri sono rappresentati
spazialmente e più precisamente, per il gruppo di studio di Dehaene, esisterebbe una
linea numerica mentale (fig. I-1), che andrebbe da sinistra verso destra con i numeri
piccoli disposti a sinistra e i numeri grandi a destra e che spiegherebbe questi strani
risultati che vanno sotto il nome di effetto SNARC.
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Il compito di parità, più conosciuto nella terminologia inglese di parity task, è un compito in cui si
deve rispondere sulla parità dei numeri, distinguendo i numeri pari da quelli dispari. Il semplice
compito è sfruttato per misurare effetti psicologici, quali l’effetto SIMON e per appunto, l’effetto
SNARC