5
solo per rispondere a una necessità di tipo storiografico, ma anche nel
tentativo di dimostrare che, nonostante Jean Eustache non abbia certo
avuto una carriera agevole, l’etichetta di cineasta maledetto “ucciso
dal sistema” non corrisponda del tutto a verità. In realtà Eustache
riuscì a girare tutti i film che aveva desiderato realizzare (escludendo
alcuni progetti incompiuti a causa della sua prematura scomparsa,
come vedremo nel paragrafo che vi è dedicato) e una delle sue più
grandi qualità fu proprio quella di essere stato un ottimo produttore di
se stesso, riuscendo a portare a termine progetti ambiziosi con budget
molto ristretti.
In Italia l’opera di Eustache è pressoché inedita e sconosciuta, con la
sola eccezione de La maman et la putain, distribuito in una versione
sottotitolata da Lab80 Film e trasmesso più volte all’interno del
palinsesto notturno di Rai 3. Una recente retrospettiva organizzata
dalla Cineteca di Bologna e dal Museo del Cinema di Torino ha
permesso di sopperire in parte a questa mancanza.
Desidero ringraziare tutte le persone che mi hanno supportato nel mio
lavoro, aiutandomi nella ricerca di materiale audiovisivo e cartaceo di
difficile reperibilità o concedendomi il loro tempo durante il mio
breve soggiorno a Parigi. Un ringraziamento particolare va a Jean-
Pierre Ruh, Pierre Cottrel, Iréne Téneze, Virginia Villaplana, Bernard
Payen, Boris Eustache, Rosine Young, Angel Dìez, Jean Douchet,
Florent Jullien, Capricci Films, Roberta Cocon, Simon Gilardi, Luigi
Garella, Manuel Billi, Alberto Momo, Piero Quamori Tanzi.
Torino, Maggio 2004.
6
1.
BIOGRAFIA
Jean Eustache nasce il 30 Novembre 1938 a Pessac, cittadina nei
dintorni di Bordeaux. Trascorre qui tutta la sua infanzia, accudito dalla
nonna materna (Odette Robert), mentre sua madre si trasferisce a
Narbonne. Eustache tendeva a mantenere un grande riserbo su questo
primo periodo della sua vita e quello che apprendiamo è dovuto per lo
più alla forte componente autobiografica di alcuni suoi film che lo
affrontano direttamente, come Numéro zéro e Mes petites
amoureruses.
All’inizio degli anni ’50 la madre lo porta con sé a Narbonne, città
nella quale vive in una piccola stanza con un contadino spagnolo.
Eustache è costretto ad interrompere gli studi e nel 1956 è impiegato
come elettricista in un’impresa di Narbonne. Arriva a Parigi l’anno
successivo e inizia a lavorare come operaio specializzato in
un’officina delle ferrovie nazionali. Alla fine degli anni ’50 riceve la
chiamata alle armi ma rifiuta di partire per l’Algeria e non esita a
ricorrere a gravi gesti di autolesionismo per ottenere la dispensa. “In
uno dei vagoni-dormitorio, dei colleghi ferrovieri lo scoprono in un
lago di sangue dopo essersi tagliato le vene. Si ritrova in un ospedale
psichiatrico, dove passerà circa un anno, subendo una serie di
elettrochoc
1
”. In quel periodo conosce Jeanne Delos, la donna che
diventa la sua compagna e con la quale si stabilisce in un
appartamento di Rue Nollet, nel 17° arrondissment della capitale
(anche la nonna materna di Eustache va a vivere con loro). Dalla loro
unione nascono due figli, Patrick e Boris. All’inizio degli anni ’60
1
Evan Hanska, Mes années Eustache, Flammarion, Parigi, 2001, pag. 306.
7
Eustache nutre la sua grande passione per il cinema frequentando
abitualmente la Cinémathèque e lo Studio Parnasse, entra in contatto
con la redazione dei Cahiers du cinéma e con alcuni personaggi
chiave del nascente nuovo cinema francese. Fa la conoscenza di Jean-
André Fieschi, Jean Douchet, Jaques Rivette, Jean-Luc Godard, Éric
Rohmer, Paul Vecchiali, Jean-Luis Comolli… In quegli anni incontra
anche Pierre Cottrell, che nonostante alcuni screzi diverrà suo grande
amico e produttore di alcuni suoi film. Interrogato nel 1974 sulla
ragione che lo ha spinto a fare cinema, Eustache risponderà: “A
vent’anni ho riflettuto per circa due ore. Non rifletto sovente, ma
quella volta ho davvero riflettuto molto a fondo. Mi sono chiesto: cosa
sarà della mia vita? Ho due figli, guadagno 30 000 vecchi franchi al
mese, lavoro cinquanta ore alla settimana, vivo in una casa popolare.
Ho molta paura che la mia vita sia triste, che somigli alle caricature
delle vite povere che vedo intorno a me. Ho avuto il terrore che la mia
vita assomigliasse a quelle caricature. Non posso essere né scrittore,
né pittore, né musicista. Rimane il più facile, il cinema. Passerò tutte
le sere, tutti i sabati e tutte le domeniche, tutto il mio tempo libero, al
cinema. Non penserò a nient’altro che a questo per non pensare al
lavoro stupido che faccio. In due ore, in una città, ho preso la
decisione di lasciarmi divorare da una passione. E mentre riflettevo
mi sono fatto richiamare dal mio caporeparto
2
”.
Dopo aver presenziato alle riprese di alcuni film di Rohmer e
Douchet, nel 1963 Eustache decide di passare dietro la macchina da
presa e gira il suo primo cortometraggio, intitolato La soirée, grazie
alla pellicola procuratagli da Paul Vecchiali, che sarà anche uno dei
protagonisti del film. Il film non sarà mai postsincronizzato ed è
2
Jean Eustache, intervista rilasciata a Louis Marcorelles in occasione dell’uscita di Mes
petites amoureuses, «Le Monde» 24/12/1974.
8
tutt’ora inedito. La sua opera prima vera e propria è un
mediometraggio di 42’ girato nello stesso anno, intitolato Du côté de
Robinson (ma ormai unanimemente noto con il titolo di Les mauvaises
frequentations). Nel corso degli anni ’60, Eustache acquisisce anche
una buona esperienza di montatore lavorando ad alcuni film altrui: un
cortometraggio di Philippe Théaudière (Dedans Paris, 1964), una
trasmissione televisiva realizzata per la serie Cinéastes de notre temps
(1966) dedicata a Jean Renoir e realizzata da Jaques Rivette, il
lungometraggio Les idoles di Marc’O e il cortometraggio
L’accompagnement di Jean-André Fieschi (1967), e nel 1970 Une
aventure de Billy le kid di Luc Moullet.
Tra la fine del 1965 e l’inizio del 1966 ritorna a Narbonne per girare
Le Père Noël a les yeux bleus, con Jean-Pierre Léaud. Dopo la sua
separazione da Jeanne Delos, durante la sua storia d’amore con
Françoise Lebrun, gira due documentari: La Rosiére de Pessac (1968)
e Le cochon (1970), codiretto con Jean-Michel Barjol. Nel 1971, nel
suo appartamento, gira Numéro zéro, film di due ore nel quale la
nonna materna racconta al regista la propria vita. Sul finire degli anni
’70 verrà montata da Eustache una versione ridotta per la televisione,
intitolata Odette Robert, ma la versione originale è destinata a
rimanere inedita fino al 2003.
A Parigi frequenta Jean-Jaques Schul, Jean-Noel Picq e René Biaggi,
trio di “marsigliesi” con i quali per molti anni trascorre le notti nei
locali di Saint-Germain des Prés, dando vita a una sorta di recupero
del dandismo con il quale Eustache sarà in futuro identificato e che
troverà un’adeguata rappresentazione cinematografica nel personaggio
di Alexandre, il protagonista de La maman et la putain
3
. Dopo la
3
Nel 1972 esce un libro di Jean-Jaques Schul, molto amato da Eustache, intitolato Rose
Poussière. Schul, “giovane ereditiere ozioso” che esercitava un grande fascino sul regista,
9
separazione da Françoise Lebrun, all’inizio degli anni ’70, si
trasferisce in Rue de Vaugirard, dove vive con Catherine Garnier e fa
la conoscenza di Marinka Matuszewski, una giovane infermiera
polacca. Proprio la sua difficile relazione con queste due donne sarà il
soggetto del suo film più celebre, La maman et la putain, girato nel
1972 e presentato l’anno successivo a Cannes, dove riceve una
menzione speciale e divide il pubblico. Pochi giorni dopo la fine delle
riprese Catherine Garnier si suicida e probabilmente Eustache non si
riprenderà mai del tutto da questo tragico evento.
Nel 1974 iniziano le riprese di Mes petites amoureuses (segnate dalla
morte di Odette Robert), che dopo il discreto successo del suo
predecessore può essere girato in condizioni confortevoli. Il film
purtroppo si rivela un fallimento commerciale. Seguono tre anni di
inattività e nel 1977 gira Une sale histoire, con Jean-Noel Picq, Jean
Douchet e Michel Lonsdale. Recita in alcune brevi sequenze di Der
amerikanische Freund di Wim Wenders e La tortue sur le dos di Luc
Béraud (che in passato era stato suo assistente).
Nel 1979 gira una seconda versione de La Rosiére de Pessac, nella
quale riprende la stessa cerimonia filmata undici anni prima nel paese
natale. Nel 1980 gira i suoi ultimi tre cortometraggi per la televisione:
Le jardin des délices de Jerôme Bosch, Offre d’emploi e Les photos
d’Alix.
In agosto, durante un soggiorno in Grecia cade da una terrazza e si
rompe una gamba. Rimpatriato dall’ambasciata francese, viene
operato, ma la ricostruzione dell’osso lo costringe a un’invalidità
permanente. Trascorre il resto dei suoi giorni rinchiuso nel suo
fornisce con questo testo una descrizione allucinata della cultura e dell’immaginario degli
anni successivi al Maggio ’68. Il capitolo intitolato Frankenstein le dandy, fondamentale
per comprendere l’essenza dei personaggi de La maman et la putain, racconta di un
personaggio ispirato proprio a Renè Biaggi.
10
appartamento, occupandosi della scrittura di molti progetti destinati a
non essere realizzati. Invia ai Cahiers du cinéma (per i quali rilascerà
anche un’ultima intervista pubblicata nel Febbraio ‘81) il testo di una
sceneggiatura incompiuta, intitolata Peine perdue. Registra una
cassetta con i dialoghi di un cortometraggio intitolato La rue s’allume,
concepito con Jean-François Ajion.
Nella notte tra il 4 e il 5 Novembre 1981 si toglie la vita con una
rivoltellata al cuore, nel suo appartamento di Rue Nollet.
11
2.
GLI ESORDI
(LA SOIRÉE- LES MAUVAISES FRÈQUENTATIONS)
1. L’ingresso nella redazione dei Cahiers du cinéma
Eustache arriva a Parigi nel 1957, lavora come operaio mentre i
cineasti della nouvelle vague preparano il loro esordio (l’anno
seguente uscirà Le beau Serge di Chabrol, Les 400 coups verrà
premiato al festival di Cannes nel 1959). L’avvicinamento al cinema
arriverà per lui grazie all’incontro di due persone che avranno una
grande influenza nella sua carriera: Jeannette Delos e Pierre Cottrel.
“Ho conosciuto Eustache poco tempo dopo il suo arrivo da Narbonne
a Parigi. Era intenzionato a consacrarsi interamente al cinema.
Credo che avesse cercato di entrare nel giro dei gansters di Pigalle e
della place Blanche. Ad ogni modo è là che si è comprato un revolver.
Nel giro si faceva chiamare Daniel…(Daniel è anche il nome del
protagonista di Le Père Noël a les yeux bleus, n.d.A.) Io all’epoca
avevo quattordici anni, ero un cinefilo appassionato… Eravamo
amici. A quell’epoca Eustache mi aveva mostrato lo schema del suo
primo progetto di film, Les mauvaises fréquentations. Una storia del
tipo: A ama B che ama C, che ama D… Qualche tempo dopo, avevo
già deciso di produrre dei film, per ammirazione nei confronti di
Walter Ranger e David Selznick. Ci eravamo detti con Jean: un
giorno arriveremo insieme, io come produttore, tu come regista
4
”.
4
Pierre Cottrel, Il faut que tout s’Eustache. « Cahiers du cinéma », Spècial Jean Eustache.
n° 523, Aprile 1998, pag. 26.
12
Erano gli anni d’oro della cinefilia e come molti altri coetanei,
Eustache frequentava la Cinémathèque e lo Studio Parnasse (“uno dei
templi del cinema di quegli anni
5
”). Conobbe il gruppo dei Cahiers du
cinéma dopo aver incontrato Jeannette Delos, che all’epoca lavorava
come segretaria presso la redazione dei Cahiers. Uno dei personaggi
più carismatici del gruppo dell’epoca era Jean Douchet, al tempo
regista e oggi critico e storico del cinema, che divenne grande amico
di Eustache (apparirà in tre dei suoi film, come semplice comparsa in
La maman et la putain e come coprotagonista in Une sale histoire e
Offre d’emploi) e che nello speciale a lui dedicato dai Cahiers du
cinéma nel 1998, racconta il suo ingresso all’interno della rivista.
“Eustache aveva sempre l’abitudine di farsi avanti mascherato. Nella
vita come nei suoi film. Gli piaceva restare indietro, come uno
spettatore, ma in realtà non lasciava nulla al caso. Tutto per lui era
calcolato, preparato prima, messo in scena. (…) L’arrivo di Eustache
ai Cahiers, intorno al 1960, è avvenuto in questo modo, segretamente.
All’epoca, la sua ragazza era appena stata assunta come segretaria.
Eustache la passava a prendere tutte le sere. All’inizio, arrivava alle
otto. Poi, senza che noi ce ne accorgessimo, alle otto meno un quarto,
poi alle sette e mezza… Tre mesi dopo era là alle cinque, ed è
diventato del tutto naturalmente una figura familiare all’interno dei
Cahiers. Ci faceva piacere vederlo. Aveva scelto questo metodo
d’infiltrazione perché, venendo dalla provincia, e benché si fosse già
formato una sua cultura personale, non aveva i titoli di studio e
sociali che conferiscono una certa sicurezza nel mondo parigino.
All’inizio non parlava. Si accontentava di leggere o di ascoltar
parlare Godard, Rivette… Progressivamente, ha cominciato a
5
Alain Philippon, « Jean Eustache », Cahiers du cinéma, Parigi, 1986, pag.11.
13
prendere parte alle discussioni, e noi l’abbiamo accettato come se
facesse parte dei Cahiers. Eustache aveva seguito lo stesso percorso
di tutti noi: scoperta del cinema verso i tredici-quattordici anni,
scoperta della vita attraverso il cinema, poi conferma della cinefilia,
già perfettamente strutturata al suo arrivo ai Cahiers. Leggeva molto,
avendo sulla letteratura delle opinioni precise. Era insomma le
classica figura dell’autodidatta che ha saputo dotarsi di una vera
cultura. Quando ha iniziato a fare del cinema, la sua strategia fu
rigorosamente la stessa
6
”.
Infatti, nel 1962 inizia a frequentare i primi set. Quando Jean Douchet
è in procinto di girare il suo primo cortometraggio (Le mannequin de
Belleville), Eustache gli chiede di essere il suo assistente, ma il posto è
già occupato e deve accontentarsi di assistere alle riprese. Si
dimostrerà un osservatore attento a ogni dettaglio e ripeterà
l’esperienza sul set del primo racconto morale di Eric Rohmer (La
boulangère de Monceau).
2. La soirée
Contrariamente a quanto indicato da quasi tutte le filmografie del
regista, il primo film girato da Eustache non è stato Les mauvaises
fréquentations (1963), ma un film intitolato La soirèe, girato nello
stesso anno. Il ruolo del protagonista era stato affidato a Paul
Vecchiali, e sappiamo inoltre che vi appare Jean-André Fieschi,
cineasta amico del regista (che in seguito monterà il suo primo film,
L’accompagnement) che rimase al suo fianco fino alla fine,
filmandolo con una videocamera nel suo appartamento pochi giorni
prima della sua morte.
6
Jean Douchet, Le premier artiste d’après la Nouvelle Vague, Cahiers du cinéma, Spécial
Jean Eustache, n° 523, Aprile 1998, pag. 3.
14
Il film, fotografato in bianco e nero in 16mm da Philippe Théaudière,
è rimasto inedito e incompiuto. Fu girato in un solo giorno e l’unica
versione esistente (ritrovata nel 1997 da Boris Eustache) è senza
sonoro, perché la postsincronizzazione inizialmente prevista non ebbe
mai luogo. “La soirèe, liberamente tratto da un racconto omonimo di
Maupassant
7
, è il primo progetto scritto da Eustache. Avrebbe dovuto
essere composto da due scene, ma solo la prima fu girata. Un uomo
invita degli amici, qualche uomo e due donne, perché ascoltino la
lettura di un testo sul cinema di cui lui è autore e che è appena stato
pubblicato. Si pensa che si tratti di Vivre le film, l’articolo pubblicato
da Jean Luis Comolli sui Cahiers, ma non è sicuro, perché da una
parte la sceneggiatura non è precisa a riguardo, e dall’altra il film è
muto. L’ambientazione ha qualche cosa che ricorda la Nouvelle
Vague, evoca la soirée filmata da Rohmer in Le sign du Lion. Poi
l’autore annuncia di doversi preparare per presentarsi a una soirée
alla quale è stato invitato da un regista importante il cui nome è
taciuto. Promette ai suoi amici di rifare la lettura del testo. A quel
punto il film si arresta. Comincia allora la seconda parte, la più
importante, la soirée vera e propria. L’autore si presenta, incontra il
regista, ma questi se ne va improvvisamente lasciandolo solo,
impegnato ad accogliere gli ospiti. Fine.
8
”.
Da questa sommaria ricostruzione di un film incompiuto si possono
trarre comunque considerazioni importanti. Quello che in assoluto
colpisce più di ogni altra cosa è che forse sarebbe stato possibile
cogliere fin da questi primi fotogrammi alcuni dei temi e delle
7
Sarebbe stato, in questo caso, l’unico film di Eustache tratto da un soggetto non originale.
Un altro progetto del genere fu sceneggiato ma non realizzato negli ultimi anni della sua
vita. Si tratta di Toutes ces années d’amour, adattamento del romanzo Les Raouls di Evan
Hanska.
8
Boris Eustache, « Cahiers du cinema », Special Jean Eustache, n° 523, Aprile 1998.
15
peculiarità che in futuro caratterizzeranno l’intera opera di Eustache.
Innanzitutto il suo primo film avrebbe dovuto essere incentrato su un
monologo, la forma di espressione prediletta dai personaggi di
Eustache, basti pensare a quelli di Jean-Pierre Léaud e Françoise
Lebrun in La maman et la putain, quelli di Picq e Lonsdale in Une
sale histoire o quello di Odette Robert, la nonna di Eustache, in
Numéro zéro. Come vedremo, il segreto dei monologhi che
scandiscono i tempi de La maman et la putain, è da ricercarsi in una
frase pronunciata di Jean-Pierre Leaud che recita: “parlare con le
parole degli altri, questa dev’essere la libertà”. In fondo, il testo di
Comolli affidato alla recitazione di Vecchiali è una prima
dichiarazione d’intenti.
La lettura di un testo scritto di fronte a un pubblico convocato per
l’ascolto, è già pienamente debitrice del cinema di uno dei suoi grandi
maestri, Sacha Guitry, grande cineasta popolare che affascinò
Eustache con il suo cinema fortemente legato agli spazi e ai tempi del
teatro, quando il teatro filmato era considerato qualcosa di
profondamente anticinematografico. Tutta l’antimodernità del suo
cinema sembrava già in atto nella concezione de La soirée, e
l’impostazione del film sembra rimandare alla costruzione che,
quattordici anni dopo, sarà alla base di Une sale histoire. Le affinità
con il film del 1977 emergono soprattutto nella divisione dell’opera in
due parti, in una sorta di nuova messa in scena (che in questo caso non
avverrà) della prima parte del film in un nuovo contesto, di fronte ad
ascoltatori nuovi ai quali si propone la recitazione dello stesso testo. In
realtà, Une sale histoire sarà prima di tutto una profonda riflessione
teorica sul cinema, nella quale le due parti costituiranno il passaggio
da una ripresa documentaristica del monologo di Picq (che racconta
un episodio di voyeurismo che dice di aver vissuto in prima persona) a
16
una di pura finzione che vede per protagonista Lonsdale. Qui sembra
non accadere nulla di tutto questo, eppure quello del doppio, della
ripetizione e duplicazione del film (a volte all’interno del film stesso)
ritornerà costantemente, a partire dal documentario sulla festa della
Rosiére de Pessac, girato nel 1968 e rifatto nel 1979. La question du
double (titolo di un articolo di Alain Philippon a proposito di Une sale
histoire apparso sulla rivista Beaux Arts) sembra essere insomma il
cardine attorno al quale ruota “l’anti-opera prima” di un cineasta che
ha fatto della specularità uno dei fondamenti del suo cinema (come
vedremo, anche in La maman et la putain ognuno dei personaggi è in
realtà il doppio, o lo specchio di qualcun altro).
3. Du côté de Robinson (o Les mauvaises fréquentations)
Nello stesso anno (1963) Eustache gira il suo primo film vero e
proprio, del quale in futuro non si dimostrerà particolarmente
orgoglioso e tenderà ad escluderlo dalla propria filmografia. Il titolo
originale era (vedremo perché) Du côté de Robinson, tuttavia è ormai
conosciuto come Les mauvaises fréquentations, che in realtà sarebbe il
titolo con il quale erano stati raggruppati e distribuiti nelle sale nel
1967 (in un unico programma vietato ai minori di diciotto anni) Du
côté de Robinson e Le père Noël a les yeux bleus (1966). La
lavorazione del film non fu certo agevole, a partire dal suo insolito
percorso produttivo. Non sapendo come reperire il denaro necessario
alla lavorazione (pur trattandosi di un film a bassissimo costo),
Eustache affidò il compito a Jeannette Delos, che “prese in prestito”
dei soldi dalla cassa dei Cahiers du cinéma per finanziarlo. Dalla
redazione del giornale sparì in realtà anche il fattorino, ingaggiato da
Eustache per il ruolo di coprotagonista. La fotografia (16mm in bianco
17
e nero), come sarà per la maggior parte dei film a venire fu affidata a
Philippe Théaudiere. Les mauvaises fréquentations è anche l’unico
film nella carriera di Eustache (se si esclude ovviamente La soirée) ad
essere stato girato in muto e poi postsincronizzato, per la semplice
ragione che all’epoca le prime telecamere sonore all’epoca non erano
ancora uscite. A partire da Le père Noël a les yeux bleus, il suono
diretto sarà (grazie al lavoro di un tecnico all’avanguardia come Jean-
Pierre Ruh) uno dei punti di forza del cinema di Eustache, che tendeva
a conferire al suono un’importanza quasi superiore a quella
dell’immagine.
3.1 Losers
Il film (della durata di 42 minuti) è ambientato e girato a Parigi, nel
quartiere di Montamartre, e racconta la domenica di due ragazzi (uno
alto e magro, l’altro più basso e tozzo; qualcuno ha azzardato un
paragone con Laurel & Hardy), giovani (e poveri) nullafacenti che
vagano per la città in cerca di una ragazza da sedurre. Si incontrano in
un bar, giocano a flipper, escono e camminano per le vie di Parigi,
senza una meta precisa. Entrano in un cinema (il celebre Studio 28)
ma ne escono immediatamente. Incontrano una ragazza sola e la
abbordano. Scoprono che aspettava un’amica per andare a ballare, ma
per un contrattempo l’amica non verrà. L’accerchiano come una
preda, passeggiano insieme, scoprono che si è appena separata e che
ha qualche difficoltà economica. La convincono ad andare con loro al
dancing Robinson, ma trovandolo chiuso si dirigono in un locale
vicino. I due giovani non sanno ballare e si trovano in difficoltà nel
sedurre la ragazza, che balla con un cinquantenne lasciandoli soli. Per
vendicarsi le rubano il portafoglio e scappano con uno scooter. Con i
soldi ricavati bevono due scotch, guardano i documenti e le fotografie
18
(del marito e dei suoi bambini) e la mattina dopo decidono di
rispedirle il portafoglio in un pacchetto postale.
Il film risente senza dubbio dell’influenza dei primi cortometraggi
della Nouvelle Vague e nonostante possa forse dirsi il film meno
personale di Eustache è comunque un’ottima opera prima, e
soprattutto le due figure di perdenti che troviamo in Les mauvaises
fréquentations sono in qualche modo da vedersi come dei precursori
(per quanto meno affascinanti e più abietti) dell’Alexandre
interpretato da Jean-Pierre Leaud in La maman et la putain. La
condizione socio-economica è la stessa, e sembra essere lo stesso
anche il malessere che li perseguita, che li spinge lungo le vie affollate
di Parigi senza alcuna ragione valida per farlo e che li affligge quando
sono seduti al tavolo di un bar. Sarebbe una forzatura parlare di
Eustache come di un cineasta politico, eppure ognuno dei suoi film di
“finzione” (dicitura più che mai precaria in questo caso) gravita
intorno alla modesta condizione sociale dei protagonisti (una delle
prime domande che rivolgeranno alla ragazza sarà: “Quelle est votre
région sociale?”), nella quale inevitabilmente il regista rispecchia la
propria. Le origini umili e il difficile rapporto col denaro, saranno
sempre alcuni dei temi centrali della sua opera, esplorati soprattutto in
Mes petites amoureuses, film nel quale il protagonista bambino (figura
completamente autobiografica) mostra di soffrire la propria
condizione socio-economica che lo costringe a lavorare come operaio,
impedendogli di proseguire gli studi. All’interno del gruppo dei
Cahiers e del nuovo cinema francese in generale, Eustache rimarrà
l’unico regista di origine proletaria all’interno di un ambiente piccolo
borghese. L’assenza di una vera cultura scolastica (seppur compensata
da un’ottima istruzione coltivata autonomamente) sarà sempre motivo
di un turbamento che non lo abbandonerà mai, e i suoi personaggi ne