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Negli ultimi anni sono entrati nell’uso comune nella
pubblica amministrazione termini nuovi quali Organizzazione e
disciplina degli uffici, Gestione delle risorse umane, Mobilità
individuale e collettiva, la nuova disciplina delle Mansioni, il concetto
assolutamente nuovo di Formazione, con piani pluriennali concordati
con le organizzazioni sindacali.
In questo costante e continuo mutamento sono cambiati i
rapporti sindacali, soprattutto con la “contrattualizzazione” della
dirigenza che è ora il ”datore di lavoro” e, quindi, controparte nei
rapporti sindacali
In pochissimo tempo (siamo a conoscenza di casi relativi ai
primi anni ottanta) si è passati, nella Pubblica Amministrazione, da
rapporti gerarchici costruiti su modelli di tipo militare a ricorsi per
mobbing; dall’irrogazione di sanzioni disciplinari per abbigliamento
non consono a ricorsi per demansionamento, poiché se le leggi di
riforma avevano come obiettivo il miglioramento della risposta alla
domanda del cittadino, non si poteva dimenticare che il dipendente
pubblico “subiva” il rapporto di lavoro, che si differenziava dal lavoro
privato poiché era informato ad un regime autonomo, regolato in forma
unilaterale dalla legge. Con il d.lgs 29/93 e il d.lgs 165/2001 è stata
attuata la cosiddetta privatizzazione del pubblico impiego,
assoggettandolo quasi integralmente alle disposizioni del codice civile,
dello Statuto dei lavoratori ed alla legislazione speciale.
6
I^ PARTE. L’evoluzione normativa
7
Il rapporto di lavoro pubblico è stato soggetto ad una
disciplina unilaterale, fin dalla costituzione dello Stato unitario,
scandita da atti legislativi e regolamentari escludendo, in tal modo,
qualsiasi fonte contrattuale. I dipendenti pubblici, essendo soggetti ad
assoluta subordinazione gerarchica, erano ripartiti in gruppi ai quali
corrispondevano livelli stipendiali
1
.
La consapevolezza della diffusa inefficienza burocratica
quale principale causa del mancato raggiungimento degli obiettivi e
della mancata soddisfazione dei bisogni per cui gli apparati erano nati,
ha dato inizio al processo di riforma, che si colloca in un contesto di
profonda innovazione dell’intera Pubblica Amministrazione ed è stato
avviato nel corso degli anni ottanta con l’intento di migliorare il settore
pubblico in un’ottica di economicità, efficacia, pubblicità e trasparenza
per offrire un miglior servizio ai cittadini
2
.
Gli anni ottanta, quindi, sono caratterizzati dal dibattito
circa gli interventi necessari a migliorare, modernizzare e riformare
l’Amministrazione al fine di realizzare un funzionamento adeguato
degli apparati pubblici; in particolare, si sono susseguite diverse leggi
che hanno inciso sulla tradizionale concezione del settore della
pubblica amministrazione e del modo di questa di rapportarsi con il
cittadino, da una parte lo Stato, in posizione di supremazia, e dall’altra
il cittadino, mero destinatario dell’attività posta in essere
dall’Amministrazione, senza possibilità alcuna di dialogo, poiché la
Pubblica Amministrazione italiana nasce e si consolida nella seconda
metà dell’ottocento secondo un modello “per ministeri”, con
1
R.D. 11 novembre 1923 n. 2395 (Ordinamento gerarchico) e R.D. 30 ottobre 1023 n.
2960 (Stato giuridico)
2
art. 1, comma 1 legge 7 agosto 1990 n. 241
8
organizzazione gerarchico-piramidale, al cui al vertice siede il Ministro
che risponde al Parlamento.
Si è assistito, a partire dagli anni cinquanta, ad un lungo
processo di espansione delle funzioni dello Stato, che è sovraordinato
ai cittadini e prescinde dal consenso nel rapporto con i privati, ne limita
la sfera giuridica con atti autoritativi, da cui ci si può difendere
ricorrendo alla speciale magistratura amministrativa. In questi anni i
rapporti tra Pubblica Amministrazione e cittadini sono ancora e
soprattutto caratterizzati dalla delimitazione e dalla garanzia delle
rispettive autonomie e sfere giuridiche.
Lo sviluppo dello “Stato sociale” è caratterizzato da un
importante aumento delle funzioni della Pubblica Amministrazione nei
servizi sociali (scuola, sanità, previdenza) come nel settore fiscale,
monetario e nel settore della produzione di beni e servizi.
Rimane però sostanzialmente immutato, nel suo nucleo
fondamentale, il modello organizzativo verticistico, gerarchico e
formalista con le competenze sempre più suddivise tra i vari uffici
pubblici statali o locali dando luogo inevitabilmente a conflitti interni
che alimentano lentezze ed inefficienza nelle già complesse e lunghe
procedure. L’insoddisfazione sempre più diffusa degli utenti,
l’incapacità a gestire le risorse umane fanno precipitare la crisi dello
Stato sociale
3
.
A tale situazione è seguita un’inversione di tendenza
attuata
4
tramite una produzione normativa sviluppata in numerose
leggi, decreti e direttive, ed avente come finalità principale la
3
Del Giudice, Mariani, Izzo- Diritto del lavoro - Il lavoro alle dipendenze delle
pubbliche amministrazioni- XXII edizione – 2005 – Ed. Simone
4
Monica De Feo “Evoluzione normativa in materia di pubblico impiego” in Accademia
marchigiana di logica giuridica
9
semplificazione e la trasparenza dei procedimenti amministrativi ed il
miglioramento dell’efficienza delle pubbliche amministrazioni,
assegnando importanza al rapporto fra gli erogatori di servizi e coloro
che ne usufruiscono, ponendo, in questo modo, l’amministrazione di
fronte ad una prospettiva che non le era consueta.
In questo contesto, viene riservata particolare attenzione
ad una riorganizzazione degli apparati pubblici a livello strutturale,
organizzativo e procedimentale e tra la fine degli anni ottanta e i
primi anni novanta prendono forma proposte riformatrici, che si
concretizzano in norme fondamentali.
I dibattiti e le iniziative parlamentari di quegli anni diedero
l’avvio all’approvazione di due leggi importanti come la 312 del 1980 e
la 93 del 1983
5
.
Ma, come già detto, dagli anni ’50 si vedono i primi tentativi
per riformare il settore del pubblico impiego e con il D.P.R. 10 gennaio
1957 n. 3 (testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli
impiegati civili dello Stato) si compie un primo passo verso la
parificazione tra lavoro privato e pubblico e si sancisce la sostituzione
dei gruppi e dei gradi con le carriere e le qualifiche con conseguente
attenuazione della valenza gerarchica
6
.
Gli impiegati pubblici sono inquadrati in carriera direttiva, di
concetto, esecutiva, ausiliaria; nell’ambito di ogni carriera era elencata
una scala di qualifiche di tipo gerarchico. Alla qualifica iniziale si
5
Monica De Feo – op. citata
6
“La riforma del processo del lavoro nel rapporto di pubblico impiego” Consiglio
Regionale del Piemonte – edizione 2004
10
accedeva mediante concorso mentre a quelle successive si perveniva
per promozione
7
.
La normativa ordinaria speciale rifletteva la particolarità del
rapporto di lavoro pubblico e rimarcava le notevoli differenze rispetto al
rapporto di lavoro privato; infatti stabiliva la costituzione del rapporto di
lavoro pubblico con un atto unilaterale della Pubblica Amministrazione,
il decreto di nomina, la competenza del Giudice Amministrativo per le
controversie relative al rapporto di lavoro, la regolazione di tutte le fasi
del rapporto di lavoro, l’organizzazione degli uffici con atti unilaterali ed
autoritativi della Pubblica Amministrazione; il D.P.R. 30 giugno 1972
n. 748 Disciplina delle funzioni dirigenziali nelle amministrazioni dello
Stato, anche ad ordinamento autonomo riconosceva la specialità della
funzione dirigenziale rispetto a quella direttiva con la creazione di una
carriera a parte, articolata in tre qualifiche - dirigente generale,
dirigente superiore, primo dirigente.
7
Donatella De Benedittis – Il rapporto di lavoro pubblico e i nuovo contratti collettivi
– in Altalex n. 1727 del 6/4/2007
11
LA FASE DI DELEGIFICAZIONE DEGLI ANNI ‘80
12
La legge 11 luglio 1980 n. 312, assieme alla legge 93/83,
caratterizza il periodo per la tendenza a rinviare
8
alla contrattazione
collettiva la definizione di una disciplina protettiva non più rigida, ma
derogando ai precetti normativi imperativi e riconoscendo una funzione
di disciplina alla fonte negoziale collettiva; istituisce le qualifiche
funzionali e sopprime il regime delle carriere; introduce il sistema della
progressione in ordine ascendente in relazione alla qualità della
prestazione ed al grado di responsabilità dell’impiegato.
Ogni qualifica ha un suo livello retributivo aggiornato
periodicamente da scatti e classi di stipendio ed è articolata in diversi
livelli professionali, definiti in base alla tipologia dell’attività lavorativa.
Con tale legge il livello di produttività del pubblico
dipendente è per la prima volta riconosciuto, seppure in via
sostanzialmente tacita, ma il legislatore si è posto l’obiettivo del
recupero della produttività e del miglioramento dei livelli di efficienza
introducendo metodologie di valutazione.
La legge 29 marzo 1983 n. 93 legge quadro sul pubblico
impiego riconosce alla contrattazione collettiva un ruolo di rilievo negli
aspetti del pubblico impiego non soggetti alla riserva di legge ed agli
atti unilaterali della Pubblica Amministrazione.
L’esigenza di una legge quadro era avvertita nell’ambito
delle forze sindacali, politiche e culturali ed il legislatore ha proseguito
8
F. Del Giudice, F.Mariani, F. Izzo – Diritto del lavoro – 2005 – Ed. Simone
13
l’evoluzione già delineata anche responsabilizzando le organizzazioni
sindacali
9
.
Tra i fini essenziali della legge vi sono l’eguale trattamento
dei pubblici dipendenti, il recupero dell’efficienza, l’omogeneizzazione
delle posizioni giuridiche, la trasparenza del trattamento economico, la
disciplina collettiva degli accordi contrattuali, il riordinamento degli
uffici, il codice di autoregolamentazione del diritto di sciopero, la
riorganizzazione dei profili professionali, l’affermazione del principio
della mobilità del personale. In precedenza il settore pubblico aveva
vissuto un’incertezza giuridico-formale, in bilico tra la necessità di un
rapporto tra l’Amministrazione ed i lavoratori considerati ancora
“sudditi” che giuravano fedeltà ed erano sottoposti alla potestà
organizzativa del datore di lavoro-Stato, che non poteva più essere
considerato un organismo unitario ed omogeneo, convivendo in esso
istanze diverse risultanti da un regime democratico; si affermava allora
la necessità di riconoscere una dialettica sindacale nell’organizzazione
del lavoro in un settore primario come quello pubblico.
La nuova interpretazione che era data al ruolo della
Pubblica Amministrazione nell’attuazione di modelli per la
realizzazione di obiettivi previsti dalle leggi, portò a vedere lo Stato
non più come una controparte organica, ma un’articolazione
funzionale (ministeri, direzioni generali, enti locali) con diversi modelli
organizzativi.
9
“…tuttavia non si spinse fino al punto di riconoscere alla contrattazione collettiva la
funzione e diretta regolazione del rapporto di lavoro, dal momento che le decisioni
pattiziamente assunte, per essere efficaci, dovevano essere successivamente trasfuse in
provvedimenti di natura regolamentare”in Riforma del processo del lavoro- Consiglio
Regionale del Piemonte edizione 2004
14
Mutando il quadro di riferimento, la legge 93 poté
distinguere tra organizzazione degli uffici, profili professionali,
responsabilità, condizioni di lavoro, organizzazione del lavoro e
garanzie sindacali
10
.
10
Del Giudice, Mariani, Izzo – Diritto del lavoro XXII edizione – 2005- Ed. Simone: “In
ogni caso la legge quadro del 1983 pone importanti principi che sarebbero poi stati
accolti e implementati dal successivo d .lgs 29/93: quello dell’efficienza del settore
pubblico, il principio della perequazione e della trasparenza del trattamento
economico, il riassetto dei profili professionali.”