4
I testi proposti e didattizzati sono tratti da “Lessico Famigliare” di Natalia Ginzburg, da
“La donna della domenica” di Carlo Fruttero e Domenico Lucentini, da “La suora giovane”
di Giovanni Arpino e da “Torino è casa mia” di Giuseppe Culicchia, romanzi accomunati
da un’analogia tematica, essendo ambientati tutti, seppur in periodi storici differenti, nella
città di Torino.
Nell’elaborazione delle proposte didattiche si è cercato di realizzare attività che
favorissero lo sviluppo delle quattro abilità di comprensione e produzione, orale e scritta.
Non sono stati proposti esercizi di analisi e di interpretazione testuale data la natura
strettamente “linguistica” del corso, ma si è comunque ritenuto opportuno fornire brevi
indicazioni sugli autori e sui testi trattati, per rendere evidente il filo logico, geografico e
tematico, che legava le unità didattiche nel percorso modulare.
5
PARTE PRIMA: L’INQUADRAMENTO TEORICO
6
LA LETTERATURA: COSA
Per usare in modo consapevole i brani letterari nella didattica dell’italiano come lingua
seconda o straniera occorre, in primo luogo, interrogarsi sul significato stesso del termine
letteratura e, in secondo luogo, sugli scopi che desideriamo raggiungere presentandola agli
studenti.
Come afferma Ceserani (1999 : 3), tuttavia, è pressoché impossibile fornire una risposta
univoca alla domanda “che cos’è la letteratura”. Il termine è stato usato, ad esempio,
nell’accezione di “tutto ciò che riguarda la cultura di un popolo, materializzatosi in forma
scritta”. Una concezione, questa, piuttosto ampia, che ritroviamo, con sfumature
leggermente diverse, nelle definizioni di letteratura fornite dal Dizionario De Mauro -
Paravia
1
(“insieme di opere scritte che si propongono fini estetici o hanno comunque, in
ragione della loro concezione e del loro stile, un elevato valore nella storia intellettuale,
spec. con riferimento a una determinata lingua o a un dato periodo storico”), dal
Dizionario Garzanti
2
(“le opere scritte in prosa o in versi che hanno valore o intento
artistico; l'insieme di tali opere scritte in una lingua o proprie di un paese, di un'epoca, di
una cultura, di un genere”) e dal Dizionario Sabatini - Coletti
3
(“in passato, tutto ciò che è
scritto a livello colto; oggi, ciò che è scritto a fini artistici, in prosa o in versi, e che è
oggetto di sistemazione storica e analisi critica”). Da queste definizioni rimangono però
esclusi la cultura orale e il sistema della comunicazione e dei significati non scritti, inclusi
invece nella spiegazione fornita da Wikipedia
4
, per cui la letteratura è “la forma
d'espressione umana che ha come mezzo d'espressione la parola e risultato il
componimento verbale, scritto od orale”.
Lo stesso Ceserani (1999 : 88) afferma : “La letteratura, come indica il termine con cui
la designiamo (da litera: alfabeto), è strettamente collegata con la scrittura e sembra
appartenere, per le sue qualità intrinseche e per il compito che le è stato assegnato dalla
1
Consultabile on-line all’indirizzo http://www.demauroparavia.it/.
2
Consultabile on-line all’indirizzo http://www.garzantilinguistica.it/.
3
Consultabile on-line all’indirizzo http://dizionari.corriere.it/.
4
Consultabile on-line all’indirizzo http://it.wikipedia.org/wiki/Letteratura.
7
storia umana (quello di costituire il patrimonio tradizionale di testi che nelle litterae sono
stati trascritti e attraverso di esse conservati), a una parte sola e precisa dei due campi
contrapposti della comunicazione orale, cioè dell’oralità, e della comunicazione scritta, cioè
della «scrittura». Eppure è abituale nei nostri studi parlare anche di «letteratura orale», per
indicare un patrimonio molto ampio di testi: fiabe, aneddoti, canti, proverbi, filastrocche,
conte, ecc., spesso indicati con un loro proprio nome, folclore, che hanno le stesse
caratteristiche di quelli che noi abitualmente assegniamo all’immaginario letterario
(emotività, proiezioni fantastica, ironia, attenzione agli aspetti formali del codice, ecc.),
(che) sono stati prodotti nelle società umane fin dai tempi più arcaici e (che) sono stati
trasmessi oralmente sia prima che esistesse la scrittura sia, con canali propri e alternativi,
contemporaneamente alla scrittura”.
Quello riguardante la letteratura scritta ed orale non è, in realtà, né l’unico né il
principale dibattito relativo al significato e ai confini della letteratura. Esso si ricollega,
anzi, alle due grandi tendenze che troviamo evidenziate sempre in Ceserani (1999 : 7): da
un lato, quella di chi – gran parte della tradizione di orientamento formalistico e
strutturalistico, ad esempio – difende l’autonomia della letteratura e la sua specificità
rispetto a ogni altra forma umana di comunicazione, dall’altro, quella di chi – Walter
Benjamin e Theodor W. Adorno, ad esempio – tende, invece, “(…) a relativizzare ogni idea
di letteratura e a collegarla con atteggiamenti culturali, concezioni e differenziazioni fra le
varie forme di comunicazione che possono variare nel tempo e nei diversi ambienti
culturali” (Ibidem). Data la natura del presente lavoro, non affronteremo nei dettagli la
questione qui accennata; assumeremo, invece, come punto di partenza l’idea che, perché vi
sia letteratura, sia necessaria tanto la presenza di un testo letterario (sia esso scritto od
orale), quanto quella di un lettore che, perseguendo strategie di lettura, gli dia un
significato.
Prima di esplorare più nel dettaglio la questione della letterarietà dei testi, è bene
accennare brevemente ai criteri con i quali possiamo stabilire che un certo insieme di parole
costituisce effettivamente un testo. La linguistica moderna, infatti, definisce testo ogni
messaggio linguistico unitario e completo, vale a dire ogni insieme di parole di forma
unitaria e di senso compiuto, usato da un emittente per comunicare qualcosa ad un
8
ricevente. Ciò significa, pertanto, che i testi, per essere tali, devono avere coesione e
coerenza a livello contenutistico e stilistico, e devono essere caratterizzati da un argomento
centrale organicamente sviluppato
5
.
Detto questo, un testo può essere definito letterario quando presenta un uso particolare
della lingua quotidiana e quando si nutre in maniera creativa di qualsiasi stile o registro.
Nei testi non letterari, difatti, l’autore si propone dei fini pratici, ad esempio informare,
interpretare, spiegare, comunicare, ecc. Nei testi letterari, invece, l’autore non ha scopi
pratici evidenti ed è occupato a valorizzare il contenuto manipolando la forma, ossia a
mettere in primo piano quella che Jakobson ha definito come funzione poetica
6
. Questo si
traduce in una serie di “deviazioni volontarie e consapevoli rispetto alla lingua della
quotidianità” (Balboni 2002 : 142), dalle quali deriva non soltanto la specificità, ma anche
la stessa “utilità” dei testi letterari, come spiegato in Lavinio (1990 : 47): “(…) i testi
letterari sono utili proprio per il loro non essere “normali”, per il loro rifuggire o scartare
spesso dallo standard linguistico e/o dalle norme della codificazione letteraria relative al
genere cui appartengono ed operanti al momento del loro inserirsi nel sistema letterario
(…)”.
Le “deviazioni” possono essere di vario genere. Le più evidenti sono quelle fonologiche,
quali la rima, il ritmo o le allitterazioni, e quelle lessicali, quali le figure retoriche, e quindi
la metafora, la metonimia o la sineddoche. Vi sono, poi, deviazioni morfosintattiche,
sociolinguistiche, pragmatiche, testuali e di ordine grafico
7
.
La specificità dei testi letterari può poi essere colta in modo più dettagliato passando
dalla nozione più generale di testo a quella di tipi testuali. Una delle tipologie più diffuse è
5
Si veda Roncoroni (1989 : 3).
6
“(…) La messa a punto rispetto al messaggio in quanto tale, cioè l’accento posto sul messaggio per se
stesso, costituisce la funzione poetica del linguaggio (…). Questa funzione non può essere studiata con
profitto se perdiamo di vista i problemi generali del linguaggio, e, d’altra parte, un’analisi minuziosa del
linguaggio stesso esige che si prenda seriamente in considerazione la sua funzione poetica. (…) La funzione
poetica non è la sola funzione dell’arte del linguaggio, ne è soltanto la funzione dominante, determinante,
mentre in tutte le altre attività linguistiche rappresenta un aspetto sussidiario, accessorio (…)”, Jakobson
(1963, trad. 1986).
Sulla predominanza della funzione poetica nei testi letterari si veda anche Lavinio (1990: 40): “(…)
nell’ambito delle produzioni scritte, tra tutti i possibili testi scritti, i testi letterari occupano una posizione
specifica, determinata dal fatto che è in essi dominante la funzione poetica, cioè quella del messaggio
orientato verso se stesso in modo autoriflessivo (…)”.
7
Per un approfondimento si veda Balboni (2002 : 142).
9
quella basata sulle funzioni dominanti nei diversi testi, vale a dire sui diversi modi in cui
l’autore, o emittente, ha usato la lingua per conseguire lo scopo o gli scopi che si era
prefisso nella formulazione del testo. Diventa possibile, allora, distinguere tra tipi
descrittivi, dove l’autore descrive e rappresenta la realtà, narrativi, dove l’autore si
concentra sulla descrizione di fatti, espositivi, dove l’autore riferisce ed analizza dati e
informazioni, argomentativi, dove l’autore tratta e discute un problema argomentando la
propria posizione in merito, regolativi, dove l’autore propone indicazioni, istruzioni o
ordini, espressivi, dove l’autore esprime le proprie sensazioni e i propri sentimenti, e
immaginativi
8
, dove l’autore vuole suscitare emozioni e creare immagini evocative.
Per i testi letterari si può poi optare per un’ulteriore classificazione relativa al genere di
appartenenza, vale a dire secondo criteri fondati sulle affinità di contenuto e, di
conseguenza, sulle affinità nelle scelte stilistico-espressive. Si distingue, allora, tra testi
narrativi, testi teatrali o drammatici, e testi poetici. All’interno dei testi narrativi in versi si
collocano diversi generi, vale a dire il poema epico, il poema epico-cavalleresco, il poema
eroicomico e la novella in versi. Tra i testi narrativi in prosa troviamo, invece, i generi della
fiaba, della favola, della leggenda, del bozzetto, della novella o racconto e del romanzo,
quest’ultimo a sua volta classificabile in romanzo d’avventura, storico, d’ambiente, sociale,
borghese, filosofico, d’appendice, psicologico, autobiografico, fantastico ed epistolare. I
testi teatrali o drammatici si suddividono in tragedia, commedia, dramma borghese, teatro
politico e teatro dell’assurdo, mentre i testi poetici si classificano come poesia epico-
narrativa, didascalica, satirica, religiosa, civile, patriottica, storica e lirica
9
.
Esiste, infine, un’ulteriore questione aperta sul cosiddetto concetto di “canone
letterario”, ossia sull’insieme di opere letterarie “meritevoli”, in base a criteri di
“pregnanza”, di essere insegnate e studiate. Ancora una volta, questo lavoro non si pone di
entrare nel merito della questione, ma le scelte operate nell’elaborazione delle proposte
didattiche riflettono una concezione di canone meno tradizionale, aperta ad opere e ad
8
Adottiamo qui, tra le varie possibili, la classificazione presente in Mezzadri (2003: 143).
9
Per questa classificazione si veda Roncoroni (1989 : 16).
10
autori meno convenzionali (si pensi, ad esempio, al testo di Culicchia), in grado di riflettere
maggiormente gli interessi, le curiosità e la vita degli apprendenti
10
.
10
Come si legge in Caon (2007 : 9), l ’insegnante che si ispira ai principi dell’approccio umanistico-affettivo
deve necessariamente conciliare lo studio della letteratura con la cultura giovanile, e quindi non soltanto
muovere dagli interessi degli studenti, ma anche introdurre nell’insegnamento della letteratura forme estetiche
a loro più “vicine” in termini affettivi. Scrive Colombo (1996 : 7-8): “(…) canzoni e musica rock, letteratura
di consumo e serial televisivi soddisfano i bisogni di immaginario, sollecitano una fruizione estetica omologa
alle funzioni affidate da sempre alla letteratura, né sono privi di una propria elaborazione formale; e spesso si
rifanno, nei temi e nelle forme, a modelli di ascendenza letteraria “alta”, per quanto degradati. Il problema è
se la scuola debba arroccarsi nella difesa dei propri valori tradizionali, o porsi l’obiettivo di “non far vivere lo
studio della letteratura (come cosa del passato e cosa d’altri) e la cultura giovanile (come cosa del presente e
degli studenti) in mondi separati, dei quali l’uno appartiene alla scuola e l’altro alla realtà”.
Del resto, sia il manuale Storia e testi di letteratura italiana per stranieri, di Paolo E. Balboni e Mario
Cardona (2002), sia il quaderno Introduzione allo studio della letteratura italiana di Balboni (2005), entrambi
per le Edizioni Guerra di Perugia, danno spazio al loro interno alla canzone d’autore, al cinema e al fumetto
d’autore.