Il contributo più originale della mia ricerca è stato, a mio parere, quello di
tracciare all’interno del mondo padano una distinzione di genere, al fine di
individuare quale ruolo potesse essere assegnato alla donna: l’immagine più
fedele alla rappresentazione di questo modello mi è sembrata quella della
fattrice. Il capo, il guerriero, lo scudiero padano hanno, infatti, bisogno di avere al
loro fianco una sposa completamente dedita al marito, alla casa e alla
procreazione dei figli: solo così essi potranno affrontare le loro battaglie e solo
così la «razza padana» potrà rinnovarsi.
Un approfondimento sulle donne che rivestono incarichi all’interno del partito
ha, però, dimostrato come esse incarnino un modello di femminilità ben diverso
da quello dell’“angelo del focolare”, in quanto sembrano realizzarsi più
nell’ambito pubblico che nel privato. Si può dire, allora, che all’interno stesso
dell’universo femminile esistono sia guerriere che scudiere: se le prime possono
intraprendere carriere di prestigio, alle seconde è richiesto di conformarsi all’idea
tradizionale della donna-fattrice (tra l’altro molto vicina a quella cattolica).
Eppure, nonostante la gerarchia rilevata anche in ambito femminile, il mondo
di Padania appare principalmente caratterizzato da una distinzione di ruoli
legata al genere: nel discorso leghista all’uomo spettano il lavoro, la politica, la
carriera, alla donna il matrimonio, la maternità, la cura della casa. In tal senso,
anche riguardo alle donne di punta del partito si è notato come la Padania
ridimensioni l’importanza che per loro riveste la vita professionale, mettendo
spesso in rilievo gli aspetti della loro vita privata (se sono sposate e hanno dei
figli): in questo modo si cerca di ricollocarle all’interno di un modello più
rassicurante, diffuso tra la massa (l’angelo del focolare).
Questa strategia giornalistica risulta coerente con i tanti tentativi messi in atto
dalla Lega per dare alla base un’immagine coesa di un mondo che, invece, è
spesso attraversato da incoerenze e contraddizioni. A tale proposito abbiamo
visto come, dalla lettura della Padania, strumento pedagogico nei confronti del
pubblico dei militanti, emergano sia le svolte subite dal pensiero leghista riguardo
a determinati temi (soprattutto quelli legati alla femminilità), sia le incongruenze
esistenti tra i modelli di comportamento proposti dal discorso politico e quelli
messi in pratica dai vertici del partito.
Nell’arco di tempo a cui si riferisce l’analisi del giornale (gennaio 1997 –
ottobre 2003), abbiamo notato che la posizione editoriale è diventata sempre
più moralista rispetto a costumi e valori. Ad esempio, se nel 1997 la Padania
definisce il divorzio un «diritto naturale», negli anni seguenti ne parla come di una
“scelta suicida” da parte della donna. Confrontando, poi, la “teoria” con la
“pratica”, si è rilevato come la separazione tra coniugi sia un fenomeno
abbastanza diffuso tra gli uomini e le donne di spicco della Lega.
Queste svolte nel pensiero leghista, che vanno nella direzione di modelli
femminili sempre più tradizionali, possono essere correlate alle diverse fasi
politiche attraversate dal partito nell’arco di tempo analizzato. Innanzitutto, si è
notato, nello stesso periodo 1997-2003, un graduale avvicinamento della Lega
alla Chiesa cattolica: se nei primi anni di pubblicazione il quotidiano accusa il
Vaticano e i preti in genere di dedicarsi troppo alla politica, in seguito i toni si
fanno più pacati e sulle pagine della Padania la Lega diventa paladina del
Cristianesimo contro la presunta e continuamente annunciata «invasione
islamica».
La propagandata coincidenza di valori tra Lega e Chiesa, per esempio
riguardo all’importanza data alla famiglia e alla maternità, appare certamente
una scelta strumentale, prima di tutto perché, come notato da molti studiosi,
l’elettorato del partito spesso proviene dall’ex Democrazia Cristiana, in secondo
luogo perché questo avvicinamento permette alla Lega di legittimare il suo
razzismo nei confronti dei migranti clandestini presentandolo come strenua difesa
della religione cristiana. In questa operazione, come è stato più volte
sottolineato, il partito di Bossi considera del Cristianesimo unicamente gli aspetti di
intolleranza, incarnati da alcuni esponenti di spicco del mondo cattolico italiano,
ignorandone completamente il messaggio universalistico.
La lettura della Padania permette anche di seguire l’andamento dei rapporti
tra Bossi e Berlusconi: mentre nei primi anni il leader di Forza Italia è descritto
come un nemico, dal 2000 in poi i toni nei suoi confronti diventano più moderati,
fino a lodarne, durante la seconda alleanza di governo, l’operato. Si può
ipotizzare, quindi, che il discorso leghista sui valori e sul ruolo della donna diventi
sempre più conservatore anche perché nello stesso tempo la Lega si avvicina
alla maggioranza di governo e a politiche più moderate (e la proposta politica si
trasforma: dalla secessione alla devolution). Contemporaneamente, da giornale
che si autodefinisce «rivoluzionario e anticonformista», la Padania diventa una
sorta di baluardo contro i continui attacchi alla morale provenienti dai plurimi e
presunti nemici della Lega.
Le conclusioni a cui sono approdata in questa ricerca non possono
certamente essere ritenute definitive. La creazione dell’identità padana, è, infatti,
da considerarsi in continua evoluzione e, come si è visto, soggetta a
cambiamenti strumentali da parte della Lega in base alle sue scelte
programmatiche. Questa analisi però può essere un punto di partenza per
l’approfondimento di alcuni aspetti: innanzitutto, essa andrebbe certamente
completata da uno studio dell’effetto della propaganda leghista sui militanti, per
capire se essi si sentano realmente parte della “comunità padana” così come
essa è costruita dal partito (ovvero: vorremmo capire se e in quale misura la
comunicazione del partito nei confronti della base è efficace). D’altra parte,
sarebbe interessante conoscere quanto il modello “angelo del focolare” sia
effettivamente condiviso dalla componente femminile dell’elettorato leghista ed
effettuare un’analisi comparativa tra l’ideale femminile proposto dalla Lega e
quello degli altri partiti italiani, sia di destra che di sinistra (o di altri partiti
secessionisti europei). Infine, lo studio del quotidiano di partito se da un lato
suggerisce approfondimenti comparativi, dall’altro è il punto di partenza per
un’analisi della comunicazione realizzata attraverso gli altri media utilizzati dalla
Lega (radio, tv, internet).
Una religione politica padana?
Quando un’entità politica viene trasformata in un’entità sacra, cioè «viene
resa trascendente, indiscutibile, intangibile», collocata al centro di un sistema «di
credenze, di miti, di valori, di comandamenti, di riti e di simboli, diventando così
oggetto di fede, di riverenza, di culto, di fedeltà, di dedizione, fino al sacrificio
della vita, se necessario»
1
, ci si trova di fronte a una religione politica.
La Lega, creando il mito collettivo della nazione padana, richiedendo una
fede incorruttibile nella causa del partito e pretendendo una sorta di culto per il
suo capo, salvatore delle «genti padane», opera una sacralizzazione della sfera
politica.
Il prato di Pontida, gli eroi nazionali padani, le feste e le cerimonie collettive
della Lega sono tutti simboli del nuovo credo e servono a perpetuare nel tempo
l’identità della Padania. Come nelle religioni tradizionali, inoltre, tra i compiti dei
credenti-militanti leghisti c’è quello della conversione di nuovi proseliti alla
confessione padana:
Ora non basta più, non bastiamo più. Siamo parecchi, tantissimi, ma per costruire la Padania, per
liberarci dall’odiato sistema, servono ancora nuove persone. Per convincerle, per traghettarle verso la
strada giusta e spingerle all’abbandono di questa Italia nella quale anche noi abbiamo sperato
dovremo usare ogni risorsa.
Evangelizzare dice il grande Umberto
2
.
La forma leghista di sacralizzazione della politica non assume nei confronti
della religione cattolica un atteggiamento ostile. Al contrario, il partito di Bossi si
autorappresenta come unico portavoce politico dei valori cristiani e incorpora
nella propria liturgia i riti della Chiesa cattolica. Oltre a celebrare i riti tipici della
nuova religione, il culto leghista incorpora cerimonie, miti e tradizioni della Chiesa
cattolica. Si attua quindi un vero e proprio sincretismo tra dimensione politica e
religione tradizionale, come risulta evidente durante le manifestazioni di Pontida,
celebrazioni di una fede politica durante le quali vengono recitate anche messe
cattoliche
3
.
Ma il rapporto tra Lega e Chiesa è molto complesso. Nonostante il partito
dichiari la sua vicinanza nei confronti del cattolicesimo, in particolare riguardo al
tema della difesa della famiglia tradizionale e della maternità, il suo pensiero
razzista diverge sostanzialmente dal messaggio universalistico cristiano
4
. Sul tema
dell’immigrazione, infatti, Lega e Vaticano si attaccano vicendevolmente. Il
partito di Bossi, ad esempio, accusa di frequente le associazioni di volontariato
cattoliche di lucrare sull’accoglienza agli extracomunitari: «Non sempre il servizio
della comunità cristiana sugli immigrati è così generoso e disinteressato. La verità
è che dietro il cosiddetto volontariato c’è un giro di soldi»
5
. Nel settembre 2003 il
1
Emilio Gentile, Le religioni della politica. Fra democrazie e totalitarismi, Bari, Laterza, 2001, p. XII.
2
Camisa Verda, Uniti per la battaglia sul grande prato prima che ai Romani riesca il golpe, Pad, 24/6/97, p. 3.
3
Sul rapporto tra religioni della politica e religioni tradizionali cfr. Emilio Gentile, Le religioni della politica, cit., pp.
210-211.
4
Vi sono, comunque, anche nella Chiesa esponenti filoleghisti, come don Gianni Baget Bozzo, cfr. La Lega Nord
chiama Baget Bozzo per rilanciare la messa in latino, “Gazzetta di Mantova”, 15/5/03, pubblicato su www.unavoce-
ve.it/gm.15-5-03.htm. Anche Giacomo Biffi, vescovo di Bologna, si è mostrato fortemente intollerante nei confronti
dell’immigrazione dai Paesi islamici, cfr. Giulio Ferrari, «Hanno guastato la famiglia», Pad, 17/3/02, p. 2.
5
Dichiarazione del leghista Francesco Speroni, riportata in Bisogna addolcire il card. Ruini… , Pad, 23/9/03, pp. 1 e
17.
cardinale Camillo Ruini, presidente dei vescovi italiani, si rivolge al Governo
dichiarando di considerare inaccettabili gli attacchi di Bossi e colleghi nei
confronti della Chiesa. Sul tema dell’immigrazione, Ruini si dice fortemente
insoddisfatto del modo in cui il problema «viene affrontato in dichiarazioni
intermittenti di esponenti di una forza politica che partecipa alle responsabilità di
governo, attaccando e dileggiando il servizio generoso e disinteressato che la
comunità cristiana svolge»
6
.
La replica della Lega non lascia possibilità di dialogo. Per Roberto Calderoli:
«Il cardinal Ruini fa il tuttologo della politica. forse sarebbe meglio che ciascuno si preoccupasse di
fare, possibilmente bene, il suo mestiere. Il cardinale pensi piuttosto ai rischi che la nostra religione sta
correndo per la dissennata politica immigratoria portata avanti dal cattocomunismo»
7
.
Umberto Bossi, invece, ironizza: «Per addolcirlo, invierò al cardinale una
cassetta di prodotti locali padani. Così, lui che è Padano, vedrà che è tempo di
difendere le cose locali e le tradizioni locali»
8
.
Il capo dei Padani
Nelle religioni politiche un ruolo fondamentale è giocato dal culto della
personalità. Il “capo carismatico”
9
, figura politica e mitica allo stesso tempo,
suscita intorno a sé sentimenti di entusiasmo, passione, fede e dedizione, cioè
atteggiamenti tipici dei fenomeni religiosi
10
.
All’interno della Lega Nord il ruolo di leader carismatico è interpretato
indiscutibilmente da Umberto Bossi. La sua figura è oggetto di una vera e propria
venerazione da parte dei militanti, come risulta evidente da questi auguri di
compleanno inviati al senatore e pubblicati sulla Padania:
Il trono è Tuo e il collante sei Tu!,
I padani ringraziano Dio di averci dato quest’uomo davvero unico,
Grazie di esistere!,
Umberto Bossi è come l’oro
11
,
La sezione di Cameri (No) augura uno splendido compleanno (in famiglia) al suo... profetico
segretario federale,
Un grazie di esistere e tanti auguri di buon compleanno, alla persona che ha saputo dare un senso
alla vita politica, e non, di tante persone,
Al nostro grande ed immenso segretario federale Umberto Bossi ed alla sua famiglia,
Senza di te dove ora c’è l’acqua ci sarebbe il deserto,
Dio creò Bossi, lo mandò in Padania per svegliare il popolo padano,
Iddio ti benedica e continui a vegliare su di te e ti conceda lunga vita,
Al più grande assertore di libertà dei nostri tempi,
Grazie di esistere e grazie ai tuoi genitori,
Bossi tienilo sempre duro e buon compleanno
12
.
A Bossi sono attribuite non solo straordinarie capacità politiche, ma anche
caratteristiche divine: il senatore è una sorta di messia, mandato sulla terra per
liberare dall’oppressione il popolo padano e per riportarlo sulla strada giusta
13
.
6
Marco Politi, Roma capitale e legge tv. Ruini bacchetta il Governo, “la Repubblica”, 23/9/03, p. 11.
7
Bisogna addolcire il card. Ruini… , cit., pp. 1 e 17.
8
Ibidem.
9
«Il “potere carismatico” si basa sulla percezione, da parte di un “seguito” di fedeli, del senso della missione e delle
doti di eroismo e di grandezza in possesso di un leader riconosciuto», Ian Kershaw, Hitler e l’enigma del consenso,
Bari, Laterza, 1998, p. 15 (titolo originale: Hitler, London, Longman Group U.K. Limited, 1991).
10
Cfr. Emilio Gentile, Le religioni della politica, cit., p. 214.
11
Pad, 19/9/01, p. 23.
12
Pad, 20/9/02, p. 22.
13
«Il potere carismatico sfoggiato da Bossi si presenta con tali e massicce dosi di “autoritarismo” al punto che i
proclami lanciati vengono tutti accettati e seguiti, acriticamente senza discussione alcuna, dai leghisti “malati di
Inoltre, una delle immagini più ricorrenti nelle descrizioni leghiste è la metafora
militare di Bossi eroico condottiero dell’esercito padano
14
:
Auguriamo al grande e infaticabile condottiero Umberto Bossi la realizzazione del grande sogno:
l’indipendenza della Padania,
Al nostro capo,
Il suo nome è simbolo di libertà
15
,
Auguri Umberto, eroico condottiero, orgoglio della Padania,
Gli auguri più sinceri perché non si abbia a demoralizzare mai e trovi la forza di combattere come ha
sempre fatto,
A Umberto, nostro condottiero indomito,
Auguro all’impavido Bossi un buon compleanno e che continui sempre per la sua strada vincendo
sempre con i grandi ideali,
Auguri di buon compleanno Umberto grande capo insostituibile,
Auguri ad Umberto Bossi, mio impareggiabile amico e condottiero,
Al nostro grande e coraggioso capo,
Sappi che siamo al tuo fianco fino alla vittoria finale, che sentiamo vicina,
Al grande condottiero padano,
Dagli alpini padani un saluto dai monti sempre pronti a scendere come valanghe a valle spazzando
via tutti coloro che sentimento padan in cuor non hanno,
Che la battaglia per la libertà dei popoli e per il rispetto delle differenti identità e culture ti renda
sempre più forte
16
.
Nell’immaginario leghista Bossi è una sorta di Robin Hood
17
della Padania e la
storia della sua vita è segnata dalla “conversione” alla teoria autonomista.
L’incontro nel 1979 con Bruno Salvadori, leader dell’Union Valdotaine, cambia il
destino dello studente fuori corso Umberto Bossi, dando così inizio alla sua carriera
politica. Lasciata la facoltà di medicina e la prima moglie, Bossi dedica da quel
momento la sua vita a divulgare la parola leghista.
Le biografie ufficiali di Bossi non risparmiano particolari della sua vita privata.
L’incontro con la seconda moglie, Manuela Marrone, assume i caratteri di un
evento voluto dal destino:
«La conobbi una sera, durante un incontro aperto riservato agli insegnanti, in cui si spaziava dalla
glottologia alla filologia, alla derivazione dei termini dialettali principali. Mentre mi inoltravo in queste
cose, mi accorsi che una delle insegnanti mi stava guardando con aria estasiata: non c’era da
dubitare che si stesse trattando di una specie di colpo di fulmine. Manuela arrivava giusto in tempo
per trasformare la sua casa nella vera sede del ciclostilato»
18
.
Il cammino politico di Bossi appare, del resto, costellato da incontri con
personaggi “mitici”:
A Erba, in provincia di Como, conobbi il primo brianzolo spiritualmente vicino a noi: Enrico Rivolta […].
Grande era l’amore che sentiva per la sua Brianza, appestata dagli inviati al soggiorno obbligato,
che proprio a poca distanza da Erba avevano rapito Cristina Mazzotti, la ragazza che seppellirono
viva in una discarica. Il nonno di Cristina era stato un grande poeta dialettale brianzolo.
[…] Fu nostro consigliere comunale fino all’improvvisa morte, favorita dal desiderio di ritornare al più
presto a lavorare al giornale della Lega. Aveva subito un intervento chirurgico e insisteva a farsi
scoagulare al più presto, per essere libero di tornare al lavoro. Morì nel sonno, il mio amico Rivolta,
senza soffrire, lasciandomi in eredità una poesia intitolata “Libertà”
19
.
Fuhrerprinzip”. L’autoritarismo di Bossi nasce direttamente dalle funzioni di radicale cambiamento che egli ritiene di
dover svolgere (solo e soltanto lui) in questa fase di grave crisi attraversata dall’intera società italiana, ma anche dal
sentirsi una figura veramente provvidenziale e salvifica», Luciano Costantini, Dentro la Lega, cit., pp. 129-130.
14
«Si realizza […] nella militanza leghista una mistura fra atteggiamenti post-politici e il recupero di uno dei sensi
primordiali della politica. Da ciò la tendenza all’autorappresentazione di sé come “guerrieri”, l’uso di simbologie
belliche, di metafore violente e l’abuso di intemperanze verbali (che hanno ben altro significato dalla caduta dei
principi della buona educazione…)», Roberto Biorcio, La Padania promessa, cit., p. 228.
15
Pad, 19/9/01, p. 23.
16
Pad, 20/9/02, p. 22.
17
Il paragone con Robin Hood è ripreso da Luciano Costantini, Dentro la Lega, cit., p. 33.
18
Umberto Bossi, «Manuela mi guardò come se fosse estasiata», Pad, 14/8/99, p. 3. Per «ciclostilato» si intende qui il
giornale allora edito dalla Lega Lombarda.
19
Id., La scelta del Guerriero, Pad, 15-16/8/99, p. 3.
Bossi sottolinea spesso i sacrifici fatti nei primi anni di vita della Lega
Lombarda, quando i leghisti erano visti con sospetto:
La Lega mi era costata tanto, in tutti i sensi. Invece di diventare un buon chirurgo ero diventato un
buon attacchino: avevo distrutto tre o quattro automobili per i chilometri fatti su e giù per le strade
della Lombardia occidentale, a volantinare, a spezzare la rassegnazione della mia gente. Avevo
superato ogni imbarazzo nell’arringare le persone nella piazza di un villaggio o nella strada di una
città. Avevo imparato a scontrarmi, anche fisicamente, con gli avversari politici, che cominciavano a
temere la Lega: ci aggredivano mentre affiggevamo un manifesto o distribuivamo un volantino. Solo,
o in pochi, contro tanti: si impara a valutare velocemente e a essere determinati.
Avevo imparato, per finanziare il movimento, a organizzare feste per la libertà. Una sera, ad una di
queste feste, venne mia madre e si mise a piangere vedendomi fra l’aiuto cuoco (mentre friggevo le
trote) e il servizio ai tavoli. Mi disse tra le lacrime silenziose: «Come ti sei ridotto, da medico a cuoco!».
Mi turbò. Ma non c’era altra possibilità, se si voleva che un giorno la Lombardia e il Nord fossero liberi
dalla tirannia romana
20
.
Agli occhi dei militanti, Bossi appare come un uomo che ha rinunciato alle
comodità di una vita da medico per dedicarsi alla causa della Lega, in cui allora
nessuno credeva. Le sue scelte non sono mai state guidate dal desiderio di
potere, ma dalla consapevolezza della propria missione.
L’esaltazione dell’impegno sul campo di Bossi, simbolo del self-made man
padano, è certamente correlata all’importanza data al lavoro manuale dei
militanti leghisti. A un buon leghista e a un buon padano, come già sottolineato,
non sono infatti richieste particolari doti intellettuali o titoli di studio, ma impegno
pratico per la causa. È Bossi il primo ad aver dimostrato, infatti, che la politica non
deve essere fatta dalle élite, ma da gente semplice e onesta, «estranea ai
disvalori tipici del mondo politico»
21
. Egli stesso incarna agli occhi dei fedelissimi i
valori popolari ed autentici che lo contrappongono al sistema dominante. Il
leader leghista non si distacca mai troppo da uno stile popolare e si
autorappresenta come autentico portavoce del volere del popolo:
«Io sono un leader e un leader deve, in genere, moderare […]. Però un leader non deve neppure
tradire il popolo, quindi deve essere capace di far entrare un po’ di voce del popolo dalle finestre del
Palazzo. Ecco perché ogni tanto la voce deve essere alzata. Del resto, e per fortuna, io non ho mai
voluto né voglio far carriera. Ho deciso di fare il ministro non come fine ma come mezzo: per fare le
riforme, per cambiare le cose. E allora ogni tanto mi dimentico, volutamente, che un leader deve
essere moderato e la voce la alzo, eccome, per conto del popolo, per fare arrivare la sua voce dove
deve arrivare»
22
.
D’altra parte, tutte le caratteristiche attribuite alla mitica figura del leader
sono quelle con cui è descritto solitamente il popolo padano, ma esaltate al
massimo grado. La schiettezza, l’impegno, il coraggio, la coerenza, l’onestà, la
virilità, l’eroismo, la scelta di una vita scomoda, la rudezza, la semplicità sono gli
attributi morali più apprezzati in Padania. Bossi incarna quindi il modello ideale di
uomo padano. I militanti lo percepiscono come profondamente simile a loro, ma
anche profondamente migliore; un ideale verso il quale tendere, ma comunque
irraggiungibile
23
.
20
Id., E alle feste friggevo le trote, Pad, 15-16/8/99, p. 3.
21
Roberto Biorcio, La Padania promessa, cit., p. 241.
22
«Fermarli o morire» dice l’on. Bossi, Pad, 18/6/03, pp. 1 e 3.
23
«Bossi può comunicare così agevolmente con la base, perché ne è l’immagine. Il leader è seguito perché simile
alla base che rappresenta, anche se è da questa considerato migliore e ne rappresenta il “noi” ideale. La
percezione di una forte somiglianza tra il leader del movimento e il suo popolo assume poi grande importanza per
Il concorso di Miss Padania
Dal 1997, la Lega organizza ogni anno, in collaborazione con Eridania Records,
il concorso di Miss Padania, aperto alle ragazze tra i 14 e i 35 anni residenti da
almeno cinque anni in Padania
24
. Le prime selezioni sono provinciali, «quindi
nazionali e poi federali»
25
.
Come in ogni concorso di bellezza, anche in questa manifestazione viene
premiata la partecipante giudicata migliore dal punto di vista fisico. Ma Miss
Padania non sceglie genericamente “la più bella”, bensì la ragazza che esprima
meglio delle altre un tipo di bellezza “padano”. La manifestazione è perciò
rilevante dal punto di vista simbolico, perché diventa un importante momento di
definizione della femminilità padana. L’idea base del concorso è, infatti,
l’esistenza di caratteristiche fisiche e morali tipiche della donna padana. Come
spiega Roberto Faustinelli, ideatore di Miss Padania ’98,
«Vogliamo una miss “vera”, genuina, che coniughi insieme alle fondamentali doti estetiche anche le
doti morali e rappresenti l’attaccamento ai propri valori e ai legami delle genti padane.
[…] Miss Padania è una ragazza elegante che rispetta i canoni della bellezza classica padana e i forti
legami con la continuità e la tradizione»
26
.
Durante la finale del 1998 interviene, addirittura un «antropologo» che
sentenzia sulle presunte particolarità fisiche della donna padana, individuandole
poi in una sorta di “medietà”: «naso lungo e dritto», «gambe lunghe, ma non
troppo», «fianchi giusti», «seno non esagerato».
«Insomma, il canone mediterraneo, tanto per intenderci, alla Cucinotta, va a farsi friggere, con buona
pace delle vecchie miss stile Sofia Loren, e quello ultranordico, come per la Schiffer, non quadra con
l’immagine. La donna padana è un cocktail di bellezza e desiderio, casa e lavoro, efficienza e
trasgressione, indipendenza e culto della famiglia»
27
.
Il fatto che dell’antropologo in questione la stampa non dia nessuna notizia
riguardo ai suoi studi (non viene dette neanche il suo nome) porta a presupporre
che egli non sia un vero esperto in materia. D’altra parte, la presenza al concorso
di una presunta autorità della scienza è funzionale alla Lega per offrire una base
scientifica alle sue teorie etniche.
Miss Padania, infatti, basandosi sulla ricerca delle caratteristiche proprie della
femminilità padana, diventa un’importante occasione per ribadire l’esistenza di
una cultura e di una razza padana in genere. Per questo motivo, è da più parti
accusato di essere una «manifestazione razzista». La Lega non accetta queste
critiche, sostenendo che le evidenti differenze tra i padani e le altre etnie sono un
fatto oggettivo:
Miss Padania deve essere l’espressione delle nostre genti. È razzismo dire che una ragazza milanese è
differente somaticamente da una cinese, o da una turca, o da una bantù? Ogni popolo ha
l’identificazione dei militanti e conferisce a Bossi l’autorità di interprete unico dei valori e delle esigenze popolari»,
Roberto Biorcio, La Padania promessa, cit., pp. 241-242.
24
La residenza di cinque anni in Padania è requisito per essere considerati cittadini padani, come descritto
nel capitolo precedente.
25
Flavio Arensi, La nuova miss Padania, Pad, 22/7/98, p. 21. Come già sottolineato, per «nazionale» si intende
“regionale”, per «federale» si intende “di tutte le regioni che compongono la Padania”.
26
Graziano Capponago, Al via Miss Padania 1998, Pad, 10/2/98, p. 15.
27
Roberto Barucco, Rimmel e sorrisi nella prima notte di Miss Padania, Pad, 15-16/2/98, p. 4.
determinate caratteristiche fisiche […] e Miss Padania vuole trovare e evidenziare quelle […] delle
popolazioni che vivono nel Nord Italia
28
.
Il concorso assegna, oltre alla fascia di Miss Padania, altri due titoli, quello di
Miss Sole delle Alpi e di Miss Camicia Verde, che premiano le doti morali delle
donne padane, allo stesso tempo «solari e combattive»:
Gli altri due titoli in palio, Miss Sole delle Alpi e Miss Camicia Verde, hanno una valenza simbolica. Non
saranno le “seconde classificate”, ma delle ragazze che rappresentano doti morali e degli ideali.
[…] Miss Sole delle Alpi deve essere una ragazza solare, che rappresenti la felicità e l’ottimismo di un
futuro più radioso di libertà, come quello che si prospetta per la Padania, da lei deve trasparire una
“bellezza” morale oltre che fisica.
Tipo completamente diverso Miss Camicia Verde che deve esprimere la determinazione e la grinta di
chi vuole a tutti i costi la nostra autonomia
29
.
Tutte e tre le vincitrici devono rispecchiare, comunque, l’ideale della giovane
donna padana, che alla bellezza esteriore affianca grandi qualità interiori:
Miss Padania non deve essere solo bella, quello certamente (è pur sempre un concorso di bellezza),
ma la bellezza ha tante facce. Una donna è un essere umano pensante, non un manichino ed è
proprio questo aspetto umano e intellettivo che vuole essere messo in risalto dal concorso a
differenza di tante altre manifestazioni. Miss Padania vuole trovare un tipo, una ragazza che
rappresenti un popolo e i suoi attributi morali. […] Verranno premiate caratteristiche altrettanto
importanti della bellezza, il legame con la tradizione, il rapporto con la concretezza ed il realismo
proprio delle Genti padane e la spontaneità di ogni ragazza partecipante. […] Sono ragazze normali,
semplici e simpatiche ben lontane dal mondo falso della carta patinata
30
.
Per diventare Miss, occorre anche dimostrare l’attaccamento alla causa
padana. Perciò, già dalla prima edizione, alle concorrenti è richiesto non solo di
sfilare in costume verde e in abiti da sera, ma anche di rispondere a un test che
ne misuri la padanità. Alcune tra le domande previste sono «Ti senti più italiana o
padana?» e «Credi negli ideali della Padania?»
31
. Le ragazze, solitamente, si
dividono tra le padane convinte e quelle che rispondono in modo vago: «Non ho
ancora idee chiare sull’argomento»
32
. In genere, se Miss Padania può permettersi
di non sbilanciarsi, chi aspira al titolo di Miss Camicia Verde esprime, in sede di
selezione, tutta la sua fede negli ideali padani e la sua ammirazione per Umberto
Bossi
33
:
Segni particolari: autografo sul petto di Umberto Bossi. Tania Viaggi la Padania la porta davvero nel
cuore. Anticonformista agguerrita e con uno spirito ribelle, non poteva non aggiudicarsi il titolo di Miss
Camicia Verde
34
.
Chi può vantare un rapporto privilegiato con il leader leghista, uomo padano
per eccellenza, non esita ad esibirlo. Ad esempio, la mamma di una concorrente
racconta con orgoglio l’incontro della figlia quindicenne con Bossi:
«Luana era emozionata, allegra. Sa di essere una bella ragazza ma temeva che la giovane età la
penalizzasse. […] Per lei è stata una grande esperienza, anche se è abituata alla macchina
fotografica. Pensi che durante una serata al Rising club, qualche tempo fa c’era anche Umberto
Bossi. La chiamava “cucciolo” con tenerezza»
35
.
28
Graziano Capponago, Miss Padania, favorite le Ronaldinha, Pad, 12/2/98, p. 21.
29
Ibidem.
30
E il gran finale a Verona, Pad, 12/2/98, p. 21.
31
Quell’autografo sul petto, Pad, 8-9/3/98, p. 6.
32
Ibidem.
33
Tra i requisiti di partecipazione al concorso c’è, comunque, quello di «non rilasciare dichiarazioni non in
linea con gli ideali dei Movimenti che promuovono la Padania», in Concorso Miss Padania – Regolamento, art.5,
disponibile sul sito www.misspadania.com.
34
Quell’autografo sul petto, cit., p. 6.
35
Roberto Barucco, Rimmel e sorrisi, cit., p. 4.
Dalla terza edizione (quella del 1999) in poi, il test sulla padanità si arricchisce di
«verifiche di “abilità padana”, ovvero prove di cucina tradizionale della nazione
d’origine e di conoscenza della propria lingua locale»
36
. La manifestazione diventa,
quindi, un altro degli appuntamenti leghisti in cui si celebra il legame con un passato
ricco di tradizioni. Questa scelta è sottolineata anche dal fatto che alla vincitrice non
viene donata una corona, ma una «raggiera, […] il prezioso diadema delle donne
lombarde»
37
.
Il requisito dell’attaccamento al territorio, elemento di valutazione che i giurati
dovrebbero tenere in forte considerazione, non impedisce che, nel 1998, il titolo
di Miss Sole delle Alpi sia assegnato a una ragazza russa, residente a Crema da
otto anni
38
. Da una parte, questa scelta potrebbe essere interpretata come un
eccezionale momento di apertura verso lo “straniero”, o almeno come una
conferma che, come scritto nella Costituzione Padana, la residenza in Padania
da cinque anni faccia conquistare, a tutti gli effetti, i diritti della cittadinanza.
Un’altra spiegazione, probabilmente più plausibile, è che, a prescindere dai
significati che la Lega vuole imprimere al concorso, in quella sede venga
premiato, come in ogni gara di bellezza, prima di tutto l’aspetto fisico.
Il regolamento di Miss Padania prevede, come dote morale indispensabile alla
vittoria, che la prescelta sia «fedele, legata alle tradizioni, insomma una buona
compagna di vita»
39
. La stampa di partito, per evidenziare questi requisiti,
sottolinea il forte legame delle partecipanti con la famiglia e con l’immancabile
fidanzato:
Assenti dal camerino, mamma e papà […] sono sempre presenti nel cuore di qualsiasi aspirante miss
che si rispetti. Non ce n’è una che non parli di loro, di quanto gli sono stati vicini, di cosa non abbiano
fatto per lei. E questo vale anche per i fidanzati.
Ogni reginetta ha il suo piccolo re, quasi sempre al seguito, talvolta a casa in trepidante attesa. Ma di
fidanzati gelosi non ne esistono più? «Esisteranno anche, ma non stanno con ragazze come noi –
tuona Anna, 17 anni, che nella vita vuol fare qualcosa di grande. – I nostri ragazzi sono comprensivi e
ci appoggiano e ci sostengono in tutte le scelte»
40
.
Spesso genitori e partner influiscono molto sulla scelta delle ragazze di
partecipare a Miss Padania:
«Questa vittoria […] la devo un po’ anche a Denis, il mio ragazzo. È stato lui che mi ha convinto a
partecipare e questa sera è in sala a fare il tifo per me»
41
;
«Ad accompagnarmi […] sono sempre mamma e papà. Spesso, anzi, sono loro stessi a segnalarmi gli
appuntamenti e mio padre è il mio consulente»
42
;
«Sono fidanzata con Mauro da quattro anni […] è stato lui, assieme ai miei genitori, che mi ha spinto a
partecipare al concorso»
43
;
I veri miti, per la miss padana, sono suo padre e suo nonno, che definisce il suo angelo custode
44
;
«I miei genitori non mi hanno ostacolata quando gli ho detto che avrei partecipato a Miss Padania,
anzi verranno a sostenermi»
45
.
36
Flavio Arensi, La nuova Miss Padania, cit., p. 21.
37
Paolo Parenti, Alice nella serata delle meraviglie, cit., p. 11.
38
Cfr. Paola Pellai, Si chiama Sara la reginetta della Padania, cit., pp. 12-13.
39
Veronica Bianchini e Roberta Caffaratti, Vince Barbara, il fiore della riviera, Pad, 8-9/3/98, p. 6.
40
Veronica Bianchini, Più alte, più agguerrite, Pad, 1-2/3/98, p.6.
41
Ead., Un tifo da stadio per la bella Serena, Pad, 1-2/3/98, p.6.
42
Ead., Le piccole forbici porta fortuna stavolta non fanno il miracolo, Pad, 1-2/3/98, p. 6.
43
Veronica Bianchini e Roberta Caffaratti, Vince Barbara, cit. p. 6.
44
Rosanna Scardi, È lei la “nostra” velina, Pad, 17/9/02, p. 20.
Molte ragazze, più che dirsi interessate alla causa leghista, sperano che il
concorso padano sia un trampolino di lancio per lavorare nel mondo della moda
o in televisione:
«Ho già partecipato a Miss Italia nel ’95 come Miss Milano e sono arrivata tra le ottanta finaliste. […]
Ho ambizioni di fare l’indossatrice, ma mi dicono che non sono troppo alta (1,74!); comunque
partecipare al concorso Miss Padania potrebbe essere un trampolino di lancio.
[…] In famiglia siamo tutti leghisti, ma per me Miss Padania non ha nessun significato politico, è prima
di tutto una festa»
46
;
«Ho partecipato a molte manifestazioni […] perché voglio promuovere la mia immagine»
47
;
«Vorrei fare qualche spot per la tv o comunque entrare nel mondo della moda»
48
;
«Lavorare nel mondo della televisione. Velina, letterina o presentatrice fa lo stesso, anche se in
quest’ultimo ruolo non mi ci vedo molto.
[…] A me piacerebbe essere fotomodella, fare servizi fotografici o pubblicitari. Poi, tutto quello che
viene va bene»
49
;
«Ho partecipato a Miss Padania proprio per farmi notare; poi, di gradino in gradino, chissà cosa posso
arrivare a fare. Tocca a me sfruttare le mie qualità e cercare di dare il meglio. Mi basterebbe
cominciare come velina»
50
.
Solo alcune hanno deciso di partecipare unicamente per sostenere la causa
leghista:
«L’importante è che partecipino molte ragazze, perché è una manifestazione importante per la
Padania. Io mi sono iscritta unicamente per divertimento […] ma non mi aspetto di vincere e, in
fondo, non mi interessa fare carriera come modella o nel cinema»
51
;
«È senz’altro un gioco, ma è giusto che la Padania abbia la sua rappresentante che poi possa andare
a Miss Mondo. Noi siamo un popolo e abbiamo diritto di farci vedere e conoscere e se questo può
servire allora ben venga»
52
.
In ogni caso, una volta elette, le vincitrici presenziano alle principali
manifestazioni organizzate dalla Lega durante l’anno. Sara Venturi, Miss Padania
1998, commenta l’esperienza della sua prima partecipazione al raduno di
Pontida:
«È stata una giornata fantastica, soprattutto dal punto di vista del calore della gente.
[…] Inizialmente ho partecipato al concorso prendendolo solo come un evento. Poi il rapporto con la
Padania si è andato consolidando e anche le mie idee politiche (che prima, come molti miei
coetanei, non erano affatto chiare) si sono delineate. Anzi, devo dire grazie al fatto di avere avuto la
possibilità di partecipare al concorso, perché ho così potuto approfondire le mie conoscenze
politiche»
53
.
Se, come già osservato, nel discorso politico leghista il partito è spesso
rappresentato come vittima di un complotto, il concorso di Miss Padania non
sfugge a questa “persecuzione”: ad esempio, nel 2002 la stampa leghista
denuncia, nei confronti della manifestazione, un tentativo di ridicolizzazione
pubblica da parte della Rai.
45
Emanuela: non temo Tinto Brass, Pad, 12/2/98, p. 21.
46
Ibidem.
47
Veronica Bianchini, Un tifo da stadio, cit., p. 6.
48
Veronica Bianchini e Roberta Caffaratti, Vince Barbara, cit., p. 6.
49
Silvia, la bionda cubista da Genova a via della Spiga, Pad, 18/2/03, p. 11.
50
Andrea Accorsi, Stanchissima ma felice, sbarazzina e determinata, Pad, 18/2/03, p. 11
51
Emanuela: non temo Tinto Brass, cit., p. 21.
52
Ibidem.
53
Ma. Ma., Un esordio da Miss, Pad, 2/6/98, p. 2.
Dai Fichi d’India battute… d’Egitto. Sabato scorso, durante la trasmissione La sera dei miracoli, in
onda in prima serata su Raiuno, il concorso di bellezza “Miss Padania” è stato oggetto di
un’aggressione del duo comico (al secolo Bruno Arena e Max Cavallari) che ne ha leso l’immagine,
gettando discredito sulla serietà dell’organizzazione e sulle qualità delle partecipanti.
“Miss Padania” è nato nel 1997 con l’obiettivo di trovare la ragazza che risponda ai canoni di bellezza
e di carattere che si identificano con gli archetipi tipici dei popoli dell’Italia del Nord. Il concorso
segue con estrema serietà le regole e i criteri di questo tipo di manifestazione, con la peculiarità di
essere espressione di un territorio con solide tradizioni con il quale stringe un legame indissolubile. La
discutibile esibizione dei “Fichi d’India” non ha solo leso l’immagine del concorso, ma ha gravemente
offeso le migliaia di ragazze che in questi anni vi hanno partecipato con entusiasmo, le loro famiglie e
il territorio che in esso si identifica e del quale sono espressione.
«Mi ha molto infastidita che il concorso sia stato ridicolizzato […] – esprime il suo disappunto la Miss
Padania uscente, Francesca De Rose, seconda classificata alla finalissima di Veline -. […] Mi sono
sentita offesa perché sono stata rappresentata come una stupida. […] Se veramente avessero voluto
fare una gag avrebbero dovuto rappresentare in modo caricaturale anche Miss Italia. Perché
sminuire la mia immagine senza darmi la possibilità di replicare? Mi sorge il dubbio che avessero
paura di un confronto diretto tra me e Miss Italia».
Il concorso di Miss Italia registra […] una costante perdita di interesse. D’altro canto sono sempre più le
ragazze che preferiscono partecipare a un concorso diverso, ambire ad essere il simbolo dello spirito,
dell’etica e dell’estetica della Padania, divenire un’ambasciatrice di una comunità. Di fronte a tutto
ciò, evidentemente alla Rai non resta che denigrare un concorso che sta crescendo in successo e
partecipazione minandone la credibilità
54
.
La Padania polemizza anche con la mancata vittoria di Francesca De Rose,
Miss Padania 2001, nella trasmissione televisiva Veline di Antonio Ricci, in cui sono
state scelte le showgirl che avrebbero affiancato i comici di Striscia la notizia. La
sconfitta sarebbe dipesa, secondo la stampa leghista, da una giuria ostile al
partito di Bossi:
Che scandalo: sulla rumba “bum bum” scritta da Antonio Ricci in onore delle donne kamikaze
palestinesi la giuria giacobina di Veline (il girotondino Nico Orengo, alleato al Catto-Cattivik Gigi
Vesigna di Famiglia Cristiana e al teorico dei calendari al silicone Paolo Bonanni di Max) ha eletto le
più alte, goffe (ma pettorute) veline scelte tra le 10mila concorrenti.
[…] Invano il ligure Antonio Ricci aveva inequivocabilmente indicato le sue preferite, la coppia
numero 3: Francesca de Rose, Miss Padania di Imperia e la ragioniera Gabriella Capizzi di Melegnano
definita da Ricci la bella truciolata: «Ma non mi so spiegare i giudizi della giuria durante questo
concorso»
55
.
I padani difendono strenuamente la serietà del loro concorso di bellezza
anche contro gli attacchi che provengono dai rappresentanti della Chiesa. La
critica alla manifestazione espressa in televisione dal Cardinale Tonini diventa per
una pensionata padana motivo scatenante di un severissimo rimprovero al
sacerdote:
Al signor Tonini Cardinale. Domenica 16 febbraio in Rai, con la sua facile ironia sulle partecipanti alla
finalissima di Miss Padania.
Le ricordo che le nostre ragazze sono oneste, genuine e forti, future mogli e madri, capaci di formare
una famiglia e un futuro ai propri figli, dando loro vere radici perché hanno dimostrato di essere
cresciute con famiglie di forte cultura radicata nella terra Padana, cultura di lunga memoria perché è
qui che si è fatto e scritto la vera storia di un popolo costruttivo e laborioso.
Caro cardinale, lei così dimostra di disprezzare un popolo che non conosce o finge di non conoscere.
[…] Si ricordi che il popolo padano continuerà sempre a dare una lezione di onestà, verità e buon
costume.
Non siamo rimbambiti come una certa parte del clero e i compagni cattocomunisti credono.
Veda piuttosto di difendere il Duomo e le cattedrali; noi cattolici cristiani, abbiamo il timore che questi
luoghi di culto, di cristianità fondata nel cattolicesimo, un giorno diventino dei bordelli invasi dai
musulmani.
[…] Voglio ricordare al cardinale che, da anni e anni lo stiamo mantenendo con l’otto per mille, che
sono soldi versati da quel popolo che lui rimprovera ingiustamente.
Caro signor cardinale, faccia meno esibizionismo politico in televisione, provveda ad andare in mezzo
alla gente povera, aiutandola non solo moralmente ma anche finanziariamente e vedrà che non
troverà più il tempo di andare nel salotto Rai a offendere il popolo padano e tanto meno le nostre
ragazze che hanno partecipato a Miss Padania.
54
Fichi, giù le mani da Miss Padania, Pad, 26/9/02, p. 17.
55
Claudio Bernieri, Elena e Giorgia veline vincenti, cit., p. 20.
[…] Una pensionata con 390,00 euro al mese
56
.
L’importanza che il concorso riveste tra i padani è probabilmente
riconducibile al fatto che Miss Padania è per i leghisti una sorta di “Miss Italia della
porta accanto”. Assistere al concorso che elegge la padana più bella vuol dire
per molti riconoscere un viso noto, per una volta sotto i riflettori. Le miss sono
avvertite dai militanti come ragazze comuni, «figlie» o «sorelle» di uomini del
partito, che potranno essere incontrate alle prossime manifestazioni della Lega.
L’evento avvicina al popolo leghista un mondo, quello delle sfilate e dei concorsi
di bellezza, generalmente percepito come distante e inavvicinabile:
Miss Padania 1999, Giada Sbalbi, 23 anni, cremonese: è una di noi. Non solo perché leghista, ma
perché rappresenta tutte le nostre figlie, nipoti, sorelle, su cui si sono accese le luci della ribalta.
Giada, una ragazza bella, che incontri in discoteca o a una festa tra amici. Può essere la tua collega
d’ufficio o la studentessa che hai accanto sui banchi universitari. […] Ecco, questo mi pare il senso di
questo concorso che è l’esaltazione di una bellezza che possiamo comprendere, a cui non ci
vergogneremmo di chiedere un appuntamento. Non così distante come quella di Miss Italia. E poi
ancora più su: di Miss Mondo. Ed ancora più in alto: di Miss Universo […].
Donne lontane dalla nostra vita quotidiana.
[…] Scrivo oggi in prima, solo per rendere omaggio alla “Miss Padania intuizione” che vuole invece “il
popolo in passerella”, un’intuizione, appunto, che non avevo capito, che mette il popolo al primo
posto concretamente, non sui rotocalchi. […] Lo stesso popolo, invece, aveva capito da tempo
gratificando della sua presenza i luoghi dove si sono tenute le selezioni di questo come degli altri anni
[…]. Dopo che aveva inviato le sue figlie, nipoti e sorelle a questo grande spettacolo che è Miss
Padania
57
.
Miss Padania è una donna affascinante che l’uomo padano può sperare di
conoscere dal vivo, su cui, quindi, può fantasticare più realisticamente che sulle
bellezze proposte dalla televisione. La stampa leghista, d’altronde, non risparmia
commenti dettagliati sulle doti fisiche delle vincitrici. Di Miss Padania 1998, ad
esempio, un giornalista esegue questa accurata “radiografia”:
Chioma: teneramente avvolgente. Arriva al punto giusto. Cioè: non copre niente. Abbraccia
delicatamente le spalle, s’intrufola di soppiatto nella camicetta.
Sguardo: da domatrice. E da gatta. Dipende.
Bocca: […] il nasino è lontano: baciandola, mica vai addosso a una montagna. E allora, come perno
attorno a cui ruota tutto, è una bocca celestiale.
Occhi: quasi accennati. Sbirciando dentro, ci dev’essere il mare […].
Naso: […] è bellino. Viene voglia di sfiorarlo. Di leccarlo, perfino. Sembra dolce.
Spalle: altere. Quando cammina, ondulano piano piano, come petali di rosa accarezzati dal vento.
Fianchi: sono la degna continuazione di un busto disegnato da chissà quale ispiratissimo scultore.
Seno: oddio-il seno-che-seno […]. Abbiamo provato a guardarli in faccia, quelli che la guardavano.
Diciamo così, quando passa davanti gli occhi vanno su e giù come biglie impazzite.
Fondoschiena: in giro ce ne sono almeno di tre specie. C’è quello dell’ippopotamo (a campana, per
intenderci), c’è quello più liscio di una parete di ghiaccio, e c’è il suo, che è tutta un’altra cosa.
Potrebbe starci in due palmi di mano, qualcuno ha detto così.
Gambe: […]. Se le vedete passare, c’è da girarsi. In discoteca spingevano bene, cavalcavano duro
e a fondo sulla passerella, quelle gambe, ma non deprimevano quel portamento regale, un non so
che di autoritario e prezioso.
Jolly: non vale dire seno, troppo bello. E troppo facile. Allora puntiamo su quello sguardo da miraggio,
su quel sorriso che può apparire solo in una visione, su quel visino incantato da Biancaneve.
Difettuccio: forse le braccia, forse sono troppo lunghe, forse ma forse […]. Anche se così fosse, anche
se arrivassero un po’ troppo in fondo, sarebbero come un granello di polvere sulla pietra più bella e
preziosa
58
.
È evidente da questo brano che la ragazza descritta è considerata
puramente nella sua funzione di “donna-oggetto”. Dalla «chioma» che «non
56
Lettera di Teresa Scomparin, Il cardinal Tonini pensi alle chiese e non alle miss, Pad, 19/2/03, p. 23.
57
Claudio Gobbi, Ecco Miss Padania del millennio la ragazza della porta accanto, cit., p. 1.
58
Andrea Confalonieri, La lode non basta, Pad, 17/3/98, p. 23.
copre niente» e «s’intrufola di soppiatto nella camicetta», alla «bocca celestiale»,
al «nasino» così «bellino» che viene voglia «di leccarlo», all’«oddio-il-seno-che-
seno», al «fondoschiena» che «potrebbe starci in due palmi di mano», il testo
fornisce una serie dettagliata di allusioni sessuali. Il giornalista, uomo, si rivolge a
un lettore presumibilmente maschile, al quale offre la possibilità di fantasticare,
insieme a lui, sul corpo-oggetto della miss.
Sullo stesso tono, ma con meno minuzia di particolari, sono gli apprezzamenti
di Tinto Brass, presidente di giuria nella finale del concorso del 1998, riguardo alle
ragazze in gara:
«Sono rimasto piacevolmente impressionato, queste ragazze hanno bei fianchi, belle natiche, grande
sensualità e gioia di vivere.
[…] Sono Mantova, Padova e Modena i vertici del triangolo della gnocca. L’unico neo del concorso
è proprio questo. Non doveva chiamarsi Miss Padania, ma Gnocca Padana»
59
.
Sembra evidente dagli articoli sopra riportati che questo concorso non è solo
un’importante occasione in cui la Lega ribadisce l’esistenza di una razza
padana, contraddistinta da particolari attributi fisici. Non è solo un modo per
ribadire che il partito assegna alla donna il ruolo fondamentale di «buona
compagna di vita» per il guerriero padano. È anche, più banalmente, un
concorso di bellezza come tanti altri, che le partecipanti vedono come un
trampolino di lancio per sfondare in televisione, magari come «veline». È un
momento in cui, al di là del moralismo di facciata che contraddistingue il discorso
leghista sul mondo femminile, la donna viene presentata all’universo maschile
padano non solo come (futura) moglie e madre, ma soprattutto come possibile
oggetto del desiderio. Le concorrenti sono infatti descritte dalla stampa come
donne allo stesso tempo sensuali e bambine («quel visino incantato da
Biancaneve»), cioè come tante lolite che potrebbero, un giorno, concedersi
all’uomo padano.
59
Veronica Bianchini, Brass: «Queste sì che sono donne», Pad, 5-6/4/98, p. 12.