frontare un percorso che puo` essere riassunto come segue.
Il cap. 1 dimostra come sia necessaria l’introduzione della materia oscura
per interpretare correttamente i dati sperimentali provenienti dalle curve di
rotazione delle galassie, dalle strutture a larga scala e dalle abbondanze fos-
sili. I candidati per la DM sono particelle debolmente interagenti e massive.
Per rivelarle e` possibile utilizzare il metodo diretto o indiretto. In questa tesi
si e` utilizzato il metodo indiretto, attraverso il calcolo del flusso di p¯ dovuto
all’annichilazione neutralini.
Il cap. 2 presenta una introduzione alla supersimmetria. L’attenzione e` stata
focalizzata sul neutralino.
Nel cap. 3 sono state trovate le soluzioni analitiche delle equazioni di diffu-
sione dei raggi cosmici per il modello ad uno [3] e due coefficienti di diffusione,
sviluppato in questa sede. Per rendere possibile la soluzione analitica sono
stati trascurati fenomeni fisici quali riaccelerazione, perdite e guadagni di
energia, spallazioni.
Le soluzioni trovate in cap. 3 sono state applicate nel cap. 4, al calcolo del
rapporto tra il flusso di boro e quello di carbonio (B/C), e nel cap. 5, al calco-
lo del flusso di antiprotoni primari derivanti dall’annichilazione di neutralini.
Sia per il B/C che per il flusso di p¯ sono stati fatti confronti diretti tra il
nuovo modello di diffusione e quello gia` esistente. Siccome si sono trascurate
le variazioni di energia, le spallazioni e la riaccelerazione, non e` stato fatto
un confronto quantitativo coi dati sperimentali, ma si e` cercato di capire e
quantificare la variazione del B/C e del flusso di antiprotoni utilizzando il
modello ad uno oppure due coefficienti di diffusione.
Le conclusioni sono presentate nel cap. 6.
5
Capitolo 1
La Materia Oscura. Evidenze
osservative
1.1 Curve di rotazione di Galassie a Spirale
Si prenda in considerazione una generica galassia a spirale. Per semplicita` si
assuma che la distribuzione di materia della galassia abbia simmetria sferica.
Sia vrot(r) la velocita` rotazionale di un punto della galassia ad una distanza
r dal centro della stessa e sia M(r ≤ R) la massa contenuta entro un certo
raggio R, con R il raggio della zona centrale della galassia, dove si immag-
ina concentrata la maggior parte della massa. Eguagliando l’accelerazione
centripeta a distanza r all’accelerazione gravitazionale si trova [1]:
GM(r ≤ R)
r2
= v
2
rot(r)
r
⇒ v2rot(r) = GM(r ≤ R)r (1.1)
dove G e` la costante di gravitazione universale.
Per r > R la massa della Galassia rimane costante, ovvero: M(r ≥ R) = cost.
In virtu` dell’eq. (4.1) si ha per r ≥ R:
vrot ∝ r−
1
2 . (1.2)
Per verificare l’andamento previsto dall’eq. (1.2) e` possibile considerare le
curve di rotazione delle Galassie a spirale. La fig. (1.1) descrive una curva
di rotazione, ovvero la velocita` di rotazione vrot(r) di una galassia a spirale
in funzione della distanza r dal centro. Nel caso di sola materia luminosa si
dovrebbe avere una velocita` che decresce all’aumentare di r (predicted), sec-
ondo quanto previsto dalla (1.2). Le misure sperimentali (observed) mostra-
no invece che vrot(r) e` quasi costante per grandi valori di r. Tale risultato
indica che deve esistere un’altra componente di materia, non visibile, che
contribuisce alla massa della galassia in modo tale da dare conto delle veloc-
ita` di rotazione misurate. Per spiegare il fenomeno e` necessario introdurre
un nuovo tipo di materia, la materia oscura.
6
Figura 1.1: Curva di rotazione di una Galassia a spirale. I dati sono relativi alla galassia
NGC 3198. Fig. tratta da [1].
1.2 Strutture a larga scala
Le masse degli ammassi di galassie possono essere determinate utilizzando
tre metodi indipendenti: (i) la velocita` di dispersione delle galassie [4], la
temperatura del gas intragalattico [5], il lensing gravitazionale [6]. I tre
metodi forniscono indipendentemente dei valori della massa dell’ammasso
consistenti (±30%).
Partendo dalla funzione di luminosita` di Schecter [7] e` possibile determinare
la luminosita` totale di un ammasso LB (nella banda blumassa/luminosita`).
Uno studio sul rapporto (M/LB) condotto da Bahcall, Lubin e Dorman [8],
ha mostrato cheM/LB delle galassie (raggio tipico R ≈ 0.01−0.1 Mpc) cresce
al crescere della scala sino a R ≈ 0.2 h−1 Mpc (fig. 1.2). Il rapporto M/LB
rimane approssimativamente costante per gruppi ed ammassi di galassie a
scale maggiori di 0.2 h−1 Mpc ad un valore di M/LB ≈ 200− 300 h M L−1
(dove h ≡ H0/100 km s−1 Mpc−1 e` la costante di Hubble), corrispondente
ad Ωmateria ≈ 0.2 ± 0.1. Siccome M/LB M/L, deve necessariamente
esistere materia meno luminosa delle stelle, ovvero materia oscura. Inoltre, la
maggior parte della materia oscura e` dovuta agli aloni di DM delle galassie
e gli ammassi non contengono una sostanziale quantita` di materia oscura
aggiuntiva, visto che per R & 1.5 h−1 Mpc (raggio tipico di un ammasso) il
rapporto massa/luminosita` e` circa costante. I risultati ottenuti da Kaiser et
al. sul rapporto massa-luminosita` dei superammassi di galassie (R ≈ 6 h−1
Mpc) confermano che non esiste una quantita` addizionale di materia oscura
a grandi scale [8].
7
Figura 1.2: Rapporto massa/luminosita` in funzione della scala R. I punti blu rapp-
resentano galassie a spirale, quelli verdi galassie ellittiche, quelli rossi gruppi e ammassi.
Ωmateria = 1 e Ωmateria = 0.3 sono rappresentate da linee orizzontali. La curva continua
blu e verde rappresentano gli andamenti previsti di M/LB(R) per galassie a spirale ed
ellittiche. Fig. tratta da [8].
1.3 Contributi al parametro di densita` fossile
Ω
Nell’ipotesi che l’universo sia omogeneo e isotropo, in espansione uniforme e
costituito da un fluido perfetto e` possibile utilizzare la metrica di Robertson-
Walker nelle equazioni di Einstein e ridurle ad una coppia di equazioni
indipendenti, le equazioni di Friedman [10]:
R¨ = −4piG
3
R(ρ+ 3p
c2
) + 1
3
ΛR2 (1.3)
R˙2 = 8piGρ
3
R2 − kc2 + 1
3
ΛR2. (1.4)
In queste equazioni, R rappresenta il fattore di scala [11], ρ la densita` di
massa inerziale totale della materia e della radiazione, p e` la pressione ad
esse associata, k ≡ 1<2 , con < raggio di curvatura della varieta` geometrica e
Λ la costante cosmologica.
Dalla seconda equazione di Friedman, per k = 0 e con costante cosmologica
8
nulla (Λ = 0), si ricava la densita` critica:
ρc(t) ≡
3H2(t)
8piG , (1.5)
con H(t) ≡ R˙(t)R(t) il parametro di Hubble.
Si e` soliti introdurre una quantita` adimensionale, il parametro di densita`
Ω(t) ≡ ρ(t)
ρc(t)
. (1.6)
Il parametro di densita` Ω(t), cos`ı come il parametro di Hubble H(t), sono
quantita` dipendenti dal tempo; indichiamo il loro valore al tempo attuale
con il pedice 0. In particolare si avra` Ω0 = ρ0ρc0 .
La costante Ω0 e` stata oggetto di studio nell’esperimento WMAP (Wilkinson
Microwave Anisotropy Probe) e il suo valore misurato e` Ω0 = 1.02 ± 0.02
[12].
Dalle eq. (1.5) e (1.6) si ricava:
cost = 8piG
3
= H
2(t)
ρc(t)
= H
2(t)Ω(t)
ρ(t)
= H
2
0Ω0
ρ0
, (1.7)
che sostituita nell’equazione di Friedman scritta per t = t0 (tempo attuale)
porta a:
R˙20 = H20Ω0R20 − kc2 +
1
3
ΛR20. (1.8)
Dividendo per R20 e sfruttando la normalizzazione R0 = 1 si giunge a:
kc2 = H20 (Ω0 − 1 + ΩΛ0), (1.9)
avendo definito ΩΛ0 ≡ Λ3H20 . Nel caso di costante cosmologica nulla, la
geometria dell’universo (k) e` [14]:
Ω0 = 1 =⇒ Universo piatto (1.10)
Ω0 > 1 =⇒ Universo chiuso (1.11)
Ω0 < 1 =⇒ Universo aperto. (1.12)
La situazione sperimentale attuale e` [11]:
Ωtot = 1.02± 0.02 (1.13)
Ωvisibile . 0.01 (1.14)
Ωbarionica = 0.044± 0.004 (1.15)
Ωmateria = 0.27± 0.04 (1.16)
9
ΩΛ = 0.73± 0.04. (1.17)
La validita` di questi risultati e` legata alla validita` del modello cosmologico
standard [11]. Essi mostrano che l’Universo e` piatto (Ωtot ≈ 1), che circa
il 30% del contenuto totale dell’universo e` materia oscura (Ωmateria ≈ 0.3 e
Ωvisibile . 0.01) e circa il 70% e` energia oscura (ΩΛ). I valori di Ωmateria =
0.27 ± 0.04 e Ωbarionica = 0.044 ± 0.004, indicano che la maggior parte della
materia oscura abbia origine non barionica. L’introduzione della materia
oscura e` quindi necessaria per spiegare i dati.
1.4 Collisioni tra ammassi di Galassie
L’osservazione dell’ammasso 1E 0657-558 (Tucker et al. 1998) ad una dis-
tanza z =0.296 (redshift), formato da due concentazioni galattiche principali
separate da 0.72 Mpc, ha consentito di rivelare in modo diretto l’esistenza
della materia oscura, attraverso la collisione delle due concentrazioni [13].
Durante la collisione di due ammassi, le Galassie si comportano come par-
ticelle non interagenti. Le nubi del plasma all’interno dell’ammasso, che si
comportano come un fluido ed emettono raggi X, sono invece fortemente in-
teragenti e sono sottoposte alla pressione di ariete. Percio`, nel corso di una
collisione tra ammassi, le Galassie si disaccoppiano spazialmente dal plasma
rallentato da questa pressione e le due componenti si trovano in due regioni
ben distinte. La fig. (1.3) mostra il profilo del potenziale gravitazionale ot-
Figura 1.3: Collisione di due subammassi di Galassie appartenenti a 1E 0657-558. Le
curve in verde rappresentano il profilo del potenziale gravitazionale per diversi livelli di
confidenza: 68%, 95.5%, 99.7%. Fig. tratta da [13].
10
tenuto studiando il lensing gravitazionale di 1E 0657-558 (contorno verde).
In assenza di materia oscura, il potenziale gravitazionale descriverebbe la
sola componente visibile, ovvero il plasma di raggi X. Invece, se la massa e`
dominata dalla materia oscura non collisionale, il potenziale traccierebbe la
distribuzione di tale componente. Il profilo del potenziale gravitazionale e` in
accordo con la distribuzione spaziale delle galassie e non con la distribuzione
del plasma [13]. Questo si spiega ammettendo che la maggior parte della
materia presente nel sistema e` non luminosa, ovvero materia oscura.
1.5 Forme di materia oscura
Si e` visto nei par. (1.1), (1.3), (1.4) e (1.2) come l’esistenza della materia
oscura sia appurata. Quale sia la sua natura e` una questione su cui ancora
bisogna far luce. E’ probabile che la sua composizione non si rinconduca ad
un unica particella. I requisiti che un candidato particellare per la materia
oscura deve necessariamente possedere sono [1]:
• Non deve possedere interazioni elettromagnetica e forte. La prima im-
plicherebbe la sua visibilita`. La seconda porterebbe ad una sezione
d’urto di annichilazione σann troppo grande per garantire un’abbondan-
za fossile sufficientemente elevata. Infatti, per una generica particella
A di velocita` vA vale [11]:
ΩAh2 ∝
10−37cm2
< σannvA >
, (1.18)
• Deve essere stabile, ossia non deve decadere durante l’evoluzione del-
l’Universo.
• I dati osservativi indicano ΩDM . 0.3. Essi costringono i parametri
liberi legati alla particella entro intervalli tali da fornire Ωpart . 0.3;
perche´ poi il contributo alla densita` fossile sia anche rilevante e` neces-
sario che non si verifichi Ωpart ΩDM .
• Massivo.
• Non relativistico (CDM).
1.5.1 Materia oscura barionica
Sebbene si e` visto nel par. (1.3) che la maggior parte della DM abbia origine
non barionica, una piccola frazione e` invece di origine barionica. I candi-
dati sono oggetti massivi compatti di alone (MACHO). Un esempio e` fornito
dalle stelle che possiedono masse piuttosto piccole, M < 0.05 M, dove M
11
e` la massa solare [10]. Questi tipi di stelle, noti col nome di nane brune,
possiedono masse cos`ı piccole che la temperatura del loro nucleo non e` suffi-
ciente da poter permettere di bruciare l’idrogeno in elio. Questo implica che
siano oggetti debolmente emittenti, in quanto la loro sorgente di luminosita`
non e` altro che l’energia termica che possedevano alla loro nascita. Sono cos-
mologicamente freddi e molto difficili da osservare [10]. E’ quindi plausibile
che una frazione di materia oscura barionica derivi da questo tipo di stelle.
Il modello del Big Bang Standard mette tuttavia un limite superiore alla
presenza di materia oscura barionica. In particolare, le abbondaze di quali
4He, 3He, D e 7Li conducono tutte ad un valore di Ωbar . 0.05 [1].
Un altro possibile candidato per la materia oscura barionica sono i buchi neri
(BH) [10]. L’esperimento EROS-2 ha mostrato che questi oggetti formano
meno dell’8% della materia oscura totale [15]. Un candidato di origine non
barionica per la DM e` dunque necessario.
1.5.2 Materia Oscura non barionica
I candidati principali di origine non barionica sono particelle massive e de-
bolmente interagenti (WIMP) [1]:
• I neutralini. E’ la particella piu` leggera all’interno di un modello
supersimmetrico minimale (vd. cap. 2).
• Lo sneutrino. E’ il partner supersimmetrico del neutrino. Lo sneutrino
condurebbe ad una densita` fossile Ωs ≈ Ωmateria nell’intervallo di massa
compreso tra 550 GeV e 2300 GeV [16].
• Il gravitino. E’ il partner supersimmetrico del gravitone. Nello scenario
gauge mediated supersimmetry breaking, il gravitino rappresenta la par-
ticella supersimmetrica piu` leggera (vd. cap. 2) ed e` stabile. Avendo
la sola interazione gravitazionale, esso e` difficile da rivelare [16].
• I neutrini. Sono particelle stabili e interagiscono debolmente. Quello
che si ricava dall’analisi sulle anisotropie del CMB combinate con le
osservazioni di strutture a larga scala e` [16]:
Ωνh2 < 0.0067. (1.19)
Il neutrino non e` sufficientemente abbondante per essere la componente
dominante della materia oscura.
• Gli assioni, introdotti per preservare la QCD dalla violazione forte di
CP [10]. Se essi esistono devono essere stati generati quando la tem-
peratura dell’Universo era attorno ai 1012 K, ma essendo stati prodotti
fuori dall’equilibrio termico non hanno acquistato le velocita` termiche
12
e sono rimasti freddi (cold particle). L’assione rappresenta il candidato
a massa piu` piccola per la DM non barionica. La loro massa a riposo
e` [14]: 10−5 . massione . 10−2 eV.
• Stati di Kaluza-Klein. Essi sono candidati bosonici a spin 1. Lo stato
eccitato piu` leggero KK puo` essere stabile e debolmente interagente
[18].
1.6 Metodi di rivelazione di WIMP
1.6.1 Rivelazione diretta
Questa tecnica si basa sullo studio dell’interazione elastica delle WIMP con i
nuclei che costituiscono il rivelatore utilizzato. Quando una WIMP attraversa
il rivelatore vi e` una certa probabilita` che essa urti un nucleo, che rincula. Gli
esperimenti (ad es. DAMA, CDMS, Edelweiss, Xenon... ) per la rivelazione
diretta di una WIMP forniscono una misura del tasso differenziale [19]:
dR
dER
= NT
ρW
mW
∫
d~vf(~v)v
dσ
dER
(v, ER), (1.20)
dove NT e` il numero di nuclei bersaglio per unita` di massa, mW la massa
della WIMP, ρW la densita` locale di materia di WIMP, ~v e f(~v) descrivono la
velocita` e la funzione di distribuzione di velocita`, dσ/dER e` la sezione d’urto
differenziale WIMP-nucleo. L’energia di rinculo ER e` data da:
ER = m2redv2
1− cos θ∗
mN , (1.21)
dove θ∗ e` l’angolo di diffusione WIMP-nucleo nel sistema di riferimento del
centro di massa, mN la massa del nucleo e mred la massa ridotta del sistema
WIMP-nucleo.
L’esperimento DAMA/LIBRA [17] e` in grado di rivelare direttamente par-
ticelle di DM attraverso la segnatura della modulazione annuale. L’effetto
della rivoluzione terrestre attorno al Sole si riflette nel flusso di DM rivelata.
In particolare, la Terra e` sottoposta ad un flusso maggiore di DM, immagina-
ta come un gas immobile che permea la Galassia, attorno al 2 giugno (dove la
sua velocita` di rivoluzione e` sommata a quella del sistema solare rispetto alla
galassia) e minore attorno al 2 dicembre (dove le due velocita` sono opposte).
L’effetto e` mostrato in fig. (1.4) .
1.6.2 Rivelazione indiretta
Questa tecnica si basa sulla misura del flusso delle particelle prodotte nel-
l’annichilazione delle WIMP. Ci sono sotanzialmente due categorie [19]:
13
Figura 1.4: Effetto di modulazione annuale nella rivelazione diretta di DM. Fig. tratta
da [17].
1. Segnali prodotti da annichilazioni di WIMP nell’alone galattico. I
segnali piu` importanti sono:
(a) Flussi di neutrini e gamma.
(b) La riga gamma-gamma.
(c) Componenti esotiche nei raggi cosmici: antiprotoni, positroni,
antideuterio.
2. Segnali prodotti da annichilazione di WIMP all’interno di corpi celesti
[19].
I prodotti dell’annichilazione che avvengono in alone possono essere rive-
lati da opportuni apparati sperimentali posti sulla Terra (Amanda, Antares,
Nestor, Magic) o nello spazio (GLAST, AMS, PAMELA).
14
Capitolo 2
Supersimmetria
Introduzione
Il Modello Standard (MS) delle particelle elementari e` in grado riprodurre
i dati sperimentali elettrodeboli con un’ottima precisione. Nella fisica delle
particelle il MS lascia pero` irrisolti alcuni problemi, quali: le masse dei quark
e dei leptoni, non arriva ad una vera unificazione delle interazioni fondamen-
tali, oltre a lasciare completamente esclusa dallo scenario la gravita` [20]. Dal
lato della fisica astroparticellare e cosmologica, molti temi non trovano anco-
ra spiegazione, come: le masse dei neutrini, l’inflazione, la materia e l’energia
oscura [21].
Il MS deve essere esteso per poter includere non solo fenomeni fisici a basse
energie (inferiori a 100 GeV), ma anche processi di altissima energia, dell’or-
dine della massa di Planck MP = (8piG)−1/2 = 2.4 · 1018 GeV [22] (effetti di
gravita` quantistica). Questa nuova fisica dovra` ricoprire una scala energetica
molto ampia (all’incirca 16 ordini di grandezza ): dalla scala elettrodebole,
intorno ai 100 GeV, sino alla scala di Planck.
In questo capitolo ci proponiamo di sottolineare le principali caratteristiche
dell’estensione del modello standard che utilizza il minor numero di parametri
possibile: il modello supersimmetrico minimale (MSSM). Focalizzeremo la
nostra attenzione sulle proprieta` delle particelle supersimmetriche che sono
potenziali candidati per la materia oscura. Una speciale attenzione sara` ri-
volta al neutralino, siccome rappresenta il candidato piu` interessante per la
materia oscura.
Questo capitolo non ha la pretesa di essere un’introduzione alla supersimme-
tria in generale, ma di focalizzare sugli elementi chiave del modello super-
simmetrico che potranno tornare utili nei capitoli successivi.
15
2.1 Motivazioni alla supersimmetria. Il prob-
lema della naturalezza
Il potenziale del campo di Higgs φ (complesso) del Modello Standard e`
scrivibile come [22]:
V = −µ2|φ|2 − λ|φ|4, (2.1)
con λ > 0. Il MS richiede che il valore di aspettazione del vuoto di φ nel
minimo del potenziale sia diverso da zero. Affinche´ sia soddisfatta questa
condizione e` necessario che µ2 < 0. I minimi di V sono:
< φ >=
√
−µ2
2λ
. (2.2)
Il termine di massa µ2 riceve correzioni quantistiche dovute all’accoppiamen-
to, diretto o indiretto, di particelle virtuali col campo di Higgs φ.
Per esempio, in fig. (2.1), si ha una correzione a µ2 da parte di un loop
che contiene un fermione f di massa mf . Se il campo di Higgs si accoppia
Figura 2.1: Loop fermionico
ad f con un termine nella lagrangiana del tipo −λfφf¯f , il diagramma di
Feynmann della figura (2.1), porta una correzione [22]:
∆µ2 = −|λf |
2
16pi2
[2Λ2UV − 6m2f ln(
ΛUV
mf ) + ...], (2.3)
dove ΛUV e` un cutoff ultravioletto utilizzato per regolarizzare la divergenza
nell’integrale che descrive il loop. E’ importante notare che il segno meno
nell’espressione e` conseguenza della statistica di Fermi-Dirac . Ciascun lep-
tone o quark del MS puo` giocare il ruolo di f ; per i quark l’eq. (2.3) deve
essere moltiplicata con un fattore 3 che tiene conto del colore.
Nel caso in cui ΛUV diventi dell’ordine di MP , le correzioni quantistiche a
µ2 sono di circa 30 ordini di grandezza piu` grandi del valore di µ2 ≈ −(100
GeV)2. Tecnicamente sarebbe possibile aggiustare i termini aggiuntivi in
modo da cancellare la divergenza, ma cio` implicherebbe un fine tuning molto
accurato e l’aggiustamento dovrebbe essere fatto ad ogni ordine della teoria
16
perturbativa. Questo problema e` noto come hierarchy problem o problema
della naturalezza.
La soluzione puo` essere trovata nel modo seguente. Si consideri l’effetto di
un campo scalare complesso S di massa mS che si accoppi col campo di Hig-
gs φ con un termine di lagrangiana del tipo −λS|φ|2|S|2. Il diagramma di
Feynman della figura (2.2) porta ad una correzione del tipo:
∆µ2 = λS
16pi2
[2Λ2UV − 2m2S ln(ΛUV /mS) + ...]. (2.4)
Il confronto dell’eq. (2.3) con l’eq. (2.4), suggerisce la possibilta` di introdurre
un nuovo tipo di simmetria, che sia in grado di mettere in relazione i fermioni
con i bosoni e risolvere il problema della gerarchia. Infatti, identificando
λS = |λf |2, il segno meno relativo tra i loop fermionici e quelli bosonici e` tale
da garantire la cancellazione dei termini divergenti dovuti a ΛUV .
Figura 2.2: Loop bosonico
La cancellazione avviene indipendentemente dalle grandezze delle masse
m2f e m2s, di λf e λs. Se la simmetria non e` rotta, mf = ms e la cancellazione
di questi termini avviene anche ad ordini superiori. In questo modo la re-
lazione di identificazione tra bosoni e fermioni puo` essere introdotta: questa
prende il nome di supersimmetria.
2.2 Unificazione delle costanti (GUT)
Al Modello Standard manca una descrizione unitaria delle interazioni fon-
damentali. Anche la comune affermazione che nel MS le interazioni elettro-
magnetiche e deboli siano unificate per energie E & 100 GeV non e` del tutto
esatta. Infatti, e` vero che non si ha piu` una descrizione separata delle due
interazioni, ma il valore delle costanti di accoppiamento che le descrivono
sono diverse [23].
L’ipotesi alla base della teoria della grande unificazione e` che le diverse inter-
azioni conosciute deriverebbero da un’unica interazione, valida per E & 1016
GeV, associata al gruppo di gauge SU(5). Il punto cruciale risiede nel fatto
17
che le costanti di accoppiamento non sono affatto costanti, ma variano in
funzione dell’energia alla quale vengono misurate
αi = αi(Q2),
dove Q rappresenta la scala energetica. Nel MS le costanti di accoppiamento
deboli e forti, decrescono col crescere dell’energia; al contrario, quella elet-
tromagnetica cresce [23]. Si delinea dunque la possibilita` che a qualche scala
energetica le costanti di accoppiamento diventino uguali, in accordo con la
teoria GUT+SU(5). Questo accadrebbe ad energie dell’ordine di 1015 ÷ 1016
GeV, molto al di fuori della portata degli acceleratori attuali o di prossi-
ma generazione. Sperimentalmente i valori delle costanti di accoppiamento
all’energia dello Z0 sono ottenuti dal fit dei dati di LEP e TEVATRON [23]:
α−1(mZ) = 128.978± 0.027
α3(mZ) = 0.1184± 0.0031
sin2 θW (mZ) = 0.23146± 0.00017
da cui si ottengono
α1(mZ) = 0.017
α2(mZ) = 0.034
α3(mZ) = 0.118.
La variazione delle costanti di accoppiamento in funzione dell’energia e` de-
scritta da un set di equazioni differenziali: le equazioni del gruppo di rinor-
malizzazione (RGEs). Come e` mostrato in fig. (2.3) nel MS l’unificazione
delle costanti di accoppiamento in un unico punto e` esclusa da piu` di otto de-
viazioni standard [20]. Questo risultato significa che l’unificazione puo` essere
ottenuta solo se nuova fisica entra in gioco tra la scala elettrodebole e quel-
la di Planck. Facendo uso di una estensione supersimmetrica e del gruppo
SU(5) e` possibile ottenere una unificazione delle costanti di accoppiamento
per Q = 1015 − 1016 eV, come mostra la fig. (2.3).
2.3 Operatori supersimmetrici e nomenclatu-
ra
Una trasformazione supersimmetrica converte lo stato di bosone in quello di
fermione e viceversa. L’operatore Q che genera questa trasformazione agisce
nel seguente modo:
Q|bosone >= |fermione > Q|fermione >= |bosone > . (2.5)
18