LE POTENZIALITẢ FORMATIVE DELLA REALTà SPORTIVA
L’attività sportiva tra educazione e formazione
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(VR) con i dipendenti di una nota azienda immobiliare, nel giugno del
2006. In quel corso ho visto come i valori della attività sportiva, che avevo
imparato da ragazzino, non sbiadiscano affatto davanti al confronto con la
vita adulta e con le problematiche lavorative che essa porta con sé. È questa
idea di formazione permanente tramite lo sport che animerà le prossime
pagine, non dimenticando quella persona che per prima ha trasmesso a me
questi valori: mio padre.
Problematica di fondo
Grazie all’aumento del numero dei praticanti, con il seguito di spettatori
attirati dai grandi eventi sportivi quali Olimpiadi e campionati mondiali
delle singole discipline, grazie alla popolarità di grandi campioni in grado
di attirare una sempre più crescente quantità di sponsor, lo sport – da
passatempo per nobili e borghesi industriali qual’era alla fine del ottocento
– è diventato nell’ultimo secolo un importante indicatore del grado di
civiltà di un popolo o di una nazione coinvolgendo un numero sempre
maggiore di praticanti.
Già nel primo dopoguerra, il filosofo tedesco Max Scheler, affermava
che “è difficile trovare un fenomeno di attualità internazionale che meriti di
essere studiato sotto il profilo psicologico e sociale come lo sport: lo sport è
enormemente cresciuto nella scala delle finalità e dell’importanza sociale”
1
.
L’educazione, da sempre interessata al fenomeno umano e a tutte le sue
variate dimensioni, non può certo rimanere impassibile di fronte a questo
crescente interesse per il mondo dello sport. Ma se le relazioni tra
1
SCHELER Max, Introduzione, in «Psicologie des sport», Leipzig, XII cit. in FILIPPI Natale, Rapporti
tra sport e attività educative: valenze e criticità, in FILIPPI Natale, FUMAGALLI Guido,
SANGUANINI Bruno (a cura di), Sport formazione umana e società, ed. Cleup, Padova, 2004, pag. 90.
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educazione e sport hanno radici profonde, pur con le naturali evoluzioni nel
tempo che tale rapporto ha subito, meno chiare sono le dinamiche tra sport
e formazione. Negli ultimi anni, dapprima attraverso l’importazione da
oltreoceano delle tecniche di outdoor training e più recentemente con la
presenza di sempre più sportivi nei contesti di formazione nel ruolo di
esperti, il connubio tra sport e formazione sembra essere cresciuto
notevolmente. Sempre più enti di Formazione, infatti, inseriscono nel loro
offerta formativa per aziende ed organizzazioni, corsi in cui sia presente un
riferimento alla pratica sportiva.
Che cosa accomuna lo sport e la formazione? Quali legami esistono tra
queste due realtà che ad una prima analisi, sembrano aver ben poche
affinità? Il primo è essenzialmente competizione, attività fisica, pratica
attiva, divertimento; la formazione invece si rifà ad un istanza più
riflessiva, molto spesso circoscritta all’interno di aule e dedita alla
promozione, diffusione e aggiornamento del sapere
2
come afferma Gian
Piero Quaglino.
Il mondo della pratica sportiva sembra legato sopratutto alla sfera
estetica della dimensione umana, fa proprie le tempistiche del tempo libero
e si concretizza in una piena manifestazione dell’attività motoria
dell’uomo; la formazione, invece, sembra prevalentemente legata alla sfera
etica ed è quasi sempre associata alla dimensione ed al tempo del lavoro.
In genere, l’organizzazione della normale settimana di un adulto
prevede dei momenti dediti al lavoro vissuti come dei doveri, e dei
momenti, distinti dai precedenti, dediti al riposo, allo sport ed al tempo
libero, intesi come momenti di piacere.
Ciò che questa tesi si propone di investigare allora è proprio il perché
del rapporto tra sport e formazione e le modalità di attuazione nonostante le
2
QUAGLINO Gian Piero, Fare formazione, ed. il Mulino, Bologna, 1985, pag. 22.
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loro non poche differenze, almeno in apparenza. Soprattutto la tesi
vorrebbe approfondire quali possano essere le potenzialità della presenza
dello sport nella formazione.
Ipotesi di lavoro
Oratori salesiani e parrocchiali più in generale, rapporto Delors, leggi
regionali, “Anno europeo dell’educazione attraverso lo sport”: non
sembrano esserci dubbi sulle potenzialità educative dello sport; quello che
invece non è ancora stato completamente chiarito sembra essere invece il
come questo legame si manifesti. In altre parole non si tratta di chiedersi se
lo sport possa essere strumento educativo, dal momento che ciò è del tutto
evidente, ma di interrogarsi su quali siano le dinamiche che permettono
questo. Si passa, in questo caso, dal chiedersi se lo sport abbia valenze
educative all’interrogarsi sul come e sul perché di tale legame. Questi
interrogativi animeranno l’inizio di questa tesi, certi che essi risulteranno
poi strategici per individuare eventuali potenzialità pedagogiche dello sport
nella formazione.
La presenza dello sport nei contesti di formazione, invece, sia attraverso
la pratica attiva sia grazie alla presenza di sportivi «esperti» che raccontano
la loro esperienza di agonisti dello sport, è un fenomeno recente. Le prime
iniziative di outdoor training risalgono ai primi anni Novanta e ancora oggi
molte agenzie di formazione presentano tecniche di formazione
esperienziale come novità ed innovazioni rispetto alle consuete
metodologie. Questa precocità ha fatto si che le pubblicazioni scientifiche
sull’argomento siano ancora limitate e perlopiù settoriali. Risulterà pertanto
indispensabile presentare, oltre ad una serie di esperienze vissute in prima
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persona dallo scrivente, ricerche in internet per ricavare dai siti delle varie
agenzie di formazione, le caratteristiche di queste nuove esperienze
proposte.
Investigare sulla relazione tra mondo dello sport e formazione obbliga
ad osservare la questione da due punti di vista.
Da un lato, infatti, ci si può chiedere se il mondo della formazione e la
realtà sportiva siano poi così reciprocamente lontani e dunque così
profondamente divisi, come sembra suggerire l’esperienza quotidiana; o se,
al contrario, sia possibile una formazione professionale «attraverso» lo
sport, una formazione che si serva della realtà sportiva quale strumento
didattico per realizzare i propri progetti.
Dall’altro è lecito pensare alla formazione come strumento utile al
mondo dello sport (lo sport «attraverso» la formazione), nel senso che lo
può aiutare ad uscire dalla crisi di risorse (sia umane che economiche) e di
valori, nella quale da circa un decennio sembra essere sprofondato.
Ammesso dunque che un rapporto reciproco ci sia, non sono ancora chiare,
tuttavia le modalità con cui formazione e sport possano usufruire delle
opposte peculiarità per un accrescimento delle potenzialità di entrambi.
Articolazione della tesi
Per capire che legame ci possa essere tra sport e formazione è stato
necessario fare un passo indietro e partire da quello che ormai sembra
affermato e conclamato: il lato educativo della pratica sportiva. Nel
primo capitolo dunque - dopo aver, seppur brevemente, analizzato
alcune concezioni dello sport nel corso della storia dell’uomo, e dopo
aver evidenziato i numerosi riconoscimenti istituzionali che hanno
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sancito, dal secondo dopoguerra ai giorni nostri, la necessità di un
profondo legame tra sport ed educazione - si è cercato di individuare gli
aspetti dello sport da cui l’educazione attinge per i suoi scopi
pedagogici. Tra questi una caratteristica importante dello sport per l’
educazione è sicuramente la sua dimensione sociale che rende lo sport
un’importante veicolo di socializzazione grazie alla sua popolarità ed
alla sua democraticità: ai blocchi di partenza di una gara, nessun
corridore è già sicuro di aver vinto.
Un'ulteriore dimensione pedagogica dello sport è sicuramente la sua
similitudine con il gioco; con esso, infatti, lo sport condivide sia una
vocazione ad estraniarsi dalla vita vera per creare un mondo a se stante,
con tempi, regole e simbologie proprie, sia una profonda pulsione per il
suo lato competitivo che racchiude al suo interno una profondo valore
educativo.
Una terzo aspetto dello sport che lo rende utile agli obiettivi educatici
è rappresentato del suo esprimersi prevalentemente attraverso una
manifestazione corporea; manifestazione corporea che risulta essere
funzionale al fanciullo principalmente per due motivi: da un lato la
necessità di favorire un completo sviluppo corporeo, nell’intento anche
di prevenire malattie cardiovascolari; dall’altro l’intento di promuovere
un’educazione che non sia solamente legata a valori astratti, ma che si
faccia carico, attraverso lo sport, di tradurre in azione questi stessi valori.
Un ultimo aspetto analizzato nel primo capitolo riguarda la
dimensione etica dello sport. Lo sport, infatti, racchiude tra i suoi valori
fondamentali e costitutivi, il rispetto delle regole e dell’avversario; valori
che confermano una funzione etica dello sport e di cui l’educazione è
chiamata a servirsi per promuovere i suoi obiettivi pedagogici.
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Nel secondo capitolo, si è analizzato il contributo della formazione al
mondo dello sport, individuando soprattutto le ragioni di questa
presenza. Spesso, infatti, aziende, organizzazioni e, in questo caso,
società sportive, ricorrono alla formazione per risolvere problematiche o
per raggiungere obiettivi di miglioramento. Si è cercato pertanto di
individuare quali siano le problematiche del mondo dello sport che
richiedono interventi formativi e sono state analizzate alcune delle
iniziative, che sono state elaborate in questi anni, quale risposta al
problema formativo all’interno del mondo dello sport.
Nel terzo capitolo sono presentate esperienze di formazione che
prevedano la presenza di attività sportive. Non più, quindi, formazione
per lo sport, ma «sport per la formazione». Tutte le esperienze proposte,
alcune vissute in prima persona, di alcune tra le più importanti agenzie
di formazione, sono state divise in due filoni. Nel primo caso si analizza
il ruolo dello sport nella formazione outdoor, nel secondo caso, invece,
sono presentate esperienze di formazione in cui lo sportivo non è solo
presente nella veste di fornitore di conoscenza tecnica (come avviene nel
rafting, nello Jungle Adventure, ed in altre attività Outdoor) , ma
soprattutto nella veste di testimonial, di persona con un’esperienza da
raccontare.
Nel quarto capitolo, si cerca di trarre le conclusioni di questo lavoro
di ricerca, ipotizzando il lavoro come luogo di incontro tra la formazione
e lo sport. Per spiegare, infatti, il ruolo dello sport nei contesti formativi,
oltre alle importanti valenze pedagogiche di quest’ultimo, si sono
confrontate alcune caratteristiche dello sport con analoghe caratteristiche
presenti negli ambienti lavorativi.
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13
1.
EDUCAZIONE E SPORT.
Bambini che giocano a rugby
3
“Da sempre lo sport ha trasmesso valori personali,
come ad esempio esprimere le proprie risorse e le doti
ricevute dalla natura. Poi, nel confronto con le altre
persone, insegna a misurarsi con il proprio limite. Nello
sport, ancora, ci sono valori sociali: la pratica sportiva fatta
bene, chiede collaborazione, rispetto dell’avversario,
disciplina. Lo sport può contribuire a formare personalità
equilibrate e sane”
4
Lorenzo Biagi
3
http://www.petrarcarugby.it/petrarca/index.php?option=com_gallery2&Itemid=56&g2_itemId=936
data e ora di consultazione: 7 giungo, h: 19.
4
BIAGI Lorenzo, Campioni puliti dentro e fuori, in «etica per le professioni» n.3 anno
2004, pag. 93.
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1.1. CENNI STORICI SUL RAPOPRTO TRA SPORT ED
EDUCAZIONE
1.1.1. Da Platone alla Costituzione italiana
Prima di analizzare le potenzialità formative dello sport, molto in voga
nei contesti formativi negli ultimi anni ma ancora poco esplorate dal punto
di vista scientifico, può essere utile fare un passo indietro e chiedersi se
esistono rapporti più stretti tra lo sport e una disciplina avente molti punti
in comune con la formazione, e cioè l’educazione. Trovare possibili
intrecci tra queste due realtà potrà senza dubbio fornire solide basi
argomentative utili, nei prossimi capitoli, per eventuali raffronti o
osservazioni da fare con il mondo della formazione.
Contrariamente alla formazione, infatti, il legame e gli intrecci tra realtà
sportiva ed educazione sembrano avere radici profonde e consolidate,
anche se non sono mancate, nella storia dell’uomo, pensatori e filosofi che
hanno manifestato la loro avversione per la pratica ludica, motoria o
sportiva. Platone, ad esempio, vissuto in una civiltà greca profondamente
legata ai giochi olimpici antichi, fa dire a Socrate, nell’Alcibiade Maggiore,
che “l’uomo è ciò che si serve del corpo […]. E che altro è che si serve del
corpo se non la sua anima?”
5
dimostrando così una completa opposizione
tra corpo e anima, e dunque una sconfessione del valore dato alla
corporeità, che pure era esaltata nella mentalità comune, anche in ragione
del valore attribuito allo sport. Conseguenza di tale visione dell’uomo, che
già era andata modificandosi nell’età della sofistica, si assiste al
cambiamento dell’ educazione non più centrata sul corpo ma incentrata
sulla trasmissione del sapere e della conoscenza, a discapito della
5
PLATONE, Alcibiade Maggiore (128d – 130e) cit. da MARI Giueseppe, Sport e educazione, in
«Pedagogia e vita» n. 3-4, anno 2007, pag 161
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dimensione corporea dell’uomo e quindi anche della pratica sportiva.
Il successivo «incontro» della filosofia platonica con la religione
cristiana ebbe conseguenze rilevanti non solo per la filosofia, ma anche per
l’educazione dei secoli successivi, dove non sempre si è assistito ad una
pratica educativa incentrata su una concezione dell’uomo come totalità
inscindibile di anima e corpo, ma è stata data priorità all’educazione
dell’anima.
Galimberti polemizza contro questo assorbimento “nell’antropologia
biblica del modello concettuale greco
6
”, fondato sulla negazione platonica
del corpo per due ragioni: per ciò che concerne l’emarginazione del
pensiero aristotelico e anche per un misconoscimento della tradizione
biblica in cui il corpo aveva un preciso valore anche perché creato ad
immagine di Dio. Il pensiero aristotelico, “imposta il problema dell’anima
in termini biologici, cioè di vita (bios) e perciò la definisce come un
qualcosa del corpo”
7
. Per Aristotele, in definitiva, la vera differenza non sta
tra l’anima ed il corpo ma, riprendendo Omero, “tra il corpo vivente
impegnato in un mondo e il cadavere ridotto a cosa nel mondo”
8
.
Per quel che concerne la tradizione biblica, il filosofo e psicologo
veneziano conferma la tesi proposta in seguito anche da Barbieri, di
un’immagine olistica dell’uomo nella Bibbia ossia “di una unione
inscindibile di anima e corpo, per cui non esiste una vera e propria cura del
fisico svincolata dalla cura dell’anima”
9
.
Nell’umanesimo, la riscoperta di una cultura a misura d’uomo affievolì
l’idea di educazione solo dell’anima e la ginnastica crebbe di importanza e
rivestì un ruolo centrale nelle metodologie educative del Trecento e dei
6
GALIMBERTI Umberto, Il corpo, ed. Feltrinelli, Milano,1983, diciassettesima edizione 2007, pag 56
7
Ibidem.
8
Ibidem.
9
BARBIERI Nicola, Dalla ginnastica antica allo sport contemporaneo, ed. Cleup, Padova, 2002, pag 41.
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secoli successivi. Lo storico Nicola Barbieri
10
sottolinea come “il rinnovato
valore dell’individualità fece sì che molti intellettuali aspirassero a fondare
la loro propria scuola (…) elemento comune a tutte queste scuole era la
prospettiva pedagogica di impartire un’educazione completa, integrale,
armonica, che sviluppasse tutti i lati del carattere umano: le potenzialità
fisico-motorie, le capacità intellettive, le virtù etico-politiche. Questo
rinnovamento filosofico e pedagogico diede quindi nuova importanza alla
dimensione corporea, sempre all’interno di una formazione integrale della
personalità. La ginnastica antica venne quindi riscoperta e rivalutata, come
parte essenziale sia di una educazione del fisico, sia di una formazione
armonicamente più ampia ed articolata.”,
Proseguendo velocemente in questa breve panoramica storica
dell’educazione del corpo, e non solo dello spirito, vale certamente la pena
di ricordare la definizione di educazione data da Diderot, nell’ Enciclopédie
nel 1766: “L’educazione ha per scopo la salute e la buona conformazione
del corpo: quanto riguarda la rettitudine e l’istruzione dello spirito; i
costumi, cioè la condotta della vita e le qualità sociali”
11
. Nell’800 poi,
numerose furono le iniziative educative come, ad esempio, le attività degli
oratori salesiani nei quali il ruolo del gioco e quindi della realtà sportiva
assumeva una dimensione centrale.
L’illuminismo e le opere salesiane, tuttavia, non fecero svanire del tutto
le avversioni nei confronti di un educazione che contemplasse anche una
pratica motoria: agli inizi del ventesimo secolo, infatti, Benedetto Croce in
un articolo apparso sul quotidiano il “Secolo decimonono” - riportato nel
saggio di Natale Filippi “L’educazione passa attraverso lo sport” pubblicato
nella rivista «etica per le professioni» - criticò pesantemente la pratica
10
BARBIERI S. Nicola, Dalla ginnastica antica allo sport contemporaneo, op.cit., pag. 161.
11
DIDEROT Denis, Enciclopédie, voce educazione cit. in BARBIERI S. Nicola, Dalla ginnastica antica
allo sport contemporaneo, op.cit., pag 190.
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sportiva affermando che il diffondersi delle “ricreazioni” e dei “giochi
sociali” finivano per dare troppo interessamento al “rigoglio e e alla
destrezza corporale, scampitandone al confronto le parti dell’intelligenza e
del sentimento”
12
. Lo stesso mondo sociale ed economico e soprattutto gli
oppositori del regime fascista si dimostrarono contrari alla diffusione dello
sport. “Non sembrava possibile – osserva Filippi riferendosi a questi
esponenti – offrire un minimo di credibilità a gente che correva in
calzoncini corti dietro un pallone (…) e un ruolo nefasto, nella diffusione
di un atteggiamento antisportivo, ha avuto al cosiddetta ‘intelligenza’
nazionale, desiderosa di prendere le distanze dalla grande popolarità di cui
lo sport godeva durante il fascismo”
13
. Dunque si potrebbe dire che le
critiche nei confronti dello sport (soprattutto per quel che riguarda i suoi
legami con l’educazione) accompagnarono l’educazione occidentale per
tutta la sua storia, a partire dagli antichi greci, per arrivare fino al primo
dopoguerra.
Non stupisce allora come nella Costituzione Italiana non vi sia nessun
riferimento alla dimensione educativa dello sport. In effetti come sottolinea
ancora Filippi “un paese disastrato dalla guerra – come era l’ Italia nel
secondo dopoguerra – aveva ben altri obiettivi da fissare nel processo
costituzionale
14
”. Si aggiunga poi il desiderio di cambiamento rispetto al
massiccio uso, anche politico, dello sport durante il fascismo e non stupisce
l’assenza di un riferimento esplicito alla pratica sportiva come fonte di
educazione. Come si vedrà nelle prossime pagine, questa avversione si è
notevolmente affievolita negli ultimi cinquanta anni.
12
FILIPPI Natale, L’educazione passa attraverso lo sport, in «etica per le professioni» n. 2, anno 2002.
pagg. 97 - 98.
13
Ibidem, pag. 98.
14
Ibidem, pag. 100.
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1.1.2. Educazione e sport nel secondo dopoguerra
Negli ultimi anni infatti, il legame tra sport ed educazione è stato
riconsiderato e sono notevoli i riconoscimenti istituzionali di tale legame. Il
primo punto su cui soffermarsi, a conferma di questo cambiamento di
prospettiva, è rappresentato sicuramente dal «rapporto Delors» del 1997,
voluto dall’UNESCO per tratteggiare il profilo dell’educazione negli anni
duemila. Nel presentare i quattro pilastri dell’educazione Jacques Delors
cita lo sport in due punti ben precisi: a proposito dell’imparare a vivere
insieme (terzo pilastro dell’educazione dopo l’ imparare a conoscere e l’
imparare a fare) si sottolinea come “l’educazione formale deve quindi
fornire abbastanza tempo e opportunità nei suoi programmi per iniziare i
giovani, fin dall’infanzia, a progetti cooperativi attraverso la partecipazione
allo sport o ad attività culturali
15
”. Parlando dell’imparare ad essere
(quarto pilastro dell’educazione) invece, si parla di sport come di un
possibile strumento per favorire le doti di immaginazione e creatività in
contrapposizione al “rischio di una certa standardizzazione del
comportamento individuale”
16
. Secondo gli autori per favorire “questa
varietà di talenti (…) è importante fornire ai bambini e ai giovani ogni
opportunità di scoperta e di esperienza (di natura estetica, artistica,
sportiva, scientifica, culturale e sociale)”
17
. Lo sport dunque, negli ultimi
anni (e tutto lascia pensare che sia così anche negli anni avvenire) è
destinato ad assumere un ruolo centrale nelle politiche educative.
Varie istituzioni del panorama italiano infatti, forse anche a seguito di
questo importante riconoscimento derivato dal «rapporto Delors», hanno
15
DELORS Jacques, Nell’educazione un tesoro. Rapporto all’UNESCO della commissione
internazionale sull’educazione per il ventunesimo secolo (trad. dal Francese), ed. Armando, Roma, 1997,
pag. 87.
16
Ibidem, pag. 88.
17
Ibidem.