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saper andare oltre, riuscire a creare e fornire anche dei “significati”, dei
contenuti, degli aspetti culturali, sociali e psicologici legati al prodotto.
Si devono inoltre dare alle persone dei “motivi” per i quali essi dovrebbero
acquistare o sostituire un prodotto, i quali superino la fisicità e la tecnologia
intrinseca dell’oggetto (o servizio) in sé.
Nel diversificarsi e complicarsi del contesto economico di riferimento illustrato,
il ruolo dell’innovazione risulta centrale e si costituisce come un punto cardine
per la competitività: senza innovazione non c’è sviluppo, non ci sono le basi per
nuovi investimenti e dunque, diventa quasi impensabile riuscire a rimanere in
linea con le esigenze del mercato.
Fino a poco tempo fa, volendo ragionare sul tema dell’innovazione, si faceva
spesso riferimento essenzialmente a quei processi lineari e schematici,
impostati in modo sequenziale, i quali si sorreggevano su un principio
fondamentale: il successo dipende dalla produttività dei laboratori di Ricerca e
Sviluppo. Essenzialmente essi erano considerati dei “creatori” di nuove
tecnologie le quali andavano poi a influire sulla vita del prodotto. Che fosse
tecnologia che modificava il prodotto in sé o il suo processo di produzione, che
derivasse da una richiesta del mercato (market pull) o dalla volontà
dell’impresa (technology push) poco cambiava, il futuro era legato al successo
di un’efficiente crescita tecnologica.
Il corso del tempo sta dimostrando però che questa impostazione comincia a
vacillare in quanto la complessità dei mercati non riesce a provare, e quindi
tanto meno a creare, un legame lineare fra la tecnologia e il successo del
prodotto. Volgendo uno sguardo complessivo su questo modo di intendere
l’innovazione, si denota ormai una forte difficoltà nell’essere ancora
perseguibile se impostato secondo queste logiche, almeno facendo riferimento
alle economie occidentali. I grandi colossi industriali dell’Asia, che
costantemente assumono un ruolo sempre più importante nel panorama
mondiale, puntano ancora principalmente su economie basate sulla crescita
soltanto tecnologica a vantaggio della produzione in serie di grandi quantità di
prodotti. Questo è dovuto principalmente al momento di veloce sviluppo, che le
nazioni occidentali hanno già vissuto nei decenni passati, e al fatto che le
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grandi industrie mondiali sfruttino la loro particolare situazione economica per
de-localizzare la produzione.
L’innovazione deve saper quindi unire lo sviluppo della tecnologia con altri
fattori che creino i significati e i contenuti che agiscono al livello dei desideri
delle persone. Servono però strumenti evoluti, che nell’insieme del loro agire
producano quell’innovazione di cui si necessita. Un insieme che nel corso del
tempo tende a caratterizzarsi non solo sotto l’aspetto procedurale e
sistematico, ma anche culturale.
I cambiamenti generali intervenuti nella nostra società, grazie anche all’apporto
fornito da internet e dai nuovi media, hanno fatto sì che la cultura abbia seguito
di pari passo l’economia: come già accennato precedentemente, da una cultura
di massa ci si sta dirigendo sempre di più verso una cultura di “nicchie
democratiche”, dove tutti hanno la possibilità e una maggiore libertà di decidere
e giudicare per il loro presente e il loro futuro. Lo stesso è successo per i beni
di consumo, passati da una produzione di massa a un’infinita varietà di scelta,
che è legata in modo indissolubile alla volontà e alle preferenze dei
consumatori.
Queste considerazioni non vogliono far intendere che si debba stravolgere o
gettare quel tipo di concezione del processo di innovazione tecnologica, che
potremmo definire “tradizionale”, bensì modificarla e soprattutto incrementarla
con una solida capacità di integrazione dei nuovi fattori citati. Tutti questi
aspetti hanno così innescato un cambiamento di modello di innovazione in cui
quella “tradizionale” comincia a cedere il passo a quella “nuova”.
Volendo metterle a confronto si potrebbe schematizzare che sostanzialmente il
passato dell’innovazione era caratterizzato da processi lineari chiusi e
schematici che partendo dai laboratori di ricerca e sviluppo (R&S) terminavano
nel prodotto definitivo da vendere ai consumatori. Il presente, che si rivolge al
futuro, cerca di caratterizzarsi per processi circolari, aperti a influssi che
provengono dall’esterno, che considerano sia l’apporto della tecnologia che
quello dei contenuti e dei significati; una sorta di continua crescita, in cui
intervengono in modo attivo un maggiore numero di fattori in continua relazione
e influenza reciproca. Il processo, in questo modo integra l’apporto tecnologico
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con un ampio numero di altre variabili, fondamentali per decretare il successo
di un prodotto da proporre a delle persone (non da vendere a consumatori).
Ovviamente tutto ciò ha aumentato la complessità e le difficoltà che un’impresa
deve affrontare, ma pone le basi anche per nuovi stimoli e possibilità di
miglioramento e sviluppo.
Concludendo, si vuole dare anche un nome a questo nuovo processo
d’innovazione brevemente introdotto. Le sue caratteristiche di circolarità, di
rafforzamento reciproco e continuo dei vari fattori, di travaso da e con l’esterno
ha portato a definirlo con il nome di: “INNOVAZIONE MULTIDIMENSIONALE ”.
Proposito di questa tesi di laurea è esplorare il cambiamento, mettere in luce il
nuovo modo di “fare innovazione” e capirne le potenzialità e i punti di forza. Per
fare ciò e rendere la trattazione meno teorica è più illustrativa si è deciso di
analizzare un fenomeno, che attualmente incarna questo spirito, ossia la
necessità di una costante crescita tecnologica unita a forti dimensioni di
significati, contenuti e cultura: lo snowboard.
Lo snowboard
Gli sport invernali comprendono ormai svariate discipline anche molto differenti
fra loro e divise in numerose specialità. Ci si può orientare verso sport classici
come lo sci di discesa, lo sci di fondo, il carving, lo sci nordico… La neve
consente poi di apprezzare l’ambiente montano a piedi anche d’inverno con
l’uso delle racchette da neve.
Ognuna delle tecniche e delle pratiche che si possono adottare per vivere la
montagna anche d’inverno hanno seguito negli anni un percorso di innovazione
che le ha portate a una miglioria dei materiali, dei metodi di costruzione, del
design, dell’accessibilità ad un più vasto target di consumatori e alla possibilità
di prestazioni elevate e soddisfacenti anche a chi per vari motivi (attitudine
personale, capacità, coraggio, tempo, situazione economica…) non ha avuto
fino a qualche tempo fa la possibilità di approcciarsi a questi sport.
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Anche settori come questo, riservati spesso a un ristretto numero di persone,
hanno subito un processo di “democratizzazione” e il loro diffondersi permette
la suddivisione in un numero sempre maggiore di nicchie.
Per capire bene il “mondo dello snowboard” bisogna prima conoscere a grandi
linee la sua storia2.
I primi prototipi, che si possono considerare come lontani antenati dello
snowboard, furono costruiti nel 1963 da Sherman Popper, un ingegnere
chimico, che inventò un attrezzo che battezzò “snurfer”. Popper unì due sci con
l'intento di riprodurre un attrezzo simile al monosci, che all'epoca stava
diffondendosi tra gli sciatori più spericolati. Si accorse però che chi aveva il
coraggio di provarlo saliva d’istinto sulla tavola di traverso, proprio come i
surfisti da onda a cui si era ispirato. Popper prese allora un surf da onda e lo
elaborò montando dei bordi metallici e progettando un attacco per la scarpa
decretando un ampio successo dell’attrezzo. Quindi registrò il nome e cedette i
diritti alla ditta Brunswick che cominciò a produrre in serie lo Snurfer. Queste
tavole giallo-nere di legno compensato fecero il giro degli Stati Uniti e una di
esse arrivò tra le mani di Jack Burton Carpenter che, allora quattordicenne,
cominciò ad elaborare lo Snurfer per migliorarne le prestazioni. Nel 1969 un
ingegnere di New York, D. Milovitch, anch'egli ispirato dal surf d'onda, costruì
alcuni prototipi di tavole da neve e ne registrò il brevetto con il nome di
Winterstick. A causa degli ingenti costi di produzione, le varie idee non
decollarono mai.
Molte persone con spirito di innovazione tentarono di approdare nel settore,
soprattutto provenienti da esperienze con la produzione di skateboard e di
tavole per il surf.
Davanti a tutti per spirito di innovazione e idee c’era sempre Jack Burton, che
per promuovere i suoi prodotti cominciò a organizzare gare negli Stati Uniti
definite “contest” (termine rubato al mondo dello skateboard). A metà degli anni
’80 cominciava a diffondersi la conoscenza di questo entusiasmante sport,
tanto che Burton decise di aprire ad Innsbruck la divisione europea Burton.
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Storia completa dello snowboard reperibile dal sito www.girovagandointrentino.it
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Il contributo per lo sviluppo dello snowboard si deve a molte persone, per lo più
rimaste quasi sconosciute, che innovarono i materiali, i metodi di costruzione e
gli accessori necessari, oltre che alla tavola, per eseguire questa particolare
disciplina: attacchi, scarponi, protezioni e vestiario.
Uno sport particolare, inizialmente rivolto a persone particolari (caratterizzate
principalmente da buone dosi di coraggio e spericolatezza) non poteva che
diffondersi in modo particolare: spesso non accettati nelle piste, i primi
praticanti dello snowboard promossero la disciplina con film, video e riviste.
L’interesse, che si espandeva a macchia d’olio, divenne così dalla metà degli
anni ’90 inarrestabile.
Lo snowboard, nato inizialmente come alternativa allo sci, si è poi
caratterizzato come uno sport più fantasioso, più libero ed espressivo. Le
potenzialità offerte dall’avere entrambi i piedi attaccati alla stessa base ha fatto
sì che questa pratica si spostasse più verso forme spettacolari di esecuzione,
alla ricerca di salti ed evoluzioni acrobatiche a discapito della ricerca di velocità
e precisione caratteristiche dello sci.
La combinazione tra l’essere uno sport “nuovo” e la sua peculiarità di
esecuzione, ha decretato che esso abbia avuto successo principalmente
rivolgendosi a un target composto da giovani con interessi che vanno oltre alla
sola disciplina sportiva. Generalmente essi si caratterizzano per un’attenzione
quasi maniacale dell’insieme costituito da tavola, attacchi, scarponi, vestiario e
accessori sia dal punto di vista della qualità dei materiali e della loro
costruzione, che da quello del design.
Diverso dallo sci nella sua concezione e diverse dunque anche le persone che
lo praticano. Dal punto di vista tecnico, attraverso questo sport, esse possono
scoprire dove arriva il loro coraggio, quali sono i loro limiti, i modi per superarli
in un continuo susseguirsi di incentivi. L’imparare a fare un salto o
un’evoluzione (grab o trick usando i termini “specifici”) è la base per un
successivo passaggio di livello e di prove. Uno sport talmente libero che
permette a chiunque di personalizzare il proprio stile e inventare nuove
evoluzioni.
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La peculiarità che però più differenzia lo snowboard dagli altri sport invernali è
l’aspetto sociale. Generalmente infatti, per gli appassionati di snowboard la
cosa più importante è divertirsi insieme, confrontarsi, aiutarsi, suggerirsi e
condividere sia le conoscenze e i momenti più tecnici che quelli più leggeri e
socievoli.
Uno snowboarder completo tuttavia non si accontenta del livello tecnico
raggiunto, bensì cerca di caratterizzarsi anche nel materiale che usa e dal
design complessivo (anche e soprattutto del vestiario) che potrebbe
contraddistinguerlo. I fattori dunque si auto-alimentano di continuo: uno
snowboarder per migliorare cerca i prodotti migliori per le sue caratteristiche e
necessità. I prodotti devono quindi evolvere in base alle richieste dei
consumatori permettendo loro di perfezionarsi.
Si ritorna così a quel concetto di circolarità che in precedenza si è espresso
introducendo il tema dell’innovazione.
In base alle premesse esposte finora si evince una certa vicinanza culturale di
fondo fra il fare innovazione e il mondo dello snowboard. Sarebbe strano il
contrario visto l’essere fondamento della novità per definizione la prima, ed
essere una novità culturale il secondo.
Salomon Sangiorgio
Per approfondire il tema di questa “nuova innovazione” ci si è potuti avvalere
della collaborazione di un’importante impresa di livello mondiale: Salomon.
Salomon è una ditta con natali francesi, seconda al mondo per vendite di
scarponi per sci e snowboard, che ha spostato il suo reparto innovazione di
questo segmento in Italia presso l’impresa Salomon Sangiorgio, al centro del
Distretto Veneto dello Sport-System che ha come riferimento Montebelluna
(TV).
Il dialogo con l’importante azienda che fa dell’innovazione e della qualità le sue
forze, ha permesso di fissare i punti cardine che caratterizzano il processo
innovativo che sarà analizzato.
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Dopo una prima generale introduzione, in cui è stato illustrato il tema che sarà
analizzato e sono stati presentati lo snowboard e Salomon Sangiorgio, si
passerà successivamente a illustrare com’è strutturato il “tradizionale modello
di processo lineare” di innovazione permettendo così successivamente un
continuo confronto con il modello che sarà analizzato.
Il “nuovo” processo di innovazione verrà trattato richiamando di pari passo le
caratteristiche di Salomon, in questo modo si riuscirà a creare un parallelismo
fra lo studio teorico e la realtà di un’azienda.