ii
with their own homelands. This chapter ends with some consideration
of the return migration. The second part of the research will be a
practical case imagined to provide value to the economical and social
richness of the immigrant from Tunisia for an italo-tunisian co-
development. The third chapter focus on the economy in Tunisia and
the Italian role there and it represents a geo-political presentation to
make familiar the theatre and the place under observation. The fourth
chapter explains our conviction dealing with the fact that the
organizations which come out spontaneously within the civil society
progress and are better set to respond to the needs of the individuals:
this is the narration of everyday life stories, problems and worries of
any Tunisian immigrant in Bologna, collected thanks to a
questionnaire and discussed with friends and acquaintances who share
the same destiny. According to the theory about migrants’
organizations and not just based on the ‘Hometown Association’, and
trying to reply to the worries and demands coming out from the
relationship established with the informers, we have thought to create,
with their support, a mix organization called El-Hiwar formed by
immigrants and Italian native people to promote the co-development,
the integration and the social peace.
iii
Presentazione:
L’elaborato svolge in 4 capitoli un percorso di analisi
multidisciplinare volto a fondare teoricamente e a sviluppare
operativamente la costituzione di una associazione di co-sviluppo
italo-tunisina. Nel primo capitolo viene approfondita, sotto il profilo
della teoria economica, la relazione fra emigrazione e sviluppo,
prendendo in esame le recenti teorie sull’argomento e indirizzando
l’interesse verso il ruolo dei network di migranti come elemento di
continuità socio-economica e di interazione fra il paese di origine e il
paese ospitante. Nel secondo capitolo il network viene approfondito
sotto gli aspetti connessi alla sua natura di intermediario sociale,
politico ed economico, soprattutto in presenza di migrazione di
ritorno. Il terzo capitolo si concentra sulle associazioni degli immigrati
e non solo Hometown Associations quali strumenti elaborati
all’interno dei network di migranti per mettere in pratica le loro
capacità di agente economico e di attore sociale nel processo di co-
sviluppo dei paesi di provenienza e di destinazione. Infine, nel quarto
capitolo viene descritto l’iter istituzionale previsto per la costituzione
di una specifica associazione (El-Hiwar Atiir, Associazione Tunisina
per l’Integrazione e l’Investimento di Ritorno) e le caratteristiche della
medesima.
Il lavoro di tesi, coordinato e sviluppato, pur approfondendo
tematiche e modelli economici si muove anche su altri piani (sociale e
istituzionale), mostrando la molteplicità delle sfaccettature del
problema. Inoltre riesce a radicare in campo teorico uno strumento
operativo molto interessante per la gestione economica e politica del
fenomeno migratorio, mostrando come la cooperazione allo sviluppo,
oltre che tema di modellazione economica e di dichiarazioni di
principio nei documenti ufficiali, possa divenire processo operativo
attraverso strumenti giuridici consolidati.
xi
Introduzione.
Il nesso tra migrazione e sviluppo è stato oggetto di interesse di
parecchi studi appartenenti a diversi correnti di pensiero. Soggetti e
luoghi di indagini variano a seconda del punto di vista e del bagaglio
stesso dello studioso interessato al fenomeno. Il migrante come attore
economico, come attore sociale o come insieme di tutti due, è stato il
soggetto di questa indagine, nella quale si presenta come singolo che
compie una scelta individuale, o in concerto con i famigliari e, in certi
casi, anche con la comunità di appartenenza. Gli appellativi,
immigrato, emigrato, migrante e transmigrante, richiamano alla nostra
attenzione il luogo dove si recitano le scene di un dramma che è poi
l’oggetto dello studio. Gli attori, nel loro svolgere il ruolo di interesse
dello studio, sono visti e considerati come se fossero spogliati da ogni
passato, venuti ad esistenza proprio al momento dell’esame, cosicché
il loro agire attuale è totalmente indipendente da altre esperienze, da
altri luoghi ed altre interazioni.
Luoghi di arrivo e luoghi di origine, se fisicamente distanti, hanno una
concezione diversa per l’osservatore. In un’ottica meramente
utilitaristica (esaminando cioè il fenomeno in modo olistico e facendo
ricorso a teorie economiche) si guarda al migrante in una prospettiva
socio-antropologica per poi riconsiderarlo come attore socio-
economico con interessi, economici ed affettivi, situati
contemporaneamente in spazi fisici distanti. Distanze e frontiere
attraversate in un senso o nell’altro, in modo definitivo o temporaneo,
con una permeabilità alle persone e alle idee che, in teoria, dovrebbe
portare ed un equilibrio o almeno attenuare e diluire le concentrazioni
xii
di ricchezze e miserie. Ma lo stare bene della gente, sebbene sia un
concetto non del tutto facile e di scontata definizione, può implicare
che sotto una certa soglia di una dotazione economica (condizione
necessaria ma non sufficiente) sia difficile parlare di benessere, e
quindi anche di buona politica (assumendo che la differenza tra buona
e cattiva politica si misuri attraverso il benessere degli individui).
Politica è anche quella strategia scelta per lo sviluppo (sia esso il
risultato dell’iniziativa pubblica o della società civile) che nasce dai
bisogni della gente, e il cui germoglio è dentro di loro. Politiche
migratorie inerenti alla valorizzazione del loro potenziale di sviluppo
(nei paesi di arrivo come in quelli di origine) risentono delle influenze
di teorie e dibattiti che intendiamo discutere nel corso di questa
ricerca, senza avere la presunzione di essere esaustivi; vorremmo
almeno sfiorare pensieri che ci aiuteranno ad avere una visione dei
tratti salienti del fenomeno e ci torneranno utili come background per
l’idea di sviluppo connessa alla diaspora che intendiamo presentare
nel caso di studio come esperienze di vita.
Il nesso tra migrazione e sviluppo sarà trattato nel primo capitolo con
una breve carrellata sulle determinanti della migrazione e della
migrazione di ritorno (non coatta), alla luce della visione neoclassica,
della new Economics of Labor Migration e secondo un approccio
socio-antropologico; si ricorderanno in particolare i cicli del fenomeno
e i canali di interazione tra migrazione e sviluppo. La considerazione
dell’esistenza di una continuità, anche se non fisica, tra locale e
globale nei diversi periodi della vita delle persone ci obbliga ad
introdurre, nel secondo capitolo, il concetto di transnazionalismo,
xiii
concetto introdotto nella letteratura sulle migrazioni per la prima volta
negli anni novanta. In un’ottica sempre di ricerca del potenziale di
sviluppo connesso alla migrazione prenderemo in considerazione le
nuove caratteristiche del processo migratorio ed i legami sociali ed
economici istaurati da una parte e dall’altra delle frontiere tramite un
nuovo attore: le reti che gli immigrati tessono per assicurare una
continuità culturale, economica e affettiva con il paese di origine. Il
capitolo che analizza tali reti termina con l’analisi della migrazione di
ritorno ed i progetti per il ritorno pensati e pianificati lungo
l’esperienza migratoria (o qualche volta anche pensati sin dall’inizio
come obiettivo specifico dell’esperienza migratoria).
Questo approdo apre la strada alla seconda parte di questo lavoro
relativo a un caso pratico realizzato per valorizzare le ricchezze
economiche e sociali dell’immigrato tunisino in un contesto di co-
sviluppo italo-tunisino. Per spiegare meglio questa esperienza il terzo
capitolo passa in rassegna l’economia della Tunisia ed il ruolo
dell’Italia nelle relazioni economiche fra i due paesi; si tratta di una
breve presentazione geografica e politica per rendere un po’ famigliare
il teatro e il luogo del nostro interesse. Inoltre, essendo comune
convinzione che la vita degli uomini ha bisogne di organizzazione
onde generare beneficio dalle interazioni, anche il potenziale di
sviluppo insito nella diaspora tunisina, se organizzato, può essere
valorizzato al meglio. Il quarto capitolo sviluppando una nostra
convinzione secondo cui le organizzazioni sorte in modo spontaneo
dalla società civile progrediscono e rispondono meglio ai bisogni degli
individui, presenta esperienze di vita, problematiche e preoccupazioni
xiv
quotidiane dell’immi-grato tunisino a Bologna, raccolte tramite un
questionario aperto somministrato ad amici e persone che condividono
gli stessi destini. Sulla base dei risultati dell’analisi di questi
questionari e alla luce della teoria sulle organizzazioni dei migranti e
dell’“Hometown Assiciation” si tenta di rispondere alle
preoccupazioni e alle esigenze emerse dai colloqui con gli informatori,
proponendo, con il loro appoggio, l’istituzione di El-Hiwar
un’organiz-zazione mista di immigrati e nativi per il co-sviluppo,
l’integrazione e la pace sociale.
1
Capitolo I.
Migrazione e Sviluppo
I. Determinanti della migrazione; I. 1 Migrante come agente
economico; A) Teoria Neoclassica; B) Modello Push and Pull; C)
New economics of Labour Migration (NELM); I. 2. Migrante come
attore sociale; A) Capitale Sociale; B) Migrazione transnazionale, I.
3. Causa Cumulativa: Migrante come attore socio-economico; I. 4 I
cicli della migrazione; I. 5. Migrazione e Sviluppo; I. 6.
L’emigrazione come fenomeno “virtuoso”; I. 7. I Canali di
interazione tra Migrazione e Sviluppo; A) IED e Migrazione; B)
Diaspora e Teoria delle reti; C) Rimesse.
1. Le determinanti della migrazione
Le cause economiche che inducono a ricercare lavoro all’estero
possono essere ricondotte alle condizioni interne del paese di origine,
ossia all’insufficienza di posti di lavoro (offerta di lavoro), alla
differenza fra il salario in patria e quello che viene pagato sui mercati
esteri o alla mancanza di soddisfacenti prospettive economiche per la
famiglia di appartenenza. Possono esserci anche motivi politici alla
base dell’emigrazione, ma questi danno luogo ad un altro tipo di esodo
che di solito non viene considerato emigrazione nelle statistiche delle
Organizzazioni internazionali.
Il processo migratorio finisce così per avere alla base un calcolo
economico i cui effetti, spesso messi in conto dai governi nella
programmazione dello sviluppo, sono rappresentati da un
2
allentamento della pressione sui mercati del lavoro interni da un lato, e
dall’attivazione di un flusso monetario di ritorno (rimesse) dall’altro.
Tale flusso porta valuta pregiata all’interno dell’economia del paese di
origine dei migranti incrementando il reddito dei residenti e
permettendo piccoli investimenti in attività lavorative e/o in istruzione
delle giovani generazioni. Ma i vantaggi per il paese di origine non
sono soltanto di ordine economico se il migrante ritorna in patria. Il
lavoratore che torna dall’estero può essere il veicolo di conoscenze
tecniche e sociali, talché si può dire che il migrante di ritorno affianca
al carattere di agente economico anche quello di agente sociale. E’ per
queste ragioni che il ruolo di migrante di ritorno nel processo di
sviluppo del paese di origine è estremamente importante.
I. 1. Migrante come agente economico;
A). Teoria Neoclassica
Secondo la teoria neoclassica la migrazione di ritorno viene vista
come la conseguenza di una migrazione fallita, cioè di un processo
che non ha prodotto i benefici attesi. In questa prospettiva la
migrazione di ritorno coinvolge esclusivamente coloro che hanno
calcolato male i costi della migrazione o hanno ricevuto una
remunerazione del loro capitale umano inferiore alle aspettative: di
conseguenza il ritorno è visto come un fallimento all'estero. Gli errori
nel calcolo economico dell’esodo sono le uniche variabili economiche
considerate in questo approccio per il quale la decisione di emigrare
dipende in larga misura dal differenziale salariale: quanto maggiore
3
sarà, per le competenze possedute, il surplus di salario ottenuto
all’estero tanto maggiore sarà il numero di lavoratori che deciderà di
partire. Inoltre, la decisione implica un calcolo da parte del singolo
individuo, il che da una misura di come la responsabilità del ritorno
sia da attribuire ad un fallimento personale.
Un approccio come questo lascia poco spazio ad un ruolo di
attore economico al migrante di ritorno, ma è incapace anche di
vedere in lui una qualsiasi capacità di essere agente di trasmissione di
skills tecnologici e/o sociali.
B) Modello Push and Pull
Questo modello della migrazione internazionale è simile a quello
neoclassico basandosi anch’esso sulla spiegazione del fenomeno in
termini di offerta e domanda nel mercato del lavoro
2
. Dal lato del
fattore ‘Push’ del modello ci sono tutte le ragioni che determinano la
scelta di lasciare la propria casa. Bassi salari, disoccupazione e
mancanza di opportunità economiche spingono la gente
all’emigrazione in ricerca di una vita migliore. Dal lato del fattore ’
Pull’ troviamo un’alta domanda di lavoro di bassi salari nel paese di
approdo. Questo si può notare in Italia e non solo, dove gli immigrati
in generale sono impiegati in lavoro poco specializzato e di
conseguenza poco pagato.
2
Kohpahl G, Voices of Guatemalan Women in Los Angeles, New York: Garland
Publishing, Inc., 1998. Vedi anche: Martin P L, and Taylor J E, Poverty Amid
Prosperity, Farm Employment, Immigration, and Poverty in California.” American
Journal of Agricultural Economics 80:5,Dec 1998:1008. e, Martin P., Investment,
Trade, and Migration,” International Migration Review 29:3, 1995:820.