2
Nella prospettiva del nuovo codice si è attribuita importanza ai
riti c.d. alternativi rispetto al procedimento ordinario, sì da
affermare che i cinque modelli predisposti dalla legge
rappresentano gli strumenti indispensabili per il concreto
funzionamento del sistema in quanto dovrebbero, permettendo
di adeguare con grande flessibilità la scelta del rito alle
peculiarità ed esigenze del caso concreto, coprire una aliquota
rilevante di tutto il lavoro giudiziario.
In ciò si coglie la ratio giuridica delle figure dei procedimenti
speciali, peraltro definite anche “procedure di sfoltimento”;
essi, infatti, hanno la funzione di evitare attività processuali
inutili nei casi di maggiore semplicità oggettiva del merito per
quanto concerne la prova, che costituisce il carattere comune,
pur nella eterogeneità dei procedimenti stessi.
In effetti, nell’ambito dei riti speciali è dato di cogliere delle
note distintive, perché vi sono procedimenti (quali l’abbreviato,
il patteggiamento, il decreto penale) che assolvono la finalità di
evitare il dibattimento, altri che anticipano il dibattimento o
saltano l’udienza preliminare (giudizio direttissimo) o limitano
3
il controllo giurisdizionale del giudice alla mera opportunità
del rinvio a giudizio (rito immediato).
L’esigenza di deflazione della fase dibattimentale comporta che
tale fase debba trovare la sua tipica area di operatività nei reati
connotati di maggiore carica di pericolosità, sì che il
dibattimento diventa momento significativo del processo solo
nelle ipotesi in cui si siano rivelate impercorribili tutte le vie
che ne prescindono.
A fronte del favore di cui godono i riti alternativi, il legislatore,
nell’intento di incentivarne il ricorso, offre una ampia gamma
di misure premiali all’imputato: nel giudizio abbreviato, una
riduzione meccanica di pena nella entità di un terzo.
Nell’applicazione della pena su richiesta delle parti, oltre la
diminuzione fino ad un terzo di sanzione sostitutiva o di pena
pecuniaria ovvero di pena detentiva, vi è la fruizione di una
molteplicità di benefici: l’abbuono delle spese del
procedimento, l’inapplicabilità di pene accessorie e di misure
di sicurezza, nonché la inefficacia della sentenza nei giudizi
civili o amministrativi; la estinzione sia del reato, decorso un
4
determinato lasso di tempo, che di ogni effetto penale; la non
ostatività alla concessione di una successiva sospensione
condizionale della pena, qualora sia stata applicata una pena
pecuniaria o una sanzione sostitutiva.
Nel procedimento per decreto, è configurato il potere del p.m.
di chiedere l’applicazione di una pena diminuita sino alla metà
rispetto al minimo edittale.
Nella ipotesi, infine, sia del giudizio direttissimo che di quello
immediato, il sistema prevede, rispettivamente, l’innesto del
rito abbreviato (art. 452 comma II, art. 458 comma I) e del
patteggiamento (art. 451 comma V, art. 456 comma II), con i
relativi benefici.
5
1.1 CENNI SULLA << CITAZIONE
DIRETTISSIMA >> NEI CODICI DEL 1865
E DEL 1913
Il giudizio direttissimo, procedimento speciale dibattimentale
previsto e disciplinato dagli artt. 449 e ss. c.p.p., trova la sua
origine più remota nel primo codice postunitario in cui,
parafrasando l’espressione del Cordero, è presente una
“variante accusatoria al sistema misto: citazioni dirette,
richieste dal pubblico ministero o dall’offeso; imputazione ed
accusa collimano, il processo nasce dalla domanda intesa al
dibattimento
1
.”
Esso si ispira al modello francese della Loi sur les flagrants
delict corretionales del 20 maggio 1863 che, a sua volta,
prende spunto dal sistema inglese delle Courts of police del
1839; modelli inseriti nelle rispettive legislazioni sotto
l’incalzare di una dilagante criminalità in un particolare
1
F. CORDERO, Procedura Penale, Milano, Giuffrè, 2001, pag. 1032
6
contesto sociale caratterizzato, prevalentemente,
“dall’espandersi della delinquenza nei centri urbani
2
”.
Dal punto di vista strutturale, il modello inglese del 1839
prevedeva che le persone arrestate in flagranza di reati anche
non gravi dovessero essere portate, dall’ufficiale di polizia
giudiziaria che aveva proceduto all’arresto, immediatamente
avanti alle Courts of police dove ogni giorno sedeva in udienza
uno stipediary magistrate.
Il sistema francese disciplinato dalla legge del 1863 prendeva
spunto dal sistema delle Courts of police, ma seguiva una
propria prassi consolidata, che attribuiva al Procuratore
imperiale il potere di portare immediatamente l’arrestato in
flagranza di un delitto, previo interrogatorio, avanti al
Tribunale competente per il giudizio.
All’imputato era concessa la facoltà di ottenere un termine di
almeno tre giorni per preparare la difesa.
Come si può notare, la differenza di fondo tra questi istituti
viveva nella esclusiva competenza delle Courts of police del
2
AGOSTINO DE CARO, Il giudizio direttissimo,E.S.I, 1996, pag. 22
7
rito anglosassone rispetto al giudizio direttissimo francese, il
quale, invece, rispettava la competenza del giudice a seconda
della gravità del fatto.
L’ordinamento italiano - notoriamente influenzato da quello
francese - naturalmente predilesse il secondo non senza
oggettive differenze, rimarchevoli dello stile inquisitorio allora
preponderante nella procedura penale; si giustificava, così, <<
la maggiore disparità tra accusa e difesa
3
>>.
Il c.p.p. del 1865 introdusse, così, la c.d. citazione direttissima:
<< Nei casi di flagrante reato che importi pena della detenzione
o della reclusione eccedente tre mesi od altra pena maggiore, il
Procuratore del Re potrà immediatamente trasportarsi sul luogo
del reato, ed ivi procedere a tutte le operazioni e a tutti gli atti
occorrenti per assicurare ed accertare il corpo e le tracce del
reato, e per ricevere le dichiarazioni delle persone che siansi
trovate presenti al fatto o possano somministrare utili
schiarimenti intorno allo stesso, usando a tal fine delle stesse
3
AGOSTINO DE CARO, Il giudizio direttissimo,op. cit. pag. 24
8
facoltà che sono dal precedente Codice attribuite al giudice
istruttore.
Nei casi suddetti l’imputato che sia arrestato per un delitto di
competenza del tribunale penale, eccettuati i reati politici o
commessi col mezzo della stampa, sarà immediatamente
presentato al procuratore del Re, il quale dopo averlo
interrogato lo farà, se vi ha luogo, tradurre subito al cospetto
del tribunale qualora siavi udienza, e in caso contrario potrà
ordinarne la custodia facendolo al tempo istesso citare per
l’udienza del giorno successivo, al quale effetto il tribunale
sarà appositamente convocato.
Il procuratore del Re farà contemporaneamente citare, anche
verbalmente, da qualunque agente della forza pubblica o della
pubblica sicurezza i testimoni che crederà necessari, i quali, se
non compariscono, saranno soggetti alle sanzioni penali
contenute nel libro II, capo III, par. 2°, del presente Codice.
Se l’imputato lo chiede, il tribunale gli accorderà un termine di
tre giorni per preparare la sua difesa; e tanto in questo caso,
quanto nell’altro che il tribunale rimandasse la causa ad altra
9
udienza, potrà ordinare che l’imputato sia messo
provvisoriamente in libertà con o senza cauzione
4
>>.
Affinché, quindi, la celerità del giudizio, che seguiva quasi
istantaneamente la commissione del fatto - reato, non si
risolvesse in una mera vendetta incontrollata a scapito della
giustizia, era stabilito che il tribunale dovesse concedere
all’imputato, su domanda, una proroga di tre giorni per
preparare la sua difesa, con facoltà di accordargli la libertà
provvisoria
5
.
La ristrettezza di tale termine, giustificata solo apparentemente
dalla lieve entità dei reati e dalla facilità della prova, è stata
giudicata come una pesante limitazione del diritto di difesa,
perché non permetteva di preparare adeguatamente il materiale
utile all’esercizio del diritto; quel limite, perciò, minava le basi
di un istituto il cui profilo politico era stato valutato
favorevolmente proprio perché sembrava determinare
l’immediato ricorso al giudizio dibattimentale senza la
mediazione della fase istruttoria.
4
Art. 46, Codice di procedura penale 1865
5
A. GAITO, Il giudizio direttissimo, Milano, Giuffrè, 1981, pag. 31
10
Questo procedimento per citazione direttissima non incontrò il
favore degli operatori e non ebbe, quindi, larga applicazione.
Da una parte, la legislazione di pubblica sicurezza conteneva
una vasta gamma di misure di prevenzione che troppo spesso
invadevano il terreno ordinariamente riservato alla citazione
direttissima; dall’altra, il contesto socio-economico del periodo
e le difficoltà organizzative connesse alla ristrettezza dei tempi
di presentazione dell’imputato avanti al giudice competente per
il giudizio rendevano quanto mai difficoltoso il ricorso al
procedimento speciale.
Con l’entrata in vigore del codice di procedura penale del 1913
il procedimento per citazione direttissima venne mantenuto con
modifiche notevolmente garantiste, in perfetta sintonia con un
impianto procedurale generale improntato ad un maggiore
riconoscimento dei diritti di libertà dell’individuo.
L’istituto rappresentava, forse, l’unico esempio di citazione
direttissima nel quale i connotati di esemplarità erano ridotti al
minimo e la struttura del procedimento cercava di
11
salvaguardare gli spazi utili all’esplicazione concreta del diritto
di difesa.
Invero, l’art. 290 di quel codice estendeva l’ambito applicativo
dell’istituto anche alla persona non arrestata, purchè << colta
nell’atto di commettere il reato, ovvero immediatamente dopo
averlo commesso, mentre era inseguito dalla forza pubblica o
dalla persona offesa o dal pubblico clamore >>; escludeva la
possibilità di utilizzarlo nelle ipotesi di << quasi flagranza
impropria obiettiva >>, quando, cioè, la persona << sia stata
sorpresa con cose o tracce che facciano presumere che abbia
commesso il reato o che vi abbia concorso >>; aumentava le
garanzie difensive attraverso la previsione di un termine a
difesa sensibilmente maggiore di quello previsto nel precedente
sistema - che va dai tre ai dieci giorni - ; richiedeva un
controllo giurisdizionale sulla scelta del rito attraverso la
facoltà del Tribunale di ordinare di procedere con l’istruzione
formale quando, dopo la chiusura del dibattimento, il materiale
probatorio raccolto fosse stato reputato insufficiente ai fini
della decisione ( art. 292, comma 3, c.p.p. 1913).
12
Eppure, anche in questo contesto, la possibilità di ricorrere alla
citazione direttissima nei casi previsti anche da leggi speciali
lasciava intravedere la permanenza delle ratio di esemplarità,
che emerge, chiara, quando si prescinde dal presupposto della
evidenza della prova per rendere obbligatorio il rito rispetto ai
reati individuati per nomen iuris, indipendentemente dalla
verifica della situazione probatoria concreta.
Anche quì, allora, pur privilegiando il momento pubblico del
dibattimento e quindi connotazioni strutturali più marcatamente
accusatorie, in realtà il procedimento rivelava una potenziale
carica persecutoria; dunque, pure in questo caso l’esemplarità
era la ratio del procedimento indotta da esigenze di ordine
pubblico.
Sicchè neanche quì i diritti dell’imputato riuscivano a
raggiungere elevati livelli di garanzie; epperò si puntava ad un
loro adeguato sostegno nell’alveo di un più generale ripristino
dei diritti fondamentali dell’individuo
6
.
6
AGOSTINO DE CARO, Il giudizio direttissimo, op. cit., pag. 26 e ss.
13
1.2 IL GIUDIZIO DIRETTISSIMO NELLA
STRUTTURA DEL CODICE DEL 1930
Collocato nel codice di procedura penale del 1930 nel capo IV
del libro III, dedicato alla disciplina dei giudizi la cui
regolamentazione diverge dallo schema tipico del
procedimento ordinario, e tradizionalmente qualificato come
speciale, o anomalo, il giudizio, o procedimento, direttissimo si
presentava, nell’assetto del codice di procedura penale del
1930, come strumento eccezionale utilizzabile solamente al
verificarsi di particolari situazioni probatorie, tali da consentire
una tutela differenziata e più rapida della giustizia, spogliata
delle formalità ordinarie inessenziali: più specificamente, il
giudizio direttissimo disciplinato dagli artt. 502-505 c.p.p.
1930, poteva essere instaurato solamente in quelle particolari
ipotesi di c.d. << evidenza qualificata >> della prova
14
determinata dalla flagranza (e situazioni assimilate) alle quali si
affiancava lo stato detentivo dell’imputato (arresto in flagranza
o quasi flagranza, reato commesso da persona arrestata,
detenuta o internata per misura di sicurezza).
Soltanto sussistendo tali condizioni, dopo aver interrogato
l’imputato e ritenuta la non necessità di speciali indagini, il
p.m.(o il pretore) poteva decidere di celebrare subito – o
comunque entro cinque giorni - il dibattimento, ove le
prove venivano acquisite per la prima volta direttamente dal
giudice
7
.
Al giudizio direttissimo dell’impianto originario del codice
Rocco, nel quale mancava una fase istruttoria o era ridotta in
tempi brevissimi un’attività investigativa comunque espletata,
per l’immediato ricorso al dibattimento veniva riconosciuta una
natura prevalentemente accusatoria rispetto ad un contesto
procedurale spiccatamente inquisitorio che, quindi, ne esaltava
la diversità
8
.
7
ALFREDO GAITO, I giudizi semplificati, Cedam, Padova, 1989, pag. 157
8
AGOSTINO DE CARO, Il giudizio direttissimo, op. cit. pag. 17