“La obras mejor es la que sostiene por su forma”.
(L’opera migliore è quella che si mantiene per la sua forma)
Eduardo Torroja (1899-1961)
“L'architettura dipende dal proprio tempo. È la cristallizzazione della
sua intima struttura, il graduale dispiegamento della sua forma.
Questo è il motivo per cui tecnica e architettura sono così
strettamente imparentate.
La nostra vera speranza è che crescano insieme, che un giorno l'una
sia l'espressione dell'altra.
Soltanto allora avremo un'architettura come vero simbolo
dell'epoca."
Mies Van Der Rohe (1886-1969)
(da F. Neumeyer, Mies van der Rohe. Le architetture e gli scritti,
Milano 1996, p. 312)
“..le imponenti volte di pietra delle cattedrali Gotiche e le cupole
audaci del Rinascimento furono costruite senza aiuto del calcolo
differenziale; ma invece di esso, fecero uso di un grande senso
dell’equilibrio e sul giudizio assennato del gioco delle forze, qualità
molto necessarie, per un costruttore, molto più della conoscenza
profonda delle scoperte della matematica.”
Felix Candela (1910-1997) si esprime a proposito del metodo di
progetto seguito per la Chiesa della Virgen de la Medalla Milagrosa
(Navate) nel 1957.
“L’architettura ha inizio quando si mettono assieme con cura due
mattoni”
Mies Van Der Rohe (1886-1969)
1
1.
LA MURATURA: UN MATERIALE DA COSTRUZIONE.
Il materiale ha una relazione diretta ed imprescindibile con la forma strutturale
in quanto portatore di una sua specificità costruttiva e meccanica. Accanto al
famoso binomio forma e struttura sarebbe più opportuno premetterne un altro:
forma e materiali. Non è in realtà del tutto vero che se si assecondano le
caratteristiche del materiale, lasciandogli svolgere quel compito che gli è
consentito fare, le forme strutturali che ne conseguono sono determinate ed
immutabili. Non si può ad esempio realizzare una trave in muratura, ma se si
interviene sul comportamento del materiale modificandolo, ad esempio con un
artificio che lo metta in condizione di reagire a trazione come non poteva, i suoi
campi applicativi e la sua concezione strutturale possono ampliarsi. Allo stesso
scopo si può agire lavorando sulle tecniche costruttive.
In ogni caso la conoscenza delle caratteristiche proprie del materiale, in questo
caso la muratura, rimane un passaggio obbligato e preordinato per lo studio di
una struttura e la messa a punto della forma.
LA MURATURA: UN MATERIALE DA COSTRUZIONE Cap. 1
2
1.1 - Origini della muratura.
La muratura è una delle prime tecniche costruttive utilizzate dall’uomo, assieme
alle capanne in legno ed in tessuto. Per secoli e fino all’avvento dell’acciaio e del
cemento armato, all’inizio del secolo scorso, in muratura si costruivano
dappertutto gli edifici e le infrastrutture più importanti. Le modalità di messa
in opera e le tecnologie utilizzate per questo scopo hanno avuto sicuramente una
loro evoluzione nel corso del tempo, ma in pratica poi la maniera di innalzare una
muratura ai tempi dei Greci non è del tutto diversa da quella seguita ad esempio
da alcuni carpentieri dell’Ottocento.
1.1.1 - La muratura a secco. [1]
Da un ricovero naturale "cavato", ben presto l'Uomo passa ad uno "costruito"
essendo -soprattutto in presenza di rocce dure- più facile costruire un ricovero
con pietre trovate che non ricavarlo mediante uno scavo. Le prime costruzioni
lapidee furono ottenute sovrapponendo semplicemente pietre nella forma in cui
si trovavano, ovvero così come si erano distaccate dai massi rocciosi per
effetto degli agenti atmosferici o degli apparati radicali delle piante. Veniva
effettuata, al massimo, una selezione e una posa in opera mirata, affinché i
singoli elementi fossero disposti in modo da presentare la più ampia base
d'appoggio: essendo inizialmente i muri realizzati "a secco", e cioè senza
l'impiego di malta, la stabilità della costruzione era affidata sia alla grandezza
dei blocchi che alla loro regolarità e risultava tanto migliore quanto maggiore
era la superficie di contatto. In presenza di materiale "minuto" o di pietre
arrotondate (come quelle di fiume) o fortemente irregolari, si rese necessario
l'uso di un elemento complementare come il fango (meglio se costituito da
materiale argilloso), che avesse funzione di connettore. Con il perfezionamento
degli utensili si capì che per conseguire maggiori superfici di contatto conveniva
sbozzare le pietre, manualmente, prima della messa in opera.
Un'ulteriore evoluzione della tecnica di semplice sovrapposizione consistette nel
capire che quanto più tali superfici, oltre che piane erano orizzontali, tanto più
stabili risultavano i muri: fu naturale, pertanto, l'evoluzione verso la pietra
squadrata la cui forma parallelepipeda consentiva un perfetto contatto tra gli
elementi e la trasmissione delle sole componenti verticali delle forze di gravità.
Si trattava, comunque, sempre di murature a secco costituite, cioè, da sole
pietre senza alcun legante.
1.1.2 - I leganti.
All'intento di migliorare la superficie di contatto tra i diversi strati di pietre è
dovuto, probabilmente, il primo impiego della malta che, peraltro, conferiva
all'insieme degli elementi una piccola resistenza a trazione. La muratura
diveniva così "organismo" di pietre e di legante, trasformando un discreto
(costituito dal semplice assemblaggio degli elementi) in un continuo o quasi. Il
legante fu, inizialmente, costituito da fango di natura qualunque e, solo
successivamente, da argilla; certamente, però, la natura dei luoghi fece
sperimentare e adottare anche altri materiali: ad esempio, nell'area
mesopotamica ricca di giacimenti petroliferi, già nel secolo XXI A.C. si
utilizzava il bitume. Frequenti sono stati i ritrovamenti di malte di gesso usate
come legante, dagli Egizi nel III millennio A.C. e dai Greci in età ellenistica
LA MURATURA: UN MATERIALE DA COSTRUZIONE Cap. 1
3
(anche se nel VI millennio A.C. venivano impiegate con funzione di rivestimento);
tali malte, pur presentando una presa molto rapida, perdevano però capacità
resistente in presenza di umidità. La calce fu usata, inizialmente, solo nella
confezione di intonaci per la protezione interna delle cisterne o quale
sottofondo per la pitturazione delle superfici. I Romani, invece, ne introdussero
e ne codificarono l'uso quale legante allo stato puro (come dimostrano gli edifici
di epoca repubblicana in opus quadratum). L'abbondanza di cave di calcare in
Campania fece sì che, proprio in tale regione si verificasse la prima diffusione
delle malte di calce (così come testimoniano gli scavi di Pompei).
Poiché queste ultime presentavano notevole ritiro, nuove miscele vennero
confezionate, impastando il grassello di calce con inerti: uno di questi fu la
sabbia che aveva la stessa funzione sgrassante già esercitata sulle argille,
ovvero la funzione di evitare l'eccessivo ritiro e le conseguenti fessurazioni
riducendo, peraltro, la plasticità del legante (Vitruvio indicava in 1/3 il rapporto
ottimale tra calce e sabbia). Per muri di grandi dimensioni, ad esempio, l'effetto
del ritiro della malta si manifesta con lesioni pseudo-verticali; un fenomeno
tipico è quello che si riscontra, frequentemente, all'attacco tra muri in pietra e
cantonali in mattoni a causa della differente rigidezza che caratterizza i due
materiali. Impiegando come inerte la pozzolana (così chiamata dalla località di
Puteoli, oggi Pozzuoli, ove era reperita) già nel III secolo A.C. i Romani
ottennero in Campania malte talmente tenaci da sfidare i secoli, resistendo
benissimo anche all'umidità, in virtù del fatto che la pozzolana trasformava la
calce aerea in calce idraulica.
È interessante ricordare che la malta non era inizialmente adoperata in sottili
strati tra una pietra e l'altra, ma veniva stesa in superfici di grosso spessore,
all'interno della quale venivano annegate delle scaglie di tufo; il conglomerato,
viceversa si otteneva mescolando contemporaneamente pietre di piccolo
diametro e malta.
1.1.3 - La muratura in pietre artificiali.
Per pietre artificiali si intendono quelle confezionate attraverso
l'agglomerazione di materiali sciolti. Circa la loro origine, non sussiste alcun
dubbio che esse siano nate in quelle località (particolarmente sulle rive dei
fiumi) ove mancavano le pietre naturali di grandi dimensioni, ma erano presenti
materiali argillosi: questi, modellati allo stato plastico quando erano saturi di
acqua, mantenevano la forma allorché venivano fatti asciugare all'aria, dando
luogo a zolle rigide. D'altronde l'uso dell'argilla non era limitato alla creazione
di pietre ma veniva esteso alla costruzione di vasellame, monili, utensili e altri
oggetti. Per evitare le screpolature che si verificavano durante l'essiccazione
dell'argilla cruda (tanto più accentuate quanto più il materiale era puro – argille
cosiddette grasse), si pensò di combinarla con altri materiali allo scopo di
ridurre tale fenomeno (dando luogo alle cosiddette argille magre). Un primo
sistema si ritrova negli stessi scritti biblici, ove si narra che gli impasti per la
costruzione dei mattoni venivano additivati con paglia avente funzione
sgrassante: questa, peraltro, conferiva al materiale una maggiore resistenza a
trazione, svolgendo una funzione di armatura capillare e dando così vita ai
LA MURATURA: UN MATERIALE DA COSTRUZIONE Cap. 1
4
progenitori dei conglomerati fibro-rinforzati. Un altro inerte adoperato per
limitare i fenomeni di ritiro fu, come si è già detto, la sabbia.
Con ogni probabilità (come peraltro dimostrano i reperti di antiche costruzioni)
i primi elementi lapidei artificiali non ebbero sagoma parallelepipeda ma
ovoidale, secondo la forma impressa loro dalle mani dell'operaio che modellava il
materiale, racchiudendolo tra i due palmi tenuti in posizione convessa (tale
forma era, d'altronde, simile a quella irregolare delle pietre con le quali
venivano realizzate le costruzioni più antiche). All'evoluzione della squadrata
corrispose il mattone di forma parallelepipedica, divenuto standard e ripetitivo
appena si pensò di realizzare gli elementi mediante l'uso di casseforme. Le
murature a base di argilla cruda potevano essere costituite, in definitiva, da:
- un impasto di terreno argilloso e paglia tritata, detto torchi;
- un conglomerato di terreno argilloso e pietre, denominato pisé;
- mattoni crudi essiccati al sole (caratterizzati da maggiore leggerezza
rispetto alle pietre naturali e da tempi rapidissimi di produzione e di posa in
opera).
Fra queste tre tipologie, la seconda assume grande importanza in quanto
rappresenta l'antenato del calcestruzzo, che ha caratterizzato la maggior parte
delle costruzioni moderne. Il pisé era costituito, come si è detto, da un impasto
di terra e pietre costipato all'interno di casseforme in legno: queste venivano
poi riutilizzate, sollevandole, per costruire gli strati successivi del muro. Tale
tecnologia costruttiva si differenziava completamente da quella delle murature
in pietra, non solo in quanto impiegava un materiale decisamente più economico
(seppure meno pregiato), ma soprattutto perché l'uso delle casseforme
consentiva di modellare le forme più svariate, comprese quelle curve. Come si
vedrà in seguito, i conglomerati argillosi vennero diffusamente impiegati dai
Romani che provvidero a migliorarne le qualità meccaniche (la coesione in
particolare), addittivandoli con malte di calce. II pisé, comunque, considerato
troppo umile per le costruzioni, in confronto alla nobile pietra da taglio, fu
relegato tra i materiali poveri sino alla fine dell'Ottocento, allorché venne
diffusamente reintrodotto in Francia da Cointeraux, che suggerì di realizzare
mediante tale tecnologia costruzioni rurali a prova di incendio e muri ondulati:
questi ultimi, sfruttando la rigidezza tipica delle strutture nervate,
permettevano di conseguire una notevole rigidezza flessionale, senza l'impiego
di contrafforti.
figura 1.1 – Mazzapicchiatura del pisé all’interno di una cassaforma. Atlante marocchino, XX
secolo (fonte: Adam)
LA MURATURA: UN MATERIALE DA COSTRUZIONE Cap. 1
5
Per evitare l'inconveniente che i mattoni crudi presentavano, di acquisire
nuovamente consistenza plastica allorché venivano a contatto con l'acqua, si
pensò di cuocere gli elementi, dando luogo alla cosiddetta terracotta. Nel
fabbricare le prime suppellettili (e in particolare i vasi) si scoprì, peraltro, che
l'argilla cotta risultava impermeabile. Nella confezione di mattoni cotti vennero
usati solamente sgrassanti minerali (come la sabbia), in quanto quelli vegetali
(come la paglia) venivano distrutti durante la fase di cottura. E proprio per il
fatto che la cottura comportava costi elevatissimi (per la necessità di impiegare
molto legno combustibile), la produzione di mattoni cotti fu limitata alle opere
più importanti, perlomeno fino all'avvento delle moderne fonti di energia. Le
esigenze di una più rapida e uniforme cottura fecero sì che i mattoni
cambiassero sovente forma, avvicinandosi progressivamente a quelle che ci sono
più familiari. Nelle costruzioni Greche e Romane, l'argilla cotta comparve
piuttosto tardi e fino al I secolo A.C. fu utilizzata esclusivamente per la
confezione di tegole e per la protezione dell'estremità delle travi in legno, con
funzione impermeabile. Il mattone ebbe un campo di utilizzazione più ridotto di
quello della pietra, innanzitutto perché presentava una resistenza minore ma
anche perché, essendo la stabilità dei muri affidata al peso proprio e allo
spessore, particolarmente nelle sollecitazioni da sforzo normale eccentrico, era
preferibile impiegare materiali dotati di elevato peso specifico. Le dimensioni
delle pietre artificiali, comunque, sono sempre state limitate dalle esigenze di
essiccazione, prima, e di cottura, poi.
1.2 - Le costruzioni romane. [2] [3]
Come In parte già accennato, uno dei punti più alti del processo di
perfezionamento della tecnica della muratura è quello raggiunto ai tempi dei
Romani. Le murature romane di cui rimane ancor oggi traccia dimostrano come
un grado qualitativo così elevato non sia più stato raggiunto nemmeno in edifici
piuttosto recenti al confronto. Un vantaggio era rappresentato sicuramente
dalla manodopera a disposizione: a quei tempi vi era ampia disponibilità di
persone (si pensi alla possibilità di adoperare gli schiavi), che lavoravano inoltre
per una giornata di lavoro più lunga. Inoltre, pur essendo migliori ingegneri dei
Greci, i Romani operavano anch'essi su basi sperimentali e intuitive. Si può
quindi ipotizzare che questa circostanza li inducesse a portare un’attenzione
maggiore alla cura della tecnica costruttiva.
Quanto detto trova conferma nel fatto che opere come fortificazioni,
acquedotti e ponti, nonostante non fossero dotate di elevati coefficienti di
sicurezza, raramente crollarono. Solo per gli edifici, che in seguito al forte
inurbamento di epoca imperiale (dal 27 A.C.) ebbero un notevole sviluppo
verticale, fu posta una limitazione dell'altezza a 20 m da un decreto dello
stesso Augusto che volle così evitare possibili disastri dovuti, in particolare, alle
azioni sismiche.
L'architettura romana si ispirò, inizialmente, a quella greca e a quella etrusca:
ad esse furono apportate, nel tempo, radicali trasformazioni sostituendo alle
travi gli archi, ai tetti le volte e introducendo una serie vastissima di sistemi
costruttivi dei muri.