5
speranza e forza, ma anche di contraddizioni, paure, incertezze e
solitudini. Queste sono prerogative che l’uomo, malgrado passino gli
anni, non perde, egli rimane uguale a sé stesso. Questo argomento
“uomo”, Camus è riuscito a trasportarlo nelle sue opere, ma in modo
più diretto nel giornale resistente in cui ha scritto per diversi anni,
“Combat”.
Il primo capitolo di questa tesi vede un’analisi dalla formazione
umana a quella professionale di Camus, dall’infanzia povera ma tutto
sommato felice sotto il sole algerino, all’approdo come giornalista a
Parigi nel 1939 grazie al suo collega Pia, dopo essere stato allontanato
dal giornalismo della sua terra natale.
In questi primi anni di attività viene anche a maturarsi una certa idea
della funzione dell’artista, del distacco e della responsabilità da
conservare nei confronti degli avvenimenti, ma soprattutto si sviluppa
una delle sue idee centrali che è quella della libertà, vista da Camus
come diritto universale per tutti gli uomini, sempre nel rispetto del
prossimo.
Nel secondo capitolo sono esposte le riflessioni di Camus sulla guerra
e il contesto storico europeo durante i tormentati anni del secondo
conflitto mondiale. Camus si è interessato sia di politica estera,
affrontando le delicate questioni che riguardavano la Spagna, la
Grecia, la Polonia, che di politica coloniale, affrontando le
problematiche indocinesi e soprattutto algerine.
In questo capitolo, oltre quindi agli aspetti di politica estera vengono
esaminate le considerazioni di Camus rispetto alla politica interna e
6
alle inadempienze e ai tradimenti della stessa, ribadendo l’importanza
nella politica di un elemento da tenere sempre in conto, ossia la
giustizia. Vedremo come tra l’altro, proprio su questo principio da
adottare in politica, si scatena una polemica tra Camus e il suo stimato
ma controverso amico Mauriac, sostenitore invece della politica
dell’indulgenza.
Il terzo capitolo rivela un Camus più energico e combattivo,
impegnato nel sottolineare l’importanza della morale, da utilizzare
non solo personalmente, da uomo a uomo, ma anche, in maniera più
estesa, da istituzioni più “alte”. Benché egli non abbia una buona
considerazione di coloro che si occupano di politica, perché li crede
solo bramosi di potere e di soldi, egli ritiene che una politica che
conservi un fondamento morale possa in qualche modo aiutare gli
uomini che hanno come uniche richieste “il pane e la libertà”. Ecco
perché Camus descrive nei suoi articoli, così come nulla sua opera
politica per eccellenza, “L’Homme Révolté”, che tra l’altro gli varrà
molte critiche provenienti dalle fila comuniste ed un’aspra polemica
col suo amico e collega Sartre, fino alla loro totale rottura, come possa
risultare importante la formazione di una politica morale.
Così, dopo aver proposto come modello da utilizzare in politica quello
socialista, quello che più si avvicinava al suo modo di intendere la
politica, perché a parer suo è quello che più di altri rispetta le esigenze
dell’uomo, egli, dichiarandosi comunque un non-politico, ipotizza,
invece un ordine internazionale, con un altrettanto parlamento e
organo di giustizia internazionale, che provveda a risolvere tutte le
7
questioni che riguardino la popolazione mondiale. Può sicuramente
apparire un concetto utopistico, ma Camus portava inconsciamente in
mente, un concetto embrionale del sistema della “mondializzazione”.
Ricordando che Camus è profondamente laico, bisogna sottolineare
come anche nell’istituzione ecclesiastica, egli auspica l’impiego della
morale. Sicuramente molti sono gli atteggiamenti che non condivide
con la chiesa, e ha proprio per questo sempre cercato un dialogo con
essa, per farle capire l’importanza che essa ricopriva durante gli anni
della seconda guerra in particolar modo, utilizzando toni anche
piuttosto accesi. Ad esempio egli le rimprovera l’atteggiamento di non
proferire parola riguardo alle ingiustizie che stavano accadendo in
Paesi dove migliaia e migliaia di uomini perdevano la loro vita, solo
perché erano ebrei, o perché difendevano la loro libertà.
Il quarto capitolo tratta invece l’argomento dell’impegno intellettuale
di Camus. In quanto giornalista, egli sente su di sé tutta la
responsabilità di informare al meglio delle sue possibilità una
popolazione che necessita di sapere.
Così inizialmente, partendo da un discorso piuttosto storico, dalla
nascita di Camus come giornalista su “Combat” clandestino, e dalla
nascita stessa del giornale nel 1941, si passa ad una valutazione di ciò
che significa per Camus, essere un giornalista. Significa, agire sempre
nella verità e nella libertà, anche se questa viene spesso oscurata dal
potere dei partiti e dei soldi.
Saranno proprio questi due elementi a far si che Camus abbandoni la
redazione di “Combat”, i tempi sono cambiati, e il “suo” giornale non
8
rispetta più il suo tratto distintivo di non aver nessun partito politico
dietro le spalle che lo condizioni. Questo è stato anche causa di un
altro scontro piuttosto acerbo, sulla questione della censura sulla
stampa, con il suo ex collega François Mauriac, per il quale tuttavia
nutre sempre un forte senso di ammirazione.
Lo scrittore riconosciuto, cosciente dell’opera che porta in sé, e
l’uomo pubblico, impegnato, di cui si conoscono ormai bene le
posizioni, grazie a “Combat”, espongono una notevole attività.
Il redattore capo, l’editorialista, lo scrittore, l’uomo pubblico, parlano
lo stesso linguaggio, al servizio delle stesse convinzioni, con lo stesso
senso delle loro responsabilità.
9
CAPITOLO 1
LA VITA E LA FORMAZIONE
Non si può cominciare un discorso su Camus senza tener conto delle
sue vicende biografiche e quindi dell’ambiente geografico e culturale
in cui egli crebbe.
Le componenti biografiche si possono rintracciare nelle esperienze
fondamentali della miseria dei primi anni, della malattia, della
partecipazione attiva agli eventi politici; l’ambiente era quello
soffocante e bruciante dell’Algeria e dell’orizzonte insanguinato
dell’Europa sconvolta dalla guerra, nel quale maturarono tutte le sue
inquietudini e i contrasti intellettuali.
Albert Camus nacque il 7 novembre 1913
1
a Mondovì
2
in Algeria, da
padre di origine alsaziana e madre di origine spagnola. La condizione
economica familiare, piuttosto modesta, suo padre infatti era un
semplice operaio agricolo, si fece più difficile dopo la morte di
quest’ultimo il 17 ottobre 1914
3
, in seguito alle ferite riportate durante
la battaglia della Marna
4
. Sua madre decise così di trasferirsi con i
suoi gemelli a casa di sua madre ad Algeri, nel quartiere popolare di
1
L. THORENS, À la rencontre de Albert Camus, La sixaine, Bruxelles 1949, p. 9.
2
Antico nome della città di Dréan, situata sulla costa ad est dell’Algeria. Viene chiamata dai suoi
abitanti “La piccola Parigi”, è una cittadina agricola principalmente conosciuta per le sue
piantagioni di tabacco. Cfr. FERHAT ABBAS, Le jeune Algérien, Réed. Garnier, Paris 1998, p.
21.
3
L. THORENS, À la rencontre de Albert Camus, cit. p. 11.
4
Durante la prima guerra mondiale ci furono due battaglie combattute lungo il fiume Marna, nella
Francia nord-orientale, che videro su fronti opposti le forze tedesche e quelle alleate. La prima
arrestò l’avanzata tedesca sul fronte francese; la seconda rovesciò l’equilibrio delle forze in favore
degli Alleati. Cfr. M. GILBERT, La grande storia della prima guerra mondiale, Mondadori,
Milano 2000, p. 179.
10
Belcourt
5
. Albert e suo fratello gemello Lucien vissero la loro infanzia
con la nonna, autoritaria e manesca. Camus ricordava infatti che
quando li picchiava, la madre implorava inutilmente: «Non sulla testa,
mamma
6
». Analfabeta, la mamma di Camus parlava poco con i suoi
figli, ostacolata da una malattia e dal lavoro massacrante come donna
delle pulizie. Quanto infatti non l’aveva capita da bambino, tanto
Camus dovette amarla da adulto se, alla notizia del conferimento del
premio Nobel, volle per prima cosa informarsi se ella era felice e se,
nel discorso di Stoccolma
7
, non esitò ad affermare che, pur credendo
nella giustizia, se avesse dovuto scegliere tra essa e sua madre, non
avrebbe esitato a scegliere sua madre
8
.
L’infanzia di Camus fu trascorsa per strada, tra i piccoli arabi
seminudi e poveri come lui. Egli assegnò più tardi a questa esperienza
di povertà la funzione di una vera scuola di vita. Lo stesso Camus
riteneva che il destino aveva voluto collocarlo a metà strada fra la
miseria e il sole, perché la miseria gli impedisse di credere che tutto
andava bene sotto il sole e nella storia, e il sole gli insegnasse che la
storia non era tutto
9
. Difatti egli diceva di aver appreso la libertà nella
miseria e non in Marx, in quanto: « C’è una solitudine nella povertà,
ma una solitudine che ridà il giusto prezzo ad ogni cosa
10
».
Affascinato da piccolo dal mare, dal divertimento, dal calcio, egli
5
Popoloso quartiere di Algeri. Cfr. L. THORENS, À la rencontre de Albert Camus, cit. p. 17.
6
V. PASSERI PIGNONI, Albert Camus, uomo in rivolta, Cappelli, Bologna 1965, p. 96.
7
Capitale della Svezia dove Camus ricevette nel 1957 il premio Nobel per la letteratura. Cfr. N. DI
GIROLAMO, Albert Camus uno e due, Ed. Maia, Siena 1959, p. 76.
8
V. PASSERI PIGNONI, Albert Camus, uomo in rivolta, cit. p. 97.
9
A. CAMUS, Saggi letterari, prefazione a Il diritto e il rovescio, Bompiani, Milano 1959, p. 8.
10
A. CAMUS, Actuelles (1944-48), Gallimard, Paris 1951, p. 3.
11
però non disdegnava la lettura, così incoraggiato dal suo insegnante di
filosofia Jean Grenier
11
, da cui attinse alcuni temi a lui poi cari come
l’ascesi dell’indifferenza, la condanna di ogni messianismo e
l’aspirazione ad un irraggiungibile assoluto, vinse una borsa di studio
che gli permise di proseguire i suoi studi al liceo e all’università di
Algeri, dove conseguì la laurea in filosofia con una tesi su Plotino
12
e
S. Agostino
13
dal titolo “Atticismo e Cristianesimo
14
”.
Il progetto iniziale di Camus laureato era quello di indirizzarsi
all’insegnamento e nel 1937 si presentò all’ “Agrégation de
Philosophie
15
”, dalla quale però fu rifiutato a causa della sua malattia
all’epoca incurabile: la tubercolosi.
Fu a partire dal momento del suo incontro con Pascal Pia
16
che la sua
vita prese una svolta. Pia voleva fondare un nuovo giornale “pas
comme les autres”, che facesse concorrenza all’ “Echo d’ Alger
17
”; e
che chiamò “Alger Républicain
18
”. Egli utilizzava questo giornale per
denunciare le incongruenze politiche algerine. Ad esempio, Pia
sosteneva l’idea che non si potesse mantenere eternamente sotto tutela
11
Professore di filosofia ad Algeri, segretamente cristiano. Camus gli dedicò il suo primo libro
“L’envers et l’endroit”, così come “L’Homme Révolté”. Cfr. L. THORENS, À la rencontre de
Albert Camus, cit. p. 14.
12
Filosofo egiziano, erede di Platone e padre del neoplatonismo. Cfr. M. VEGETTI, L’etica degli
antichi, Laterza, Bari 1989, p. 215.
13
Filosofo, vescovo e teologo latino. Santo della Chiesa cattolica, a lui si rifà l’Ordine dei canonici
Regolari di Sant’Agostino, chiamato degli Agostiniani. Ivi, cit. p. 231.
14
L. THORENS, À la rencontre de Albert Camus, cit. p. 22.
15
Concorso statale a cattedra, per l’insegnamento nella facoltà di filosofia. Cfr. N. DI
GIROLAMO, Albert Camus uno e due, cit. p. 44.
16
Il suo vero nome era Pierre Durand. Fu scrittore, giornalista. Nel 1938 fu direttore di “Alger
Républicain”, lavorando con Camus che gli dedicò “Le mithe de Sisyphe”. Cfr. L. THORENS, À
la rencontre de Albert Camus, cit. p. 20.
17
Giornale maggiormente conosciuto in Algeria. Ivi cit. p .20.
18
Giornale algerino fondato da Pascal Pia nel 1938. Cfr. L. THORENS, À la rencontre de Albert
Camus, cit. p. 21.
12
un popolo, per di più sulla sua stessa terra, o che il salario di un arabo,
a pari lavoro, dovesse essere uguale a quello di un europeo e che un
bambino arabo avesse diritto di andare a scuola mentre i suoi genitori
avevano diritto alle leggi sociali. Camus rimase affascinato da questo
uomo e cominciò a collaborare con lui sul suo giornale esercitando
diverse mansioni, dal critico letterario alla creazione di grandi
reportages. Si può infatti tranquillamente affermare che “Alger
Republicain” fu la sua scuola per il giornalismo.
In seguito però alla sua “Enquête en Kabylie
19
”, nel 1939, che
denunciava la pessima condizione di vita in quella regione, Camus
venne allontanato dal giornalismo algerino. Cosi Pia gli trovò un
impiego sempre come giornalista, questa volta a Parigi, su “Paris
Soir
20
”, che però non lo soddisfava completamente, in modo che nel
1942 egli approdò al giornale “Combat
21
”.
19
Inchiesta condotta da Camus nel 1939 su “Alger Républicain”, dove venivano denunciati i
soprusi sulla popolazione, da parte di amministrazioni scorrette. Per questa inchiesta Camus fu
allontanato dal giornalismo algerino. Cfr. J-C. BRISVILLE, Camus, Gallimard, Paris 1959, p. 67.
20
Quotidiano francese, edito dal 1923 al 1944, continuò le pubblicazioni anche sotto il controllo
delle forze di occupazione. Cfr. L. THORENS, À la rencontre de Albert Camus, cit. p. 25.
21
Giornale clandestino durante gli anni dell’ occupazione tedesca cui collaborò Camus fino al
1947. ivi, cit. p. 2.
13
1.1. Camus filosofo
Nel frattempo, in tutti questi anni, Camus aveva sviluppato tutto un
insieme di idee sulla vita e sull’assurdità di questa: il problema del
male, il rapporto tra la sete di giustizia dell’uomo e il dolore del
mondo e la risposta incomprensibile di un dio misterioso e lontano;
furono quelli gli anni ardenti e appassionati delle prime sue opere, che
costituirono un importante antefatto a tutta la sua produzione, in
quanto contenevano di già i motivi fondamentali e le più significative
indicazioni del suo pensiero: l’analisi di quella disperazione di vivere,
senza la quale non c’era amore del vivere, il continuo sforzo di
separare gli uomini dalla loro assurdità.
Erano tematiche che Camus aveva riscontrato nei personaggi di
Dostojevskij
22
, in Nietzsche
23
e Spengler
24
, personaggi intellettuali,
oscillanti tra la negazione e l’esigenza della fede, ossessionati
dall’idea del suicidio, in lotta contro tutto e tutti.
Camus era stato molto influenzato da questi scrittori ma la
particolarità di tutta la sua opera, tuttavia, è che malgrado gli aspetti di
un mondo assurdo, senza speranza di riscatto, egli apparteneva alla
“philosophie du bonheur”, a quella letteratura che testimoniava
l’inesausto sforzo dell’uomo verso la felicità.
Per questo, egli non voleva adattare all’uomo nessuna norma
impegnativa né voleva proporgli un sistema di idee che potessero
valere come programma; semplicemente Camus guardava se stesso, il
22
Scrittore e filosofo russo, definito artista del caos, perché i suoi personaggi avevano sempre il
carattere dell’eccezionalità. Cfr. ivi, cit. p. 34.
23
Filosofo tedesco, demolitore di ogni metafisica e critico di ogni idealismo. Ivi, cit. p. 36.
24
Filosofo, storico e scrittore tedesco. Ivi cit. p. 36.
14
suo sentimento, considerando il pensiero come specchio del mondo.
Ecco infatti perché parlava solo delle più sofferte esperienze del suo
tempo, il nichilismo, la contraddizione, la vertigine, il tormento
dell’uomo che rilevava il suo disaccordo con le cose, i contrasti, dai
quali ne nacque tutta una serie di opere che ne spiegavano il senso:
“L’Envers et l’endroit
25
”, “Entre oui et non
26
”,”L’exil et le
royaume
27
”, “L’incroyant et le chretiens
28
”.
Lo scrittore di opere come “Le mythe de Sisyphe
29
” e “L’étrangèr
30
”
non esitava ad affermare che della vita bisognava accettare tutto, la
disperazione profonda, e la segreta bellezza di un paesaggio, che
insegnavano, l’una e l’altra, ad essere coraggiosi e ad accettare con
amore anche le esperienze disperate: «Se il dolore non ha senso o per
lo meno non ha un senso comprensibile all’uomo, non resta che la
presa di coscienza, l’accettazione senza illusioni
31
». Egli apparteneva
a quella “ethique du bonheur” che rappresentava l’unico modo di
prendere coscienza di sé nell’assurdo.
Camus trascorse anni impegnato a lottare contro le ingiustizie in tutto
il mondo: nel 1952 si ritirò dall’UNESCO
32
dopo l’accettazione della
25
Raccolta di saggi scritta da Camus nel 1937. Cfr. V. PASSERI PIGNONI, Albert Camus, uomo
in rivolta, cit. p. 421.
26
Saggio compreso nella raccolta “L’Envers et l’ Endroit”. Ivi, cit. p. 421.
27
Raccolta di novelle scritta nel 1957. ivi, cit. p. 422.
28
Dibattito svoltosi nel 1948 presso i domenicani di via Latour-Maubourg a Parigi e raccolto in
“Actuelles” (1944-1948). Cfr. ivi, cit. p. 422.
29
Romanzo scritto da Camus nel 1942. Ivi, cit. p. 422
30
Romanzo scritto nel 1942. Ivi, cit. p. 422
31
Ivi, cit. p. 100.
32
Istituto specializzato dell’ONU, con sede a Parigi, fondato nel novembre del 1945 per
promuovere il mantenimento della pace, incentivando la cooperazione internazionale nei campi
della cultura, dell’educazione, delle scienze umane e naturali. Cfr. M. GILBERT, La grande storia
della seconda guerra mondiale, Mondadori, Milano 1990, p. 220.
15
Spagna franchista
33
, scrisse commosse parole per gli operai uccisi
nella sommossa di Berlino il 17 giugno 1953
34
, propose una tregua il
22 gennaio 1956
35
ad Algeri, davanti ai rappresentanti di diverse
comunità musulmane. Dopo questi avvenimenti e dopo essere stato in
qualche modo deluso dall’uomo, che non rispettava il prossimo, egli
non si mosse più dalla Francia se non per il conferimento del premio
Nobel nel 1957.
1.1.1. Il premio Nobel
La motivazione del premio diceva che egli era stato eletto “in
riconoscimento della sua importante opera letteraria, che mette in luce
problemi che si pongono alla coscienza degli uomini
36
”. «Esiste in
questo scrittore – precisava il segretario dell’Accademia svedese – un
autentico engagement morale che lo spinge ad investire con ardore e
con tutto se stesso i grandi problemi fondamentali della vita: di
conseguenza, è senza dubbio giusto affermare che tale aspirazione
risponde agli ideali per i quali il premio Nobel venne fondato
37
».
Il riconoscimento solenne sembrava ribadire il suo alto senso di
responsabilità di letterato impegnato nei problemi del suo tempo, ma
egli era consapevole che l’arte doveva superarli in un’universalità di
linguaggio valida per tutti i tempi.
33
Quando la Spagna del dittatore Francisco Franco fu ammessa a far parte dell’ UNESCO, Camus
decise di ritirarsi da questo istituto, in segno di pretesta. Cfr. M. D. BAUER, La Honte, Hachette,
Paris 1983, 212.
34
L. THORENS, À la rencontre de Albert Camus, cit. p. 88.
35
Ivi, cit. p. 89.
36
V. PASSERI PIGNONI, Albert Camus, uomo in rivolta, cit. p. 363.
37
Ivi, cit. p. 363.
16
I due discorsi che egli pronunciò all’ Hotel de Ville di Stoccolma
38
e
all’università di Upsala
39
confermarono il senso profondo di tutta la
sua opera. In questi discorsi, egli diceva che l’arte non lo separava
dagli altri uomini, ma, sottomettendolo alla verità più umile e più
universale, lo avvicinava ad essi fraternamente.
«E se l’arte è al servizio della verità – dichiarò nell’università di
Upsala – anch’essa è espressione dell’intrinseca libertà dell’uomo
40
».
L’artista secondo il suo parere, essendo testimone della libertà, doveva
sentirne la responsabilità e la gioia: «Perché – sottolineava ancora
durante il suo discorso di ringraziamento per il Nobel a Stoccolma –
ogni artista, conserva in sé una sorgente che alimenta quello che egli
è
41
»; la sua sorgente era quindi “in quel mondo” di luce e povertà in
cui era vissuto e il cui ricordo lo preservava dai due opposti pericoli
che minacciavano l’artista: il risentimento e la soddisfazione.
Il 17 dicembre 1958
42
, Camus partì da Parigi per trascorrere le
vacanze di fine anno a Cannes e dedicarsi al suo sport preferito, la
navigazione a vela; prima dell’Epifania però, fu richiamato a Parigi
dal suo collega Malraux
43
, per trattare una questione inerente alla
Comédie Française. Comperò cosi, per se e la sua famiglia i biglietti
38
«Chaque génération se croit vouée à refaire le monde. La bienne sait pourtant qu’elle ne le
refera pas. Mais sa tache est peut-etre plus grande. Elle consiste à empecher que le monde se
défasse». Estratto del discorso a Stoccolma. Cfr. J-C. BRISVILLE, Camus, Gallimard, Paris 1959,
p. 110.
39
Città svedese, nella quale università Camus tenne un discorso dopo aver ricevuto il premio
Nobel. Cfr. L. THORENS, À la rencontre de Albert Camus, cit. p. 92.
40
V. PASSERI PIGNONI, Albert Camus, uomo in rivolta, cit. p. 366.
41
Ivi, cit. p. 369.
42
L. THORENS, À la rencontre de Albert Camus, cit. p. 111.
43
Scrittore e politico francese, militò contro il fascismo e il nazismo, partecipò alla Resistenza.
Cfr. AUTERS COLLECTIVES, À Albert Camus, ses amis du Livre, Gallimard, Paris 1962, p.51.
17
del treno, ma finì per accettare il cordiale ed insistente invito di
Gaston Gallimard
44
, il nipote del suo editore, che volle
riaccompagnarlo a Parigi in automobile. Tuttavia volle che la moglie e
i figli andassero in treno. Camus non amava correre sulle lunghe
strade francesi e più volte espresse il suo orrore per la morte in
incidente automobilistico, che gli sembrava la più rispondente alle
leggi dell’assurdo. Proprio questa invece, fu la morte che gli spettò,
sulla strada che collegava Avignone a Parigi, egli morì sul colpo, di
una morte senza coscienza e senza conforto che aveva sempre
paventato. Era il 4 gennaio 1960
45
.
La notizia lasciò la Francia scossa e incredula davanti la perdita
“assurda” di un uomo che nella sua volontà di testimoniare, malgrado
il riconoscimento dell’assurdo esistenziale e l’implacabile grandezza
della vita, fece appello ad una dignità che escludeva la disperazione.
Camus aveva indicato una via d’uscita al nichilismo e aveva proposto
una severa regola morale a quanti, dopo l’orrore della guerra,
anelavano di riconciliarsi con la vita e di trovarle uno scopo.
Nel XX secolo, il mondo restava scosso, l’individuo inquieto, Camus
ne era consapevole, e proprio per questo aveva avuto la sensazione di
non aver saputo indicare una vera saggezza. In effetti gli ultimi lavori,
disincantati, evidenziavano un pessimismo cupo.
Ciò che restava di questa messa in discussione, era la verità, la nobiltà
dell’uomo, la vita “allegra e lacerata” celebrata nel discorso del Nobel.
44
Nipote dell’ editore Michel Gallimard, stretto collaboratore di Camus. Cfr. J-C. BRISVILLE,
Camus, cit. p. 155.
45
L. THORENS, À la rencontre de Albert Camus, cit. p. 127.
18
Combattendo la sua battaglia di saggista, moralista, romanziere, egli
ristabilì il valore della cultura, la cui funzione si riassumeva per lui in
un’ostinata ricerca del senso della vita e della libertà.
1.2 La libertà come scopo di vita
La libertà per Camus rappresentava il fulcro, il motore della vita
stessa. Tutte le rivolte, le rivoluzioni, le guerre, avevano come fine
ultimo il raggiungimento della libertà, il non sentirsi incatenati,
oppressi. Egli, infatti che ne era un fermo sostenitore, proprio in nome
di essa, aveva lottato affinché questo principio trionfasse. Lo si può
notare già da quando, giornalista clandestino su “Combat”, scriveva
articoli in cui disprezzava tutti i governi, di qualunque schieramento
politico, anche quello francese, che violavano questo principio: «
Nessuno – affermava nell’articolo su “Combat” del 29 novembre
1946
46
– può negare la libertà a qualcun altro, impedendogli di agire o
di pensare»
47
.
Camus pensava che per la libertà si poteva anche morire.
La libertà di cui egli parlava, comunque, bisogna precisare, non era
una libertà totale, estrema, da raggiungere ad ogni costo. Non bisogna
dimenticare che Camus era fondamentalmente un umanista, credeva
nell’uomo e prima di ogni altra cosa ne esigeva il rispetto, che fosse
bianco o nero, comunista o fascista, russo o tedesco, bisognava
rispettarlo in quanto uomo. Questa sua idea di rispetto per l’uomo
trova la sua migliore spiegazione nel 1945, nelle “Lettres à un ami
46
J. LÉVI-VALENSI, Cahiers Albert Camus: Camus à Combat, Gallimard, Paris 2002, p. 634.
47
Ivi, cit. p. 634.