7
Si ritiene interessante riportare alcuni dei principali interrogativi che la letteratura petrolifera e
le più animate discussioni del world wide web si pongono riguardo al futuro energetico
mondiale:
Il petrolio, poiché è una risorsa non rinnovabile, sta per esaurirsi oppure gli alti prezzi
del greggio sono causati dai comportamenti dei paesi arabi?
Con il petrolio sopra i cento dollari si rischia la recessione globale oppure i paesi
emergenti – attraverso il fenomeno del decoupling – salveranno il benessere degli Stati
più ricchi?
Quanto è ben riposta la speranza nelle energie alternative, quali il nucleare, il solare, il
vento, le biomasse come possibili sostituti dell‟energia prodotta dal petrolio?
Questo lavoro tenta di approfondire le perplessità sollevate da queste ed altre domande che
stanno affliggendo gli economisti, i politici, gli imprenditori e le persone comuni, avvalendosi
di alcuni strumenti – quali la Dinamica dei Sistemi – che risultano particolarmente efficaci
nell‟analisi di ambienti complessi ed interattivi di cui il mercato petrolifero è senz‟altro un
illustre esempio.
Il primo capitolo dell‟elaborato, intitolato “Il mercato petrolifero”, cerca di rispondere – in
parte – alla prima domanda attraverso un‟analisi economico-politica del mercato dell‟oro
nero, individuando quali sono gli elementi distintivi dell‟industria. Anzitutto, si intende
sfatare il mito che il petrolio sia racchiuso in immensi laghi sotterranei in cui è sufficiente
pompare all‟esterno tutto il contenuto quando, invece, il processo di estrazione e l‟intera
filiera produttiva richiedono elevate competenze e capitali. Più che in altre realtà, inoltre, il
mercato petrolifero è contrassegnato da relazioni tra gli attori protagonisti che solo raramente
sono basate su regole economiche mentre, assai di frequente, sono i rapporti di tipo politico,
militare o ideologico che collegano i consumatori con i produttori; storicamente il prezzo del
petrolio ha presentato una volatilità direttamente proporzionale alle tensioni internazionali e
geopolitiche. Di questi e di altri aspetti le scienze economiche hanno tenuto conto, a partire
dagli anni ‟70, per modellare il mercato petrolifero al fine di cogliere eventuali schemi
comportamentali utili per prevedere l‟evoluzione del prezzo del greggio: nel capitolo si
presenteranno diversi tentativi effettuati in letteratura, dall‟approccio neoclassico elaborato da
Hotelling, attraverso i modelli che studiano il comportamento dell‟OPEC, fino ai più recenti
8
modelli econometrici e dinamici. La formazione del prezzo del petrolio, infine, ha luogo
presso i principali mercati finanziari ed è stata frutto di un processo di evoluzione
relativamente rapido di cui si intendono esporre le principali fasi, al fine di cogliere
l‟importanza dei paper barrels (i “barili di carta”) che infiammano, attraverso la speculazione,
il prezzo del greggio.
Il secondo capitolo - intitolato “La prima crisi petrolifera del ventunesimo secolo” - si pone
l‟obiettivo di studiare le implicazioni economiche che sta producendo, e potrebbe in futuro
produrre, il recente livello record del prezzo del petrolio per poter rispondere alla seconda
domanda citata in precedenza. L‟analisi vuole illustrare i tratti di novità rispetto alle crisi
passate e individuare le possibili cause dell‟attuale incremento esponenziale dei prezzi: negli
ultimi dieci anni il mercato petrolifero ha subito un rapido processo di concentrazione della
produzione petrolifera in mano ai Governi dei principali stati produttori. La reazione delle
multinazionali occidentali è stata quella di avviare un‟importante stagione di fusioni ed
acquisizioni che hanno portato ad una drastica semplificazione del settore petrolifero che, ora
più che mai, è nella mani di pochi e potentissimi attori. C‟è, inoltre, un aspetto che è stato
finora trascurato dagli economisti nel formulare le proprie previsioni sul prezzo, ma di cui è
necessario tenere conto: dato lo stock di petrolio, di entità finita, racchiuso nelle viscere della
terra, è sensato aspettarsi un momento in cui non sarà più possibile estrarre ulteriore greggio
dai pozzi in produzione e chiudere in definitiva l‟età del petrolio iniziata nella seconda metà
del XIX secolo. In realtà, prima ancora che l‟ultima goccia di petrolio sarà zampillata dalla
terra, alcuni studiosi sostengono che la produzione petrolifera raggiungerà un picco produttivo
superato il quale l‟offerta non sarà più in grado di soddisfare la domanda di energia richiesta
dal mondo: sono i fautori della “teoria del picco del petrolio”, che viene presentata nel corso
del capitolo. Infine, si studia l‟impatto che il prezzo del greggio sta avendo su crescita
economica, inflazione ed alcuni dei settori economici più esposti alle variazioni del prezzo del
petrolio: nonostante negli ultimi decenni le economie più sviluppate abbiano imparato ad
utilizzare meno petrolio nelle proprie attività economiche, sembrerebbe, dai più recenti dati su
crescita ed inflazione, che il prezzo del petrolio abbia superato la soglia critica tollerabile
dall‟economia ed abbia iniziato a manifestare i primi effetti sul ciclo economico, con
l‟inflazione che ha raggiunto i livelli più alti degli ultimi 10 anni ed un tasso di crescita del
PIL mondiale in sostanziale rallentamento.
9
Il terzo capitolo, “Modello di interpretazione del mercato petrolifero”, propone un tentativo di
modellizzare la realtà petrolifera studiata nei capitoli precedenti utilizzando gli strumenti ed il
punto di vista della Dinamica dei Sistemi. Il punto di partenza è un modello dinamico di
Fabio Sferra, elaborato nel 2006, che mette in relazione il prezzo del petrolio con la crescita
economica mondiale, in un‟analisi di scenari futuri orientati alla progressiva sostituzione dei
combustibili fossili con fonti alternative. Al modello si è cercato di rendere endogeni l‟offerta
petrolifera, attraverso lo studio del ciclo di investimenti in ricerca e innovazione tecnologica
delle tecniche estrattive messo in atto dall‟industria petrolifera, e l‟evoluzione del prezzo delle
tecnologie che sfruttano le energie alternative, allo scopo di prevedere la quota di energia
primaria prodotta da fonti rinnovabili e il risparmio di consumi apportato all‟economia
mondiale in termini di barili di petrolio al giorno. Il processo di modellazione è passato dalla
stesura dei Diagrammi Causali Circolari, necessari per concettualizzare le intuizioni, per
giungere alla creazione dei Diagrammi dei Livelli e Flussi attraverso l‟utilizzo di un software.
Infine, sono stati delineati diversi possibili scenari futuri allo scopo di monitorare il
comportamento delle variabili prese in esame. È stato analizzato un possibile scenario di
innovazione radicale nelle tecniche estrattive dell‟industria petrolifera, uno scenario
pessimista sull‟energia rinnovabile ed uno scenario dominato da incentivi pubblici all‟utilizzo
dell‟energia rinnovabile, per cercare di comprendere – come proposto dalla terza domanda
posta in precedenza – se il futuro che attende l‟economia globale sarà davvero “verde” e
libero da emissioni inquinanti.
10
Capitolo I: Il mercato petrolifero
Per quanto la geopolitica e gli eventi politici di molti paesi e aree del mondo giochino un
ruolo importante e probabilmente unico nelle vicende petrolifere, sono le leggi bronzee
dell’economica che alla fine determinano i fenomeni strutturali del mondo del petrolio.
Leonardo Maugeri – L’era del petrolio.
1.1 Introduzione
Cercare di comprendere e analizzare tutte le forze che agiscono all‟interno del mercato
petrolifero è un‟impresa assai impegnativa: in esso interagiscono fattori che impegnano gli
studi di discipline tra loro distanti, quali le scienze politiche ed economiche, la geologia, la
chimica, l‟ingegneria petrolifera. Per cercare di cogliere nel modo migliore gli aspetti che
riguardano il settore petrolifero e provare ad offrire l‟interpretazione più corretta possibile dei
fenomeni che lo caratterizzano, diventa essenziale, quindi, seguire i passi che gli studiosi
hanno compiuto nelle diverse materie nel tentativo di esplorare in profondità il mondo del
petrolio.
La sezione 1.2 include una breve rassegna delle diverse fasi in cui si articola il processo
produttivo del petrolio per poter intendere l‟elevata intensità di utilizzo di capitali e di
manodopera altamente qualificata che contraddistingue l‟industria petrolifera.
In seguito, nella sezione 1.3 del capitolo, si individuano i principali attori del mercato, i cui
umori e dichiarazioni, talvolta, provocano importanti conseguenze sul prezzo del petrolio: si
scoprirà che, in concomitanza dei due shocks petroliferi degli anni ‟70, il mercato ha vissuto il
passaggio di consegne del ruolo di attore dominante, dalle principali compagnie petrolifere (le
cosiddette “sette sorelle”) ai paesi esportatori di greggio aderenti all‟OPEC.
La sezione 1.4 si occupa di presentare un‟analisi storico-evolutiva riguardante i tentativi della
teoria economica di modellare il mercato petrolifero al fine di tentare di prevedere il prezzo
della commodity: tali studi, iniziati nel 1931 con un famoso articolo di Hotelling
sull‟esaurimento delle risorse non rinnovabili, si sono maggiormente sviluppati durante le
crisi petrolifere degli anni ‟70 dello scorso secolo e, nonostante i recenti progressi di stampo
11
econometrico, non sono ancora arrivati alla stesura di un adeguato modello “universale” del
mercato petrolifero.
Infine, nella quinta e ultima sezione, si descrivono i meccanismi finanziari utilizzati dagli
operatori, produttori, raffinatori, fondi internazionali di investimento e consumatori per la
contrattazione del prezzo del petrolio: da un mercato di breve termine, in cui si contrattava il
prezzo della consegna “fisica” del petrolio, si è passati, nel corso degli anni ‟80, ad un
mercato a medio-lungo termine, dominato da fenomeni finanziari e speculativi, in cui i paper
barrels (così sono chiamati i contratti scambiati quotidianamente sui mercati regolamentati)
giocano un ruolo centrale nel processo di compravendita del greggio e dei suoi derivati.
12
1.2 La produzione del petrolio
Nell‟immaginario collettivo, si rappresenta il petrolio come un liquido scuro raccolto in
gigantesche caverne o in laghi sotterranei, in cui è sufficiente immergere un‟enorme cannula e
risucchiarlo in superficie con facilità. Tale visione semplificata ed erronea è probabilmente
frutto di alcuni episodi del passato in cui alcuni improvvisati pionieri vedevano mutare le
proprie fortune grazie alla scoperta di giacimenti di greggio in cui il petrolio fuoriusciva dal
sottosuolo con tale forza da formare enormi fontane: è quanto accadde, ad esempio, nel 1901
a Spindletop, in Texas, dove un pozzo profondo pochi metri “eruttava” spontaneamente
75.000 barili di greggio al giorno. Il petrolio, in realtà, è intrappolato all‟interno di rocce
porose nel sottosuolo terrestre, i cosiddetti reservoirs, in celle tanto minuscole da risultare
invisibili a occhio nudo1, pertanto l‟estrazione e la produzione del petrolio sono attività che
richiedono elevate competenze geologiche e ingegneristiche nell‟individuazione e
sfruttamento dei giacimenti petroliferi.
Il petrolio è membro della famiglia degli “idrocarburi”, che include quasi tutte le sostanze
comunemente usate per ottenere energia dalla combustione, così chiamate perché si tratta di
composti fra carbonio e idrogeno2 ed è fra le sostanze più versatili esistenti in natura:
“Un barile di petrolio può produrre benzina a sufficienza per far viaggiare un automobile di
media cilindrata per più di 300 chilometri; gasolio quanto basta a un camion per un viaggio
di circa 60 chilometri, gas liquido per 12 piccole bombole da campeggio, poco meno di 70
kilowatt in una centrale elettrica, asfalto a sufficienza per 4 litri di catrame, circa 2 chili di
carbonella, cera per circa 170 candeline di compleanno e lubrificanti per circa 1 litro di olio
motore” (Youngquist, 1997).
Il processo produttivo del petrolio può essere suddiviso essenzialmente in cinque fasi:
I. ricerca,
II. estrazione,
III. trasporto,
IV. raffinazione,
V. distribuzione.
1
Maugeri, L. (2006). L'era del petrolio. Feltrinelli Editore, pag. 230.
2
Bardi, U. (2003). La fine del petrolio. Editori Riuniti, pag. 31.
13
1.2.1 La ricerca
La ricerca di petrolio è la fase più delicata del processo di produzione poiché è caratterizzata
da costi elevati e da un ingente grado di rischiosità. Il petrolio può formarsi normalmente in
quella regione di profondità che viene detta “finestra del petrolio” che si colloca tra un
massimo di circa 7500 metri e un minimo di circa 1500 metri sotto la crosta terrestre. Questo
non vuol dire che il petrolio si trovi unicamente a quelle profondità, al contrario lo si trova
spesso a profondità molto minori a causa dei movimenti tettonici terrestri che spingono le
masse rocciose su e giù nella crosta terrestre. Per esempio, il primo pozzo scoperto negli Stati
Uniti nel 1859 era a una profondità di soli 25 metri3. Per individuare i giacimenti sotterranei,
si cerca un bacino sedimentario in cui argilliti ricche di materiali organici siano rimaste
sepolte per un tempo sufficientemente lungo affinché il petrolio si sia potuto formare (il lasso
di tempo può variare da decine di milioni a un centinaio di milioni di anni). Le condizioni
dell‟ambiente roccioso, inoltre, devono aver permesso al combustibile di raggiungere strati
rocciosi permeabili delimitati da strati impermeabili capaci di trattenere grandi quantità di
liquido.
I geologi dispongono di molti strumenti per identificare le zone potenzialmente interessanti;
ad esempio, i rilevamenti degli affioramenti superficiali di strati sedimentari permettono di
dedurre le caratteristiche del primo strato del sottosuolo, che possono a loro volta essere
integrate con le informazioni ottenibili perforando la crosta terrestre per prelevare campioni
degli strati di roccia attraversati. Inoltre, tecniche sismiche sempre più sofisticate, quali la
riflessione e la rifrazione di onde d‟urto propagate nel terreno, rivelano dettagli importanti
sulla struttura e sull‟interrelazione dei vari strati rocciosi presenti sotto la superficie terrestre.
Oggi occorre la metà del tempo, rispetto a venti anni fa, per decidere se è il caso o meno di
ricorrere ad una perforazione esplorativa, inoltre alcune società petrolifere, prima fra tutte la
Exxon nel 1972, riuscendo a cogliere l‟importanza e le prospettive di applicazione della
tecnologia informatica, hanno sviluppato una tecnologia sismica tridimensionale o
quadridimensionale (3/4-D seismic prospecting) che permette, mediante l‟utilizzo di sensori
di profondità, di elaborare un‟immagine virtuale ad alta definizione del giacimento4.
L‟impiego di questi strumenti ha consentito di aumentare notevolmente nel tempo la capacità
di identificare e localizzare il profilo e la dimensione dei giacimenti, raddoppiando negli
3
Bardi (2003), pag. 41.
4
Peroni, B. (2001). L'andamento del mercato del petrolio dagli anni '70 agli anni '90, pag. 11.
14
ultimi venti anni il tasso di successo definito dal rapporto tra pozzi trovati rispetto al numero
delle perforazioni.
In ultima analisi, comunque, l‟unico modo per provare inconfutabilmente la presenza di una
trappola petrolifera in una determinata zona è trivellare pozzi esplorativi. Trivellare è l‟attività
più costosa di questa prima fase, specialmente se si tratta di fare buchi molto profondi,
dell‟ordine di diversi chilometri. I pozzi commerciali più profondi raggiungono profondità
anche fino a 10 chilometri, ma trivellare a quelle profondità è molto costoso e lo si fa di rado.
Anche trivellazioni meno profonde, tuttavia, costano svariati milioni di euro e se si deve
lavorare offshore, ovvero nel mare, i costi aumentano ancora di più. Molto spesso, dal
carotaggio non si rivela la presenza di alcun bacino petrolifero; è quello che viene definito
“dry hole” o perforazione secca5. Un giacimento petrolifero può comprendere diversi bacini,
che sono in genere situati l‟uno sull‟altro e separati da strati di roccia impermeabile,
generalmente ad una profondità compresa tra poche decine e diverse centinaia di metri. I
bacini possono estendersi su una superficie di poche decine di ettari o coprire decine di
chilometri quadrati, tuttavia è da notare che la maggior parte del petrolio sfruttato su scala
mondiale viene estratto da un numero relativamente limitato di giacimenti molto estesi. I
pozzi più prolifici sono quelli sauditi, con una portata giornaliera di 4850 barili, seguiti da
quelli iraniani e kuwaitiani.
Oggi, nel mondo, l‟attività di perforazione di pozzi esplorativi e di produzione è molto
intensa: nel 2005 sono stati perforati in tutto il globo terracqueo circa 70.000 pozzi, dei quali
il 6% circa offshore. Rispetto al totale dei pozzi perforati nel mondo, quelli degli Stati Uniti
incidono per il 70%6. In questa attività non esistono economie di scala, ma solo curve di
apprendimento: una compagnia ha un vantaggio rispetto agli altri competitors proporzionale
alla propria produzione petrolifera cumulata nel tempo.
1.2.2 L’estrazione
Questa è la fase nella quale, una volta individuato il giacimento, si deve riportare in superficie
il petrolio. Vi sono diverse tecniche utilizzate per il recupero:
I. Recupero primario. Il petrolio grezzo contenuto nelle trappole sotterranee è
solitamente sotto pressione e salirebbe fino ad arrivare in superficie se non fosse
5
Bardi, U., & Pancani, G. (2006). Storia petrolifera del bel paese. Editrice Le Balze, pag. 18.
6
Varvelli, R. (2007). Petrolio e dopo? ETAS, pag. 72.
15
bloccato da uno strato di roccia impermeabile; così, quando la trivella penetra in questi
bacini petroliferi “pressurizzati”, il petrolio fluisce immediatamente nella zona di
bassa pressione costituita dal foro di trivellazione, che comunica con la superficie
terrestre. Tale tecnica di recupero è la più semplice ed economica: il petrolio fluisce
spontaneamente e non sono necessari ulteriori sforzi tecnologici per mantenere
costante la pressione del petrolio. Alla fine del 2005, erano in produzione in tutto il
mondo 890.000 pozzi di petrolio, dei quali soltanto il 6% in produzione spontanea7
concentrati nella regione mediorientale (in Arabia Saudita, ad esempio, il 94% dei suoi
1820 pozzi era in produzione spontanea)8. Con questa tecnica di recupero si riesce ad
estrarre in media il 25% dell‟ammontare totale del giacimento.
II. Recupero secondario. A mano a mano che si estrae greggio dal giacimento, la
pressione all‟interno del bacino e la percentuale di gas disciolto nel liquido
diminuiscono, quindi la quantità di petrolio che sale in superficie si riduce; a questo
punto per continuare l‟estrazione è necessario ricorrere all‟azione di una pompa
aspirante. Quando il flusso di petrolio è diventato esiguo, tanto che pomparlo in
superficie sarebbe troppo costoso, si ricorre all‟iniezione all‟interno del pozzo di
acqua, di gas naturale o di vapore acqueo: in questo modo, si riesce a mantenere a un
livello pressoché costante (oppure ad aumentare) la pressione interna del bacino. Con
questa tecnica si incrementa la percentuale di recupero di circa il 15-20%.
III. Recupero terziario. Quest‟ultima tecnica di recupero è quella più costosa e che in più
consente di estrarre solo una piccola percentuale in più del petrolio che
complessivamente è intrappolato nel giacimento. Le società petrolifere decidono,
quindi, di ricorrervi solo in presenza di prezzi di mercato adeguatamente elevati.
Queste tecniche utilizzano solventi chimici che permettono di rendere meno vischioso
il greggio, per poterlo poi estrarre con tecniche di pompaggio.
IV. Tecniche di recupero in mare aperto. Il 25% del petrolio estratto giornalmente
proviene da giacimenti situati sotto al mare e agli oceani, principalmente in tre regioni
del mondo: in Europa nel Mar del Nord, in America nel Golfo del Messico e in Africa
nell‟Atlantico centrale in acque territoriali congolesi e angolane. Gli impianti di
7
Varvelli (2007), pag. 71.
8
Il Kuwait vanta la totalità dei suoi 975 pozzi in produzione spontanea, negli Stati Uniti, viceversa, solo il 3%
dei suoi pozzi sono in produzione spontanea.
16
trivellazione in mare aperto sono installati su speciali piattaforme, capaci di resistere
alla forza delle onde e del vento, che possono essere sia galleggianti sia poggiare su
piloni piantati sul fondale oceanico a profondità di diverse centinaia di metri. Il 60%
circa dei pozzi è in acque basse (cioè la profondità marina della perforazione è
inferiore ai 500 metri), il 25% in acque profonde (con battente compreso tra 500 e
1.500 metri) e il 15% in acque molto profonde (con battente superiore ai 1.500 metri
d‟acqua)9.
Attualmente, il tasso di recupero medio per il petrolio a livello mondiale è pari a circa il 35%,
il che significa che solo 35 barili su 100 possono essere estratti. In molti paesi del Golfo
Persico e nella Federazione Russa il tasso di recupero è inferiore al 20%. Viceversa, negli
Stati Uniti e nel Mare del Nord – aree in cui le tecnologie più avanzate sono ampiamente
utilizzate dalle società private – il valore può essere superiore al 50%10.
1.2.3 Il trasporto
Il successo e l‟ampio utilizzo del petrolio come fonte energetica è senza dubbio legato ai
diversi e molteplici modi con cui esso può essere trasportato con relativa facilità da un luogo
ad un altro. Ciò diventa una necessità a causa della configurazione ineguale dei rapporti tra
aree di produzione e aree di consumo, diverse e lontane tra loro. Ad oggi, la maggior parte del
petrolio viene trasportato attraverso gli oleodotti oppure via mare per mezzo di titaniche
petroliere: spesso le grandi rotte petrolifere sono formate dalla combinazione di entrambe
queste modalità. Alcuni tratti sono costituiti da condutture o mezzi terrestri, altri da via
marittime11.
9
Varvelli (2007), pag. 72.
10
Maugeri (2006), pag. 248.
11
Paolini, M. (2003). La guerra del petrolio. La posta in gioco in Iraq e dietro l'asse del male. Editrice Berti,
pag. 42.
17
Fig. 1.1 Le principali rotte commerciali petrolifere (fonte: www.bp.com)
I. Oleodotti. La costruzione degli oleodotti inizia ad opera della Standard Oil Company
alla fine degli anni settanta del XIX secolo. L‟intuizione era stata di Rockefeller, che
aveva saputo cogliere l‟importanza ed il vantaggio competitivo di cui si sarebbe potuta
giovare la compagnia utilizzando tale forma di trasporto. Ed in effetti, nonostante i
notevoli investimenti necessari, tale mossa consentì alla compagnia di abbattere i costi
di trasporto in modo così considerevole da sbaragliare la concorrenza sul mercato
statunitense. Alla base di questo successo sta un elemento che caratterizza la
costruzione degli oleodotti: la presenza di notevoli economia di scala, ovvero
l‟incremento della capacità di trasporto è più che proporzionale rispetto all‟aumento
dei costi di costruzione12.
II. Trasporto via petroliere. Nel 1979 il 10% di tutto il commercio mondiale, in valore, e
addirittura il 60% di quello via mare, in quantità, era costituito dagli scambi di
greggio. Oggi la quantità di greggio trasportata sui mari supera di gran lunga quella di
ogni altra merce presa singolarmente; dei 5,9 miliardi di tonnellate di beni imbarcati
12
Peroni (2001), pag. 24.
18
all‟anno, più di un quarto sono di greggio13, tuttavia il trasporto marittimo ha subito
una flessione dagli anni ‟80 in poi, principalmente a causa dei disastri navali che negli
anni hanno suscitato sdegno e preoccupazione nell‟opinione pubblica mondiale
soprattutto per gli irreversibili danni ambientali che ne sono derivati14. Notevoli
economie di scala sono presenti in questo settore, in quanto aumentando la capacità di
trasporto delle petroliere i costi di costruzione, ripartiti su una quantità maggiore di
greggio trasportabili, diventano progressivamente minori. Inoltre, aumentando la
quantità di greggio trasportato, aumentano di pari passo i profitti conseguibili. Ed i
profitti, fino al 1979, erano tali da stimolare la costruzione di petroliere che
raggiunsero la dimensione massima di 550 mila tonnellate di capacità contro una
dimensione media di 21 mila nel 1953, 50 mila nel 1963, 164 mila nel 197315. Nel
settore del trasporto navale non è difficile che si determini un mercato di tipo
concorrenziale: grazie alla possibilità di entrare in maniera abbastanza rapida nel
mercato, infatti, è aumentato il grado di contendibilità. Questo risulta evidente se si
guarda alla composizione delle quote di mercato, che vedono le grandi compagnie
petrolifere in possesso del 40% della capacità di trasporto, rispetto al 60% posseduto
da società minors indipendenti.
Il dibattito sulle rotte e sulla costruzione di nuovi oleodotti ha accompagnato tutti i travagli
della geopolitica lungo l‟arco degli anni Novanta e oltre: se da una parte, infatti, il traffico
marittimo è soggetto a fenomeni di congestionamento in prossimità degli stretti (“punti di
strozzatura” o chokepoint16), dall‟altra la costruzione di oleodotti impone, nel contesto
internazionale, lunghi e tesi dibattiti. In particolare, essi si sono intrecciati con
l‟interessamento sempre più pervasivo dell‟amministrazione statunitense all‟Asia centrale ex
sovietica, e alla stipula di accordi bilaterali tra Unione Europea e Russia per la fornitura di gas
e petrolio sovietici: gli accordi tra Eni e Gazprom (società petrolifera russa) per la costruzione
13
Shah, S. (2004). Oro nero. Piccola biblioteca Mondadori, pag. 114.
14
Tristemente famosi quelli provocati dalle due super-petroliere Exxon-Valdez (1989) e Haven colate a picco
tra la fine degli anni '80 e l'inizio dei '90, una sulle coste dell'Alaska, negli Stati Uniti, l'altra nel mar Ligure.
(Shah, 2004)
15
Clô, A. (2000). Economia e politica del petrolio. Compositori.
16
I principali chokepoints marittimi sono sei e riguardano il 40% circa del consumo mondiale: lo Stretto di
Hormuz, nel Golfo Persico; lo Stretto di Malacca, tra Malaysia e Indonesia; Bab el Mandeb, tra Yemen, Eritrea e
Gibuti; il Canale di Suez, in Egitto, lo Stretto del Bosforo, in Turchia e il Canale di Panama, tra l‟Oceano
Indiano e Pacifico (Paolini, 2003).
19
del gasdotto South Stream avvenuti nel mese di gennaio 2008 delineano una dipendenza
crescente dei paesi consumatori da quelli produttori.
1.2.4 La raffinazione
L‟importanza economica del petrolio è legata al fatto che dal greggio, mediante un processo
detto, appunto, di raffinazione, si ottengono prodotti quali: benzine, gas di petrolio liquefatti
(gpl), kerosene, virgin nafta, gasoli, oli combustibili, benzine solventi, vaseline e paraffine,
bitumi e coke di petrolio17.
La prima fase nel procedimento di raffinazione del petrolio greggio è la separazione delle
componenti di diverso peso molecolare. Dalla fornace in cui viene riscaldato, il greggio passa
nella colonna di frazionamento, all‟interno della quale la temperatura diminuisce con
l‟altezza. Le componenti con peso molecolare maggiore, destinate alla produzione di oli
lubrificanti, cere ecc., vengono prelevate dalla zona inferiore della colonna, mentre quelle più
leggere, destinate a essere trasformate in combustibili di vario genere, si concentrano nella
parte superiore. In seguito, vengono messe in atto tecniche di piroscissione, o cracking
termico, allo scopo di aumentare la resa della distillazione: esse consistono nel rompere le
molecole di idrocarburi più grandi contenute nel residuo di raffinazione in modo da ottenere
molecole più piccole che possono essere nuovamente trattate per ricavare più benzina, gasolio
e altri distillati intermedi – cioè i prodotti petroliferi più richiesti dal mercato18. Tanto più
elevata è la capacità di conversione di una data raffineria, tanto maggiore risulta la sua
flessibilità nell‟utilizzo di un‟ampia gamma di greggi per ottenere i prodotti richiesti dal
mercato.
Il petrolio, infatti, non è tutto uguale. Analogamente a quanto accade per il vino, esistono
molte varietà di greggio. Alcune hanno una qualità elevata e riescono a spuntare prezzi molto
alti, mentre altri riescono a malapena a trovare un mercato. La stessa immagine più popolare
del petrolio, quella di un liquido nero, talvolta non corrisponde a verità:
“Proprio mentre sto scrivendo osservo due barili di cristallo in miniatura sulla mia scrivania,
uno riempito con greggio libico di colore giallo brillante, l’altro con petrolio nigeriano di
colore marrone scuro” (Maugeri, 2006, p. 258)
17
Peroni (2001), pag. 30.
18
Maugeri (2006), pag. 265.