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Capitolo 1 I partiti e l’elettorato americano
1.1 I partiti
I partiti sono da più di un secolo una componente centrale ed essenziale di tutti i sistemi
politici. Ogni forma di governo democratica è contraddistinta da uno specifico sistema di
partito, gli Stati Uniti sono caratterizzati da una dinamica di interazione bipartitica tra i due
partiti prevalenti, quello Repubblicano e quello Democratico. Anche se sono aumentati gli
elettori che si definiscono “indipendenti”, se essi vengono messi sotto pressione dagli
intervistatori dichiarano comunque pendere verso uno dei due maggiori partiti. Questo
dimostra come il Partito Democratico e quello Repubblicano abbiano una presenza non
marginale nell’elettorato mentre invece risulta difficile valutare quanto essi siano organizzati.
Partendo dal presupposto che gli Stati Uniti sono una repubblica strutturata in modo federale
con un sistema politico di dimensioni continentali, la loro organizzazione appare molto
decentrata, molto diseguale spesso evanescente. I due partiti strutturano percorsi di carriera,
controllano l’accesso alle cariche monopolizzandole; infatti non c’è praticamente spazio di
rappresentanza di governo per chi non abbia o non accetti una collocazione partitica ben
definita. Per capire bene come i partiti esercitano le loro attività mi avvalgo dell’analisi di un
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influente scienziato politico V.O Key Jr. noto per il suo studio empirico delle elezioni
americane e il comportamento di voto. Egli li studia distinguendo tra:
• I partiti nell’elettorato
• I partiti come organizzazione
• I partiti nelle istituzioni
La misurazione della presenza dei partiti nell’elettorato può essere effettuata attraverso il
grado di identificazione degli elettori con i due maggiori partiti o analizzando la possibilità di
candidati di partiti terzi di concorrere e vincere le cariche. Torneremo a parlare di partiti ed
elettorato nel secondo paragrafo per ora anticipiamo che i partiti sembrano diventati meno
rappresentativi, più esposti a sfide esterne, le quali sono meno capaci di assorbire. Tale
scontento si e’ espresso nelle elezioni del 1980 ,del 1992 e del 1996 proprio con la comparsa
di candidati terzi in grado di influenzare in maniera significativa l’esito delle suddette
elezioni presidenziali (vedi Tab. 1.1 e Fig. 1.1).
Candidato alla
Presidenza
Candidato a Vice
Presidente
Partito
Politico
Voto
Popolare (%)
Voto dell’
Elettorato (%)
Ronald Reagan George Bush Repubblicano 50.75 90.9
James Carter Walter Mondale Democratico 41.0 9.1
John Anderson Patrick Lucey Indipendente 6.61 0.0
Edward Clark David Koch Liberale 1.06 0.0
Barry Commoner LaDonna Harris Cittadino 0.27 0.0
Altri - - 0.29 0.0
Candidato alla
Presidenza
Candidato a Vice
Presidente
Partito
Politico
Voto
Popolare (%)
Voto dell’
Elettorato (%)
William Clinton Albert Gore Jr. Democratico 43.01 68.8
George Bush J. Danforth Quayle Repubblicano 37.45 31.2
H. Ross Perot James Stockdale Indipendente 18.91 0.0
Andre Marrou Nancy Lord Liberale 0.28 0.0
Altri - - 0.36 0.0
Candidato alla
Presidenza
Candidato a Vice
Presidente
Partito
Politico
Voto
Popolare (%)
Voto dell’
Elettorato (%)
William Clinton Albert Gore Jr. Democratico 49.23 70.4
Robert Dole Jack Kemp Repubblicano 40.72 29.6
H. Ross Perot Pat Choate Riformista 8.40 0.0
Ralph Nader Winona LaDuke Verdi 0.71 0.0
Harry Browne Jo Jorgensen Liberale 0.50 0.0
Altri - - 0.44 0.0
Tabella 1.1: Esito delle elezioni presidenziali nell’anno: 1980 (in alto), 1992 (in mezzo) e 1996 (in basso).
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Fig. 1.1: Esito delle elezioni presidenziali nell’anno a) 1980, b) 1992 e c) 1996. (Fonte: www.wikipedia.org.)
I partiti americani sono ancora importanti sia per i candidati sia per gli elettori il 55% dei
quali ritengono che essi sono indispensabili per far funzionare il sistema politico; inoltre i
due partiti sembrano avere acquisito maggiore distintività specifica attuando piattaforme più
polarizzate, vale a dire con una crescente distanza ideologica (questo punto è l’argomento
centrale della seguente tesi) in modo che gli elettori possano meglio identificarsi con i loro
propositi e non considerarli come “uno la riproduzione dell’altro”
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.
Tornando alla tipologia proposta da Key, i partiti come organizzazione hanno poco a che
vedere con i partiti europei. Infatti, non esistono veri e propri iscritti, ma persone che versano
parte dei loro soldi ai candidati del partito preferito, organizzano qualche attività ed
esibiscono adesivi o stemmi del partito sulla giacca o sui paraurti delle automobili come una
vera e propria etichetta e basta. In America il partito di massa non esiste nel senso “europeo”
di cercare un alto numero di iscritti, di farsi portavoce delle esigenze dei cittadini, di creare
un’organizzazione di funzionari stipendiati e di essere fortemente radicato sul territorio.
Servono e sono indispensabili a reclutare e sostenere i candidati e a svolgere funzioni di
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Fonte: Tabella Green 2002 p. 319 sulla percezione a opera dell’elettorato delle differenze esistenti fra i due maggiori partiti
(1960 1996):valori percentuali in visione nel testo di D. Campus e G. Pasquino “Usa Elezioni E Sistema Politico”.
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coordinamento. Tuttavia, grazie alle molte donazioni danarose, hanno costituito un embrione
di organizzazione a livello federale attraverso il “comitato di coordinamento nazionale”.
Comunque, negli Stati Uniti i partiti rimangono organizzazioni prevalentemente elettorali
collegati ai rappresentanti eletti alle cariche, si attivano principalmente in occasione delle
campagne elettorali, mentre tra un’elezione e un'altra servono soprattutto a far si che il loro
eletto non perda contatto con il suo collegio, con il suo elettorato, con i suoi finanziatori e
sostenitori in modo che successivamente venga rieletto.
Infine, analizziamo i partiti e il loro legame con le istituzioni vale a dire le attività che questi
ultimi svolgono in Congresso e nella gestione dei rapporti tra il Presidente e i membri del
congresso stesso. Appoggiandosi entrambi questi ultimi a uno dei due partiti troviamo un
governo unificato quando la maggioranza in Congresso corrisponde al partito del Presidente
e un governo diviso quando la maggioranza in congresso non corrisponde al partito del
Presidente in carica. Nel primo caso vediamo il Presidente che può governare affidandosi a
una maggioranza in Congresso che lo sostiene e che lo facilita nell’attuare il suo programma,
mentre dalla parte della minoranza abbiamo il Minority leader che con il sostegno del suo
partito prova a bloccare o ostacolare le politiche del presidente con cui è in disaccordo. Nel
secondo caso vediamo un Governo diviso in cui il Majority leader del partito opposto al
presidente si appoggia ai suoi Parlamentari per proporre un programma alternativo a quello
del presidente, per esercitare l’ostruzionismo o per negoziare qualche emendamento. Il
presidente però dispone del potere di veto su provvedimenti legislativi sgraditi formulati
dalla maggioranza congressuale, questo viene superato soltanto da una maggioranza di due
terzi di entrambi i rami del Congresso. Si deduce che se il partito del presidente, minoritario
in Congresso, è abbastanza disciplinato e coeso il suddetto veto presidenziale non verrà
superato. Nel corso di questa tesi verrà illustrato come i due partiti siano andati acquisendo
maggiore disciplina e coesione di voto soprattutto nell’ultimo decennio, diventando due
schieramenti abbastanza disciplinati. L’accordo, però, è sicuramente superiore nei casi di
Governo unificato. Molti partiti si sono dimostrati più disponibili a sostenere il Presidente del
loro partito lealmente e aiutarlo ad attuare i programmi. Quindi tirando le somme certamente
i partiti Americani differiscono da quelli Europei i quali però operano in forme di governo
diverse da quella federale e presidenziale degli Stati Uniti. Se si osservano dall’inizio del
2000 possiamo constatare come il ruolo dei partiti sia diventato più incisivo nella politica
Americana come coordinamento dei candidati da eleggere nelle cariche più importanti sia a
livello nazionale che locale, come organizzazioni che si consolidano in comitati elettorali per
mantenere il rapporto tra il candidato eletto e il suo elettorato o per la raccolta di voti, come
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partiti sempre più disciplinati con piattaforme più polarizzate tra loro e ben percepibili in
questo modo da parte degli elettori, e con un comportamento molto più coeso in congresso
nell’appoggiare o contrastare il Presidente.
1.2 L’elettorato
Altro cardine di un sistema politico democratico è il rapporto che i cittadini instaurano
con le istituzioni politiche. L’elettorato Americano è caratterizzato da un basso tasso di
partecipazione elettorale basti pensare che alle elezioni presidenziali del 2000 hanno votato il
51,2% su 105 milioni di americani. E questo deludente dato riguarda le elezioni più sentite
dall’elettorato vale a dire quelle presidenziali se guardiamo i dati delle altre elezioni come le
mid-term election, cioè tramite le quali a metà del mandato presidenziale viene rinnovato il
congresso, la percentuale dei votanti scende tra il 36% e il 40% . Inoltre se l’affluenza alle
urne degli Stati Uniti viene paragonata con quella di alcuni stati Europei il dato appare
ancora più preoccupante come ci mostra la tabella 1.2 (Fig 1.2) qui di seguito
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.
Nazione Anno del Voto Affluenza (%)
Svizzera 2000 43.2
Usa 2000 51.2
Gran Bretagna 2001 59.3
Spagna 2000 61.8
Giappone 2000 62.8
Francia 2002 64.4
Germania 2002 79.1
Svezia 2002 80.1
Italia 2001 81.4
Tabella 1.2: Affluenza alle urne percentuale di varie nazioni.(Fonte: Testo di Donatella Campus e Gianfranco Pasquino
“Usa Elezioni e Sistema Politico”pagina 8.)
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Le affermazioni sulla coesione e la polarizzazione delle piattaforme dei due partiti introdotte in questo paragrafo saranno
sviscerate e supportate da dati nel corso dell’elaborato per ora mi sono rifatta ai dati raccolti da Donatella Campus e
Gianfranco Pasquino sul libro “Usa Elezioni e Sistema Politico”.
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Fig. 1.2: Affluenza alle urne percentuale di varie nazioni. (Fonte: Testo di Donatella Campus e Gianfranco Pasquino
“Usa Elezioni e Sistema Politico” pagina 8)
La principale causa dell’astensionismo è da ricercarsi nella modalità di organizzazione dei
partiti americani precedentemente affrontata in questo capitolo, questa appare decentrata e i
legami con i principali attori sociali risultano piuttosto deboli; la mobilitazione politica, cioè
capacità dei partiti di coinvolgere gli elettori attraverso le organizzazioni sociali, appare
minore di quella riscontrata nelle democrazie europee. Non è da trascurare il fatto che la
modalità di registrazione alle liste elettorali non è fatta automaticamente dagli uffici
governativi ma viene lasciata all’iniziativa del cittadino che può anche scegliere di non
iscriversi; in alcuni stati questa procedura è cosi’ complicata che scoraggia parecchi cittadini
non particolarmente motivati a iscriversi. Neanche il National Voter Registration act del
1993 che permetteva ai cittadini di registrarsi automaticamente con il rinnovo della patente,
si è raggiunto l’innalzamento della partecipazione sperato. In Fig. 1.3 sono riportate le scuse
più comuni per non essere andati a votare pur essendosi registrati delle elezioni del 2000.
Questo è un chiaro segno di come non siano i procedimenti burocratici il solo problema ma
che, evidentemente, mancano le motivazioni per andare a votare. Un dato interessante da
analizzare è l’innalzamento del livello di istruzione dagli anni 60 ad oggi, che dovrebbe
creare cittadini più coinvolti e interessati alla politica, invece la partecipazione politica ha
accusato un trend decrescente come mostrato nella Fig. 1.4.
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Fig. 1.3: Scuse più comuni per non essere andati a votare pur essendosi registrati. (Fonte: www.wikipedia.org.)
Fig. 1.4: Turnout Rate dal 1944 al 2004. (Fonte: Tabella riportata sul testo di Donatella Campus e Gianfranco Pasquino
“Usa Elezioni e Sistema Politico” aggiornata con i dati delle elezioni 2004 riportate su un documento pdf
dell’Uscensusbureau “Voting And Registration in the Election of November 2004”.)
In realtà la crescita del livello di istruzione ha dato un apporto positivo alla partecipazione
politica, ma questo effetto è stato bilanciato da un’influenza negativa; il calo dell’età media
degli elettori. Nel 1972 l’età valida per votare fu ridotta a 18 anni, i giovani però sono più
inclini all’astensionismo. Inoltre secondo altri studiosi l’effetto dei mass media sulla politica
Americana avrebbe troppo spettaccolarizzato le campagne elettorali dando troppa enfasi alla
competizione; per questi motivi si sarebbe sviluppato un sentimento di ostilità e disinteresse
verso la politica. Inoltre uno studio del National election study mostrerebbe come i cittadini
Americani stiano vivendo una fase di sfiducia nelle istituzioni; siamo di fronte ad