INTRODUZIONE
7
societarizzazione già all’inizio degli anni duemila, e molte di esse hanno anche centrato
gli obiettivi di risanamento finanziario auspicati dal legislatore nazionale. Tuttavia, a
distanza di ormai dieci anni dal d.lgs. n. 422/97, complice anche l’incertezza del
tortuoso iter legislativo che ne è seguito, molte altre questioni affrontate dalla riforma
rimangono aperte ed insolute. Innanzitutto si è in presenza di un contesto dove il
monopolio locale rimane la forma di gestione del TPL urbano più diffusa, anche se
vanno rilevate differenze molto marcate da regione a regione. Dove si è proceduti alla
gara per l’affidamento dei servizi, non si è comunque assistito ad una efficace apertura
del mercato: le gare sono state quasi tutte vinte dall’operatore storico, spesso riunito in
associazione temporanea di impresa con i pochi competitori potenziali, e nella maggior
parte dei casi l’incumbent era anche l’unico partecipante. Altro elemento critico è
rappresentato dalla incapacità generalizzata da parte dei Comuni, i nuovi soggetti
responsabili della contrattualizzazione e del monitoraggio del servizio, di predisporre
un efficace sistema di governance dove gli ambiti decisionali del regolatore risultino
ben delimitati e distinti da quelli del gestore. Questo certamente non è in linea con lo
spirito della riforma, che imponendo la societarizzazione delle aziende di TPL e
l’utilizzo dello strumento contrattuale intendeva porre le condizioni per una
privatizzazione delle aziende che fosse non soltanto “formale” ma anche sostanziale,
con il graduale ingresso di soggetti privati in grado di risanare la gestione e migliorare
la qualità del servizio erogato ai cittadini.
Se da una parte la riforma sembra avere fallito proprio il suo obiettivo più concreto,
quello di restituire alle città e aree metropolitane italiane un sistema di trasporto
pubblico in grado di funzionare meglio e di reggere la concorrenza del mezzo privato1,
si registra in questi ultimi anni una tendenza maggiore al ricorso alle gare e
all’aggregazione societaria tra imprese omologhe, così come un ruolo più importante
esercitato nel nostro paese da alcuni grandi gestori europei del TPL, che hanno dato
avvio a politiche aggressive di acquisizione del capitale e di aggiudicazione dei bacini
urbani ed extraurbani. Questo vero e proprio fermento in atto nel settore può essere
considerato il primo segnale di avvio di un processo endogeno di trasformazione e
1
Secondo le indagini Isfort-Asstra del 2004 e del 2006 la quota di spostamenti con mezzi pubblici è passata
dal 12,7% del 2004 al 10% del 2006, mentre la quota di spostamenti in automobili è passata dal 78,9% del
2004 all’82,8% del 2006.
INTRODUZIONE
8
riassetto complessivo del nostro sistema industriale nella direzione di una maggiore
apertura al mercato.
1.2 L’obiettivo del lavoro
La motivazione che muove il presente lavoro deriva dalla constatazione di un gap
presente nella letteratura teorica e nella vasta serie di indagini conoscitive sullo stato di
attuazione della riforma del TPL in Italia. Il complesso della letteratura oggi
disponibile, alla quale va dato il merito di aver approfondito i temi della riforma sotto il
profilo normativo, della teoria economica, e dell’effettiva attuazione da parte degli enti
locali, lascia nell’ombra una dimensione che gioca in verità un ruolo importantissimo
nel processo di riforma regolatoria del settore. Tale dimensione è il microcosmo di tipo
organizzativo, decisionale, e in generale di governance, che fa riferimento all’ente
locale e al gestore di TPL urbano di sua proprietà, più gli eventuali soggetti terzi che
contribuiscono all’erogazione del servizio. I rapporti di forza e le modalità di
coordinamento che intervengono nel funzionamento di questo microcosmo, forse per la
caratteristica di essere a metà strada tra l’ambito della regolazione e quello della
gestione aziendale, non risultano essere stati indagati con sufficiente rigore nemmeno
dalla letteratura manageriale riferita al TPL, che risulta focalizzata sull’azienda, sulle
sue strategie e sui suoi meccanismi intraorganizzativi.
In un contesto, come quello delle piccole, medie e grandi città italiane,
caratterizzato da una cronica ingerenza del regolatore nella gestione del servizio di
trasporto, risulta allora particolarmente utile l’approfondimento analitico delle
trasformazioni e delle dinamiche indotte dal processo di riforma del settore a livello
dei sistemi locali. Le questioni approfondite nel lavoro di tesi sono quelle che rivestono
maggiore importanza nella governance a livello urbano/metropolitano del TPL, e cioè:
• I processi di ristrutturazione societaria e di riallocazione delle responsabilità.
Quali fattori influiscono sulla decisione di adottare un certo
modello/configurazione di governance? Quali sono gli effetti del
cambiamento del sistema societario sull’efficacia/efficienza del governo della
INTRODUZIONE
9
mobilità? Quali sono le configurazioni ricorrenti di allocazione delle
responsabilità tra i vari soggetti? Che legame esiste tra le caratteristiche del
sistema di governance e l’effettiva volontà di aprire il mercato da parte
dell’ente locale?
• Le procedure concorsuali per l’affidamento dei servizi e il contratto di
servizio. Quali sono i motivi alla base della scelta di utilizzare o meno le gare,
e perché quasi tutte le gare effettuate hanno confermato il precedente gestore?
Ha senso che vengano bandite gare progettate per la vittoria dell’incumbent?
Quando l’ente locale dovrebbe scegliere una gara rigida, e quando una gara
flessibile? Cosa cambia in termini di incentivo all’efficienza/efficacia da parte
del gestore, dopo l’adozione del contratto di servizio?
• Gli effetti indotti dai nuovi meccanismi di regolazione sulle caratteristiche
dell’offerta di trasporto. Quali sono i possibili percorsi virtuosi attraverso i
quali il cambiamento delle forme di gestione del TPL si traduce in un
miglioramento dell’offerta in termini quali-quantitativi? Qual è il ruolo
dell’ente locale in questo processo?
• Le strategie di partnership tra aziende di TPL e il ruolo giocato in Italia dai
grandi operatori a dimensione europea. Che legame sussiste tra la diffusione
della concorrenza regolata e l’incentivo all’aggregazione societaria? In che
modo le alleanze strategiche tra operatori possono riflettersi in una migliore
qualità del servizio erogato? In che condizioni l’aggregazione societaria può
indurre cambiamenti nel sistema di governance locale e nei rapporti tra
Comune e gestore incumbent? Quando è auspicabile la delega dell’intera
gestione del TPL urbano ad un operatore privato?
Evidenziare e indagare i disallineamenti tra le aspettative del legislatore e i risultati
concreti ottenuti a livello locale, così come tra le predizioni della teoria economica e le
practice effettive, e allo stesso tempo dare evidenza ai processi endogeni di
cambiamento avviati (o avviabili in futuro) a livello degli operatori, tutto ciò equivale a
rendere disponibile una base conoscitiva più ampia e accurata a tutti coloro che devono
prendere scelte inerenti la pianificazione e la regolazione del trasporto locale.
INTRODUZIONE
10
La speranza insita in questo lavoro è che si affermino quelle condizioni culturali per
cui le scelte pubbliche, da cui dipende il destino del TPL, risultino dettate, anziché da
elementi di tipo ideologico o dall’applicazione tout court di modelli preesistenti,
dall’effettiva consapevolezza delle specificità del servizio oggetto di regolazione.
1.3 La metodologia
La maggior parte degli studi finora condotti sullo stato di attuazione della riforma si
è indirizzata verso un’analisi comparativa delle varie realtà locali basata sul
monitoraggio di un set predefinito di variabili di tipo quali-quantitativo (ad esempio il
trasferimento o meno delle competenze di pianificazione e regolazione ai Comuni,
l’esistenza o meno di un Piano Triennale dei Servizi, il ribasso d’asta conseguito nella
gara per l’affidamento, etc).
Le finalità del presente lavoro, così come sono state descritte nel precedente
paragrafo, comportano l’adozione di un approccio differente, basato sull’osservazione
empirica dei fenomeni e delle trasformazioni in atto a livello dei sistemi di governance
locali. L’esigenza di indagare sul microcosmo “regolatore-regolato” e di comprenderne
i meccanismi di funzionamento, formali e informali, così come la loro evoluzione al
dipendere delle condizioni di contesto, richiede l’utilizzo della metodologia del case
study, la più adatta ad analizzare fenomeni complessi e in grado di valorizzare la
componente induttiva dello sforzo di ricerca.
Il percorso metodologico lungo il quale si svolge il lavoro prevede un’interazione
continua fra il framework teorico, inteso sia come insieme di indicazioni provenienti
della teoria economica che come insieme di practice consolidate a livello europeo, e
l’osservazione empirica dei casi di studio. Questo implica che il framework concettuale
di riferimento subisca un significativo processo di revisione, modifica e arricchimento,
sulla base dei differenti contributi provenienti dalle evidenze empiriche. Proprio per
favorire questo processo di consolidamento progressivo del framework, e per evitare al
contempo il rischio di descrizioni dispersive e povere di contenuto, si è scandita
l’analisi dei casi di studio in due successivi step.
INTRODUZIONE
11
La prima fase prevede di effettuare un’analisi strutturata e comparata di alcuni casi
selezionati di città italiane, volta all’identificazione dei possibili modelli di
configurazione del TPL con riferimento ai temi rilevanti per gli obiettivi di ricerca.
Questa fase prevede inoltre, sulla base di una generalizzazione dei risultati ottenuti, di
fornire le prime risposte ad alcune questioni di ricerca.
La seconda fase prevede di discutere e approfondire in tutti i suoi aspetti un nuovo
caso di studio, adottando una prospettiva ed una metodologia di ricerca diversa ma
complementare a quella utilizzata nella fase precedente. Se si vuole comprendere a
fondo i meccanismi di coordinamento tra il gestore e gli altri soggetti, le motivazioni
alla base delle scelte più rilevanti, il legame tra le modalità di governance e l’attività di
erogazione del servizio, il tutto in una logica storico-evolutiva che tenga conto di
quanto accaduto negli ultimi dieci anni e individui le tendenze future, occorre allora
spostare il punto di osservazione all’interno del sistema che si va ad analizzare.
Adottare la prospettiva dell’operatore incumbent è sembrata in questo caso la scelta più
coerente agli scopi di ricerca.
Si è selezionata pertanto Brescia Trasporti, una realtà aziendale che, se da una parte
ha reagito tempestivamente agli stimoli provenienti dalla riforma, arrivando a bandire
la gara già nel 2002, dall’altra soffre di una commistione regolatore-regolato
particolarmente accentuata. L’esperienza di stage effettuata in azienda ha permesso di
ampliare notevolmente il campo delle informazioni disponibili, traendo vantaggio
soprattutto dalla possibilità di interloquire con il management sulle questioni rilevanti
per l’analisi.
1.4 L’articolazione del lavoro
Nel capitolo 2 viene ricostruito e analizzato criticamente il complesso quadro della
normativa di settore, a livello europeo, nazionale e regionale.
Il capitolo 3 è finalizzato a introdurre il framework teorico di riferimento per il
lavoro di ricerca, confrontato/arricchito successivamente grazie ai contributi
provenienti dall’analisi dei casi di studio. In questa parte si descrivono in particolare i
principali contributi della teoria economica in materia di regolazione, e si presentano i
INTRODUZIONE
12
modelli teorici di regolazione del settore, derivanti dall’osservazione delle practice
consolidate a livello europeo. Si approfondisce, inoltre, il tema dell’affidamento tramite
gara, illustrandone i differenti modelli e le criticità riscontrate nell’implementazione.
Il capitolo 4 è dedicato allo studio delle modalità di attuazione della riforma a
livello locale attraverso l’analisi strutturata di sei casi nazionali ritenuti significativi per
la valutazione dei possibili approcci alla riforma. Si tratta di Roma, Genova, Torino,
Forlì-Cesena, Rimini e Bergamo. A scopo introduttivo, si fornisce una panoramica sui
modelli di regolazione adottati nei paesi europei e sul ricorso alle gare nelle varie
regioni italiane.
Il capitolo 5 è dedicato all’approfondimento del caso di studio Brescia Trasporti.
Viene dapprima ricostruito e commentato il percorso di riassetto societario che ha
condotto alla costituzione del gruppo Brescia Mobilità, del quale l’azienda fa parte.
Successivamente viene approfondito l’assetto organizzativo e societario attuale, con
particolare riguardo alla ripartizione delle competenze e ai meccanismi di
coordinamento. Viene poi affrontata la questione della gara, che è stata anche
l’occasione per una profonda ristrutturazione della rete di trasporto e contestuale
allargamento della stessa a nuovi dieci comuni dell’area urbana. Viene pertanto
effettuato un confronto quali-quantitativo tra “vecchia” e nuova rete, per valutarne gli
incrementi di offerta e di qualità del servizio. Si passa poi a discutere i cambiamenti
indotti dall’adozione del contratto di servizio sulla gestione delle risorse finanziarie, e
successivamente si prendono in esame i meccanismi di coordinamento
interorganizzativo tra Brescia Trasporti e le altre aziende dell’ATI di cui fa parte.
Infine, vengono enumerate ed analizzate le possibili alternative di cambiamento
strategico-organizzativo a disposizione dell’azienda nel futuro prossimo.
Il capitolo 6 sintetizza i risultati del lavoro, suddivisi nei quattro principali temi di
ricerca, ed espone le considerazioni finali. Viene fornito un bilancio dei risultati finora
ottenuti dal processo di riforma del TPL in Italia, e vengono suggerite le opportunità di
sviluppo futuro.
IL QUADRO NORMATIVO
13
2
IL QUADRO NORMATIVO
2.1 Il contesto europeo
2.1.1 La normativa attualmente in vigore
A livello comunitario alla politica dei trasporti è attribuito tradizionalmente un
ruolo di primissimo rilievo, soprattutto con riguardo alle norme applicabili ai trasporti
internazionali e in particolare a quelle tese a garantire condizioni eque di accesso alle
reti per gli operatori che intendono operare in uno Stato membro differente dal proprio.
In quest’ottica pertanto la Comunità Europea è interessata a promuovere, oltre che
l’integrazione dei trasporti tra diversi Stati membri, l’eliminazione di quelle
discriminazioni di prezzi e condizioni di trasporto che possono rallentare la costruzione
di un mercato comune (ex articolo 75 del Trattato CE). La norma fondamentale, che mi
accingo a sintetizzare, è il Regolamento CE 1191/19692, che è tuttora vigente nella
versione modificata ed integrata dal Reg. CE 1893/1991, che si applica alle imprese di
trasporto che forniscono servizi di trasporto nel settore dei trasporti per ferrovia, per via
navigabile e su strada. Pur non trattandosi quindi di uno strumento normativo che
disciplina in modo specifico il settore del TPL, introduce alcuni concetti di basilare
importanza nella disciplina di regolazione di tale comparto.
2
Va ricordato che i Regolamenti Comunitari sono di immediata applicazione in tutti gli Stati Membri e non necessitano pertanto
di essere recepiti con norme a livello nazionale.
IL QUADRO NORMATIVO
14
La disposizione più rilevante è contenuta nell’art. 3 del Reg. 1191/1969 : “Le
competenti Autorità degli Stati membri sopprimono gli obblighi inerenti alla nozione
di servizio pubblico, definiti dal presente Regolamento, imposti nel settore (...)”.
All’art. 2 infatti: “Per obblighi di servizio pubblico si intendono gli obblighi che
l’impresa di trasporto, ove considerasse il proprio interesse commerciale, non
assumerebbe o non assumerebbe nella stessa misura né alle stesse condizioni”. Questa
norma stravolge la concezione del servizio pubblico in senso oggettivo, superando
l’inquadramento che vuole l’attività di trasporto (anche quello pubblico locale) come
riservata ai pubblici poteri e di loro esclusiva titolarità. Se definiamo, coerentemente
con la definizione data dal Regolamento, le attività sottoposte ad obbligo di “servizio
pubblico” come quelle attività che lasciate al meccanismo di coordinamento del
mercato (libera concorrenza) vedono un livello del servizio offerto qualitativamente e/o
quantitativamente inferiore a quello socialmente accettabile, la presente norma ribalta
la prospettiva fino ad allora prevalente in Europa nel settore dei servizi pubblici. Se
prima infatti i trasporti pubblici erano considerati in toto sottoposti ad obbligo di
servizio pubblico, e di conseguenza era considerata naturale l’ingerenza dei pubblici
poteri nella gestione dei servizi di trasporto (attraverso regimi concessori di natura
discrezionale o l’erogazione diretta del servizio da parte di Enti Pubblici o di imprese
pubbliche), nella nuova prospettiva i servizi di trasporto vengono equiparati alle altre
attività economiche e l’obbligo di servizio pubblico diviene una condizione ostativa al
corretto funzionamento del mercato secondo i principi concorrenziali. Laddove sia
necessario assicurare un servizio minimo (i «servizi di trasporto sufficienti») alla
collettività o offrire particolari condizioni tariffarie a favore di determinate categorie di
passeggeri, il Regolamento 1191/1969 prevede la possibilità ripristinare l’obbligo di
servizio pubblico, ma queste circostanze si configurano come un’eccezione e vanno
pertanto trattate in quanto tali. La nozione di obbligo di servizio è definita, sempre nel
Reg. 1191/1969, come unione delle nozioni di obbligo di esercizio (obbligo degli
operatori di garantire l’esercizio di trasporto conformemente a determinate norme di
continuità, regolarità e capacità), obbligo di trasporto (accettare qualsiasi trasporto di
persone e cose a prezzi e condizioni di trasporto predeterminate) e obbligo tariffario
(applicare i prezzi stabiliti od omologati dalle pubbliche autorità, anche in contrasto con
l’interesse commerciale dell’impresa). All’Art.10 sono invece definite le modalità per il
IL QUADRO NORMATIVO
15
calcolo delle compensazioni relative all’adempimento di obblighi di servizio pubblico:
la compensazione è fissata pari alla differenza tra la diminuzione dei costi e la
diminuzione dei ricavi che possono derivare, per il periodo di tempo considerato, dalla
soppressione degli obblighi di servizio. Va sottolineato che ciò è coerente con la
definizione data di obbligo di servizio pubblico, poiché la compensazione va a coprire
esattamente l’onere che l’impresa deve sostenere per assolvere all’obbligo di servizio,
ovvero la differenza tra costi e ricavi ad esso imputabili, differenza che, data la
diseconomicità dell’obbligo, è in linea teorica sempre positiva. La precisazione delle
modalità di fissazione delle compensazioni non è un tecnicismo, ma serve a stabilire
condizioni eque e trasparenti al fine di evitare che le compensazioni si configurino
come un’ingerenza dello Stato tale da distorcere il funzionamento dei mercati. Sotto
queste condizioni, infatti, lo stesso Regolamento prevede la dispensa dall’obbligo di
notifica preventiva alla Commissione ai fini della verifica dell’eventuale esistenza di
aiuti di Stato.
Il regolamento CE 1191/1969 venne successivamente modificato e integrato dal
Reg. CE 1893/1991, che intende mitigare i principi relativi alla soppressione degli
obblighi di servizio pubblico: nel primo considerando si afferma che “fermo restando il
principio della soppressione degli obblighi di servizio pubblico, lo specifico interesse
pubblico dei servizi di trasporto può giustificare il fatto che in questo settore si applichi
la nozione di servizio pubblico”. Inoltre, ad integrazione dell’art. 1 del precedente
regolamento, si legge “Gli Stati membri possono escludere dal campo di applicazione
del presente regolamento le imprese la cui attività è limitata esclusivamente alla
fornitura di servizi urbani, extraurbani o regionali”, intendendo per servizi urbani ed
extraurbani quelli atti a servire la domanda di trasporto interna ad un centro urbano o
contenuta nella rispettiva area metropolitana, mentre per regionali i trasporti effettuati
all’interno di una regione. Accordando dunque agli Stati Membri la possibilità di
escludere dal campo di applicazione del Reg. 1191/1969 proprio il settore del TPL, tale
integrazione muove verosimilmente dalla constatazione delle caratteristiche strutturali
di tale settore, che si configura, agli inizi degli anni ’90, come mercato chiuso in gran
parte degli stati europei. Pur prevedendo tale deroga, il Reg. CE 1893/1991 introduce
tuttavia uno strumento che risulterà di capitale importanza nel processo di riforma del
TPL, ovvero il contratto di servizio pubblico. Quest’ultimo risulta infatti lo strumento
IL QUADRO NORMATIVO
16
principale con il quale i pubblici poteri regolano la fornitura di servizi di TPL: da una
parte, assicurando il perseguimento dell’interesse collettivo, dall’altra, stabilendo il
perimetro di autonomia dell’operatore nella gestione del servizio e le modalità di
fissazione delle compensazioni. Dall’art. 14 del regolamento citato: “Per contratto di
servizio pubblico s’intende un contratto concluso fra le autorità competenti di uno Stato
membro e un’impresa di trasporto allo scopo di fornire alla collettività servizi di
trasporto sufficienti”. E inoltre: “Il contratto di servizio pubblico comprende tra l'altro i
seguenti punti: a) le caratteristiche dei servizi offerti, segnatamente le norme di
continuità, regolarità, capacità e qualità; b) il prezzo delle prestazioni che formano
oggetto del contratto, che si aggiunge alle entrate tariffarie o comprende dette entrate,
come pure le modalità delle relazioni finanziarie tra le due parti; c) le norme relative
alle clausole addizionali e alle modifiche del contratto, segnatamente per tener conto
dei mutamenti imprevedibili; d) il periodo di validità del contratto; e) le sanzioni in
caso di mancata osservanza del contratto.” A sottolineare il dissidio tra la spinta verso
la privatizzazione e liberalizzazione dei servizi di TPL e l’esigenza di pubblico
controllo, è da rilevare in generale la mancata univocità della qualificazione giuridica
del contratto di servizio: mentre alcuni propendono per un inquadramento privatistico,
altri autori sottolineano la valenza delle disposizioni in materia di “obblighi di servizio”
e da ciò fanno dipendere una forte connotazione pubblicistica del rapporto3.
Oltre ai Regolamenti citati, si segnala che la Direttiva CE 52/20004, sulla
trasparenza delle relazioni finanziarie tra gli Stati membri e le loro imprese pubbliche,
impone, in tutti i casi in cui allo stesso operatore di servizio pubblico siano imputabili
attività finanziate dallo Stato e attività commerciali, una netta separazione contabile
tra di esse in modo da far emergere con chiarezza i costi e i ricavi relativi alle due
tipologie di attività.
3
CAVALLO PERIN, La struttura della concessione di servizio pubblico
locale, Torino, 1998
4
recepita con il D.lgs. n. 333 del 2003
IL QUADRO NORMATIVO
17
2.1.2 Le proposte di regolamento della Commissione Europea
Un punto fondamentale è che la normativa comunitaria, né nei testi di legge citati
né nel recente Regolamento approvato nel mese di Maggio 2007, prevede alcun obbligo
di introduzione di meccanismi concorrenziali per l’assegnazione dei diritti di
esclusiva o dei contratti di servizio applicabile al TPL. Questo non deve tuttavia far
pensare che il tema delle procedure concorsuali sia poco sentito o poco discusso in sede
di Commissione Europea. Innanzitutto va rilevato che questo tema è stato introdotto dal
Green Paper della Commissione Europea Citizens’ Network [1995], che raccomanda
l’opzione di competizione per il mercato (o competizione regolata/pianificata),
ponendosi dunque in una posizione intermedia rispetto ai due modelli estremi
rappresentati dalla deregolamentazione dei servizi e del mercato chiuso (monopolio
pubblico o privato). La forma che viene giudicata promettente è proprio quella
dell’assegnazione di diritti esclusivi mediante gare così da offrire incentivi per gli
operatori ad elevare gli standard, salvaguardando nel contempo le necessità di
integrazione del sistema di trasporto. Proprio in questa direzione andava la prima
proposta di Regolamento UE5 per il settore di trasporto passeggeri presentata a Luglio
2000, che si informava ad alcuni principi ispiratori, indicati nella necessità di:
• innalzare la qualità e l'efficacia dei servizi offerti, migliorandone il rapporto
costo/qualità;
• garantire la formazione di un mercato comune anche nel comparto del trasporto
pubblico;
• armonizzare gli aspetti fondamentali delle procedure di aggiudicazione dei servizi
negli stati membri;
• promuovere la certezza del diritto con riguardo agli obblighi ed ai diritti degli
operatori e delle autorità di regolazione in relazione all'erogazione dei sussidi ed
alla determinazione dei diritti esclusivi.
Nella proposta di regolamento si introduceva l’obbligatorietà del contratto di servizio e
della relativa aggiudicazione tramite gara ad evidenza pubblica, ma se ne mitigava
l’impatto prevedendo delle eccezioni importanti a tale obbligo (cito la possibilità di
5
Proposta di Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio relativo all’azione degli Stati membri in tema di obblighi di servizio
pubblico e di aggiudicazione di contratti di servizio pubblico nel settore del trasporto di passeggeri per ferrovia, su strada e per via
navigabile interna (COM (2000) 7 definitivo
IL QUADRO NORMATIVO
18
estendere gli affidamenti diretti per contratti di valore inferiore agli 800.000 euro
oppure l’assenza di competizione per i servizi di trasporto non sussidiati) oltre che un
periodo di transitorio per l’applicazione del Regolamento pari a 3 anni. Nonostante,
quindi, la proposta fosse già il risultato di una mediazione tra realtà pro-competizione e
realtà più tutelate, non ci fu modo di trasformarla in Regolamento poiché, a seguito di
diversi emendamenti presentati in sede di Parlamento Europeo e di Commissione
Parlamentare6, la Commissione si vide costretta a presentare una seconda proposta
modificata7, che si configurava come un netto ripensamento sulla opportunità di aprire i
mercati dei servizi di trasporto. La durata dei contratti si amplificava a otto anni per i
servizi di autobus, e soprattutto crescevano le eccezioni all’obbligo di espletamento
della gara: cito la possibilità di mantenere gli affidamenti diretti per contratti di valore
inferiore al milione di euro, o inferiore a tre milioni allorché il contratto avesse
racchiuso tutti i servizi di competenza dell’autorità. Ma anche questa nuova proposta
trovò forti resistenze in sede di Parlamento europeo, fino ad essere definitivamente
sostituita nel 2005. E’ interessante notare che la seconda proposta di regolamento del
2002, qualora si fosse trasformata in Regolamento, avrebbe messo in profonda crisi il
processo di riforma del TPL avviato in Italia: avrebbe infatti vanificato lo sforzo della
normativa italiana di introdurre l’obbligo di gara per tutti i servizi TPL8, amplificando
le possibili eccezioni.
Tra il 2002 e il 2005 inoltre, arrivava a soluzione il cosiddetto caso Altmark9,
significativo per le sue ricadute nell’ambito del TPL: su questo caso infatti la sentenza
della Corte di Giustizia Europea stabiliva delle condizioni precise, valide in tutti gli
Stati Membri (anche in quelli che danno la possibilità di derogare alle disposizioni del
Reg. 1191/69), affinché le eventuali compensazioni concesse ad un’impresa di
trasporto pubblico non ricadessero nell’ambito degli aiuti di stato:
6
“Il principio di sussidiarietà - scrive il relatore Erik Meijer motivando l'emendamento 61 - dovrebbe figurare in termini più evidenti nel
presente regolamento. La responsabilità dei trasporti locali in loco spetta agli enti territoriali. Nel regolamento dovrebbe essere
conservato il diritto delle autorità competenti di effettuare le prestazioni di trasporto direttamente, o tramite imprese proprie senza
ricorrere a gara pubblica” (Parlamento Europeo (2001).
7
COM (2002) 107 definitivo
8
Il D.Lgs. 422/97 prevedeva l’obbligo di espletamento di procedure concorsuali nel TPL entro la fine del 2003
9
La causa Altmark Trans GmbH, vedeva protagonisti due piccoli operatori di trasporto della regione dello Stendal (Sassonia-Anhalt –
Germania). In particolare, a seguito dell’affidamento senza gara della licenza di esercizio di alcune linee di autobus (1994) ad uno degli
operatori, l’altro soggetto considerandosi danneggiato decise di impugnare dinanzi alla Corte tedesca le compensazioni che erano state
erogate al concorrente. La Corte tedesca nel dover stabilire se le autorità pubbliche avessero facoltà di versare le compensazioni senza
tener conto delle regole comunitarie sugli aiuti di Stato, chiese una pronuncia alla Corte di Giustizia europea.
IL QUADRO NORMATIVO
19
1) L’impresa deve essere effettivamente incaricata degli obblighi di servizio pubblico,
chiaramente definiti;
2) Il metodo di calcolo delle compensazioni deve essere definito ex ante, in modo
obiettivo e trasparente
3) La compensazione non deve superare i costi originati dall’adempimento degli
obblighi di servizio
4) In assenza di gara la compensazione deve essere determinata sulla base di un
confronto con una “impresa media, gestita in modo efficiente e adeguatamente
dotata di mezzi”
Va notato come le prime tre condizioni fossero già presenti, nella sostanza, nel
contenuto del Reg. 1191/69, e vengono pertanto estese a tutti gli Stati senza possibilità
di deroga per il TPL. La quarta condizione, non presente nei precedenti regolamenti,
introduce il metodo del benchmarking al fine di ovviare al problema dell’asimmetria
informativa tra regolatore e operatore di trasporto riguardo alla determinazione dei costi
effettivi.
La Corte di Giustizia Europea si è pronunciata più volte, nella risoluzione di
alcune sentenze10, sulla ammissibilità dell’in house providing, ovvero l’affidamento
diretto e senza espletamento di alcuna gara. Si tratta di un tema molto controverso, e
l’orientamento che emerge da tali pronunce è abbastanza univoco e rappresenta una
soluzione di compromesso tra l’esigenza di rispettare i principi generali del diritto
comunitario, in primis la tutela della concorrenza, e l’opposta esigenza di non invadere
l’ambito decisionale e l’autonomia organizzativa dei singoli Stati membri. La posizione
della Corte di Giustizia è esattamente quella che sostiene l’ammissibilità degli
affidamenti diretti, senza gara, se valgono contemporaneamente queste due condizioni:
1) il controllo esercitato sul concessionario dall’autorità pubblica concedente è analogo
a quello che essa esercita sui propri servizi;
2) il detto concessionario realizza la parte più importante della propria attività con
l’autorità che lo detiene.
E’ necessario quindi che il concessionario, cioè l’impresa di trasporto, oltre ad
essere a capitale totalmente pubblico, subisca da parte dell’ente concedente
10
Si tratta di pronunce riferite all’ambito del TPL o comunque al più generale settore dei servizi pubblici locali. Le sentenze/decisioni di
riferimento sono: la sentenza Teckal del 18.11.99, la sentenza Stadt Halle dell’11.01.05, la decisione Parking Brixen del 13.10.05, la
sentenza Anav del 6.04.06, la decisione Carbotermo dell’11.05.06
IL QUADRO NORMATIVO
20
un’influenza determinante sui propri obiettivi strategici così come sui propri processi di
pianificazione. Il giudice comunitario ha affermato11, a questo proposito, che la
trasformazione del concessionario da azienda speciale a società per azioni (ancorché a
controllo pubblico) non presuppone più un rapporto di dipendenza organica tra
affidante e affidatario, e quindi non è più possibile sostenere che il primo esercita sul
secondo un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi.
Tornando alla terza e ultima proposta di Regolamento avanzata del 200512, che
si è poi tradotta in Regolamento nel mese di Maggio 2007, questa segna l’ultimo passo
del percorso di progressivo esaurimento, se così si può dire, della spinta propulsiva
esercitata dalla Comunità Europea in tema di liberalizzazione del settore dei trasporti
collettivi. Su questo tema infatti la Commissione ha dimostrato di essere
particolarmente sensibile alle ragioni delle amministrazioni locali e delle aziende
pubbliche francesi (soprattutto RATP) e tedesche, tutte contrarie alla liberalizzazione
del settore del TPL. In nome dei principi della flessibilità, della sussidiarietà e della
semplificazione, la Commissione riformula appunto la sua proposta ammettendo, a
fianco dell’affidamento tramite gara, la possibilità sia della gestione diretta da parte
dell’autorità competente, sia dell’affidamento diretto ad un operatore interno
(controllato con quota societaria pari al 100%) a condizione che l’ente concedente
eserciti sul concessionario un controllo completo e analogo a quello esercitato sui
propri servizi (ribadendo la stessa posizione emersa nelle sentenze citate in
precedenza). Inoltre, anche nel caso di operatori terzi, è prevista la possibilità di
aggiudicare i contratti di servizio senza la gara, purché siano soddisfatte alcune
condizioni, tra cui: a) valore annuo medio stimato del contratto inferiore a un milione di
euro; b) servizi di trasporto per meno di 300mila km all’anno; c) in casi di emergenza
(interruzione improvvisa del servizio ecc.); d) erogazione di servizi pubblici di
trasporto su lunga distanza nel settore ferroviario. Viene poi specificata l’impossibilità,
per l’operatore che ottiene l’affidamento senza la gara, di esercitare parte della propria
attività con un soggetto diverso dall’ente concedente e di partecipare a procedure
concorsuali organizzate al di fuori del territorio dell’autorità competente.
11
Decisione Parking Brixen del 13.10.05
12
COM (2005) 319 definitivo. La proposta di Regolamento vale per i servizi di trasporto collettivi su strada e su ferrovia.
Nell’elencazione dei fattori che hanno spinto la Commissione europea a rivedere la proprio proposta di regolamento, occorre citare il
Libro bianco dei servizi di interesse generale pubblicato il 12 maggio 2004 (COM (2004) 374 definitivo).