sempre più spazio nelle cronache economiche (e finanche giudiziarie) più recenti.
Allo stesso tempo un ruolo decisivo per la definizione dell’argomento è
ascrivibile all’estrema attualità di tale tematica, alla luce dell’intenso processo di
ristrutturazione e concentrazione intervenuto in Italia e nell’ambito dell’Unione
europea. È sembrato particolarmente appropriato cercare di realizzare una
trattazione delle operazioni di concentrazioni bancarie, a maggior ragione in virtù
di quanto sta accadendo nel nostro paese. L’anno che sta per terminare sarà
ricordato come uno dei periodi maggiormente vivaci, sotto il profilo delle
operazioni di concentrazione, per il mercato creditizio italiano: il cambiamento del
vertice di Banca d’Italia ha segnato l’avvio di una stagione “nuova”, i cui drivers
sono rappresentati dalle parole liberalizzazione e concentrazione.
Per quel che riguarda le operazioni “oltre confine”, che poi rappresentano il
focus specifico di questo lavoro, abbiamo assistito al succedersi di fusioni e
acquisizioni che hanno coinvolto, sempre più spesso, gruppi bancari nostrani e
operatori stranieri, a volte con banche italiane in qualità di acquirenti (si pensi ad
esempio all’espansione nel mercato tedesco di Unicredit, tramite l’acquisizione,
sul finire del 2005, di HVB), in altri casi più recenti, in veste di banche target
(come nel caso dell’acquisizione di BNL da parte del gruppo francese BNP
Paribas
2
e di Antonveneta da parte del colosso olandese Abn-Amro).
Anche sotto il profilo delle dinamiche interne al settore creditizio italiano,
abbiamo assistito al verificarsi di scelte strategiche d’aggregazione da parte degli
intermediari nostrani, funzionali al raggiungimento di livelli dimensionali ritenuti
indispensabili per competere nello scenario fortemente competitivo che si è
venuto a creare nel contesto comunitario e globale. Nella maggior parte dei casi si
tratta di operazioni recentissime, che, al momento della realizzazione della nostra
trattazione, sono ancora ad uno stato embrionale, di puro progetto per alcune
operazioni. Si è iniziato sul finire dell’agosto del 2006, con l’annuncio della maxi-
fusione tra due delle maggiori banche italiane, Sanpaolo Imi e Banca Intesa, dalla
quale si prevede nascerà il secondo gruppo bancario in Italia per dimensioni e
volumi di raccolta. Successivamente, in pochi mesi, si sono succeduti altri
annunci di aggregazione: la fusione tra Banca Popolare Italiana e Banca popolare
2
Questo caso di acquisizione cross-border costituisce l’oggetto di una specifica e, si spera,
approfondita analisi, condotta nel capitolo conclusivo del lavoro.
5
di Verona-Novara e l’ultima, in ordine di tempo, tra il gruppo Banche Popolari
Unite e Banca Lombarda. Ed è del tutto auspicabile che le integrazioni non siano
ancora terminate, data la possibilità che hanno alcuni operatori, rimasti al margine
delle recenti dinamiche, di perseguire strategie di crescita inorganica, difendendo
la propria quota di mercato tramite operazioni di aggregazione, magari proprio
legando la propria attività a quella di players stranieri.
È proprio la grande attualità della tematica, accompagnata dall’altrettanto
rilevante centralità che le operazioni di concentrazione hanno acquisito nelle
scelte strategiche e nelle dinamiche di crescita degli intermediari creditizi, ad aver
alimentato l’interesse verso l’argomento. Da qui il desiderio e la volontà di
realizzare una trattazione sul tema delle M&A, adottando una soltanto delle
numerose prospettive attraverso le quali tali fenomenologie possono essere
analizzate (il profilo macroeconomico) e focalizzando la nostra attenzione su una
particolare tipologia di aggregazioni (ossia acquisizioni e fusioni cross-border).
Tale approccio, decisamente circoscritto rispetto alla mole di argomenti che
possono derivare dal tema delle concentrazioni, ha permesso, allo stesso tempo, di
non trascurare del tutto l’analisi degli effetti derivanti sotto un profilo più
propriamente microeconomico.
Un’ulteriore contestualizzazione ha riguardato lo scenario geografico di
riferimento. La nostra analisi ha guardato maggiormente da vicino le conseguenze
che tale tipologia di operazioni implicano sul sistema creditizio italiano ed
europeo (con un riferimento specifico al mercato francese e spagnolo), evitando,
se non quando strettamente necessario, di prestare attenzione a mercati creditizi
quali quello statunitense e inglese. Il motivo principale di tale scelta sta nelle
caratteristiche proprie di questi sistemi, contraddistinti da alcune peculiarità non
ravvisabili nello scenario dell’Unione monetaria europea, ma anche nelle
differenti dinamiche temporali e modalità di attuazione del fenomeno oggetto di
studio. Restringere l’attenzione a realtà simili e geograficamente più ravvicinate ci
consentirà la possibilità di andare a verificare le effettive opportunità affinché, in
un prossimo futuro, si rinvigorisca il processo di integrazione tra i sistemi
finanziari di tali paesi.
6
Prima di passare ad una breve presentazione della struttura del lavoro, è
opportuno fare una specifica precisazione riguardo le diverse fonti e studi
scientifici a cui si è fatto riferimento per la definizione di alcune nostre riflessioni.
L’imponente ondata di M&A tra intermediari finanziari, a cui si è assistito
nell’ultimo decennio, per la compresenza, come vedremo, di fattori normativi ed
economici, ha portato alla realizzazione di un flusso di lavori scientifici sulla
materia assai vivace, vario, articolato e ricco di riscontri precisi e reali. Tutto ciò
ha permesso un ampliamento sensibile delle nostre conoscenze in tema di cause,
effetti e opportunità delle operazioni di integrazione tra banche. Quindi, nel corso
dello studio, si è cercato di fornire riflessioni basate sulle osservazioni e sulle
analisi maggiormente autorevoli e conosciute sul tema, ma spesso si è fatto
riferimento a contributi meno conosciuti (a volte semplici working papers
pubblicati sulle riviste scientifiche), ma ritenuti, per la loro grande attualità,
maggiormente rappresentativi del contesto in cui oggi operano le banche.
Una volta fatte queste considerazioni di carattere generale sulle reali
motivazioni che hanno influito sulla scelta dell’argomento e sull’approccio al
tema che utilizzeremo, si intende fornire delle indicazioni sulla struttura del
lavoro.
La trattazione si articola in quattro capitoli, che è possibile suddividere in base
alla loro natura in una parte prettamente teorica (cap. 1 e 2), in cui si cerca di
delineare gli aspetti dottrinali sulle concentrazioni bancarie, e in una parte di
carattere più propriamente pratico (cap. 3 e 4), incentrata sull’analisi dei principali
sistemi creditizi europei e sulla presentazione dell’aggregazione cross-border tra
BNL e BNP Paribas.
Nello specifico, il capitolo 1 svolge una funzione essenzialmente introduttiva
all’argomento trattato nel lavoro. In esso si cerca, infatti, di fornire una
definizione generale del processo di concentrazione bancaria, inteso come
manifestazione delle strategie di crescita esterna degli intermediari creditizi. Si
ripercorrerà, nel corso del primo capitolo, l’evoluzione storica delle aggregazioni
tra banche, a partire dallo scoppio della Prima guerra mondiale fino ai casi più
recenti di fusioni. Il quadro retrospettivo del fenomeno di integrazione tra banche
riguarda, in un primo momento, la trasformazione conosciuta, nell’ultimo
7
ventennio, dal sistema bancario italiano, per poi estendere la prospettiva ai
caratteri salienti delle aggregazioni intervenute tra intermediari del vecchio
Continente in generale. Un quadro di tipo evolutivo viene tracciato anche rispetto
alla disciplina normativa, sia per l’Italia, sia per l’Europa, visto il ruolo primario
che provvedimenti di deregolamentazione (legge Amato-Carli, disciplina
Antitrust, legge n. 262 del 2005, recenti modifiche alle Istruzioni di Vigilanza,
ecc.) hanno avuto nel favorire l’integrazione dei mercati finanziari, proprio per il
tramite di aggregazione tra i soggetti che in essi operano. In aggiunta a ciò, si è
ritenuto utile inserire nel capitolo alcuni riferimenti specifici, di carattere tecnico-
giuridico, circa le diverse modalità attraverso le quali avviene il processo di
concentrazione (essenzialmente fusioni e acquisizioni del pacchetto azionario di
maggioranza).
Una trattazione di maggior dettaglio delle motivazioni strategiche e delle
principali forze guida alla base delle operazioni di M&A, è presente nella parte
iniziale del secondo capitolo. In quest’ultimo viene proposta una prima
specificazione delle operazioni di concentrazione cross-border, cercando di
distinguere i principali fattori propulsivi e di ostacolo che ci permettono di
distinguere questo tipo di operazioni dalle aggregazioni di carattere domestico.
Tra gli svariati obiettivi che gli operatori creditizi intendono perseguire mediante
fusioni ed acquisizioni, un ruolo di primo piano è imputabile, senza alcun dubbio,
alla creazione di valore per gli azionisti degli istituti. Nonostante la rapida
evoluzione del fenomeno delle concentrazioni, la volontà di ottenere un value
added, non si è minimamente affievolita, anzi, ha assunto una maggiore centralità,
rimanendo, ancora oggi, il vero obiettivo di ogni operazione e che, in molti casi,
ha sancito l’insuccesso di operazioni che sulla carta erano state considerate
profittevoli. Vista la criticità, nella valutazione della convenienza di certe scelte
strategiche, di tale fattore, si è avvertita l’esigenza di dedicare un apposito
paragrafo (il par. 2.2.1) alle opportunità che le aggregazioni, intese come forme di
crescita inorganica, aprono per le banche, proprio in termini di creazione di valore
(possibili sinergie di costo e di ricavo, economie di produzione, ampliamento
della gamma di offerta di prodotti e servizi finanziari, ecc.).
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Ma, andando oltre la definizione dei caratteri qualitativi del processo di
concentrazione bancaria, la parte centrale del capitolo è dedicata alla descrizione
dei profili macroeconomici delle aggregazioni, tramite l’analisi degli effetti che da
esse derivano in termini di efficienza, efficacia, stabilità e concorrenzialità, sia per
i soggetti coinvolti che per i mercati bancari. Nell’analizzare questi aspetti, ci si è
basati soprattutto sui risultati delle numerose ricerche empiriche realizzate
sull’argomento, cercando di selezionare le evidenze per noi maggiormente
rappresentative, sotto il profilo temporale e geografico (è stata data una certa
preferenza agli studi che riguardassero il mercato italiano o europeo e soprattutto
che avessero, per il fatto di essere recenti, un immediato riscontro nella realtà
attuale). Il nostro obiettivo sarà cercare di giungere a delle conclusioni univoche
circa le relazioni esistenti tra l’accrescimento del grado di concentrazione del
sistema bancario e i principali indicatori di efficienza, stabilità e competitività
dello stesso. Ovviamente, cercare di ottenere risultati netti e completamente
attendibili sarà piuttosto difficile. Infatti, le stesse ricerche empiriche sono ben
lontane dalla verità sulle dipendenze tra queste differenti caratteristiche del
mercato. È difficile prescindere dalle condizioni specifiche (area geografica,
tempo, categoria di operatori, ecc.) che sono alla base di ogni evidenza empirica,
anche se si cercherà di fornire le risultanze che più si adattano ai criteri
circoscrittivi che abbiamo posto all’inizio di questo lavoro, in modo tale da
giungere a delle conclusioni che abbiano comunque una certa valenza. Infine, è
opportuno riferirsi ad altri fattori, che costituiscono l’oggetto di analisi della parte
conclusiva del capitolo: ossia una delle componenti di costo maggiormente tenuta
in considerazione nelle scelte di aggregazione (il costo del personale) e il fattore
tempo, cruciale al fine della comprensione dell’eventuale successo o meno di tali
operazioni.
Con il capitolo 3 ha inizio la seconda parte del lavoro che, come si è avuto modo
già di specificare, si caratterizza per dei riferimenti piuttosto diretti alla realtà. In
esso si può trovare un’analisi qualitativa e quantitativa di alcuni tra i principali
sistemi creditizi europei, al fine di individuare gli scenari da cui si originano
operazioni di M&A cross-border. Si procede, infatti, ad una comparazione tra il
sistema bancario italiano, francese e spagnolo, in cui una notevole importanza è
9
attribuita agli aspetti legati alla concentrazione e alla struttura dei relativi mercati.
Lo scopo di tale analisi è cercare di avere delle informazioni in base alle quali
provare a capire se e come sia possibile che gli operatori dei diversi paesi diano
vita a processi integrativi tesi ad accrescere la competitività e l’efficienza del
mercato creditizio comunitario. Da ciò si può ben capire come focus di tutto il
capitolo siano esclusivamente le operazioni di carattere transfrontaliero. Rispetto
ad esse si cercherà di mettere in risalto i principali drivers da cui si originano e
che ne influenzano il successo, con osservazioni specifiche riguardo agli effetti
che tali aggregazioni comportano in termini di efficienza per le banche e, quindi, i
riflessi per il consumatore dei prodotti e servizi bancari.
La parte finale del capitolo riprende, in un certo senso, quei profili giuridici a
cui già ci si era riferiti nel corso del primo capitolo, adottando, tuttavia, una
diversa prospettiva, frutto di ulteriori consapevolezze. Il venire ad esistenza di
sistemi finanziari sempre più integrati ed interagenti fra di loro fa emergere la
necessità di un processo di internazionalizzazione della vigilanza bancaria e
spinge alla creazione di strumenti di controllo armonizzati e coordinati, in modo
tale da avere omogeneità di disciplina a livello comunitario. Si proverà, per
l’appunto, a descrivere l’impatto di alcuni dei diversi provvedimenti che le
istituzioni dei diversi paesi europei (in particolar modo l’Italia del dopo Fazio)
stanno adottando per far fronte alle suddette esigenze.
Il lavoro si chiude con la presentazione di un caso pratico di acquisizione cross-
border, ossia l’acquisizione della banca italiana BNL da parte del gruppo francese
BNP Paribas, perfezionatasi nel corso del primo semestre del 2006. L’operazione
in questione presenta alcune caratteristiche (soggetti coinvolti, mercati interessati,
dinamiche temporali ecc.) che la rendono particolarmente significativa, soprattutto
rispetto a quei profili macroeconomici e agli obiettivi strategici perseguiti dagli
intermediari creditizi, che tanto spazio hanno avuto in questo lavoro. Per l’analisi
di questa operazione di concentrazione si è scelta una struttura che permettesse di
definire, anche nella pratica, gli argomenti teorici e i risultati a cui si è avuto
modo di pervenire nell’ambito della parte prettamente teorica del lavoro. A tal
proposito, dopo aver fornito delle informazioni sui due gruppi bancari aggreganti
e sui tempi e le modalità dell’operazione, l’attenzione si sposterà sull’analisi degli
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obiettivi strategici perseguiti dai soggetti coinvolti. In particolare, una parte
consistente del capitolo è dedicata alla verifica delle conseguenze che potrebbero
3
derivare dall’aggregazione per le principali categorie di stakeholders (primi fra
tutti azionisti, impiegati e clienti).
3
I dati e le informazioni che saranno presentati nel caso pratico sono ricavati, perlopiù, da
documenti previsionali realizzati dai centri studi di BNL e BNPP. Anche se sono disponibili i
risultati di gestione del nuovo gruppo costituitosi, è necessario che ogni valutazione tenga
comunque in considerazione il fatto che si tratta di un’operazione conclusasi da poco, i cui reali
effetti saranno verificabili solo nel medio-lungo periodo (2 o 3 anni circa).
11
CAPITOLO PRIMO
LE STRATEGIE DI CRESCITA DEGLI INTERMEDIARI
FINANZIARI: LE CONCENTRAZIONI BANCARIE
1.1 Le modalità di crescita delle imprese: determinanti del processo di
concentrazione
Le dinamiche interne al processo di sviluppo delle imprese, con sempre
maggiore frequenza, sono animate da operazioni straordinarie (acquisizioni di
pacchetti azionari, fusioni, scissioni ecc..), che determinano profonde
trasformazioni, con le conseguenti esigenze di adattamento e integrazione. Tutte
queste operazioni rappresentano scelte definitive compiute dagli operatori
economici, con il fine di rafforzare la propria posizione competitiva mediante la
realizzazione di processi di crescita per via esterna.
La crescita dimensionale
4
si sviluppa secondo diverse direttrici
5
, riconducibili a
quattro specifiche prospettive, a seconda dei risultati che s’intende conseguire:
- è possibile espandere i volumi di vendita, intravedendo la possibilità di
sfruttare potenzialità insite nella domanda, senza modificare i prodotti
offerti e operando negli stessi segmenti di mercato. L’aumento delle
quantità prodotte porta a conseguire economie di scala, creando altresì le
condizioni per realizzare economie di apprendimento; sempre operando
nei medesimi mercati si procede all’allargamento e al rinnovo della
gamma della propria offerta;
- si opera un ampliamento del proprio raggio d’azione, con la conquista di
nuovi mercati, ricavandone le relative economie, se le risorse di cui si
4
Cfr. BESANKO D., DRANOVE D., SHANLEY M., Economia dell’industria e strategia
d’impresa, UTET, TORINO 2002.
5
L’analisi sulla crescita dimensionale alla quale ci si riferisce è stata condotta da ANSOFF,
Strategia aziendale, ETAS, 1974.
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dispone possono essere condivise tra i diversi settori ( ad es. la rete di
sportelli per una banca);
- infine, si rinnova e si sviluppa la gamma dei servizi e, insieme, si cerca
l’inserimento in nuovi mercati. Quest’ultima prospettiva costituisce la
forma che, più di tutte, determina un mutamento netto nella struttura
originaria dell’impresa.
Adottando una delle direttrici indicate, le imprese promuovono il proprio
sviluppo, realizzando gli obiettivi strategici opportuni, tentando di ottenere tutti i
benefici connessi a ciascuna soluzione. Tuttavia tali obiettivi, potrebbero anche
essere raggiunti per via interna, con le risorse di cui l’impresa già dispone.
Esistono una serie di aspetti che giustificano la maggior efficacia dei processi di
crescita esterna, rispetto ad uno sviluppo endogeno, primo tra tutti la possibilità
(nel caso esemplificativo di una nuova acquisizione) di riuscire a combinare i
punti di forza di cui dispongono l’acquirente e l’acquisita, ottimizzando le risorse
complessive e realizzando vantaggi di efficienza. In secondo luogo, la crescita
esterna consente di centrare determinati obiettivi strategici in tempi assai rapidi,
disponendo ad esempio del know how della società inglobata, senza attendere
l’esito di lunghi e onerosi programmi di investimento.
Le vie di crescita per il tramite di acquisizioni sono spesso le uniche che
consentono l’ingresso in settori o in mercati nei quali le barriere all’entrata
6
risultano elevate. In particolare, per i processi d’aggregazione tra intermediari
finanziari, operazioni di sviluppo in senso orizzontale sono attuate ogniqualvolta
si ritiene strategicamente conveniente l’ingresso in mercati di altri paesi, per i
quali si riscontra la necessità di essere dotati di caratteristiche che solo un’impresa
locale è in grado di possedere. E’ assolutamente rilevante sottolineare come
attraverso il ricorso ad acquisizioni, le imprese riescano più rapidamente ad
accrescere la propria quota di mercato realizzando, quindi, l’obiettivo principe per
ogni azienda.
Articolati e tempestivi processi di crescita esterna, con sempre maggior
frequenza, sono giustificati dal verificarsi di rilevanti mutamenti economico
6
Per barriere all’entrata devono intendersi, a titolo esemplificativo, la disponibilità di requisiti di
legge o comunque di requisiti di fatto,ottenibili con elevati investimenti. Cfr. RISPOLI M.,
Sviluppo dell’impresa e analisi strategica, IL MULINO, 2002.
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