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La dipendenza affettiva-relazionale è annoverata tra le dipendenze
patologiche definite senza sostanza o new addictions, tutte in grado di
consentire, attraverso atti compulsivi, pervasivi ed invalidanti, benessere
psicologico personale. La disamina del primo capitolo descrive, in linea
generale, l’esistenza delle nuove dipendenze patologiche ed i tratti psicologici
caratteristici di ciascuna con l’esigenza di definire il costrutto di “dipendenza”
del comportamento in presenza di craving, ovvero compulsività dell’azione, di
bisogno impellente e di crisi da astinenza. Descrive anche, attraverso i tre
sottocapitoli, gli aspetti socio-culturali che hanno favorito tale disturbo sotto
l’ottica del ciclo di vita e della differenza di genere, nonché la natura di tale
dipendenza a partire dal significato di affetto e di responsabilità personale nella
loro qualità etico-affettiva.
I limiti della dipendenza affettiva-relazionale si evidenziano attraverso
l’incapacità di espressione e manifestazione di emozioni e sentimenti in atti
d’affetto, laddove speranza e fiducia realizzano la reciprocità del dono del
bene, libero e disinteressato. Sono stati messi in risalto anche le cause della
patologia, che si articolano dallo stile di attaccamento, considerato
fondamentale nella costituzione di relazioni affettive in età adulta, alla
modalità relazionale disfunzionale dell’individuo a causa di disturbi di
personalità o inadeguato funzionamento psichico.
L’ultimo sottocapitolo affronta il fenomeno della co-dipendenza,
descritta come la condizione ideale, favorita da un altro individuo, a mantenere
lo stato di dipendenza dell’Altro nella considerazione che qualunque forma di
dipendenza necessità di un elemento che la renda possibile e realizzabile.
L’individuo co-dipendente ha la necessità di dipendere e presenta precise
caratteristiche masochiste valide a complementare il bisogno di dipendenza
dell’Altro, ma rappresenta anche l’elemento che scardina la relazione
disfunzionale, qualora maltrattato, consentendo la manifestazione della
patologia fino ad allora rimasta nel privato
Il secondo capitolo descrive invece, i riferimenti teorico-interpretativi
secondo cui Autori di grande rilevanza si sono preoccupati di comprendere e
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spiegare alcune dinamiche relazionali e comportamentali ritenute essenziali per
la maturità e la stabilità psicologica dell’essere umano. È sulla base di tali
elementi teorici che si possono strutturare i modelli di intervento e le possibili
strategie di prevenzione primaria, secondaria e terziaria, secondo l’approccio
della Psicologia di comunità, finalizzati a promuovere benessere e migliorare la
qualità della vita dell’individuo e dell’intera comunità.
La realizzazione dei tre processi di advocating, enabling e mediating
(Lavanco e Varveri, 2006), è in grado di consentire all’individuo ed all’intera
comunità consapevolezza del malessere e conoscenza dei fattori di rischio e
prevede la formazione di elementi trainer, che possono operare nei gruppi di
incontro e di auto-aiuto. all’interno del quale la narrazione della propria
esperienza è incontro e confronto con l’esperienza dell’Altro.
L’ultimo sottocapitolo descrive l’utilizzo del fattore “anticomunità”
come risorsa strategica nell’ideazione di metodologie, di tecniche e di
interventi specifici attraverso il quale si sono ottenuti risultati soddisfacenti per
lo sviluppo dell’empowerment individuale e comunitario. Tale fattore si
manifesta nella dipendenza patologica come elemento di chiusura e di rigidità
al cambiamento ma, se dotato di capacità trasformativa può diventare un punto
di forza e far leva sul processo di cambiamento del comportamento patologico.
“Allo stesso modo, la contraddizione tra vedere il narcisismo come un’illusione
e il pensarlo come una difesa si dissipa, quando il narcisismo è considerato
come un modo per integrare la relazione con un’altra persona”. (Mitchell,
2002, p.166)
L’obiettivo primario e finale dell’approccio della Psicologia di
comunità è infatti il cambiamento che, per quanto traumatico e di difficile
attuazione deve potersi immaginare come possibile e realizzabile e, nel caso
della dipendenza affettiva-relazionale le strategie di intervento, le tecniche e le
metodologie devono poter consentire all’individuo l’ideazione e la creazione
di un’altra modalità di vita per vivere finalmente la propria in piena libertà di
espressione.
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CAPITOLO 1
Le dipendenze senza sostanza
La vita quotidiana degli individui è costituita da compiti da assolvere e
da relazioni interpersonali che danno senso e significato alla propria realtà
familiare e sociale e che, nel contempo, attraverso la loro graduale
realizzazione consentono lo sviluppo della capacità di autodeterminarsi e
autoprogettarsi in piena libertà. Il carattere di dipendenza nel comportamento
dell’individuo si configura quando egli non è in grado di gestire in piena libertà
ed autodeterminazione tali compiti e relazioni ma ha la necessità di mettere in
atto condotte comportamentali condizionate da qualcosa o qualcuno, esterno a
sé, utile per la realizzazione di tale obiettivo.
Le dipendenze senza sostanza vengono denominate “nuove
dipendenze” o “new addictions” secondo la terminologia inglese e,
definiscono, una condotta individuale caratterizzata da costrizione ed
obbligatorietà a dipendere da qualcosa o qualcuno che non è, appunto, una
sostanza chimica esterna all’individuo, ma un oggetto o una persona con la
quale si stabilisce una condizione psicologica di esclusività di legame, in grado
di modificare temporaneamente lo stato di dolorosa sofferenza psichica.
Le new addictions non hanno ancora una connotazione patologica
riconosciuta e pertanto non sono contemplate nel DSM IV ed inoltre, essendo
costituite da una molteplicità e complessità di fattori, la loro classificazione, a
tutt’oggi, risulta difficile nonostante studi e ricerche si siano concentrati
nell’individuazione di un non ben definito fattore predominante rispetto agli
altri, che possa consentirne lo studio nella specificità dei sintomi e nel profilo
patologico, tale da lasciare intravedere la possibilità di un intervento
preventivo.
Poiché le dipendenze senza sostanza, riguardano la sfera del sociale e
della legalità, nel senso che coinvolgono oggetti ed attività socialmente
accettate e condivise, sono favorite dall’innovazione tecnologica e dalla cultura
moderna che, se da una parte producono sviluppo economico e crescita
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personale dall’altra, rappresentano anche una motivazione di stress, di vuoto, di
noia e di tendenza all’immediata gratificazione del bisogno, generando
comportamenti al limite del lecito fino a diventare patologici attraverso atti
compulsivi, pervasivi ed invalidanti che implicano l’uso di processi
manipolativi verso un oggetto “Altro” o “Altra” persona con l’intento di
raggiungere il benessere personale su compensazione psicologica.
Fra esse si distinguono la Sex addiction che prende origine dalla
necessità di ridurre una forte tensione psichica e/o somatica, lo Shopping
compulsivo finalizzato all’alleviamento di un malessere psicologico piuttosto
che al raggiungimento di un piacere, la Work addiction che si instaura a partire
da ricompense secondarie e quindi dal piacere indiretto prodotto dall’azione
lavorativa che presuppone, nell’individuo, la capacità di rinunciare ad un
piacere immediato in prospettiva di una ricompensa futura, l’Internet addiction
che, secondo Caretti (2005), è caratterizzata da tre livelli di disturbi del Sé e
delle funzioni integrative della coscienza che conducono al ritiro dalle relazioni
con il mondo esterno, alla considerazione del computer come rifugio della
mente ed alla depersonalizzazione del soggetto che può condurre alla
sostituzione dell’identità personale con una identità virtuale alternativa, il
Gambling (dipendenza dal Gioco d’azzardo) considerato dall’individuo come
la soluzione di tutti i suoi problemi e delle sue necessità, ove vissuti come
grandi frustrazioni personali, ed altre forme di dipendenze da oggetti o attività
come la ricerca di un’affettività verso le persone con modalità manipolatoria
finalizzata a soddisfare il bisogno di sfruttare le risorse di un’altra vita per
sopravvivere, definita dipendenza affettiva e comunemente denominata Love
addiction o mal d’amore.
Tra le nuove forme di dipendenza patologica l’unica che ha conquistato
l’inserimento nell’attuale DSM IV, sotto la categoria dei disturbi del controllo
degli impulsi non altrove classificati, è la dipendenza dal Gioco d’azzardo che,
nel 1980 viene inserita dall’American Psychiatric Association nel già DSM III.
Tutte queste “tossicomanie oggettuali” così definite da Caretti e La
Barbera (2005), hanno lo scopo di alleviare il dolore e l’angoscia
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dell’individuo e sono tutte caratterizzate da una qualche forma di craving intesa
come entità psicopatologica che determina una forte attrazione verso l’oggetto
scelto, tale da comportare la perdita del controllo e la messa in atto di azioni
compulsive e pervasive tese alla soddisfazione del desiderio, anche in presenza
di grandi ostacoli o pericoli.
L’attribuzione del termine “dipendenza da” deriva dalla convinzione
individuale che, a seguito di un’esperienza soggettivamente interpretata, la
relazione tra individuo ed oggetto o attività comportamentale sia ritenuta valida
a fornire una risposta esaustiva ai bisogni di cui l’individuo è portatore, fino a
considerarla esclusiva e necessaria per la propria sopravvivenza.
L’esigenza di trovare una spiegazione a tale relazione di esclusività ha
innescato l’attivazione di studi e ricerche, per comprendere alcuni automatismi
insiti nella dipendenza, che hanno dimostrato come i meccanismi
neurobiologici delle dipendenze senza sostanza siano riconducibili a quelli
identificati nelle dipendenze da sostanze psicotrope; infatti, le caratteristiche
che si evidenziano nei soggetti dipendenti sono uno stato di “ebbrezza”, tale da
far percepire il sentimento di felicità e la necessità di “aumentare sempre la
dose” per ricercare e mantenere la condizione di felicità, sinonimo di benessere
dato che “l’astinenza” produce in essi infelicità e sofferenza psichica; per
questo motivo la dipendenza si configura sia come una reazione difensiva ed
una fuga dall’incapacità di fronteggiare i sentimenti e le emozioni negative e
sia come un riconoscimento di mancanza di autonomia e di capacità dell’Io.
In particolare Giddens (1995), sottolinea la continuità e la circolarità del
meccanismo e come l’agire strutturato, tipico della dipendenza, avviene in
maniera non determinata scatenando, a seguito dell’impedimento o la rinuncia
all’agito, ansia incontrollabile oppure, a seguito della sua soddisfazione, la
risoluzione dell’ansia momentanea.
A conferma di quanto descritto alcuni studi neurofisiologici, hanno
rilevato l’importanza del craving e del suo grado di intensità, come
responsabile delle alterazioni psicofisiche che inducono la persona a ricercare
in modo ossessivo e compulsivo la condizione che ha generato lo stato di
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benessere, per cui la dipendenza patologica, si rappresenta come una forma
morbosa di comportamento verso un oggetto o un’attività, che viene utilizzata
con modalità distorta, determinando un’esperienza compulsiva caratterizzata da
fenomeni di craving alterati, che inducono processi di assuefazione e di
astinenza tipici della dipendenza da sostanza psicotropa.
Inoltre, l’instaurarsi di una dipendenza patologica nell’individuo è
determinata dall’attivazione di meccanismi di difesa conseguenti al non
adattamento alla propria realtà ed alla necessità di perseguire condizioni
piacevoli alternative, ricercati anch’essi compulsivamente ed in maniera
abnorme, con l’intento di soppiantare ciò che è disturbante e di difficile
gestione con una modalità piacevole sostitutiva attraverso un “Altro” valido a
raggiungere uno stato di apparente benessere.
Spesso poi, le nuove dipendenze si combinano tra loro o si
accompagnano alle dipendenze da sostanze come ad esempio l’associazione tra
il Gioco d’azzardo patologico e l’Alcolismo, oppure, si verificano passaggi da
una dipendenza ad un’altra che diventa sostitutiva a quella precedente.
(Lavanco, 2001)
Il costrutto di dipendenza-indipendenza, determinante nella definizione
di dipendenza patologica dell’individuo, si articola sulla condizione biologica
se si considera il suo stato neurofisiologico, sulla condizione sociologica
caratterizzata dalla qualità del suo contesto culturale ed ambientale, sulla
condizione psicodinamica relativa alle precise dinamiche psicologiche che
sottendono all’attuazione di comportamenti patologici e, sulla condizione
cognitiva-comportamentale quando si attribuisce un’importanza ai suoi fattori
costituzionali quali l’insicurezza, l’immaturità e le eventuali difficoltà del
funzionamento cognitivo.
Poiché il ciclo di vita dell’uomo è pervaso da dipendenze più o meno
vitali, atte a soddisfare i bisogni primari e secondari, i desideri e gli obiettivi
fin dal primo attimo di vita, è importante focalizzare l’attenzione su ciò che
diventa problematico ed invalidante per l’individuo ed a tal proposito,
Lingiardi (2005), evidenzia che “un’indipendenza autentica poggia sulla
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capacità di dipendere”, pertanto è meglio parlare di un continuum dipendenza
sana-patologica o sicura-insicura dal quale partire per comprendere nel modo
migliore il carattere della dipendenza patologica (cit. Couyoumdjian, Baiocco e
Del Miglio, 2006, p.81).
La conquista dell’autonomia personale, concomitante con lo sviluppo
dell’identità e della propria consapevolezza, è la parte attiva dell’individuo che
opera le sue scelte ed il controllo della sua vita in relazione agli oggetti presenti
nel suo contesto ma, se tale traguardo esistenziale non trova le condizioni
idonee per la sua realizzazione, nel continuum dipendenza sana-patologica si
attivano processi che si collocano verso la polarità del patologico dando origine
a sindromi di difficile eziogenesi che si dirigono verso oggetti “Altro”, esterni
al proprio Sé, con la convinzione individuale che l’oggetto prescelto è valido a
compensare il vuoto psicologico responsabile dello stato di malessere.
Valleur e Matysiak (2005, p.17), ritengono che “allorché un
comportamento invade l’intera esistenza del soggetto, al punto da impedirgli di
vivere, è legittimo parlare di dipendenza. L’oggetto della dipendenza diventa
centrale, costituisce il fulcro attorno al quale ruota la vita del soggetto
dipendente e ne definisce l’identità”.
Ma l’oggetto della dipendenza per l’individuo coincide con il suo
bisogno e, Jole Baldaro Verde (2001, p.34), definisce il ‘bisogno’ come “la
necessità assoluta, inderogabile, di procurarsi ciò che è ritenuto indispensabile
alla propria sopravvivenza”.
Occorre quindi focalizzare l’attenzione sui bisogni primari quali
l’attaccamento, il potere, l’autonomia, l’identità sessuale e l’autostima per
comprendere quale è la disposizione alterata nel singolo individuo responsabile
della dipendenza.