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ambientale2, in quanto proprio le Nazioni Unite sono intervenute attraverso
strumenti giuridici di diritto commerciale internazionale, cioè gli atti
normativi citati, per arginare il fenomeno del mutamento climatico,
seguendo alla lettera il cosiddetto “principio di precauzione”3. Si potrebbe
pertanto parlare di un nuovo capitolo nel panorama del diritto
internazionale, vale a dire la nascita ex novo di un diritto ambientale delle
emissioni, che si sviluppa attraverso la commercializzazione delle stesse.
Quindi, è proprio il diritto internazionale che ha inventato il cosiddetto
Emissions Trading Law4 e consequenzialmente ha inventato ex novo un
nuovo mercato, quello ambientale, che si sviluppa a “cerchi concentrici”, a
livello internazionale, regionale e nazionale, e dove gli scopi del Protocollo
di Kyoto si raggiungono attraverso lo strumento di mercato per eccellenza,
il contratto, su cui si fondano tutti e tre i meccanismi previsti dal trattato. La
“mercatizzazione” del diritto ambientale crea pertanto una naturale
interazione tra diritto, ambiente ed economia, dove la tutela ambientale
non è tanto perseguita a fini salutistici o etici, quanto piuttosto perché
permette di produrre ricchezza, “fare economia” attraverso lo spostamento
e l’allocazione di risorse.
L’ interesse verso questo tema d’attualità è nato dall’amara
constatazione che quotidianamente i mass media riportano notizie di
calamità naturali dovute proprio al mutamento climatico del pianeta. Molti
studiosi hanno appurato il nesso scientifico causale tra tali fenomeni
ambientali, il surriscaldamento del Globo5 e l’attività energetico -
industriale umana, fonte principale del problema a causa delle emissioni di
gas serra, ma mancano una conoscenza ed una consapevolezza comuni
e diffuse dell’argomento, anche perché gli studi e le ricerche fino ad oggi
2
Termine che indica l’insieme di strumenti economici e giuridici usati per regolare l’impatto
dell’attività produttiva umana sull’ambiente.
3
Secondo questo principio, a fronte di incertezze sugli effetti sulla salute umana di sostanze
sospette di essere persistenti, tossiche o accumulabili, si devono intraprendere le azioni necessarie
ad evitare possibili danni, anche in assenza di prove causali tra effetti ed emissioni, purchè il
bilancio tra costi e benefici, e quindi l’analisi del rischio, le giustifichino.
4
Con questo termine si intende il diritto degli scambi di emissioni di gas.
5
Cosiddetto fenomeno del global warming.
11
prodotti sono molto eterogenei, e non sempre comprensibili se non da
parte degli esperti di settore.
Lo studio proposto pertanto approfondirà il tema in questione,
rivolgendo l’attenzione a com’è impostato e si sviluppa giuridicamente ed
economicamente l’impegno degli Stati sul piano internazionale, e non, per
affrontare il fenomeno del cambiamento climatico.
Il focus della ricerca sarà rappresentato da uno dei tre meccanismi
cosiddetti “flessibili” previsti dal Protocollo di Kyoto per la sua stessa
attuazione: l’Emissions Trading (ET), ovvero il sistema di scambio di quote
d’emissione di gas ad effetto serra.
Non saranno invece oggetto di analisi, pur se richiamate con brevi
cenni, le altre due forme previste dal Trattato, ovvero Joint Implementation
(JI) e Clean Development Mechanism (CDM), altrettanto importanti al fine
di conseguire gli obiettivi di politica ambientale posti dalle Nazioni Unite.
Nella prima parte dello studio, costituita da due capitoli, si proporrà
una panoramica “statica” sul tema trattato: nel primo capitolo, dopo un
breve excursus storico riferito all’evoluzione giuridica della lotta al
cambiamento climatico, si spiegherà come operano le Nazioni Unite nel
contesto giuridico internazionale, come creano diritto e di quali strumenti
giuridici dispongono per il perseguimento dei propri obiettivi.
Sarà esaminato quindi il Protocollo di Kyoto in generale, con una
breve descrizione dei Meccanismi Flessibili da esso previsti, per
concludere poi con una panoramica sugli interventi europei in materia di
politica ambientale.
Il secondo capitolo analizzerà invece il Meccanismo dell’Emissions
Trading propriamente detto, come mezzo d’implementazione del
Protocollo di Kyoto a livello internazionale (in cui l’ET è anche detto IET-
International Emissions Trading). Si scenderà poi alla dimensione europea
dell’ET, proponendo un’analisi dell’European Emissions Trading Scheme,
istituito tramite la Direttiva 2003/87/CE, e alla dimensione nazionale,
12
tramite l’esplicazione del sistema dei Registri nazionali ed un cenno alla
legislazione italiana collegata alla Direttiva. Tutto ciò sarà poi rapportato
alle attività di supporto all’ET svolte da soggetti, enti ed istituzioni, operanti
sul piano internazionale, il cui ruolo contribuisce allo sviluppo del mercato
di scambio delle quote d’emissione di gas.
Nel terzo capitolo infine, facente capo alla seconda parte dello
studio, più “dinamica”, verranno trattate le vere e proprie dinamiche
contrattuali riferite all’ET: si analizzerà l’evoluzione del carbon market, a
livello globale, europeo e nazionale, con riferimento alla Borsa italiana dei
diritti d’emissione. Per concludere, si apporterà l’esempio pratico di un
contratto standard di ET, il cui contenuto sarà approfonditamente
spiegato, per capire concretamente come si articola uno scambio di quote.
A seguire, le conclusioni del lavoro proposto, corredate quindi, a
completamento, da quattro Appendici: la prima bibliografica, la seconda
relativa ai siti internet visitati per integrare il materiale raccolto da fonti
scritte, la terza normativa, dove sarà inserito il Protocollo di Kyoto, ed
infine la quarta riguardante i materiali d’interesse esaminati, tra cui
l’indicazione di alcuni studi, ricerche ed articoli letti e l’inserimento del
contratto di cui si parla al terzo capitolo. Tutto ciò, al fine di consentire un
miglior apprezzamento di quanto trattato.
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PRIMA PARTE
Evoluzione dell’Emissions Trading Law e dell’Emissions
Trading propriamente detto
14
15
PREMESSA AL CAPITOLO 1
Occorre anzitutto premettere che per tutto lo studio proposto si
parlerà di gas ad effetto serra, ed è opportuno specificare cosa intendiamo
con questo termine. I gas che citeremo sono così classificati per una loro
particolare caratteristica fisica: una volta rilasciati in atmosfera, a seguito
di attività produttive o di consumo, questi assorbono parte delle radiazioni
solari riflesse dalla superficie terrestre e dal mare, che vengono così
“intrappolate”, alla stessa maniera in cui la copertura di una serra
intrappola parte della radiazione solare che la attraversa. Pertanto,
essendo tali gas emessi nell’atmosfera in quantità ingenti, nel lungo
periodo provocano un aumento della temperatura globale, che comporta
effetti a catena su vari aspetti della natura: scioglimento delle calotte
polari, aumento dell’altezza media dei mari, variazioni continentali del
clima in base alle correnti marine. La stessa anidride carbonica, che in
natura è presente nello strato d’atmosfera, assolvendo alla funzione di
proteggere la terra dall’eccessivo surriscaldamento altrimenti provocato
dal sole, se rilasciata in quantità eccessive assume un ruolo totalmente
opposto, diventando dannosa. Basti pensare che si ipotizza che i gas ad
effetto serra possano essere responsabili, direttamente ed entro il 2100, di
un aumento della temperatura globale compreso tra 1,5°C e 5,8°C. Già
nell’ultimo secolo, infatti, la temperatura media sulla superficie terrestre è
aumentata di circa 0,6°C, variazione che ha provocato una diminuzione
del gradiente di temperatura giornaliera, cioè della differenza tra massimo
e minimo giornaliero, una riduzione della calotta antartica, dei ghiacciai e
delle precipitazioni nevose e piovose, un aumento del livello medio del
mare tra i 10 ed i 20 cm.6 Tenendo conto di queste tendenze, è chiaro che
le conseguenze del riscaldamento globale si ripercuotono sulle
6
Dati appresi dal Rapporto Stern del 2006, di cui si parlerà al paragrafo 1.2.
16
disponibilità di risorse come l’acqua, sulla produttività dei suoli agricoli,
sulla salute umana.
Con queste premesse, possiamo comprendere meglio perché si
attuano tanti sforzi, a livello politico ed economico, per limitare il problema
del cambiamento climatico. Detto ciò, quindi, possiamo passare ad
accennare il contenuto di quanto verrà esposto.
Nel seguente capitolo si offrirà anzitutto una panoramica della
politica ambientale internazionale, attraverso un rapido excursus degli
interventi e degli atti dell’O.N.U. in materia. L’O.N.U. riveste un ruolo
centrale nella lotta al cambiamento climatico, armonizzando a livello
internazionale gli impegni dei singoli Governi e Stati, così da impedire che
una eventuale frammentazione delle iniziative possa risultare inibitoria ed
inutile rispetto agli scopi di tutela ambientale. Saranno quindi brevemente
esaminate la struttura di questa importante organizzazione, l’attività della
sua “sezione ambiente” ed alcune delle Conferenze degli Stati membri che
hanno aderito alla Convenzione sui Cambiamenti Climatici del 1992 e al
Trattato di Kyoto del 1997, per vedere quali risultati hanno prodotto negli
ultimi anni.
Successivamente, dopo aver descritto in linea generale il Protocollo
di Kyoto ed il suo contenuto, attraverso un excursus giuridico delle
iniziative europee in tema di tutela ambientale si comprenderà che anche
il ruolo della Comunità Europea è fondamentale ai fini di raggiungere gli
obiettivi internazionali descritti nel Protocollo. La C.E., infatti, è sempre in
“prima fila” relativamente alla volontà di assumersi impegni di riduzione
delle emissioni, fungendo da esempio nella più ampia dimensione
internazionale.
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CAPITOLO 1
Risposte al problema del cambiamento climatico sotto il
profilo giuridico internazionale ed europeo
1.1. Il cambiamento climatico dal punto di vista giuridico:
cenni storici
Potremmo cominciare ad inoltrarci nel tema proposto attraverso una
fotografia della cronologia relativa agli atti normativi di politica ambientale
internazionale. A questo proposito, occorre esordire ricordando come,
l’eco diffusosi intorno alla scoperta del crescente “buco dell’ozono” sulla
regione del Polo Sud durante i primi anni ‘80, insieme alle successive
negoziazioni in materia, nel 1985 della Convenzione di Vienna per la
Protezione dello Strato d’Ozono7, e nel 1987 del Protocollo di Montreal
sulle Sostanze che riducono lo strato d’ozono8, abbiano focalizzato
l’attenzione internazionale sul più vasto e complesso problema
dell’impatto dei gas ad effetto serra9 sull’atmosfera globale. Da quegli
eventi in poi, la minaccia del cambiamento climatico è sempre rimasto un
punto fondamentale nell’agenda giuridica internazionale, tanto da portare
l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a passare una Risoluzione, nel
1988, volta a garantire un “impegno comune delle Generazioni umane
7
In inglese, UN, Vienna Convention for the Protection of the Ozone Layer; fu conclusa il 22 marzo
1985, ed entrò in vigore il 22 settembre 1988. Attualmente, è stata ratificata da 191 paesi.
8
In inglese, UN, Montreal Protocol on Substances that Deplete the Ozone Layer; fu concluso il 16
settembre 1987 ed entrò in vigore l’1 gennaio 1989, come attuazione della Convenzione di Vienna
del 1985. Attualmente, è stato ratificato da 191 paesi. Le Parti del Protocolllo si riuniscono
periodicamente nei cosiddetti MOP: Meeting of the Parties, ultimo dei quali svoltosi a Dakar,
Senegal, nel Dicembre 2005.
9
In inglese, e di seguito, cosidetti GHG, greenhouse gases.
18
Presenti e Future per la Protezione del Clima Globale” 10, supportato dalla
creazione di un apposito Programma Ambientale11 e dalla nascita di un
Quadro Intergovernativo sul Cambiamento Climatico12, promosso
dall’Organizzazione Mondiale Meteorologica13 a scopi di cooperazione
scientifica14 nello studio del problema. Due anni più tardi, l’Assemblea
passò una nuova Risoluzione15, per istituire un Comitato di Negoziazione
Intergovernativa16 col compito di sviluppare uno strumento legale, Trattato
o Convenzione, rivolto ad affrontare più seriamente e ad arginare il
problema del cambiamento climatico. Il risultato di due anni d’estenuanti
negoziazioni fu la Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici del
199217, conclusasi definitivamente a New York in data 9 Maggio. Nel
Giugno dello stesso anno, alla Conferenza delle Nazioni Unite per
l’Ambiente e lo Sviluppo18, storico Earth Summit19 partecipato da 184
nazioni a Rio de Janeiro, il trattato fu “aperto” alla firma: oggi, sono 193 i
Paesi firmatari. Lo scopo della Convenzione era di “stabilire un livello di
emissioni di gas ad effetto serra abbastanza basso da poter prevenire
interferenze antropogeniche dannose per il sistema climatico”; per
raggiungere tale fine, le Parti dovevano impegnarsi ad intraprendere
politiche e misure volte a ridurre le emissionidei gas ad effetto serra, che
sono le principali sostanze in grado di interferire ed alterare il clima
globale. Il suddetto trattato però, non ponendo ancora limiti obbligatori per
10
Tale Risoluzione, in inglese, è conosciuta come UNGA (United Nations General Assembly)
Resolution 43/53: Protection of Global Climate for Present and Future Generations of Mankind,
firmata a New York il 6 Dicembre 1988, durante la 70° riunione plenaria dell’Assemblea Generale
O.N.U. .
11
In inglese, e di seguito, detto UNEP: UN Environment Programme.
12
In inglese, e di seguito, detto IPCC: Intergovernmental Panel on Climate Change.
13
In inglese, cosiddetta WMO: World Meteorological Organization.
14
L’IPCC fu creato allo scopo di valutare le informazioni scientifiche, tecniche e socio-economiche
relative allo studio del cambiamento climatico, ai suoi effetti potenziali e alle opzioni possibili per
una sua mitigazione. Per perseguire tali obiettivi,l’IPCC si serve di tre Gruppi di Lavoro interni, o
Working Groups (WGs), che studiano rispettivamente: WGI - scienza del cambiamento climatico,
WGII - impatti e soluzioni, WGIII - dimensione economico-sociale.
15
Ovvero la UNGA Resolution 45/212/1990.
16
In inglese, detto Intergovernmental Negotiating Committee.
17
Conosciuta come UNFCCC: UN Framework Convention on Climate Change.
18
In inglese, detta UNCED: UN Conference on Evironment and Development.
19
Ovvero Vertice della Terra.