Introduzione
Filo conduttore: la censura
In Russia, il lento e lungo passaggio da un teatro estemporaneo non professionistico a uno
professionistico in linea con i cambiamenti in atto in Europa, storicamente coincide con l’epoca
imperiale zarista.
Il lungo periodo zarista, nato con Ivan IV detto il terribile nel 1547, venne soffocato dalla
rivoluzione socialista del 1917, e si concluse quando lo zar Nicola II, il 16 luglio 1918, venne
giustiziato con tutta la famiglia, per ordine del soviet degli Urali. In questi 370 anni, la Moscovia
prima e la Russia successivamente ebbero 24 regnanti inclusi quelli che, nella cosiddetta “Era dei
torbidi”, si succedettero, anche se non ufficialmente riconosciuti.
Questo arco temporale fu molto movimentato e si verificarono freneticamente congiure di
palazzo, carcerazioni, esili, condanne a morte, omicidi, parricidi, regicidi, guerre civili;
convivevano: schiavitù, miserie e nobiltà.
Un filo conduttore però unì questo lungo periodo: la censura, soppressa solo con la
rivoluzione del 1905 e ripresa poi con la rivoluzione bolscevica del 1917.
La censura soffoca la libertà di stampa, di pensiero e d’opinione, con riflessi non solo nella
vita quotidiana del popolo russo, ma anche nella cultura in generale, nella letteratura e nelle arti in
particolare.
Menti eccelse, con i loro frutti, vennero soffocate o quantomeno ridimensionate.
Le trasformazioni culturali, che avvennero in Europa, investirono anche la Russia che, molto
spesso, le attuò in clandestinità.
Gli zar hanno usato modi diversi di censura; si è passa dalla censura “soft” con Pietro I a
quella critica di Caterina II, dalla censura esasperante di Paolo I a quella “ammonitrice” di Nicola I.
Il teatro russo dal moskoludstvo alla narrativa proletaria
Documenti antichissimi, risalenti al secolo XI, parlano dell’uso di costumi e maschere, il
cosiddetto moskoludstvo o mascheramento, propedeutico alla nascita dei giochi mascherati.
Questi giochi mascherati, popolari dell’antica Russia, avevano luogo soprattutto durante la
settimana grassa, nel corso della quale si evidenziano già azioni che si possono dire teatrali, ne “i
funerali del carnevale”.
Ma, non meno evidentemente che nei giochi mascherati, il popolo russo manifestò la sua
tendenza alla teatralità nelle cerimonie della vita quotidiana, come le nozze. Cominciando dalla
domanda di matrimonio e finendo col grande banchetto del giorno seguente alle nozze, è tutta una
serie di scene paragonabile ad un vero e proprio spettacolo teatrale. Il lato negativo di una tale
cerimonia-spettacolo è che non c’è posto per la creatività, in quanto tutto si svolge secondo un
modello secolare che non può essere violato.
Come ebbe a dire lo storico Varneke « in questo modo il matrimonio è in sostanza una
rappresentazione nella quale gli sposi sono degli attori che recitano una parte ».
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Citato in Ettore Lo Gatto, Storia del teatro russo vol.1°; Firenze, Sansoni, 1964, p. 3.
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Il perfezionamento dei giochi mascherati e dei loro rappresentanti, che possono essere detti
attori, in quanto fanno del divertimento altrui la propria professione, portò alla nascita dei cosiddetti
skomorochi .
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Una categoria particolare di skomorochi fu quella dei burattinai. Un particolare dispositivo
del teatro dei burattini è il cosiddetto Vertèp. La sua origine è occidentale, come molte altre
manifestazioni teatrali e penetrò in Russia dalla Polonia dove le rappresentazioni natalizie della vita
del Signore, nel periodo che va dal Natale all’Epifania, venivano recitate da marionette chiamate
“szopki”.
L’inizio dell’era zarista non fu tenera con l’arte dello spettacolo. Nel 1648, in tutte le città
della Moscovia, furono inviati degli editti dello zar Alessio I molto restrittivi a riguardo.
Successivamente, si ebbe una spaccatura tra l’autorità civile e quella religiosa e la simbiosi
iniziale che si era determinata con la proclamazione a zar di Alessio I si incrinò. L’antica autorità
ecclesiastico-bizantina cedette il posto al potere statale civile il quale ebbe una maggiore
accondiscendenza verso le manifestazioni del divertimento popolare, preoccupandosi solo
dell’ordine pubblico.
Questa nuova situazione spinse il monaco, scrittore e poeta russo Simeòn Pòlockij a fondare,
nel 1650, la prima scuola moscovita basata sul modello sud-occidentale. Grazie a Pòlockij cominciò
a svilupparsi in Russia il mistero o dramma liturgico, ispirato al dramma scolastico occidentale
coltivato prevalentemente dai gesuiti. Il metropolita Pëtr Mogila, organizzatore dell’Accademia
ecclesiastica di Kiev e amante del teatro, ammirava profondamente il sistema pedagogico dei gesuiti
ed usò le rappresentazioni del dramma scolastico come esempi pratici dello studio della teoria del
dramma.
Gli allievi della scuola di Kiev esordirono eseguendo una tragedia su Giuseppe,
probabilmente uno di quei numerosi drammi latini su Giuseppe che erano in voga in Europa nelle
scuole dei gesuiti.
Successivamente vennero inscenati drammi in lingua russa, la cui esecuzione si mantenne
sino al 1750. Questi drammi, molto spesso anonimi, erano divisi in due gruppi principali, natalizi e
pasquali, e tre gruppi secondari comprendenti episodi di vita dei santi o soggetti moralizzanti (il
dramma cosi detto moralité nel tardo Medio Evo) o argomenti di carattere storico. L’esame di
questi drammi mostra inequivocabilmente la loro derivazione dal teatro occidentale gesuita e ciò si
avverte sia nei procedimenti tecnici (divisione in atti e scene, cornice allegorica) che nella costante
presenza degli insegnamenti cristiani come l’Amore, la Verità, il rispetto per l’uomo.
Nel giro di pochi anni, per merito di Pòlockij, si sviluppò il passaggio dell’Accademia di
Kiev a Mosca.
Questo avvenimento fu contemporaneo ai primi tentativi di un teatro di corte o nobiliare
realizzato da Alessio I, grazie all’influenza del boiaro e uomo politico russo Artamon Sergeevič
Matveev, zio di sua moglie, uomo colto e intelligente, stimatore dei costumi occidentali e di idee
riformatrici. Il 17 ottobre 1672 aveva luogo il primo spettacolo del teatro di corte (ufficialmente
nasce il teatro in Russia) auspicato da Metveev, voluto dallo zar e realizzato dal pastore tedesco
Johann Gottfried Gregori (Il termine teatr entra ufficialmente in Russia grazie all’uomo politico
Russo Pëtr Andreevič Tolstoj, che durante un viaggio a Malta si fermò a Venezia dove ebbe
l’occasione di assistere ad alcuni spettacoli teatrali rimanendone estasiato. Nei suoi scritti si legge: «
.. gli edifici dove si svolgevano queste opere che gli italiani chiamano teatri.»
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). La prima
rappresentazione fu di contenuto religioso. Pur se entusiasticamente accolto dal popolo moscovita,
il dramma scolastico entrerà negli istituti moscoviti solo mezzo secolo dopo.
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Ettore Lo Gatto, Storia del teatro russo vol.1°; Firenze, Sansoni, 1964, p. 3.
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Citato in Ettore Lo Gatto, Storia del teatro russo vol.1°; Firenze, Sansoni, 1964, p. 26.
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Molto importante fu l’introduzione in Russia, ancora una volta attraverso la Polonia, dell’
intermezzo o interludio che da circa due secoli, nei paesi europei, era un mezzo per distrarre lo
spettatore di drammi con divertimenti o facezie tra un atto e l’altro, non collegati necessariamente
all’azione del dramma. Nella Russia meridionale l’uso risale al 1619, mentre a Mosca l’intermezzo
si affermerà nell’epoca di Pietro I, intorno al 1700.
Con la morte di Gregori nel 1675 e dello zar nel 1676, il teatro in Russia, dopo meno di
quattro anni dalla sua nascita, cessa di esistere. Il successore di Alessio I si affrettò a cancellarne la
memoria, proibendo ogni ulteriore rappresentazione, chiudendo per sempre il teatro e disperdendo i
preziosi e costosi materiali.
L’avvento di Pietro I riportò una ventata di novità. Le riforme fortemente volute dallo zar
riguardarono anche il teatro, pulpito della propaganda delle nuove idee. Rimase comunque operosa
la censura che, seppur non oppressiva, frenò lo sviluppo culturale e artistico del nuovo impero.
Nel 1702 fu completato il teatro pubblico sulla Piazza Rossa voluto da Pietro e il 14
dicembre dello stesso anno la compagnia di Danzica lo inaugurò.
Il teatro pubblico, però, ebbe scarso successo e ne conseguì la nascita dei primi teatri privati.
La morte di Pietro I ebbe come conseguenza la dispersione del patrimonio teatrale, così
faticosamente accumulato; inoltre cessarono i finanziamenti e l’appoggio governativo. Il
disinteresse, se non addirittura l’ostruzionismo governativo, non frenò gli amanti del teatro, anzi
favorì l’avvicinamento del teatro uscito dalle accademie (dramma scolastico) a quello nato dal
popolo (skomorochi). In questo periodo predominarono le mascherate, i concerti e le danze.
Nel 1756 un decreto dell’imperatrice Elisabetta ordinava la creazione del primo teatro russo
stabile, per la rappresentazione di tragedie e commedie. Fu assunto Fëdor Grigorevič Volkov,
considerato il fondatore del teatro professionale russo, col titolo di attore russo di corte e
chiamato a dirigerlo Aleksandr Petrovič Sumarokov, il primo drammaturgo russo e uno dei
maggiori rappresentanti del classicismo europeo.
Dieci anni dopo ci fu per il teatro russo un notevole avvenimento: la lettura che Denis
Ivanovic Fonvizin diede, in presenza dell’imperatrice Caterina la Grande, della sua prima
commedia, Il Brigadiere. Egli è unanimemente riconosciuto come il creatore della commedia di
costume russa e, grazie a lui, il teatro russo, che da vari decenni si muoveva alla ricerca di se stesso,
ebbe finalmente un posto di rilievo.
Altri drammaturghi si succedettero anche con molta fortuna. E’ importante sottolineare che
dopo il 1770 il teatro divenne, per gli scrittori russi, campo di attività non inferiore, per importanza
sociale, alla narrativa e alla poesia
Il passaggio dalla commedia classica a quella realistica portò ad un periodo di transizione
in cui la prima fu “inquinata” da elementi realistici.
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Un genere propedeutico al realismo è la commedia lacrimosa o dramma borghese;
introdotto in Russia dagli italiani, divenne presto patrimonio russo. I francesi, invece, introdussero
in Russia l’opéra comique
Prima “opera comica” russa è l’Ajuta di M. V. Popòv, musicata da Evstignej Ipatovič
Fomin. Essa si differenzia da quella italiana o francese per l’introduzione dell’aspetto folcloristico.
Verso la fine del XVIII secolo si evidenzia la progressiva sostituzione delle opere
d’imitazione occidentale con quelle originali russe.
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cfr Ettore Lo Gatto, Storia del teatro russo vol.1°; Firenze, Sansoni, 1964, pp. 85-111.
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