4
una rassegna completa crf. Cornoldi, 1995) ed in tal senso sono stati
molteplici i modelli che hanno cercato di delineare un quadro che
raggruppasse tutti i processi relativi alla metacognizione. Dunque, come
prima cosa parleremo degli studi e dei modelli sulla metacognizione. Sempre nel
primo capitolo affronteremo il discorso legato alla metacognizione ed intelligenza,
così da approfondire questo costrutto così dibattuto, com’è l’intelligenza,
sotto l’aspetto metacognitivo (ma non solo, come vedremo). A fine capitolo
con riflessioni conclusive sulla metacognizione, si discuterà su di quali potrebbero
essere gli ambiti ancora inesplorati di questa affascinate teorizazzione.
Nel secondo capitolo funzioni cognitive ed apprendimento in
matematica verrà illustrato un percorso di ricerca che cercherà d’individuare
le principali funzioni cognitive (memoria di lavoro visuo-spaziale e capacità di
fare confronti, analogia, metodo logico di pensiero, capacità generale di
risolvere problemi astratti) coinvolte nello svolgimento di determinate attività
di calcolo: a) capacità di applicare le procedure di calcolo; b) abilità con le
quattro operazioni (anche combinate insieme) e la conoscenza di applicare
importanti regole procedurali; c) rappresentazione semantica e lessicale dei
numeri; d) abilità nell’elaborare la struttura sintattica del numero; e)
ragionamento logico sulla serie di numeri; f) errori d’origine sintattica e
lessicale; g) capacità di calcolo approssimativo. Infine, saranno analizzate le
convinzioni sulle teorie della propria intelligenza in relazione al risultato
totale delle prove di abilità matematica.
5
I. Premesse sulla Metacognizione
“… Ma come potrei
di Ulisse divino scordarmi, che supera
tutti i mortali per senno …”
Omero, Odissea, Libro I,
Assemblea degli Dei, vv. 78-80
Per la prima volta nella cultura greca, e dunque anche nella cultura europea,
Zeus, nel suo primo discorso, esalta la responsabilità del pensiero e del
comportamento umano. Questa responsabilità è separata dal volere divino,
ed è, anzi, in contrasto con esso. Questa esemplificazione ellenica ci mostra
come sia esistita da sempre la consapevolezza che l’essere umano, senza aver
bisogno di forti fattori causali esterni, costruisce attivamente la propria
conoscenza tramite l’utilizzo dei suoi pensieri, riflessioni nonché dalla sue
esperienze acquisite. In tal senso, sia le conoscenze specifiche che il soggetto
ha su come si attiva la conoscenza, e sia i processi attraverso cui scegliamo
fra le possibili strategie cognitive da mettere in atto, di controllarne
l’esecuzione e di valutarne l’efficacia, definiscono quello che viene chiamata
metacognizione. Il termine metacognizione ha assunto progressivamente un
significato più ampio, finendo per far riferimento sia alla consapevolezza del
soggetto rispetto ai propri processi cognitivi (conoscenza metacognitiva) sia all’attività
di controllo esercitata su questi processi (processi metacognitivi di controllo)
(Cornoldi, 1995; Cottini, 2006).
In questa prima parte denominata “Premesse Metacognitive” parleremo
dell’importanza che assume la metacognizione in rapporto all’apprendimento
scolastico. Inizieremo percorrendo gli studi ed i modelli sulla metacognizione, in cui
verrà esposta una breve rassegna delle teorie e dei modelli che hanno dato
forza applicativa a questa teoria. Nel paragrafo, metacognizione ed intelligenza,
6
dopo una breve introduzione relativamente alle teorie principali
sull’intelligenza, vedremo le quattro componenti della teoria metacognitiva
del controllo della memoria di lavoro (Cornoldi, 2007). L’ultimo capitolo di
questa prima parte sarà dedicato a delle riflessioni conclusive sulla metacognizione,
così da poter dare spazio al commento di questo capitolo a partire dalle
ultime recenti ricerche internazionali sulla metacognizione.
7
1.1 Studi e modelli sulla Metacognizione
In letteratura, fra i principali studi che hanno evidenziato quei processi che
si pongono come funzionali alle acquisizioni cognitive troviamo:
a. Le ricerche di Piaget (1974, 1975)., a partire dall’epistemologia
genetica, sulle modalità attraverso cui un soggetto affronta e risolve un
compito utilizzando meccanismi cognitivi
b. Gli studi della scuola storico-culturale di Vygotsky (1979) sulle
origini del controllo cognitivo dal punto di vista sociale.
c. I modelli dell’elaborazione dell’informazione che sono alla base
del funzionamento dei meccanismi e dei processi cognitivi (Richard,
Bonnet e Ghiglione, 1990)
Una spinta sperimentale certamente importante per lo studio della
metacognizione è stata data da Premack e Woodruff (1978), con
l’introduzione dell’espressione: “teoria della mente”. Con codesta terminologia,
gli Autori, si riferivano a tutto un insieme di abilità e di conoscenze che prima
appartenevano alla così detta “psicologia intuitiva” o del senso comune.
Quando agli studenti viene spiegata la teoria della mente, spesso viene posto
l’esempio denominato: Il compito di Maxi (Wimmer e Perner, 1983). Tale
compito concerne il racconto di una storia con l’ausilio di pupazzetti ed
oggetti come scatole colorate. La storiella raccontata è pressoché la seguente:
Un bambino di nome Maxi, con la mamma, è in cucina. Maxi mette nell’armadio rosso
la cioccolata, quindi esce a giocare in giardino. La mamma prende la cioccolata, ne usa un
po’ per preparare il dolce, poi la ripone nell’armadio giallo, invece che in quello rosso. Ora
Maxi torna e vuole la cioccolata. Dove andrà a cercarla? Nell’armadio rosso o in quello
giallo? (Vianello, 1998). Il bambino (ma d’altronde chiunque) per rispondere al
quesito, deve vedere la situazione secondo la prospettiva di Maxi. Dunque il
compito risulta duplice. Non solo bisogna avere ben chiara la
rappresentazione di ciò che è stato raccontato nella storia, ma si deve tenere
presente anche ciò che pensa Maxi, secondo la sua prospettiva. In tal senso,
8
dobbiamo inferire il pensiero di quel soggetto in quel dato momento a partire dalla
rappresentazione che ci siamo costruiti nell’immaginare codesta situazione. È
stato rilevato come solo pochi bambini di 4 anni rispondevano correttamente
(33%). Invece, i bambini di 6 anni, competano la prova praticamente senza
problemi (92%) (Wimmer e Perner, 1983). Come spesso accade in teorie
così studiate, con l’affinarsi della metodologia utilizzata, variano anche le
risultanze. In tal senso, alcuni autori (Lesile, 1987) arrivano a costatare che
tali modalità di pensiero siano presenti già dai 18-24 mesi di vita.
Nel ripercorrere le ricerche più importanti sull’attività metacognitiva, si
nota che il settore che per primo è stato studiato ed ampliamente
approfondito è quello della metamemoria.
Un primo modello rintracciabile è quello di Flavell e Wellmann (1977). In
questo modello l’individuo ha la necessità di padroneggiare le seguenti
tipologie di informazioni per sviluppare una conoscenza metacognitiva:
- Attribuzioni personali. Queste si riferiscono
all’autovalutazione delle proprie capacità personali, così da saper
immediatamente discriminare fra situazioni che possono mettere
l’individuo in difficoltà e da situazioni potenzialmente favorevoli.
- Caratteristiche del compito. Ciò significa essere in grado di
visualizzare le informazioni subito disponibili e necessarie per risolvere
ed affrontare le situazioni di apprendimento (come, ad esempio, uso
dei sussidi didattici, delle figure, delle note, distinzione fra diverse
tipologie di esercizi, uso di fonti di ricerca, etc).
- Strategie impiegabili per affrontare il compito. Qui si parla
delle conoscenze relative alle strategie ed alle modalità per affrontare
nel modo più idoneo, concreto ed efficace i compiti richiesti. Un
esempio pò essere quello che riguarda le procedure che si eseguono
per affrontare un problem solving matematico.
- Condizioni di applicazione del compito. Qui ci si focalizza
su tutte quelle informazioni contestuali che sono da mettere in conto
9
di fronte a situazioni di apprendimento, come il tempo a disposizione,
il grado di apprendimento, la situazione ambientale, etc.
Se gli aspetti appena enunciati vengono considerati in maniera
indipendente, allora questo modello potrebbe risultare notevolmente
funzionale. Purtroppo una delle principali critiche al modello precedente è
quello che non riesce a spiegare come facciano i soggetti a collegare le diverse
conoscenze metacognitive. Ed è proprio in tal senso che si distingue il
modello di Brown.
Brown (1987) ha proposto di intendere la metacognizione come un
funzionale controllo dei processi. Così, si possono rilevare i seguenti steps
facenti parte del controllo metacognitivo:
1. Capacità di leggere le situazioni nei termini di un problema da
risolvere (ovviamente in maniera costruttiva). Cosicché da essere
interessati nell’intervenire per trovare una soluzione.
2. Capacità di riconoscere le caratteristiche dei propri limiti così da
saper anticipare le possibili difficoltà.
3. Capacità di pianificare le proprie azioni e strategie utilizzabili.
Qui ritroviamo, soprattutto, i pensieri sulle previsioni del compito e
del modo migliore di risolverlo. Così d’avere un quadro generale di
come organizzare e pianificare tutto questo lavoro.
4. Capacità di monitoraggio, di essere sensibili ai feedback, di
adattare il proprio comportamento in base alle esigenze del momento.
Alla fine di questi passaggi, il controllo metacognitivo può considerarsi
funzionale allo stimolo-problema. In tale modello, però, non appaiono chiare
le modalità tramite cui si intercorrelano gli steps non direttamente collegati.
Per fare un solo esempio, oggi sappiamo che l’interesse di un soggetto verso
un dato oggetto d’apprendimento è anche influenzato da l modo con cui un
soggetto legge ed interpreta l’ambiente in cui si esplica l’apprendimento (ad
esempio, dal rapporto che istaura con il docente). Così il primo punto
diventerebbe prossimo all’ultimo (interesse diretto per risolvere il problema e