2
gli obiettivi d’apprendimento e le funzioni formative specifiche che la
disciplina “Educazione musicale” ha via via precisato nei documenti di
riferimento dei progetti di riforma Berlinguer (1997), Moratti (2003) e Fioroni
(2007).
Nel secondo capitolo si descrive il modello epistemologico disciplinare
dell’educazione musicale proposto a metà degli anni ‘80 dallo studioso e
pedagogista Maurizio Della Casa nel volume Educazione musicale e curricolo
(1985), per evidenziare come già in quel periodo la pedagogia musicale italiana
avesse già maturato una precisa identità caratterizzata da funzioni, contenuti,
metodi e procedure ancora validi per il lavoro educativo d’oggi. Nello stesso
capitolo, si evidenziano i quadri psicopedagogici di riferimento della moderna
pedagogia musicale, nel rispetto dei principi della pedagogia generale e quindi
del graduale sviluppo cognitivo del bambino; si analizzano, inoltre, alcuni testi
tratti dalla letteratura scientifico-didattica d’argomento pedagogico-musicale,
evidenziando come le teorie pedagogiche abbiano dato buoni esiti nel lavoro di
quei pedagogisti che hanno avvertito l’importanza di porre in costante
rapporto, nell’educazione musicale, quel «conoscere» e quel «fare» che sempre
accompagnano il processo di maturazione cognitiva del bambino. Nella parte
conclusiva, si descrivono le critiche più significative rivolte da alcuni autori e
studiosi a certi settori della pedagogia musicale italiana, in merito all’uso di
strategie d’insegnamento non sempre supportate da chiari e significativi quadri
di riferimento teorico. Tali strategie, si sono spesso caratterizzate per
l’applicazione di metodiche obsolete o per la riduzione dell’esperienza
d’apprendimento della musica a mera parentesi ricreativa, spesso improntata ad
uno “spontaneismo creativo” dilettantistico
4
.
Il terzo capitolo si ricollega idealmente al primo, per dare notizia di alcune
significative esperienze didattiche per la scuola primaria realizzate in rapporto
ad aree disciplinari fondamentali per la formazione generale del bambino quali
4
Per una panoramica di tali orientamenti e delle relative critiche, cfr. il par. 2.3, dove
si riassumono i contenuti del contributo di C. Cano dal titolo Semiologia e pedagogia
della musica: prospettive nel dibattito pedagogico italiano, in “Rivista italiana di
Musicologia”, XXV, 1990 , n. 2.
3
l’educazione linguistica, l’educazione matematica, l’educazione storica. Ciò
per avvalorare la tesi che considera la musica parte integrante della cultura del
presente e del passato, il cui contributo alla formazione generale dell’individuo
è in grado di sollecitare, fra l’altro, l’esercizio del pensiero divergente, la
maturazione dell’affettività sul piano socio-emotivo e la valorizzazione
pluralistica delle intelligenze, facilitando l’apprendimento di altre discipline.
5
Capitolo primo
1. CENNI STORICI SULL’EDUCAZIONE MUSICALE IN ITALIA
Premessa
Nel presente capitolo si dà notizia delle principali vicende storiche che
hanno accompagnato l’elaborazione teorica della disciplina “Educazione
musicale” nella cultura e nella scuola italiana a partire dalla legge Casati
(1852). Il primo paragrafo richiama le premesse pedagogiche e i filoni di
pensiero che si sono sviluppati sin dal secolo XIX, e introduce i principali fatti
che hanno permesso all’educazione musicale di evolversi prima di essere
riconosciuta come disciplina nel curricolo della scuola primaria. I fatti che
accompagnano l’ingresso nel panorama culturale italiano dell’educazione
musicale come disciplina scolastica, pongono in luce aspetti di riflessione
ancora oggi significativi per la pedagogia musicale contemporanea
5
. Le più
significative innovazioni avvenute nella teoria e nella prassi dell’insegnamento
musicale sono state influenzate dall’opera di pedagogisti quali Pestalozzi,
Herbart e Fröbel: dopo la loro esperienza di pensiero, anche negli scritti di
autori “canonici” dell’educazione musicale del Novecento quali Emile Jaques-
Dalcroze, Edgar Willems, Carl Orff e Zoltan Kodály
6
, è evidente il passaggio
da una concezione “tecnicistica” dell’istruzione musicale ad un’idea di
educazione musicale mirata alla formazione globale dell’individuo. Di tale
trasformazione, si trova traccia nei documenti dei vari progetti di riforma
7
:
5
Si tratta di temi e prospettive che da sempre hanno caratterizzato storicamente la
musica nel suo evolversi come scienza e come arte. Cfr. su questo aspetto il par. 3.2.1.
6
Per un breve profilo dei suddetti autori, cfr. più avanti le note 12-15.
7
Cfr. più avanti i parr. 1.1 (Dalla legge Casati ai programmi di Educazione al suono e
alla musica nella scuola primaria), e 1.3 (Dai programmi del 1985 ai progetti di
Riforma Berlinguer, Moratti e Fioroni).
6
l’esame di alcuni testi di riferimento proposti in Italia, mostra che a partire
dagli anni Sessanta in poi è sempre più presente nel discorso educativo
musicale la considerazione dei due momenti fondamentali del «conoscere» e
del «fare» musica e l’idea di un loro vicendevole rapporto ai fini dello sviluppo
integrale della persona. Le stesse novità, tradotte operativamente, si ritrovano
nei programmi e nelle indicazioni per il curricolo, in un’ottica che considera la
dimensione del «conoscere» e del «fare» imprescindibile per lo sviluppo
cognitivo adeguato e completo del bambino e dell’individuo.
7
1.1 Dalla legge Casati (1852) ai programmi di Educazione al
suono e alla musica nella scuola primaria (1985)
L’istruzione pubblica italiana pone le sue basi nel 1859 con la legge Casati
8
.
A partire da tale importante provvedimento legislativo, la musica sarà
considerata, negli anni successivi, a volte essenziale, a volte marginale e poco
importante nella formazione del cittadino. Nella seconda metà dell’Ottocento,
quando ci si riferiva all’insegnamento della musica, non si parlava di
«educazione musicale» nel senso moderno del termine
9
ma di «canto». Questo
perché l’insegnamento della disciplina musicale in quel periodo si rifaceva
all’antica prassi di formare i cantori delle cappelle ecclesiastiche e,
successivamente, di quelle nobiliari
10
. L’educazione musicale, nell’accezione
specifica di «canto», era anche impartita nei conservatori di musica come
mestiere per i “trovatelli” che, non avendo la possibilità di svolgere alcun tipo
di lavoro, perlomeno avrebbero avuto la possibilità di diventare cantori
professionisti nelle cappelle.
Con l’apporto delle nuove concezioni pedagogiche e delle idee
sull’insegnamento prodottesi nella seconda metà dell’Ottocento da studiosi e
pedagogisti quali Pestalozzi, Herbart e Fröbel, si abbandona del tutto l’idea di
un insegnamento di tipo «tecnicistico» e nozionistico e si promuove un nuovo
8
La Legge Casati del 1859 prevedeva l’accentramento amministrativo e l’istruzione
elementare a carico dei comuni; era obbligatoria e gratuita, partiva dai 6 anni d’età e si
articolava in due gradi biennali (l’obbligo riguardava solo il primo), distinti di norma
in due classi. Fu l’espressione esclusiva dell’esecutivo, e il potere legislativo fu
coinvolto solo marginalmente. Così avvenne, analogamente, con la Legge Gentile del
1923, con la quale, grazie alla delega del Parlamento, si realizzò la riforma di tutto il
sistema scolastico italiano.
9
Per una panoramica del moderno concetto di “educazione musicale”, cfr. la
descrizione del modello epistemologico disciplinare fornito da M. Della Casa, qui
richiamato al par. 2.2 (L’integrazione dei quadri psicopedagogici nella struttura
disciplinare dell’educazione musicale).
10
Per un quadro più dettagliato di tale argomento, cfr. A. Molli Arcomano,
Educazione musicale di base. Storia, problemi, didattica, Firenze, La Nuova Italia,
1998, pp. 5-13.
8
disegno educativo basato sulla necessità di un adeguamento graduale
dell’apprendimento ai processi di sviluppo fisico e mentale dell’alunno, e
quindi dei suoi bisogni e dei suoi interessi. Inoltre, per la prima volta, la musica
è vista come mezzo d’espressione della corporeità, dell’affettività e
dell’intelligenza
11
. Prendendo atto di tali importanti esperienze di riflessione,
nella prima metà del Novecento, studiosi come Emìle Jaques-Dalcroze
12
,
Edgar Willems
13
, Carl Orff
14
e Zoltan Kodály
15
, si riallacciarono alle
concezioni prima accennate, sviluppando, come sintetizza Della Casa in un suo
scritto, tre orientamenti principali di pensiero
16
.
11
M. Della Casa, Profilo di educazione musicale, in Nuova enciclopedia della musica,
Garzanti, Milano, 1993, pp. 915-916.
12
Emile Jaques-Dalcroze (1865-1950). I suoi scritti si basano sullo studio coordinato
di tre elementi: la ritmica, il solfeggio cantato e l’improvvisazione. Tra le sue opere
ricordiamo Le Rytme, la musique et l’education (1920), raccolta di 13 saggi tradotti in
varie lingue tra cui l’inglese, il tedesco e l’italiano; Il Méthode Jaques-Dalcroze
(1906) per lo sviluppo dell’istinto ritmico, del senso auditivo e del sentimento tonale;
Métrique et rytmique (1937), 200 esercizi su tutti i ritmi. Cfr. R. Allorto-V.
D’Agostino Schnirlin, La moderna didattica dell'educazione musicale in Europa,
Milano, Ricordi, 1967, pp. 9-25.
13
Edgar Willems (1890-1978) si dedicò allo studio dell’orecchio musicale con vari
scritti che forniscono indicazioni didattiche per la formazione dell’orecchio musicale.
Tra le sue opere ricordiamo: Le rythme musical (1954) e Les bases psychologiques de
l’education musicale (1956). Cfr. Allorto, V. D’Agostino Schnirlin, La moderna
didattica dell'educazione musicale in Europa, Milano, Ricordi, 1967, pp.106-113.
14
Carl Orff (1895-1982), si occupò dei problemi dell’educazione musicale sin dal
1924, con la fondazione di una scuola per l’insegnamento della ginnastica ritmica,
della musica e della danza classica (la Güntherschule). Nel corso di questa esperienza
egli elaborò lo Schulwerk (1954), una raccolta di esempi, suggerimenti ed esercizi che
permettono al bambino di realizzare semplici esperienze di produzione musicale (Cfr.
Allorto, V. D’Agostino Schnirlin, La moderna didattica dell'educazione musicale in
Europa, Milano, Ricordi, 1967, pp. 71-99).
15
Zoltan Kodály (1882-1967). il suo pensiero pedagogico si rferisce
particolarmente su quattro temi: il fine della musica nella società, l’età in cui è bene
iniziare l’educazione musicale, il canto popolare, l’elemento nazionale. Tra le sue
opere ricordiamo Cori di ragazzi (1929); Musica nei giardini d’infanzia (1941),
Educazione musicale ungherese (1945). Cfr. Allorto, V. D’Agostino Schnirlin, La
moderna didattica dell'educazione musicale in Europa, Milano, Ricordi, 1967, pp. 47-
70.
16
Le nuove concezioni dell’educazione musicale si affermano precisamente tra la fine
dell’Ottocento e il 1950, anni in cui si affermano nella storia della pedagogia
importanti personalità scientifiche di studiosi come Piaget e Vygotskij, che pongono
9
Un primo orientamento attribuisce particolare importanza all’educazione
dell’orecchio e quindi alla formazione delle capacità uditive, presupposto
fondamentale per educare alla musica. Secondo Jaques-Dalcroze, principale
esponente di tale orientamento, il bambino deve sviluppare la capacità ritmica
attraverso la gestualità corporea, e questo perché il corpo diventa
«intermediario tra i suoni e il nostro pensiero», sollecitando la formazione di
quelle capacità d’ascolto attivo e immaginativo che, in fasi successive del
metodo, vengono poi affinate sul piano melodico, tonale e armonico
17
.
Riprendendo le teorie di Jaques-Dalcroze, anche Willems sottolinea, nel
progetto educativo, l’importanza dell’educazione dell’orecchio per lo sviluppo
della musicalità. Per Willems è assolutamente necessario, nel momento
dell’interazione didattica, sollecitare le facoltà auditive a vari livelli:
nell’aspetto sensoriale (imparare ad udire), affettivo (ascoltare con
partecipazione emotiva) e mentale (dopo aver preso coscienza di ciò che si è
udito, confrontare, associare, analizzare). Tali “momenti didattici”, presupposti
fondamentali del «conoscere», permettono, con il successivo utilizzo di
strumenti (sonagli, tamburini, gong, ecc.) e con l’educazione ritmica e vocale,
di sviluppare adeguatamente la capacità di «fare» musica e quindi di
completare l’itinerario educativo.
Un secondo orientamento privilegia il «fare» musica diretto e attivo
sollecitando l’espressione e la creatività per mezzo della voce e degli strumenti.
Uno dei maggiori esponenti di tale orientamento, Carl Orff, ha elaborato uno
strumentario appositamente concepito per i ragazzi, formato da strumenti simili
a quelli dell’orchestra ma di dimensioni più piccole, per far acquisire il senso
ritmico e melodico, lo sviluppo delle capacità uditive, il gusto musicale e le
capacità di improvvisazione ed esecuzione. Nel contempo, il “metodo” di Orff
per la prima volta in campo una nuova visione del bambino e del suo sviluppo
cognitivo.
17
Per una disamina più apporofondita di aspetti tecnico-procedurali relativi al
“metodo” di Jaques-Dalcroze, cfr. le relative pagine in R. Allorto, V. D’Agostino
Schnirlin, La moderna didattica dell’educazione musicale in Europa, Ricordi, Milano,
pp. 7-24.
10
predilige il linguaggio verbale perché esso contiene i «germi strutturali della
musica» e, sotto tale aspetto, prefigura un primo approccio all’educazione
linguistica considerato che «all’inizio di ogni esercizio musicale, sia melodico,
sia ritmico, c’è un esercizio linguistico»
18
.
Un terzo tipo d’orientamento è dato da quelle proposte didattiche il cui
obiettivo primario è acquisire capacità di lettura della notazione musicale e
competenza nella pratica corale. In questo tipo di proposte si insiste sulla
necessità di addestrare alla lettura a prima vista, ciò che svilupperebbe «l’udito,
la sensibilità musicale e il gusto» degli alunni. Un esempio di rilevante
importanza, su questo argomento, è dato dall’esperienza didattica del
compositore e pedagogista ungherese Zoltan Kodály
19
, il quale sviluppò un
sistema facilitato di lettura chiamato del do mobile, per cui l’orecchio si
abituerebbe ad identificare le note attraverso il loro nome. Nel suo progetto
fondato sulla coralità come strumento fondamentale del processo educativo
musicale, Kodály pone in particolar rilievo l’importanza del canto popolare e
del patrimonio etnofonico della sua terra d’origine.
Jaques-Dalcroze, Willems, Kodály e Orff sono considerati i padri fondatori
“storici” dell’educazione musicale. Le loro concezioni e le loro idee
sull’insegnamento della musica si sono diffuse in tutto il mondo dai primi del
Novecento agli anni Cinquanta. Da tali idee e concezioni hanno preso avvio
istituti e scuole di pedagogia musicale che ancora oggi svolgono un ruolo di
primo piano nell’educazione musicale
20
. Molti studiosi e pedagogisti d’oggi
ritengono che alle proposte di tali autori va riconosciuto il merito di alcune
acquisizioni fondamentali; tuttavia, come ha osservato giustamente Della Casa,
18
Ibidem, pp. 78-79.
19
Cfr. Zoltan Kodály in R. Allorto, V. D’Agostino Schnirlin, op. cit. , pp. 47-68.
20
A tale proposito ricordiamo l’istituto Jaques-Dalcroze a Ginevra che ancora oggi
è la sede mondiale del movimento dove vi si svolgono corsi per bambini di ogni età; la
Scuola Elementare di musica di Kodály in Ungheria. Queste scuole, sempre più
diffusesi negli anni, oltre a leggere e a scrivere, accanto alla storia e alla geografia, si
apprendono elementi musicali, si ascoltano brani di musica, si danza per approfondire
il senso del ritmo e soprattutto si canta; l’Istituto Orff a Salisburgo si svolgono corsi
annuali, semestrali, estivi per la formazione degli insegnanti di educazione musicale.
11
[…] i metodi sopra elencati sviluppano una visione dell’educazione
musicale ristretta, riferendosi alla musica in quanto arte nella sua espressione
colta e folklorica. Oggi, invece, si tende ad elaborare metodologie didattiche
diverse, rispondenti a situazioni più complesse, anche con approcci di diverso
genere al suono considerato in tutta la sua gamma fenomenologica: quindi
anche come rumore ed evento non artistico, manipolato secondo tecniche che si
ispirano alla musica d’avanguardia, facendo riferimento ad uno stile musicale
«giovanile» che viene sperimentato per via euristica
21
.
Dal punto di vista del moderno concetto scientifico di “educazione
musicale”, fondato in un modello epistemologico condiviso e riconoscibile, in
Italia non si può parlare di educazione musicale sino all’inizio degli anni
Sessanta, e tale “vuoto istituzionale” è stato determinato in gran misura dalla
mancanza di tale disciplina nell’istruzione pubblica. Ancora nel 1955, come
pone in evidenza Molli Arcomano
22
, si parla di «musica» come «conoscenza
nozionistica» negli Istituti magistrali e nei programmi della scuola elementare,
ma in modo generico, riferendosi solamente al canto corale per imitazione
23
,
con la raccomandazione di attenersi esclusivamente ad un repertorio religioso,
patriottico e popolare.
21
M. Della Casa, Profilo di educazione musicale, op. cit., p. 917.
22
Cfr. A. Molli Arcomano, Educazione musicale di base. Storia, problemi, didattica,
Firenze, La Nuova Italia, 1998, pp. 83-85.
23
Al concetto di canto per “imitazione” e delle rispettive pratiche educative, si oppone
oggi il concetto più articolato e preciso di canto in Audiation. Per Audiation, nella
definizione datane da Edwin Gordon, si intende quella capacità di ascoltare e
riprodurre la musica quando essa non è più fisicamente presente. Traendo spunto dal
modello stadiale di Piaget, il modello di sviluppo cognitivo e di apprendimento
musicale del bambino da 0 a 6 anni tracciato da Edwin Gordon nella sua Music
Learning Theory, costituisce un requisito fondamentale della moderna didattica
dell’educazione musicale nella scuola primaria, fondato grazie a numeros studi e
ricerche svolte da Gordon nell’arco di quarant’anni d’attività. La teoria
dell’apprendimento musicale di Gordon assume un rilievo particolare per la sua
equiparazione del momento d’apprendimento della strutture fondamentali
dell’intelligenza musicale al momento d’acquisizione delle strutture fondamentali del
linguaggio parlato. Per una panoramica della teoria di Gordon e dei diversi stadi
d’apprendimento del linguaggio musicale nel bambino da 0 a 6 anni, cfr. più avanti il
par. 2.1.5 La Music Learning Theory di Edwin Gordon alle pp. 38-41.