8
precedente.
Inoltre, l’unità rotolo/libro, come prassi libraria, nel mondo antico, a parere di L.
Canfora
2
, è assicurata dalla testimonianza del bizantino Giovanni Tzetzes, nei
Prolegomena al commentario di tre commedie di Aristofane, che parla di
“α̉µιγει̃ς” e “συµµιγει̃ς βίβλοι”: lo studioso, a differenza di altri filologi che hanno
ipotizzato che si trattasse di rotoli miscellanei (Birt), o alla rinfusa in opposizione
a libri scelti (F. Ritschl), sostiene che i primi sono i rotoli contenenti un’unica
opera che entra in un solo rotolo, invece i secondi sono i volumina che, insieme
con altri, concorrono a formare l’intera opera; se l’opera da copiare era molto
ampia, generalmente la si divideva in tomi, mentre solo a volte, se essa era
concepita come un tutto unitario, si univano due rotoli tagliando il superfluo: il
volumen era l’unità di misura nei calcoli bibliotecari.
I volumina, infatti, si ottenevano
3
tagliando o congiungendo rotoli di papiro
commerciali, o parti di questi, di lunghezza standard oscillante tra 2, 5 e 12 m, di
larghezza tra 16 e 32 cm. A causa di queste convenzioni, introdotte nella
manifattura del libro dalla filologia alessandrina, uno scritto doveva essere
compreso in un unità libraria conforme alle misure indicate; testi molto brevi
dovevano essere posti insieme in un unico rotolo; grandi opere dovevano essere
distribuite in più rotoli.
Lo scriba, man mano che scriveva con il rotolo sulle ginocchia, lasciava cadere a
sinistra la parte già scritta e alla fine avvolgeva il papiro intorno a bastoncini, gli
umbilici/omphaloi, oppure intorno alla sezione iniziale del rotolo molto attorta e
agglutinata.
La soscrizione, dato che di regola era interna, veniva ripresa su un’etichetta
esterna, il sillybos.
Il prodotto librario professionale era il rotolo scritto solo sul recto, con una grafia
più o meno elegante, possibilmente rivisto da un correttore, vergato talora dalla
stessa mano nel caso di opere in più libri. Si osserva grande varietà tipologica di
aspetti materiali, forme grafiche, presentazione, acribia testuale: la manifattura
2
CANFORA, pp. 195-196.
3
CAVALLO, Libro, pp. 622-633.
9
libraria si muove tra i due estremi, da un lato, di prodotti realizzati da artigiani
specializzati, destinati a biblioteche pubbliche o private e a lettori colti o a
facoltosi ma ignoranti bibliomani, e dall’altro, di manufatti allestiti in economia
con materiale di riuso anche dagli stessi consumatori, come copie di studio per la
classe media alfabetizzata. I primi hanno una sapiente impaginazione con regolare
mise en colonne, scrittura che richiama quella delle iscrizioni monumentali con
segni diacritici, e rimandi a commentari. I secondi presentano assenza di note
sticometriche, scrittura informale e contengono spesso narrativa di consumo.
Da un’accurata inchiesta, effettuata nel 1983 da Capasso
4
su 70 papiri ercolanesi
di cui ci è pervenuto il titolo, Cavallo
5
constatava che 5 presentano la subscriptio
vergata nella medesima scrittura del testo, sotto l’ultima colonna, dopo uno spazio
più o meno ampio, 64 a fianco dell’ultima colonna, anche quando questa si
arrestava a metà foglio, in caratteri diversi, impersonali e di difficile attribuzione,
1 ripetuto a lato di essa, immediatamente e dopo un certo spazio in caratteri di
modulo maggiore e stilizzati. Occorre sempre, tuttavia, tener ben presente
l’avvertenza dello studioso, che la manifattura del rotolo librario dipendeva da
fattori socio-economici estetici e funzionali tali da non essere razionalizzabili, né
riconducibili ad una regola assoluta.
Le subscriptiones non sono mai autografe dell’autore: infatti, esistevano scribi
specializzati che scrivevano sotto dettatura dell’autore o copiavano i testi da
antigrafi, e, forse, vi erano anche scribi addetti solo ai titoli, dato che questi ultimi
presentano spesso una mano diversa, oltre ad un modulo maggiore e ad una
ricerca di stilizzazione per colpire l’occhio del lettore, mediante quella che
Cavallo chiama “epigraphische Auszeichnungsschrift” valorizzando gli elementi
accessori del volumen.
Nella prospettiva di una futura, ulteriore analisi condotta sui papiri stessi, in
questo lavoro si cercherà di analizzare la tipologia, gli elementi costitutivi
essenziali, le informazioni accessorie, la posizione, le proporzioni e le
caratteristiche paleografiche dei titoli dei papiri ercolanesi, attraverso l’esame dei
disegni oxoniensi e napoletani che ne sono stati tratti, delle edizioni che ne hanno
dato vari studiosi, di saggi e articoli su alcuni aspetti salienti e su problemi
4
CAPASSO, Trattato, pp. 57-60.
5
CAVALLO, pp. 22-23.
10
particolari affini all’argomento affrontato; allo stesso tempo, in maniera
occasionale, si offriranno spunti di confronto con i papiri greco-egizi e si
accennerà alle problematiche relative allo svolgimento antico e moderno dei rotoli
e alle diverse tecniche di ricostruzione testuale.
Si tratta della prima volta che viene portata a termine una sistematica raccolta
delle informazioni concernenti le soscrizioni dei materiali ercolanesi finora a
nostra disposizione, mediante una trattazione completa, sebbene limitata ai
riferimenti bibliografici e alle testimonianze rese dagli apografi, allo scopo di
agevolare il compito di coloro che avranno intenzione di continuare tale lavoro
attraverso l’analisi autoptica dei manufatti. Si può affermare, infatti, che,
successivamente agli scritti di Capasso, sono apparsi contributi soltanto sporadici
e parziali riguardanti l’argomento qui esaminato, oppure sono state pubblicate
osservazioni in relazione a singoli titoli, o notizie inerenti disseminate all’interno
degli studi più svariati a proposito di determinati testi papiracei: si era resa
indispensabile, dunque, a parere di molti, una coerente, ordinata e compiuta
sistemazione generale circa i titoli, come strumento tale da consentire a chiunque
una visione globale.
Grazie ai positivi risultati delle attente e rigorose ricerche, sviluppatesi nell’ultimo
ventennio ad opera di diversi studiosi, sono emerse delle novità rispetto ai dati
dedotti da Cavallo.
Elementi caratterizzanti del titolo sono: il nome dell’autore, il titolo dell’opera, ed
eventualmente, il sottotitolo, l’indicazione della natura ipomnematica del testo, il
numero del libro e il numero del tomo.
Elementi accessori del prodotto librario sono: i dati sticometrici finali e iniziali, il
numero dei kollemata e/o delle colonne di cui era composto il papiro, la datazione
e gli orpelli decorativi.
Le segnalazioni aggiuntive, quali numero di stichoi, colonne e kollemata, che
ricorrono dopo le subscriptiones, qui saranno tralasciate di proposito, giacché non
sono parte integrante del titolo. Cavallo
6
, tuttavia, puntualizzava che le note
sticometriche sono importanti referenti bibliologici e catalogici dell’estensione del
testo, oltre che ai fini della retribuzione dello scriba, per la programmazione della
6
CAVALLO, pp. 20-22.
11
misura dello scritto da trascrivere in un’eventuale ulteriore copia e della quantità
di manodopera necessaria; ovviamente essi consentivano anche al lettore di
valutare il tempo necessario alla lettura e, in caso di danneggiamento subito dal
rotolo, di sapere esattamente l’estensione della parte andata persa
7
.
Come ha osservato M. Capasso, spesso, in sede di trascrizione dei testi, si rendeva
necessaria l’aggiunta di vari kollemata ai rotoli di lunghezza insufficiente
8
.
Come ricorda Capasso
9
, lo scriba conosceva già il numero di στίχοι, perciò
farebbe riferimento a linee normali, le quali erano l’unità di misura
dell’estensione dei testi indipendentemente dalla tipologia grafica, corrispondenti
alla lunghezza di un esametro dattilico, vale a dire 34-38 caratteri: per conoscere il
numero delle linee effettive di scrittura, basta raddoppiare (o moltiplicare per 1,5 a
seconda dei casi) il numero indicato.
Si è riscontrata, inoltre, una notevole varietà di modalità grafiche e di collocazione
delle soscrizioni, in quanto sono stati scoperti altri esempi di titoli, non solo finali,
ma anche iniziali;in altri casi abbiamo sia il titolo iniziale che quello finale, titoli
finali ripetuti e persino esterni.
È stata confermata la corrispondenza univoca rotolo/libro, in quanto la subscriptio
non è mai in posizione intermedia.
Quanto alle dimensioni, esse variano in relazione alla lunghezza effettiva del
titolo, alla quantità delle indicazioni accessorie fornite, al modulo delle lettere,
all’interlinea, alla distribuzione delle parole tra le linee e sicuramente alla volontà,
da parte del calligrafo, di mettere in risalto il titolo, oltre che con caratteri più
grandi, anche con apici ornamentali e disposizione simmetrica e centrata. Perciò,
più che le dimensioni in senso assoluto, si potrebbe tentare di individuare le
proporzioni dei titoli relativamente al testo scritto e allo spazio non scritto.
7
DELATTRE, Titres, p. 112 e n. 27.
8
CAPASSO, Titoli I, p. 242 e ID. , Kollemata, pp. 350-355; MENCI Χάρτης ε̉́ληξε, pp. 261-266;
PUGLIA, Glutinatores, pp. 43-52.
9
CAPASSO, Titoli IV, p. 70 e ID. , Filista, pp. 144-147; già C. Graux lo faceva notare cf. CAVALLO,
p. 20; DEL MASTRO, La sticometria, pp. 375-383.
12
I. Elementi della subscriptio
1. Il nome dell’autore
Il nome dell’autore, espresso in genitivo, occupa solitamente una linea a sé, la
prima della subscriptio, tranne che in quattro casi, in cui il nome è insieme con la
prima parte del titolo, probabilmente per ragioni di simmetria
10
: si tratta dei
PHerc. 1507, ) , / 2 ∋ + 0 > 2 8 ≅ 3 ( 5 , 7 2 8 . ∃ 4’ 0 > + 5 ≅ 2 1 ∃ ∗ ∃ > 4 ≅ 2 > 8 ≅
% ∃ 6 > , / ( : 6 ≅
; PHerc 3 2 / 8 6 7 5 ∃ 7 2 8 3 ( 5 , ∃ / 2 ∗ 2 8
. ∃ 7 ∃ ) 5 2 1 + 6 ( : 6 2 , ∋’ ( 3 , ∗ 5 ∃ ) 2 8 6 , 1 3 5 2 6 7 2 8 6 ∃ / 2 ∗ : 6
. ∃ 7 ∃ 4 5 ∃ 6 8 1 2 0 ( 1 2 8 6 7 : 1 ( 1 72 , 6 3 2 / / 2 , 6 ∋ 2 ; ∃ = 2 0 ( 1 : 1;
PHerc. 1065
12
, ) > , ≅ / 2 ∋ + 0 2 8 3 ( 5 , 6 > + 0 ( , : ≅ 1 . > ∃ , 6 + 0 ( ≅ , : 6 ( : 1 ∗;
PHerc. 697, ( 3 , . 2 > 8 5 2 8 3 ( 5 , ≅ ) 8 6 > ( ≅ : > 6 . (.
Il nome dell’autore, di solito, è in posizione centrata rispetto al titolo dell’opera
nella linea successiva, come accade, per esempio, nel PHerc. 1289,
) , / > 2 ∋ + 0 2 8 ≅ 3 ( > 5 ≅ , ( 3 > , . 2 8 5 2 8 % ≅; si presenta, invece, allineato a
sinistra, rispetto a ciò che rimane del titolo, nel PHerc. 989 ( 3 > , ≅ . 2 8 5 2 8
> 3 ( 5 , ≅ ) 8 > 6 ≅ ( : 6; esso è allineato a sinistra, come le altre sei linee della
soscrizione, anche nel PHerc 3 2 / 8 6 7 5 ∃ 7 2 8 3 ( 5 , ∃ / 2 ∗ 2 8
. ∃ 7 ∃ ) 5 2 1 + 6 ( : 6 2 , ∋’ ( 3 , ∗ 5 ∃ ) 2 8 6 , 1 3 5 2 6 7 2 8 6 ∃ / 2 ∗ : 6
. ∃ 7 ∃ 4 5 ∃ 6 8 1 2 0 ( 1 2 8 6 7 : 1 ( 1 72 , 6 3 2 / / 2 , 6 ∋ 2 ; ∃ = 2 0 ( 1 : 1.
Il nome dell’autore, nei papiri ercolanesi, almeno nei titoli certi, nel 70% dei casi
risulta essere quello di Filodemo, nel 15% quello di Epicuro, nel 5% quello di
Demetrio Lacone, nel 10% rientrano quelli di Metrodoro o di Carneisco o di
Crisippo o di Colote o di Polistrato o di Zenone Sidonio.
10
CAPASSO, Volumen, p. 212.
11
DORANDI, Il buon re, pp. 109 e 209. Cirillo alla l. 3 integrava ∃ ∗ ∃ > 4 2 8 / ≅ ∃ : > , ma già
Comparetti osservò che il tema non era ciò che è buono per il popolo secondo Omero, bensì il
buon re secondo Omero, proponendo la lettura seguita da Dorandi.
12
DELATTRE, En relisant, p. 40.