3
espressioni che diversi studiosi
1
hanno coniato ma che hanno in comune
un’unica matrice cioè la ricerca di un nuovo modo di concepire la
pubblica amministrazione, il che ha comportato l’abbandono dei modus
operandi del passato e la ricerca di nuove soluzioni organizzative, per
meglio rispondere alle mutate esigenze dei cittadini, oltre che cercare di
diminuire il deficit statale.
E’ stato comunque rilevato un maggior impatto di queste idee innovative
nei contesti anglosassoni rispetto a quello delle aree occidentali. Secondo
molti ciò è imputabile essenzialmente alla lunga tradizione basata sulla
predominanza, nella maggioranza dei paesi europei, di una scuola di
pensiero della pubblica amministrazione di tipo giuridico e quindi poco
incline ai cambiamenti.
2
I governi interessati hanno affrontato questo problema in modo differente;
in alcuni paesi si è avuta un’apertura totale alle forze di mercato ed alla
privatizzazione (Gran Bretagna), in altri si è avuta una radicale
reimpostazione del settore pubblico secondo un modello privato (Nuova
Zelanda) fino a paesi in cui si sono avuti avanzamenti verso una gestione
pubblica di tipo manageriale, a casi di coesistenza con modelli più
tradizionali (Giappone, Germania, Austria).
1
Nella fattispecie queste espressioni sono riconducibili rispettivamente a Gray e Jenkins (1995);
Ingraham (1996); Nathan (1995); Young (1996)
2
Studi in tal senso sono stati posti in essere da studiosi quali Kickert e Stillman 1996, Chevallier 1996,
Seibel 1996.
4
Questo cambiamento ha interessato anche l’Italia dove un progetto in
qualche modo strutturato non è mai stato espressamente dichiarato,
sebbene siano stati emanati una grande quantità di norme nel corso del
tempo e che hanno interessato i vari aspetti del settore pubblico con lo
scopo ultimo di rinnovarlo.
Infatti, solo di recente la letteratura italiana ha iniziato a puntare la sua
attenzione sul cosiddetto movimento del New Public Management
3
grazie
allo studio di professori quali Rebora, Meneguzzo, Marra e Mussari,
poiché è la letteratura straniera quella che contiene i maggiori studi in tal
senso; non a caso sono stati gli americani, i primi a fare sia esperienze sul
campo che a proporre soluzioni teoriche e pratiche, come ben ci ricordano
Osborn e Gaebler nel loro testo “Reinventing Government” del 1991
4
.
3
La sigla NPM è definita una cosiddetta “formula allargata” alla quale sono spesso attribuiti significati
diversi, che spaziano dall’idea generale di modernizzazione del settore pubblico al significato più
ristretto di un approccio di tipo specifico, alla razionalizzazione della pubblica
amministrazione.(Giuseppe Marcon, pag 1 opera citata)
3 Gli stessi hanno identificato dieci principi base che tendono a conferire un carattere di
imprenditorialità alle organizzazioni pubbliche e che sono i seguenti:a)guidare piuttosto che remare; b)
mettere in condizioni di far da sé piuttosto che servire; c)iniettare la competizione nella distribuzione
del servizio;d) trasformare organizzazioni orientate alle norme in altre orientate alla mission; e)
sovvenzionare i risultati, non i fattori produttivi; f)soddisfare i bisogni del cliente, non quelli della
burocrazia; g) guadagnare piuttosto che spendere; h) prevenire piuttosto che curare; i) dalla gerarchia
alla partecipazione e al lavoro di gruppo”; l) far leva sul cambiamento attraverso il mercato. (Marcon,
1999)
5
In tal senso sono stati indirizzati anche gli studi di Hood
5
, quelli di
Naschold (che ha individuato, invece, dieci punti chiave
6
che possono
portare in qualche modo alla modernizzazione del settore pubblico) e le
elaborazioni teoriche di Jones e Thomson
7
.
Il mio studio in particolare verterà sul nuovo ruolo che ha assunto la
strategia nell’ottica dei cambiamenti che in questi anni hanno interessato
la pubblica amministrazione italiana e non solo, dopo un esame
generalizzato dei concetti di azienda, intesa in senso privatistico, e di
azienda di pubblica utilità.
5
I cinque elementi distintivi che secondo Hood devono riguardare la pubblica amministrazione, in
modo tale da renderla moderna, sono: la globalizzazione, l’economicizzazione, la managerializzazione,
l’informatizzazione e la giuridicizzazione (Hood, 1995)
6
Punti chiave che sono i seguenti:a)necessità e liniti della modernizzazione amministrativa interna”;
“dalla privatizzazione ideologica all’uso razionale dei mercati”; c) partecipazione del cittadino e del
cliente alla qualità della produzione:oltre il consumerist managerialism” d)”la modernizzazione interna
del settore pubblico comporta il passaggio alla direzione per risultati e al ridisegno organizzativo;e) il
valore aggiunto dai dipartimenti centrali; f) il nuovo modello direzionale tra gestione per risultati e
Total Quality Management; g)la valutazione quale strumento complementare per spingere ai risultati”;
h) “oltrepassare la dicotomia della modernizzazione: integrazione tra management e riforma del lavoro”
i) “ processo di direzione e processo di qualificazione” l) “ modernizzazione del settore pubblico: una
regolamentazione innovativa della riforma interna, della delega sociale e del contesto concorrenziale”.
7
Questi due studiosi hanno elaborato le cosiddette “cinque r”: ristrutturare, riprogettare, reinventare,
riallineare, reideare.
6
CAPITOLO 1
AZIENDE DI PUBBLICA UTILITA’
1.1 DEFINIZIONE ED ELEMENTI
DISTINTIVI
L’azienda è stata definita da parte degli studiosi
8
in molti modi ma in linea
di principio tutti sono concordi nell’individuare alcuni caratteri peculiari
che sono
ξ Il requisito economico
8
Gino Zappa definiva nel 1957 l’azienda come “un istituto economico destinato a perdurare nel tempo
che, per il soddisfacimento dei bisogni umani, ordina e svolge in continua coordinazione la produzione
o i procacciamento e il consumo della ricchezza”
Alberto Ceccherelli definì l’azienda come “l’organismo naturale elementare del sistema economico”
con un suo proprio scopo inserita in una società economica entro la quale adempie alle funzioni della
produzione, del consumo e del risparmio.
Aldo Amaduzzi, invece, definì la stessa come “un sistema di forze economiche che sviluppa,
nell’ambiente di cui è parte complementare, un processo di produzione e/o di consumo, a favore di un
soggetto economico e altresì degli individui che vi cooperano
Onida definì l’azienda come “un complesso economico che sotto il nome di un soggetto giuridico,
titolare, e il controllo di un soggetto economico, ha vita in un sistema continuamente rinnovatesi e
mutevole di operazioni attuabili mercè una duratura, sebbene non rigida, organizzazione di lavoro, per
la soddisfazione di bisogni umani, in quanto questa richieda produzione o acquisizione e consumo di
beni economici
Amodeo nel 1965 definì l’azienda come “un istituto economico unitario e duraturo, costituito da un
complesso di persone e di beni economici e diretto al soddisfacimento dei bisogni umani, il quale, in
vista di tal fine, svolge processi di acquisizione, di produzione e di consumo continuamente coordinati
in un sistema ancorchè mutevoli negli aspetti e variabili nelle dimensioni”
7
ξ Il perdurare nel tempo
ξ La soddisfazione dei bisogni
ξ Lo svolgimento d un processo di produzione
Questi elementi però fanno rientrare questo istituto all’interno delle
attività cosiddette economiche e che quindi hanno ben poco a che fare con
il settore amministrativo-pubblico di cui ci stiamo interessando ma come
ci ricorda il Farneti “quando il soggetto aziendale, costituito dalle persone
che dominano l’attività dell’azienda e che si qualificano come suo punto
di riferimento, appartiene a un soggetto pubblico, allora l’azienda è
pubblica”
Questo altresì implica che anche le aziende di pubblica utilità, così come
le imprese private, devono operare in modo tale da raggiungere un
equilibrio economico attraverso una corretta gestione delle risorse, e nel
caso delle aziende pubbliche questo aspetto assume un ruolo ancora più
importante in quanto si tratta di gestire denaro pubblico loro affidato dallo
Stato con lo scopo di soddisfare, nel modo migliore, quelli che sono i
bisogni della collettività.
Il concetto di equilibrio nel settore pubblico, però, assume un significato
diverso poiché per questo tipo di aziende il fine prioritario è creare utilità
attraverso “l’offerta alla collettività di servizi pubblici che assicurino un
adeguato livello di qualità della vita, proporzionato al costo che essa
sostiene per finanziarli” (Filosa 2005).
8
In ogni caso sia che si tratti di aziende che operino nel settore pubblico o
nel settore privato le scelte poste in essere devono essere efficaci,
efficienti ed economiche (le tre “E”)
9
anche se il concetto di economicità
potrebbe rappresentare un’adeguata sintesi degli altri due criteri in quanto
l’economicità “può essere raggiunta attraverso la minimizzazione dei costi
di produzione insieme all’adeguato flusso di prodotti offerti alle esigenze
della collettività” (Filosa 2005).
Inoltre come ci ricorda Mele “anche per le aziende di servizi pubblici si
riconosce oggi la necessità di ottemperare all’imperativo di creare e
diffondere valore non solo sociale ma anche economico nell’ambiente in
cui operano a favore della collettività di riferimento”.
Da ciò scaturisce che il valore creato dall’azienda pubblica è un valore
socio-economico, il quale è determinato dal margine imprenditoriale
tipico delle aziende private (determinato dal risultato economico raggiunto
dal confronto tra costi e ricavi) e dal margine sociale (differenza tra oneri
e benefici sociali prodotti), tipico invece delle aziende pubbliche.
Ma se il primo è di facile quantificazione poiché esso non è altro che
l’esame degli elementi costitutivi del reddito, lo stesso non può dirsi del
9
Il termine efficienza va inteso come corretta gestione delle risorse ed utilizzo al meglio delle
opportunità offerte dalle strutture aziendali; l’efficacia va interpretato come capacità di raggiungere
l’obiettivo prefissato attraverso l’individuazione delle aspettative dei clienti ed il miglioramento
continuo del livello di qualità dei prodotti offerti mentre l’economicità rappresenta l’attitudine
dell’impresa a sopravvivere nell’ambiente in cui opera senza ingiustificati interventi di sostegno per la
copertura dei costi cioè corretto funzionamento economico dell’azienda stessa che si raggiunge
attraverso un equilibrato rapporto fra costi e ricavi o, anche fra risorse e risultati.
9
margine sociale, in quanto in questo secondo caso si tratta di quantificare
elementi immateriali
10
.
Altri studiosi, tra cui Pellicano, hanno evidenziato che il valore socio-
economico, può essere altresì espresso dalla differenza tra gli elementi
positivi (ricavi e benefici) e quelli negativi (costi e oneri) che lo vanno a
comporre.
Ma se il concetto di azienda è al centro di enunciazioni diverse lo stesso
può dirsi del concetto di servizio di pubblica utilità o per meglio di quali
sono le regole che si devono considerare per identificare le attività come
pubbliche.
In tal senso la nostra Costituzione, nella fattispecie all’art 43, definisce in
modo preciso il concetto di servizio pubblico; lo stesso dice “Ai fini di
utilità generale, la legge può riservare originariamente o trasferire
mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblico o
a comunità di lavoratori e di utenti determinate imprese o categorie di
imprese che si riferiscono a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia
o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse
generale”
Da ciò possiamo dedurre che gli elementi che determinano un servizio
pubblico sono:
10
In questo caso bisogna esaminare quali sono le conseguenze dei benefici sulla collettività in base alle
scelte aziendali e agli oneri impropri che gravano sull’economia dell’azienda come conseguenza delle
finalità sociali perseguite e ciò certamente non si può fare a breve periodo.