bilanciamento denominata Leash-slipping. Inoltre, vengono descritti i due principali
casi di ribilanciamento (esercitati da Cina e Unione Europea), nei confronti del governo
di Washington.
Il futuro dell’egemonia americana passa sicuramente per una strategia di
offshore balancing che sarà adoperata per conservare l’attuale status quo, favorevole
agli Stati Uniti, che si dimostrano essere un’entità con poche pretese nei confronti del
sistema internazionale. L’interesse nazionale è costituito dalla conservazione
dell’attuale potere, delle alleanze e nel tentativo di evitare confronti con future potenze
concorrenziali. L’egemonia unilaterale è un progetto universale che non può essere
preso in considerazione da uno Stato che conserva un obiettivo ancora più ambizioso;
nella storia, infatti, grandi potenze sono sorte, hanno prosperato e infine sono declinate,
gli Stati Uniti vogliono quindi dimostrare di essere l’unica vera eccezione alla regola del
tempo.
Gli Stati Uniti vogliono poter continuare a godere dello splendido panorama
riservato a chi risiede sopra la collina
5
STORIA
Dalla Dichiarazione d’Indipendenza alla Dottrina Monroe
Con la Dichiarazione d’Indipendenza firmata il 4 luglio 1776 dai rappresentanti
delle Tredici colonie inizia ufficialmente la storia degli Stati Uniti d’America.
Con questo documento le colonie esprimevano la loro volontà di distaccarsi da
un potere esercitato dalla Madrepatria (inglese) che era ormai da tempo logorato; la
Dichiarazione fra i vari punti, infatti, sosteneva che “Quando una qualsiasi forma di
governo diviene nociva rispetto ai fondamentali diritti di vita, di libertà e di
perseguimento della felicità, è diritto del popolo di modificarla o abolirla e stabilire un
nuovo governo”.
1
Dopo più di due secoli, si può notare come i punti stabiliti dai pionieri americani
siano ancora oggi validi e come essi ispirino l’attuale politica interna, così come quella
estera della propria nazione.
Successivamente, dopo la disfatta inglese di Yorktown, le colonie si
riorganizzarono in una Confederazione di Stati, lasciando però intaccata l’autorità dei
governi statali. Gli Stati Uniti sarebbero diventati in seguito uno stato federale con
ampio potere per gli stati federati.
Col Trattato di Parigi del 1783 si pose fine alla guerra e l’Inghilterra fu costretta
a riconoscere l’indipendenza delle colonie; da questo momento in poi, i pionieri si
ritrovarono ad avere a che fare con un territorio inesplorato a loro disposizione che
andava dalla costa Atlantica fino al fiume Mississipi e che confinava a sud con la
Florida spagnola e ad ovest con la Louisiana francese.
2
Nel 1787 fu redatta la Costituzione americana che, oltre ad essere in vigore
tuttoggi, fu riconosciuta come un caposaldo della storia politica occidentale; l’America
è stata, infatti, la prima nazione che si è concessa una legge fondamentale scritta,
destinata a durare nel tempo e che costituisse il quadro di riferimento indispensabile per
l’azione politica di governo.
1
T. Bonazzi, (a cura di), La dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti D’America, Venezia,
Marsilio, 1999
2
O. Bergamini, Storia degli Stati Uniti, Roma, Editori Laterza, 2002, p. 29
6
Il primato però, non fu solo questo, la Costituzione, dichiarò, di fatto, la nascita
del federalismo e inoltre, gli Stati Uniti, furono la prima nazione ad inserire la divisione
dei poteri in legislativo, esecutivo e giuridico come esortata da Montesquieu.
3
Il preambolo della Costituzione, come si può notare era basato sull’ideale di
libertà che ha da sempre caratterizzato la storia degli Stati Uniti:
“Noi, il popolo degli Stati Uniti, al fine di formare un’Unione più perfetta,
instaurare la giustizia, garantire la stabilità interna, provvedere alla difesa comune,
promuovere il benessere generale e assicurare i benefici della libertà a noi stessi e ai
nostri posteri, adottiamo questa costituzione come ordinamento per gli Stati Uniti
d’America”
4
Gli anni che seguirono, fino al 1800, furono anni di intenso patriottismo, un
periodo durante il quale si iniziava a costruire uno stato che considerava la sovranità
popolare, l’autogoverno e che divenne col tempo una vera alternativa ai dispotismi in
vigore in Europa; ma erano comunque presenti segnali di un imperialismo sempre più
emergente, il modello di ispirazione nella costruzione dello stato era l’antica Roma, e lo
si può ritrovare nei monumenti, nella pittura e nello stile <classico>; ovviamente nel suo
periodo repubblicano. Inoltre era cominciata da tempo una politica espansionistica
prima fino ai confini stabiliti, poi, una volta raggiunto il Mississipi i pionieri si spinsero
oltre, dove incontrarono le resistenze indiane; in breve tempo però riuscirono ad
espropriare grosse quantità di terra e cominciò così una prima fase di colonizzazione.
Fra il 1784 e il 1787 venne istituita l’Ordinanza del Nord-Ovest per
regolamentare l’espansione avvenuta nei territori al di là dei monti Appalachi, zona che
era stata esclusa dall’Inghilterra attraverso la <Proclamation Line>.
5
Se da una parte, in politica estera si procedeva attraverso una veloce espansione
dei propri confini, i primi problemi furono di natura interna, il paradosso della neonata
repubblica era costituito dalla questione della schiavitù; uno stato fondato sul principio
3
O. Bergamini, op. cit., p. 33
4
G. Sacerdoti Mariani, A. Reposo, M. Patrono, Guida alla costituzione degli Stati Uniti d’America,
Firenze, Sansoni, 1995
5
O. Bergamini, op. cit., p. 39
7
della libertà non poteva infatti mantenere una politica di tipo schiavista, considerando
anche il fatto che molti schiavi di colore avevano combattuto durante la guerra
d’Indipendenza potendo così riscattare il proprio status di cittadino libero.
Si formarono così due schieramenti, gli Stati del Nord che erano a favore della
liberazione degli schiavi e gli Stati del Sud, dove ne risiedeva il maggior numero, in
quanto erano considerati il caposaldo dell’economia.
Nel 1789 venne eletto, come primo presidente degli Stati Uniti, George
Washington e il dibattito sul ruolo dello sviluppo economico venne a fondersi con la
questione della popolazione di colore. Le due visioni sul ruolo degli Stati Uniti furono
rappresentate dal suo Segretario di Stato, Thomas Jefferson, e dal Ministro del Tesoro,
Alexander Hamilton;
il primo, originario del Sud parlò del problema ma non propose mai l’abolizione della
schiavitù, per lui l’agricoltura doveva rappresentare le fondamenta dello stato
(implicitamente aveva quindi bisogno degli schiavi) così da evitare la degenerazione
che si era avuta nelle città europee. Per Hamilton era differente, lui voleva fare degli
Stati Uniti un paese ricco e potente e per ottenere ciò, concentrava la sua attenzione non
su uno sviluppo dell’agricoltura ma su quello del ceto imprenditoriale; voleva
promuovere uno sviluppo economico mosso dalla ricchezza, dall’indipendenza e dalla
sicurezza di una nazione. Il Ministro del Tesoro non si poneva il problema degli schiavi
in quanto, secondo lui, rientravano nella proprietà privata.
6
Nello stesso periodo, dall’altra parte dell’Oceano scoppiò la Rivoluzione
Francese (1789-1791), ma le ripercussioni furono evidenti anche sul suolo americano
dato che ci furono tensioni fra i sostenitori di Jefferson e quelli di Hamilton; i primi a
sostegno dei rivoluzionari (criticandone però gli eccessi), mentre i secondi schierati su
posizioni più favorevoli all’aristocrazia filoinglese. L’oggetto del contendere era la
scelta del partner privilegiato che avrebbe consentito il futuro sviluppo dell’America,
ovviamente queste divergenze portarono i due schieramenti ad una frattura profonda e
insanabile.
Gli Hamiltoniani, che ponevano una grande enfasi sull’economia non riuscirono
però a restare coesi e in breve tempo si disgregarono, i Jeffersoniani, al contrario erano
più concentrati sui valori della democrazia e sulla difesa dello stato; la condivisione di
6
O. Bergamini, op. cit., p. 43
8
questi punti contribuì a mantenere uniti i sostenitori e ad organizzarsi in una forma
partito che prese il nome di Partito Repubblicano (l’antenato del Partito Democratico),
le idee degli Hamiltoniani saranno invece concretizzate in futuro e costituiranno la base
dell’attuale Partito Repubblicano.
Nel 1800 Jefferson vinse le elezioni (con la riconferma anche nel 1804), durante
il suo mandato acquistò la Louisiana dai Francesi e in generale raddoppiò il territorio
degli Stati Uniti d’America; la colonizzazione dell’Occidente risultò essere veloce e
favorì una rapidissima industrializzazione, al contrario delle sue aspettative, il
Presidente infatti credeva in una lenta espansione ma soprattutto era convinto che
l’acquisizione di nuove terre avrebbe favorito la costituzione di una repubblica basata
sull’agricoltura.
7
Un’ulteriore espansione venne ottenuta durante la presidenza Madison (1812),
gli Stati Uniti dichiararono guerra all’Inghilterra dato che l’ex Madrepatria manteneva
rapporti di scambio e commerciali con le tribù indiane dell’Ovest oltre ad esortare le
stesse alla resistenza nei confronti dei coloni. La guerra fu voluta con forza dagli Stati
del Sud, che avevano mire espansionistiche e desideravano inglobare i territori
occidentali e il Canada; la guerra però volse a favore degli Inglesi che nel 1814
imposero dure sconfitte agli americani e bruciarono la capitale, Washington.
Con la Pace di Ghent del 1815 si ritornò allo status quo precedente, ma gli Stati
del New England (quelli a nord) si dichiararono a favore della secessione dall’Unione
dato che erano rimasti molto danneggiati da uno scontro bellico che non volevano; la
protesta si attenuò con la proclamazione della pace, ma questo evento segnò
profondamente la già esistente tensione Nord-Sud.
Nel 1817 venne eletto presidente James Monroe (Jeffersoniano) che proseguì la
politica portata avanti dal suo predecessore Madison (cioè priorità alla democrazia e alla
difesa), venne così approvata una tariffa doganale che elevava al 20% i dazi per le
importazioni, entrando così in una ottica protezionista di portata secolare.
Il protezionismo che si sviluppò in quegli anni fece da barriera alla concorrenza
straniera, favorendo così uno sviluppo industriale interno al continente; fino al 1900 gli
Stati Uniti si isolarono nei confronti dell’Europa senza intrattenere rapporti con alcuno
stato europeo.
7
O. Bergamini, cit., p. 45
9
Dopo trenta anni di vita gli Stati Uniti erano stati fino a quel momento un Paese
votato all’espansione e alla colonizzazione tramite guerre.
8
Nel 1823 il presidente Monroe fece il suo storico discorso che venne da quel
momento in poi conosciuto come <Dottrina Monroe>, questa dichiarazione era una
risposta ad eventuali mire espansionistiche europee indirizzate al nuovo continente; in
questo modo gli Stati Uniti avrebbero considerato un atto ostile qualsiasi intervento
europeo negli <affari> delle nazioni latinoamericane. La Dottrina Monroe infatti
sosteneva che, gli Stati Uniti erano i garanti della libertà delle <nazioni sorelle> (gli
Stati Latinoamericani) e queste ultime erano una sfera esclusiva dell’interesse
americano. In questo modo era stato posto uno dei primi capisaldi della politica estera
americana.
L’espansione americana e lo scoppio della Guerra Civile
Come già sottolineato in precedenza, nel giro di breve tempo, gli Stati Uniti
aumentarono il proprio territorio e nello stesso momento in cui venivano riconosciuti e
ammessi nuovi Stati all’interno dell’Unione si procedeva con l’integrazione dei servizi
di prima necessità, come ad esempio le strade che favorivano i trasporti, o i canali che
aumentavano i collegamenti via acqua.
In questo modo fu possibile abbattere i costi di trasporto delle merci e
soprattutto vennero ridotti i tempi di viaggio. L’innovazione di più ampia portata fu
però la ferrovia: entro il 1860 gli Stati Uniti possedevano quasi 50.000 chilometri di
tratta, cioè più di tutta quella disponibile nell’intera Europa.
9
Fu un periodo di grande
sviluppo che coinvolse gli Stati federati in maniera attiva nel processo economico;
venivano concesse ampie agevolazioni a imprenditori e affaristi ma venivano fatti anche
molti investimenti per quanto riguardava la costruzione di strade, canali e ferrovie.
In una terra ricca come l’America, che era però carente di manodopera, c’era
bisogno di grandi ondate di flussi migratori; l’immigrazione costituì quindi una grossa
risorsa fondamentale che servì a sostenere lo sviluppo americano. I primi immigrati
erano di origine europea (Irlandesi, Tedeschi, ma successivamente anche Inglesi e
Francesi) che lasciavano situazioni di condizioni precarie alla ricerca di fortuna e di una
8
O. Bergamini, op. cit., p. 50
9
O. Bergamini, op. cit., p. 55
10
esistenza più dignitosa; in questo modo cominciò a formarsi la società multietnica che
avrebbe poi costituito in futuro una caratteristica peculiare della cittadinanza americana.
Con l’avvento dell’immigrazione e con uno stato dai confini imprecisati, venne a
crearsi il mito della frontiera, cioè l’idealizzazione del territorio occidentale non ancora
colonizzato come un immenso spazio selvaggio, presso il quale l’uomo bianco avrebbe
dovuto portare il progresso; tutto ciò caratterizzava <la sfida> alla ricerca
dell’avventura, di migliori condizioni di vita e di una nuova possibilità di riscatto dalle
proprie umili origini. E’ quindi la storia del Far West, reso epico da migliaia di racconti
e successivamente da numerosi film.
10
La linea della frontiera significava tecnicamente un immaginario confine fra i
territori civilizzati e quelli appartenenti ai nativi, ma essendo appunto una definizione
molto labile, la <frontiera> era anche intesa come un luogo non precisato al di là del
quale c’erano solo il deserto o delle lande selvagge; di conseguenza essa rappresentava
una linea immaginaria che poco alla volta veniva spostata in avanti, guadagnando così
nuovo terreno.
In queste condizioni, la colonizzazione diventò presto un caposaldo del sogno
americano, dove nella creazione dell’America in quanto nazione, veniva inserito anche
il significato della creazione del mondo stesso; lo spostamento ad occidente assunse i
caratteri solenni di una missione predestinata da Dio.
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Nel 1846 scoppiò un conflitto fra Stati Uniti e Messico per la questione del
Texas; fu per gli Americani una nuova occasione per spostare ulteriormente i confini e
assunse in breve le caratteristiche di una vera e propria guerra di conquista dato che si
concluse con l’occupazione di Città del Messico. Dopo due anni di scontri venne
firmato un trattato con il quale il Messico rinunciò definitivamente al Texas e alla
cessione di ulteriori territori: New Mexico, Nevada e California.
In pratica il territorio americano raddoppiò nuovamente la sua estensione e
quest’ultimo conflitto fu una chiara dimostrazione della vocazione imperiale degli Stati
Uniti.
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Nel 1850 l’espansione raggiunse il limite continentale Est-Ovest; in questo
periodo di conquista dell’estrema frontiera, molti nativi furono sterminati e i restanti
10
R. A. Billington, La concquista del Far West (1830-1860), Milano, Mondadori, 1958
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O. Bergamini, op. cit., p. 60
12
O. Bergamini, op. cit., p. 61
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