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Inquadramento e caratteristiche botaniche dell'Opuntia ficus-indica  
 
A partire dalle prime classificazioni morfologiche elaborate dalle 
popolazioni indigene del Messico, basate essenzialmente sull'attribuzione di 
denominazioni differenziate, ma con radice etimologica comune a diversi tipi di 
Opuntiae (Pimienta Barrios, 1990), numerosi Autori hanno elaborato 
classificazioni del Genere Opuntia. La classificazione ritenuta più valida fino al 
momento attuale è senz'altro quella riportata da Britton e Rose (1963). In essa il 
genere Opuntia è inquadrato nella famiglia delle Cactaceae, ordine 
Caryophyllales, sottoclasse Caryophyllidae. Alle Cactaceae appartengono specie 
succulente caulinari suddivise nelle tribù delle Pereskieae, Opuntieae e Cereae.  
Nella tribù delle Opuntieae è compreso il genere Opuntia, suddiviso a sua 
volta in quattro sottogeneri: Platyopuntia, Cylindropuntia, Tephrocactus e 
Brasiliopuntia. Il sottogenere Platyopuntia .comprende da 150 a 300 specie 
descritte, tra cui la serie delle Ficus-indicae che comprende l' Opuntia ficus-indica 
Mill.  
L'Opuntia ficus indica è, tra le Cactaceae, quella con la maggior 
importanza agronomica, sia per i frutti eduli che per i cladodi che possono essere 
utilizzati come foraggio o come verdura (Scheinvar, 1995).  
La domesticazione di O. ficus-indica ha avuto inizio circa 8.000 anni fa 
(Bravo, 1991; Pimienta-Barrios e Muñoz-Urias, 1995). Ne esiste una forma 
spinosa ed una inerme. Dalla forma silvestre o spinosa (Opuntia megacantha 
Salm-Dick) è derivata la forma priva di spine (O. ficus-indica f. ficus-indica). 
Molti altri nomi specifici, quali Strepthacanthae e Ficus-indicae (Britton e Rose, 
1919), corrispondono a semplici variazioni morfologiche di O. megacantha. 
Numerosi Autori considerano O. megacantha come sinonimo di O. ficus-indica, 
sempre considerata come la forma inerme (Benson, 1982; Gibson e Nobel, 1986). 
La dimostrazione più evidente che O. ficus-indica è una forma di O. megacantha, 
è data dal fatto che, sporadicamente ed in particolar modo in condizioni di stress, 
alcuni rami della forma inerme possono incominciare a sviluppare una certa 
spinosità (Griffith, 1914; Le Houérou, 1996). Inoltre piante ottenute da seme di 
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specie prive di spine, possono generare forme spinose, caratterizzate da elevata 
variabilità.  
Nella famiglia delle Cactaceae, il numero cromosomico di base è x = 11, 
mentre il numero di cromosomi somatici è prevalentemente pari a 22. Per quanto 
riguarda O. ficus-indica, numerose fonti indicano che, tanto la forma spinosa 
quanto quella inerme hanno 2n=88, cioè sono entrambe ottoploidi. Altri Autori, 
invece, considerano questa specie una diploide, 2n=22 (Spencer, 1955; Weedin e 
Powell, 1978), anche se probabilmente si tratta di errori di identificazione.  
Il Fico d'India è una specie perenne legnosa, con piante di altezza variabile 
da 1 a 5 m. Dal punto di vista morfologico la caratteristica principale è il fatto che 
i rami sono trasformati in organi appiattiti di forma ellittica o ovoidale, carnosi e 
di colore verde, detti cladodi. Le foglie sono rudimentali, di forma conica e hanno 
carattere effimero, mentre sulla superficie dei cladodi sono presenti areole 
differenziatesi all'ascella delle foglie e accompagnate da spine di dimensioni 
variabili.  
I fiori sono ermafroditi con corolla di colore giallo o arancio e il frutto è 
una bacca di colore bianco, giallo o rosso a maturazione, normalmente provvisto 
di molti semi. L'apparato radicale è generalmente superficiale e facilita così 
l'assorbimento di acque meteoriche di scarsa consistenza, ma nel contempo è 
robusto e capace di colonizzare efficacemente ambienti difficili. La capacità di 
colonizzazione di ambienti di scarsa fertilità pedologica è incrementata dalla 
possibilità di ospitare nell'apparato radicale microrganismi azotofissatori 
simbionti.  
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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Esigenze ecologiche 
 
L'Opuntia colonizza aree con le seguenti caratteristiche: 
- inverni miti (temperatura media > 10°C); 
- stagione secca prolungata, generalmente coincidente con giornate lunghe; 
- piogge estive. 
Nelle aree Mediterranee, così come in California e Cile, la stagione secca 
si ha nei mesi estivi con lunghe e calde giornate. Nelle aree di origine, gli altipiani 
Messicani, la specie è coltivata nelle zone semi-aride della regione centro-
settentrionale (Zacatecas, San Luis Potosì, Aguascalientes, Jalisco, Guanajuato), 
coprendo più di 35.000 ettari, e nel centro-sud (gli stati di Hidalgo, Mexico, 
Tlaxcala e Puebla), con 15.000 ettari. La piovosità annuale varia tra i 350 e i 500 
mm, concentrata nei mesi estivi, durante il periodo di sviluppo dei frutti. La 
temperatura media annuale varia da 16 a 18 °C nell'area centro-nord, e da 14 a 18 
°C nel centro-sud, dove la piovosità media annuale è compresa tra 400 e 700 mm. 
In Cile, il Fico d'India è coltivato nella Regione Metropolitana, dove la 
temperatura media mensile è di 21,5 °C in gennaio e 9,2 °C in agosto. La stagione 
secca si prolunga per quattro mesi in estate e la piovosità media annuale è di 350 
mm.  
In Italia la specie viene coltivata per la produzione di frutti su 2500 ettari, 
concentrata in Sicilia, nell'area di San Cono, Mt. Etna e Santa Margherita Belice. 
Il clima è mediterraneo, con inverni miti e piovosi e estati calde e secche. La 
temperatura media annuale è di 16 °C e la temperatura media mensile durante il 
periodo di sviluppo dei frutti varia tra i 19 °C (giugno), i 25,5 °C (luglio-agosto) e 
da 18 a 15 °C durante la maturazione dei frutti e il periodo di raccolta (ottobre-
novembre). La piovosità annuale arriva ai 550-600 mm, con la stagione secca che 
dura quattro mesi (giugno-settembre).  
In Israele la specie è coltivata nel Deserto del Negev su 200 ettari. La 
temperatura media mensile durante il periodo di sviluppo dei frutti varia da 21 °C 
(maggio) a 24,5 °C (luglio-agosto). La temperatura mensile più bassa è di 13 °C in 
gennaio. La piovosità annuale varia da 40 a 700 mm.  
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In Sud Africa, la specie fu introdotta nel Capo Sud-occidentale (piogge 
invernali), ma trova la sua nicchia nel Capo Orientale (piogge estive) e nel Ciskey 
occidentale, dove si trova la maggiore area coltivata (1000 ha). La temperatura 
annuale varia da 14 a 18,6 °C e quella media mensile durante il periodo di 
sviluppo del frutto varia tra i 18,2 e i 22,4 °C (gennaio). La piovosità annuale è 
compresa tra i 365 e i 670 mm.  
La pioggia cade durante il periodo di sviluppo del frutto in Sudafrica e 
Messico; mentre in California, Chile, Israele e Italia, la piovosità è concentrata in 
inverno quando la pianta apparentemente non cresce.  
In tutte le aree la temperatura media annuale è superiore ai 14,5 °C. La 
temperatura media mensile è compresa tra i 20 e i 25 °C durante il periodo di 
sviluppo del frutto e tra 18 e 14 °C durante la maturazione dei frutti.  
Temperature sopra i 35 °C, associate a bassa umidità dell'aria, possono 
causare danni da ustione nei frutti. Basse temperature (< 14 °C), durante il periodo 
di sviluppo del frutto e la maturazione, ritardano la maturazione dei frutti, 
riducono il contenuto in zuccheri e abbassano la percentuale di polpa. Per ottenere 
un buon tasso di rifioritura dopo la scozzolatura, la temperatura media durante il 
periodo della fioritura non dovrebbe scendere sotto i 18-20 °C. Alte temperature 
in inverno deprimono la fertilità dei cladodi e ritardano lo sboccio primaverile, 
suggerendo che il fico d'India ha una indefinita richiesta in freddo. La specie è 
danneggiata dalla grandine e dalle gelate primaverili, in particolare durante la 
schiusura delle gemme. 
 
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Le esigenze pedologiche 
 
La specie si ritrova su un ampia varietà di suoli: dai Vertisuoli, Luvisuoli e 
Feozem, in Messico; ai Litosuoli, Regosuoli, Cambisuoli e Fluvisuoli in Italia. Il 
pH dei suoli fluttua tra i sub-acidi (Luvisuoli in Messico) ai sub-alcalini (Litosuoli 
in Italia), mostrando una notevole adattabilità della specie.  
Una profondità del suolo tra i 60 e i 70 cm, ben si adatta con il poco 
profondo sviluppo del sistema radicale del Fico d'India ma i suoli con scarso 
drenaggio, falda alta, strato impermeabile superficiale o duripan, non dovrebbero 
essere considerati per la coltivazioni. Il contenuto d'argilla non dovrebbe superare 
il 15-20 percento, per evitare il marciume radicale e un ridotto sviluppo radicale. 
Wessels (1988) suggerisce che il contenuto in calcio e potassio dovrebbe essere 
elevato per assicurare una buona coltivazione e qualità dei frutti. Il Fico d'India 
non è una specie che tollera suoli salati. Non sono disponibili studi in campo su 
piante in produzione, ma 50-70 moli di NaCl al metro cubo dovrebbero 
considerarsi i valori soglia per una crescita ottimale del Fico d'India.  
Gli effetti del reimpianto sulle piantagioni sono ancora sconosciuti, ma è 
consigliabile piantare annualmente colture, in particolare legumi, o anche lasciare 
il suolo non coltivato per uno o due anni.  
In conclusione, le linee guida per la scelta del sito di coltivazione sono le 
seguenti: 
- temperatura media annuale 15-18 °C; 
- temperatura media durante il periodo di sviluppo del frutto: 15-25 °C; 
- assenza di gelate (-5 °C); 
- assenza di gelate primaverili durante la schiusura delle gemme; 
- suoli con buon drenaggio e basso contenuto in argilla (20%); 
- assenza di falda superficiale; 
- contenuto in NaCl nell'acqua del suolo inferiore alle 70 moli per metro cubo; 
- disponibilità di acqua d’irrigazione in aree dove la piovosità non si verifica 
durante il FDP o dove è inferiore ai 300 mm per tutto l'anno. 
 
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L’impianto del Fico d’India 
 
Include la lavorazione del suolo e la fertilizzazione. Il livellamento è 
essenziale se il frutteto sarà irrigato con solchi. Il suolo dovrebbe essere arato ad 
una profondità tra i 60 e gli 80 cm, in modo da assicurare un buon drenaggio, una 
sufficiente conservazione dell'acqua e lo sradicamento delle erbacee perenni, che 
competono fortemente con il Fico d'India, in particolare nelle prime fasi dopo 
l’impianto.  
Periodicamente il suolo dovrebbe essere rivoltato con l’erpice per 
migliorare il drenaggio ed evitare l'alterazione del profilo del suolo. In suoli 
sabbiosi e in suoli liberi dalle erbacee, le operazioni di pre-impianto potrebbero 
ridursi ai singoli fossi o alle file.  
Insieme alla preparazione del suolo, c'è la fertilizzazione pre-impianto, 
sulla quale la letteratura fornisce poche raccomandazioni. Le indicazioni di 
Wessels (1988) per la regione sudafricana del Karoo riportano i seguenti livelli di 
macroelementi nel suolo: 
- 150 mg K kg
-1
 
- 12-15 mg P kg
-1
 
- 80-100 mg Mg kg
-1
 
In Italia, la fertilizzazione pre-impianto apporta: 300 kg P
2
O
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 per ha e 350 
kg di K
2
O per ha. Queste quantità sono probabilmente sovrastimate, e nei suoli 
poco profondi della zona di Santa Margherita, l'apporto di fertilizzante prima 
dell'impianto è molto più basso (50%) che nell'area di San Cono. 
Le applicazioni pre-impianto di 20-30 t per ha di concime furono 
raccomandate da Monjauze e Le Houréou in Sudafrica (1965). Infatti, il concime, 
se disponibile, è desiderabile, in quanto migliora la struttura del suolo e 
incrementa il contenuto in nutrienti e la capacità di trattenuta idrica. La 
fertilizzazione pre-impianto deve essere quantificata con analisi del suolo, 
considerando 150-300 ppm come livelli ottimali di K e P nel suolo. In suoli 
sabbiosi, o dove l'irrigazione è applicata di continuo (Israele), la fertilizzazione 
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pre-impianto può essere trascurata, per apportare nutrienti, insieme con 
l'irrigazione durante il ciclo annuale di crescita della pianta. 
Un frutteto di Fico d'India può essere preparato seguendo:  
una disposizione a file 
una disposizione a rettangolo o a quadrato. 
La scelta del disegno del frutteto dipende dall'ampiezza dell'azienda 
agricola, dalle condizioni ambientali (in particolare l'intensità luminosa, la 
pendenza ed esposizione del campo), dalle necessità di crescita della cultivar, dal 
sistema di preparazione del frutteto e dalla presenza di insetti come le cocciniglie. 
Le piantagioni specializzate, costituite in Italia durante il diciannovesimo 
secolo, erano disposte secondo file continue, con piante poste a distanze di 0,5 m 
tra loro e in file distanti da sei a 8 m l'una dall'altra. Erano anche presenti file 
multiple, con intervalli tra ogni multifila (90 x 25) di 8 m. 
Il disegno in file è ancora in uso in Israele, dove è praticata l'irrigazione a 
goccia dei frutteti, con appezzamenti piazzati a 1,5 m entro file spaziate di 4 m 
ognuna (1666 piante per ha). Per aziende inferiori ai cinque ha, Pimienta (1990) 
suggerisce spaziature chiuse (2-3 m) all'interno di file spaziate 3 m separatamente 
tra loro (1110-1666 piante per ha). 
Con tali distanze chiuse tra piante, i filari appaiono come una struttura 
continua tra i quattro e i cinque anni dopo l'impianto, in particolare se la potatura 
non viene eseguita annualmente. La spaziatura breve dentro le file 
sostanzialmente incrementa il numero di cladodi fertili nei primi stadi di vita del 
frutteto. 
In Israele, Nerd e Mizrahi (1993) riportano una resa in frutti di 18 t per 
ettaro per piante di 4-5 anni distanziate 4 x l,5 m. La spaziatura ridotta determina 
il facile sviluppo di palchi di cladodi, che richiede un'intensa potatura per evitare 
il loro ombreggiamento reciproco. Una densità troppo elevata di palchi di cladodi 
facilita le infestazioni da parte di cocciniglie e riduce l’efficienza delle operazioni 
di controllo degli insetti.  
Se le piante sono sistemate con struttura rettangolare o quadrata, è 
possibile un allevamento a vaso aperto o a globo. Le distanze d'impianto variano a 
seconda del sistema d'allevamento e delle necessità della cultivar.