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SSIS, ma non ho approfondito più l’argomento, sicuro di aver accantonato l’idea
di fare l’insegnante; poi, di colpo, mi sono ritrovato ad essere un esperto di questa
scuola.
Le SSIS sono nate con il Decreto MURST del 26 maggio 1998, che dava
seguito alla legge n. 341 del 19 novembre 1990, la quale affidava la formazione
degli insegnanti alle Università, prevedendo una Scuola di Specializzazione
successiva alla laurea, articolata in indirizzi e con discipline finalizzate alla
formazione professionale dei docenti. Durante il percorso didattico sono previste
materie che vanno dalla Pedagogia Generale e Speciale alla Psicologia
dell’apprendimento, dell’età evolutiva e della disabilità, dalla Sociologia dei
processi culturali alle materie specifiche delle aree disciplinari di riferimento per
le varie classi di concorso, nonché attività di tirocinio diretto ed indiretto.
Finalità fondamentale della SSIS è, quindi, la formazione professionale
degli insegnanti della scuola secondaria di I e II grado. Le scelte relative agli
insegnamenti e alle altre attività didattiche sono orientate all'acquisizione di
attitudini e competenze specifiche relative alle scienze dell'educazione e psico-
sociali e alla dimensione storica, epistemologica e didattica delle discipline di
insegnamento proprie di ciascuna classe di abilitazione.
A dicembre 2006 sono iniziate le lezioni del I semestre del I anno di corso:
tornare in un’aula universitaria a 36 anni insieme a tanti altri aspiranti docenti,
francamente, mi ha fatto un certo effetto; noi dell’Indirizzo Giuridico-Economico
siamo stati accorpati con quelli dell’Indirizzo Linguistico-Letterario e Lingue
Straniere. Computers portatili, penne USB, powerpoint come strumento didattico:
il mondo, nel frattempo, era cambiato ma ho ripreso gli studi con tanta volontà
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che, dopo pochi minuti dall’inizio, era come se fossi tornato all’ultimo giorno di
università a Roma. Se c’è una cosa di cui vado fiero è la mia capacità di
adeguarmi in fretta al cambiamento degli eventi.
Si è creato subito un bel legame con gli altri colleghi, una intesa massima,
durante il percorso in comune del I anno: abbiamo condiviso bei momenti anche
insieme ai professori, sono nate molte amicizie che, sono sicuro, continueranno
anche dopo la parentesi della SSIS.
A ottobre 2007 sono iniziate le lezioni del II anno, questa volta ogni classe
di concorso è autonoma e separata dalle altre; io mi sono diviso tra le due classi di
concorso, non senza qualche difficoltà dovuta all’accavallamento orario di alcune
lezioni didattiche. Ma per diventare “prof” ero disposto a questo ed altro.
Sono così giunto al termine del percorso di formazione: un po’ mi dispiace
lasciare l’ambiente formatosi, tutti ci siamo raccomandati a vicenda di non
perderci di vista. Pieno di speranze per il futuro che mi aspetta, non proprio roseo,
inserito nelle “graduatorie ad esaurimento” della mia provincia di residenza, dovrò
fare supplenze ovunque capiti se voglio accumulare punteggio e scalare le
graduatorie.
A questo punto, dopo aver lasciato un lavoro a tempo indeterminato per uno
a tempo determinato e dopo tanti sacrifici, mi sento pronto a svolgere nel XXI
secolo quello che molti ritengono ancora, secondo me a ragione, “il più bel
mestiere del mondo”.
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CAPITOLO I
EVOLUZIONE E CARATTERISTICHE DELLA
PROFESSIONALITA’ DOCENTE ALLA LUCE DEI MODELLI
PEDAGOGICI E DIDATTICI
E DEI RIFERIMENTI NORMATIVI.
1. Il docente nel corso del ‘900.
Il ruolo e le funzioni del docente negli ultimi quindici anni hanno subito
delle trasformazioni intense e profonde per i rivolgimenti conosciuti dalla società
globale tali da ridefinire la cosiddetta “professionalità docente”: si può certamente
affermare che svolgere attività di insegnamento al giorno d’oggi, fare l’educatore,
sta diventando una sfida identitaria a tutti gli effetti.
Volendo ripercorrere l’evoluzione della figura del docente a partire dal
secolo scorso bisogna iniziare da una pietra miliare costituita dalla riforma
scolastica del Ministro Gentile nel 1923, i cui effetti si sono prodotti fino a
qualche anno fa: essa con la sua visione dell’organizzazione della scuola secondo
un ordinamento gerarchico e centralistico, di tipo aristocratico, pensata per pochi e
non per tutti, aveva prodotto una figura di docente “notaio” delle disposizioni
ministeriali in quanto a programmi, con la funzione principale di trasmettere i
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saperi e la cultura. Il docente doveva essere il maestro, l’allievo doveva
subordinarsi all’ascolto del maestro per farsi libero ed autonomo, facendo propri i
contenuti impostigli.
Nella lezione “ex-cathedra” tradizionale il docente forniva informazioni e lo
studente concentrava il proprio sforzo soprattutto nel seguire la spiegazione e
prendere appunti: l’allievo era semplicemente il prodotto del lavoro
dell’insegnante non essendo messo nelle condizioni di costruire autonomamente
le sue competenze. Il docente era protagonista solitario del processo educativo,
una icona considerata la sola unica fonte della conoscenza: c’era una sorta di
freddezza nel rapporto docente-discente, mancanza di coinvolgimento emotivo
che portava ad un distacco molto evidente tra i due attori della scena educativa.
L’Italia positivista e liberale descritta nel libro Cuore aveva senz’altro
prodotto una figura di insegnante nuova per il tempo, di un soggetto estraneo alla
famiglia ma nello stesso tempo compensatore delle carenze educative familiari,
garante del processo di acquisizione dei diritti civili, rassicurante nella sfera
affettiva. L’idea del maestro deamicisiano è durata fino all’ultimo decennio del
secolo scorso, quando la figura del maestro unico è stata superata.
Lo sviluppo economico e sociale, il piano di alfabetizzazione e di
scolarizzazione di massa promosso dallo Stato democratico del dopoguerra,
l’evoluzione delle teorie pedagogiche e di psicologia dell’apprendimento hanno
profondamente modificato, in modo particolare, la figura professionale
dell’insegnante di scuola elementare: si è verificata l’esigenza di una maggiore
professionalità e preparazione, superando l’immagine del maestro come unico
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interlocutore della vita cognitiva e affettiva dei ragazzi di una classe, a favore di
una responsabilità comune condivisa da più docenti.
Elenchiamo alcune tappe fondamentali che, dal punto di vista normativo,
hanno caratterizzato il mondo della scuola negli ultimi decenni del ‘900: 1)
l’istituzione della scuola media unica nel 1962 (L. n. 1859/1962); 2)
l’introduzione del tempo pieno con la L. n. 820/1971; 3) i decreti delegati del
1974 che introducono la partecipazione delle famiglie e degli studenti negli organi
collegiali; 4) i nuovi programmi del 1979 che introducono la programmazione
educativa e didattica curricolare e una prima formulazione di insegnamento
individualizzato; 5) la L. n. 104/1992 sull’integrazione dell’handicap nella
scuola
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.
2. Il docente nel XXI secolo.
A partire dagli anni ’90 del secolo scorso si è passati dalla figura del
maestro unico della scuola elementare, oggi scuola primaria, a più figure di
maestri (L. n. 148/1990), ognuno per alcune materie di studio tra cui una lingua
straniera, nell’ambito di un percorso più vasto di insegnamento/apprendimento
che ha coinvolto le scuole di ogni ordine e grado e che ha messo in campo un
nuovo docente, al passo coi tempi, il quale si è rimesso “il mantello di Socrate”.
Un processo di cambiamento che ha influito anche sulla formazione
professionale dei docenti odierni: infatti, per insegnare nella scuola dell’infanzia e
nella scuola primaria non basta più il diploma dell’ex Istituto Magistrale di Stato,
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Marco Ludovico – Donatella Purger, “La scuola oggi”, Sperling&Kupfer Editori Spa, I Edizione
“Open Space”, 2005.
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oggi denominato “Liceo socio-pedagogico”, e la abilitazione successiva, ma
occorre conseguire la laurea abilitante in Scienze della Formazione Primaria. Per
insegnare nelle scuole secondarie di I e II grado, dopo la laurea specialistica o
vecchio ordinamento bisogna frequentare il biennio abilitante della SSIS presso le
varie Università per le rispettive classi di concorso.
Dal tradizionale modello di insegnamento lineare e unidirezionale, grazie
alle riforme intervenute nel mondo della scuola nel corso degli ultimi decenni e
allo sviluppo delle nuove tecnologie dell’apprendimento, si è passati ad un
rapporto bidirezionale docente/discente: molte teorie, di fronte ai limiti del
classico metodo di insegnamento, hanno cercato di affrontare le modalità di
acquisizione della conoscenza proponendo un nuovo approccio allo studio
dell’apprendimento scolastico.
Come hanno ribadito rilevanti autori pedagogici (Vygotsky, McKeachie,
Driver), oltre al ruolo attivo dello studente e a quello di guida del docente,
ultimamente si è fatta sempre più strada l’idea che lavorare in gruppo serva
enormemente ad accrescere le capacità di ragionamento critico: il metodo
dell’apprendimento cooperativo, che coinvolge gli studenti nel lavoro di gruppo
per raggiungere un fine comune, richiede la positiva interdipendenza tra i membri
del gruppo, il far sentire ogni membro responsabile dei risultati dell’intero gruppo.
Ciascuno deve avere, almeno in parte, contribuito al risultato
nell’interazione faccia a faccia, sviluppato abilità di comunicazione e di rapporto
interpersonale e, periodicamente, collaborato a valutare il lavoro del gruppo.