facilmente. Se il rischio dell’impresa non viene gestito bene, lo staff
(dirigenti e lavoratori) inizierà a cercare lavoro altrove, i fornitori
eviteranno di lasciare lunghe scadenze ed i clienti cercheranno
altre fonti di approvvigionamento.
La struttura del lavoro è articolata in tre parti. La prima parte ha natura
introduttiva e si propone di descrivere i concetti di rischio in ambito
aziendale per poi soffermarsi un po’ di più su quelle variabili che sono i
fattori di rischio che maggiormente influiscono nei rendimenti delle
imprese: il tasso di cambio, il tasso d’interesse e il costo delle materie
prime (commodity price) nonché successivamente sui modelli di rischio-
rendimento maggiormente adoperati dagli analisti finanziari. La seconda
parte che costituisce la parte centrale del lavoro, sviluppa il tema del risk
management incentrandosi principalmente sulla mappatura dei rischi
d’impresa e sulle modalità di gestione del rischio. Nella terza ed ultima
parte viene fatta un’applicazione pratica, con la costruzione della mappa
dei rischi d’impresa dell’impresa industriale Betamotor S.p.A., una nota
azienda italiana di costruzione di motociclette. In questa analisi ci si
concentrerà sui rischi puri e sui rischi speculativi dell’impresa target
presentando, anche graficamente, la frequenza e l’intensità delle minacce
a cui è soggetta la Betamotor S.p.A.
4
CAPITOLO 1
IL RISCHIO IN FINANZA
1.1 RISCHIO ED INCERTEZZA
Il concetto di rischio precede il rischio finanziario d’impresa, cioè quel
rischio che è originato dall’impatto di diverse macroeconomie sulle
relazioni che l’azienda intrattiene con controparti esterne nel corso della
sua attività caratteristica. Si può parlare di rischio, secondo Knight
1
(1921), quando si conosce l’esito finale di un evento specifico sebbene
siano noti tutti i suoi possibili esiti e sia possibile attribuire loro una
oggettiva probabilità di manifestazione. Si parla invece di incertezza se
non si è in grado di stabilire neppure le probabilità di realizzazione
associate ai possibili eventi. Nell’ottica di Knight le situazioni rischiose
sono passibili di una quantificazione oggettiva mentre quelle di incertezza
non godono di tale requisito. Non essendo sempre agevole attuare una
qualificazione oggettiva del rischio si è preferito distinguere gli eventi in
tre natura:
ξ eventi che presentano esiti la cui probabilità è nota a priori: non vi
sono dubbi che nel caso del lancio di un dado non truccato a sei
facce o di una moneta non truccata il rischio sia oggettivamente
quantificabile;
ξ eventi che presentano esiti la cui probabilità non è nota a priori,
bensì rilevata ex post da apposite rilevazioni statistiche. In tale
caso può essere attribuita ai singoli esiti una probabilità “oggettiva”
di manifestazione pari al limite della loro frequenza relativa. A
1
Frank H. Knight, Risk, Uncertainty, and Profit. 1921, Boston, MA: Hart, Schaffner & Marx; Houghton Mifflin
Company
5
contrastare tale teoria c’è Hume
2
(1740) che sostiene che il
verificarsi di un evento nel passato che segue una distribuzione di
frequenza non legittima a concludere che la medesima frequenza
si manifesterà anche in futuro;
ξ eventi unici per i quali non c’è la possibilità di conoscere ex ante le
probabilità e neppure di attribuire ex post probabilità oggettive ai
relativi esiti da apposite rilevazioni statistiche. Gli eventi rischiosi
rilevanti nell’ambito dell’analisi economica sono quegli eventi che
hanno contenuto l’economia ad esempio le condizioni future di
negoziazione pratiche sui mercati finanziari. I rischi sono
difficilmente e raramente stimabili mediante semplice
estrapolazione tratta dagli eventi passati. Gli eventi da cui nascono
i rischi si presentano come situazione di “incertezza soggettiva”
dove la soggettività è dovuta al particolare grado di intensità che
possono avere,presso gli operatori economici, il livello di
conoscenze; la qualità e la quantità di informazioni e la possibilità
di condizionare l’esito dell’evento. Il contenuto economico dei rischi
risiede nella necessità degli operatori di definire le condizioni delle
contrattazioni antecedentemente al momento in cui si manifestano
gli esiti degli eventi rischiosi.
L’asimmetria nella distribuzione delle informazioni e la diversa possibilità
concessa agli agenti economici di condizionare gli esiti di un evento
agevolando la creazione tra gli operatori di aspettative non omogenee e
la formazione di premi differenziati per il rischio. Prendendo in
considerazione soltanto gli eventi rischiosi rilevanti per l’azienda risulta
che sono difficilmente inquadrabili in una rigida definizione. I diversi
soggetti coinvolti nella gestione aziendale sono infatti esposti ad eventi
rischiosi peculiari e si dimostrano variamente sensibili nei riguardi dei
medesimi eventi. Un criterio utilizzabile è quello di tenere conto dei soli
2
David Hume; A treatise of Human Nature, 1740
6
eventi in misura da esercitare effetti significativi su di una singola quantità
d’azienda, la cui variazione possa interessare tutti i soggetti coinvolti
nell’impresa: managers, shareholders, bond-holders, stakeholders
(lavoratori, fornitori,clienti). A tale fine si possono utilizzare : i flussi
monetari, il margine operativo lordo, il reddito oppure il valore di mercato
dell’impresa (Conti,1996). Nell’ambito della presente esposizione viene
utilizzata quale grandezza di riferimento , il reddito dell’impresa.
1.2 TIPOLOGIE DI RISCHIO
Il rischio nella definizione utilizzata in finanza, riflette la misura in cui i
rendimenti attuali si scostano dai rendimenti attesi. Ci sono due tipi di
rischio. Il primo definito rischio azionario, riguarda investimenti
caratterizzati da flussi di cassa attesi. Il secondo, il rischio di insolvenza,
riguarda investimenti caratterizzati da flussi di cassa promessi e non
effettivamente pagati. Nel caso di investimenti caratterizzati da rischio
azionario, la migliore misura del rischio è la varianza dei rendimenti attuali
rispetto ai rendimenti attesi. Questo rischio può poi essere scomposto nel
rischio specifico d’impresa (che riguarda il singolo investimento) e nel
rischio mercato (che riguarda molti investimenti). Attraverso la
diversificazione, gli investitori possono ridurre la propria esposizione al
rischio specifico d’impresa. Assumendo che l’investitore marginale sia
ben diversificato, ne consegue che il rischio rilevante nel caso di
investimenti azionari è il rischio mercato. I modelli di rischio azionario che
presenteremo successivamente in questo capitolo sono accomunati dal
tentativo di misurare il rischio mercato, ma divergono nell’approccio
seguito. Il capital asset pricing model misura l’esposizione al mercato
tramite un unico fattore, il “beta di mercato”, cioè una misura del rischio
che un certo investimento azionario aggiunge a un ipotetico portafoglio di
mercato che include tutte le attività scambiate sui mercati. L’arbitrage
pricing model e i modelli multifattoriali permettono invece la presenza di
7
diverse fonti di rischio mercato e stimano un beta per ciascuna di esse. I
modelli empiciri basati su regressioni identificano caratteristiche (ad
esempio, la dimensione dell’impresa) che storicamente presentano
un’elevata correlazione con i rendimenti azionari, e utilizzano queste
caratteristiche per misurare il rischio mercato (in questa sede non sarà
comunque esaminato). In tutti questi modelli, le misure di rischio vengono
poi tradotte in una stima del rendimento atteso sull’investimento
azionario. Tale rendimento rappresenta il costo del capitale netto per
un’impresa. Nel caso di investimenti con rischio di insolvenza (default
risk), il rischio è misurato come probabilità che i flussi di cassa promessi
non vengano effettivamente pagati. Investimenti con maggiore rischio di
insolvenza dovrebbero perciò corrispondere ai finanziatori tassi di
interesse più elevati. Il premio richiesto dagli investitori per questi
investimenti, rispetto agli investimenti privi di rischio, viene definito premio
per il rischio di insolvenza (default premium). Per la maggiore parte delle
imprese italiane, una misura sintetica del rischio di insolvenza è
rappresentata dal rating emesso da agenzie specializzate. Da questi
rating dipendono in gran parte i tassi di interesse a cui le imprese
possono finanziarsi. Anche quando il rating non è disponibile, i tassi di
interesse richiesti dagli investitori riflettono comunque una valutazione del
rischio di insolvenza dell’impresa. In entrambe i casi, il tasso di interesse
rappresenta il costo del debito per un’impresa.
8
1.3 IL RISCHIO MERCATO
Il rischio mercato (market risk) o rischio sistematico (systematic risk) è
rappresentato dall’insieme di variabili macroeconomiche che hanno un
impatto su tutte le imprese e tutti i progetti, sebbene in diversa misura.
Per esempio i movimenti dei tassi di interesse incidono sul valore dei
progetti già intrapresi e su quelli da intraprendere, sia direttamente,
attraverso il tasso di attualizzazione, sia indirettamente, attraverso i flussi
di cassa. Altre variabili che interessano tutti gli investimenti sono la
struttura per scadenza dei tassi di interesse (term structure, la differenza
fra tassi a breve e a lungo termine), la propensione al rischio degli
investitori (maggiore è l’avversione al rischio, minore è il valore di
investimenti rischiosi), l’inflazione e la crescita economica. Dal momento
che i valori attesi di tutte queste variabili sono implicitamente parte di
un’analisi di capital budgeting, ogni deviazione da tali valori attesi si
ripercuoterà sul valore degli investimenti. Questo tipo di rischio non può
essere eliminato con una politica di diversificazione né dalle aziende né
dagli investitori, dal momento che ogni investimento rischioso è esposto
almeno in parte al rischio-mercato.
1.4 IL RISCHIO DI CAMBIO
Le variazioni dei tassi di cambio di mercato determinano una serie di
effetti sul conto economico aziendale, alcuni di immediata e semplice
determinazione, altri invece di maggiore complessità nella rilevazione e
addirittura nell’identificazione. In realtà, la ricaduta sul conto economico
non è che l’ultimo anello di trasmissione della variazione del cambio di
mercato sulla situazione aziendale. La variazione dei cambi di mercato
impatta contemporaneamente, ma non necessariamente allo stesso
modo, su tutti i soggetti che costituiscono l’ambiente di riferimento per
9
l’azienda. L’azienda per tanto sarà interpellata dai propri interlocutori a
adattare in qualche misura le proprie politiche commerciali, finanziarie,
degli acquisti e della produzione. E’ la somma di tutti questi effetti
coniugati che determina il vero impatto della variazione del cambio di
mercato sul contesto economico dell’azienda. La grande difficoltà
nell’analisi di questo impatto non è solo nella sua rilevazione consuntiva
nell’ambito dei complessi ricavi e costi aziendali, ma in particolare nella
corretta identificazione di tutti gli anelli della catena di trasmissione,
ovvero le relazioni passate presenti e future tra la variazione del cambio
di mercato, l’ambiente economico e la possibile risposta operativa da
parte dell’azienda. Una classificazione in generale accettata per definire
le modalità di impatto del cambio di mercato sulla situazione economica
aziendale distingue le quattro seguenti tipologie di rischio di cambio:
ξ contabile;
ξ transattivo;
ξ economico;
ξ strategico.
Il fattore tempo è l’elemento principale che classifica queste tipologie di
rischio.
Consideriamo a questo scopo:
RV
t
= ricavo certo al tempo t espresso in valuta;
M
t
= tasso di cambio spot al tempo t
Et
i-2
(REt
i
) = valore atteso al tempo t
i-2
del controvalore in Euro del ricavo
denominato in valuta che troverà manifestazione al tempo t
i
. Per i ≥ 2
Et
0
(Mt
2
) = valore atteso al tempo t
0
del tasso di cambio spot al tempo t
2
.
10
Et
1
(REt
2
) = valore atteso al tempo t
1
del controvalore in Euro del ricavo
denominato in valuta estera che troverà manifestazione monetaria al
tempo t
2
;
Et
1
(Mt
2
) = valore atteso al tempo t
1
del tasso di cambio spot al tempo t
2
.
Per t
2
≥ t
1
≥ t
0
Figura 1.1
3
Grafico intertemporale delle variazioni e previsioni
1.4.1 Il rischio contabile
Il rischio contabile va dal momento dell’emissione della fattura (tempo t
0
)
al pagamento della stessa (tempo t
1
), quindi, se la vendita in valuta viene
incassata ad un cambio inferiore a quello della fatturazione, vale a dire se
3
Fonte: nostra elaborazione
11
la valuta si deprezza rispetto all’Euro, il controvalore in Euro diminuisce
rispetto a quello considerato al momento della vendita. Al contrario se
l’acquisto in valuta viene pagato ad un cambio superiore a quello
esistente al momento dell’acquisto, aumenta il costo effettivo per
l’azienda.
Et
0
( REt
1
) = RVt
1
* Et
0
( Mt
0
)
Quindi
∆ (Et
0
( Mt
1
)) > 0 => ∆ (Et
0
( Ret
1
)) > 0
1.4.2 Il rischio transattivo
Il rischio transattivo può essere considerato come una interpretazione più
estesa del rischio contabile, esso comprende le transazioni aziendali che
siano gia state definite con la controparte in tutti i loro aspetti di quantità,
prezzo in valuta, tempi di consegna e di pagamento, e che non possono
più essere modificate in modo consensuale. In questa definizione
vengono compresi gli ordini attivi e passivi confermati dalla controparte.
Questi tipi di rischio non presentano in generale un problema di
identificazione. Dal punto di visto concettuale, i profili di rischio contabile
e di rischio transattivo sono lineari, nel senso che a ogni Euro di
variazione del tasso corrisponde una proporzionale variazione del
margine effettivo aziendale. Il rischio transattivo misura quindi la
variazione nel valore di un costo o di un ricavo di futura manifestazione
monetaria ma di ammontare certo, indotta da una variazione inattesa dei
tassi di mercato (cambi o saggi d’interesse).
Si ha quindi:
12
Et
0
( REt
1
) = RVt
1
* Et
0
( Mt
1
)
Ipotizzando una variazione delle aspettative inattese al tempo t
1
:
Et
1
( REt
2
) = RVt
2
* Et
1
( Mt
2
)
Possiamo a questo punto calcolare l’elasticità di E(RVt
2
) alle variazioni
del tasso di cambio:
∆E ( REt
2
) / Et
0
( REt
2
)
Sr = ------------------------------------
∆E ( Mt
2
) / Et
0
( Mt
2
)
Sr = elasticità del ricavo atteso denominato in Euro rispetto alla
variazione del tasso di cambio;
∆E ( REt
2
) = variazione delle aspettative sul ricavo atteso al tempo t
2
denominato in euro;
∆E ( Mt
2
) = variazione delle aspettative sul tasso di cambio spot atteso al
tempo.
E’ facile dimostrare che nel caso di esposizione transattiva l’elasticità del
controvalore in euro di ogni singolo ricavo in valuta è pari a uno. Una
variazione delle aspettative del tasso di cambio si trasmette, infatti, per
intero sul controvalore in euro del ricavo. Qualora si considerino tutti i
ricavi in euro ed in valuta di una stessa azienda che si manifestano nello
stesso arco temporale, l’elasticità complessiva assumerà valori tanto più
piccoli di uno quanto più è irrilevante il peso dei ricavi denominati in
valuta rispetto a quelli denominati in euro
13