Introduzione
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Il primo dei problemi connessi al petrolio è la distribuzione disuniforme sul
pianeta e questo individua centri di potere (OPEC) che assumono un forte
ruolo politico internazionale.
Tale ruolo diventa visibile nelle scelte che coinvolgono la collettività:
vertici ecologici quali Kyoto, Rio, etc… ma anche relazioni fra Occidente
ed Islam.
La questione diventa ancor più seria se si tiene conto della pressione
psicologica che la convinzione dell’esaurimento prossimo delle riserve
energetiche di petrolio induce. Quali scelte di politica economica sono
determinate da questo stato di cose?
Stando le cose come detto, è verosimile la sovrapposizione fra politica
economica e politica energetica. Come può quindi l’idrogeno indirizzare le
scelte, rispetto a quanto è stato finora dettato dal petrolio?
Si può ritenere che l’idrogeno corra lo stesso rischio di tutte le fonti
energetiche precedenti, passando sotto il controllo dei pochi?
La sua superdistribuzione teorica può corrispondere ad un fattibile accesso
di tutti alla risorsa energetica e conseguentemente alla democratizzazione
delle politiche energetiche nazionali e/o comunitarie?
Ecco come il piano della politica economica ed energetica connessa alla
fonte energetica dell’idrogeno diventa subordinato alla coscienza culturale
e civile prima ancora che economica….perchè l’idrogeno offre condizioni
iniziali diverse dal petrolio, dal carbone e dal nucleare.
La cultura della condivisione delle risorse (la civiltà del world wide web
quale noi siamo) va intesa come strada verso una politica economica del
futuro per lo sviluppo.
Se l’idrogeno rappresenterà l’elisir energetico [32] dipenderà
esclusivamente dalla capacità organizzativa dell’uomo; un fatto di cultura e
civiltà, appunto.
Capitolo 1: Idrogeno ed economia
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Capitolo 1: Idrogeno ed economia
Phil Watts, presidente della Royal Dutch Shell, ha pronunciato un discorso
sul futuro dell’energia in un convegno sponsorizzato dal Development
Program delle Nazioni Unite e tenutosi a New York a sole due settimane di
distanza dall’attentato alle Torri gemelle, per informare l’uditorio che la
Shell si stava preparando per la <<fine dell’era degli idrocarburi>>. Nel
ventunesimo secolo, ha affermato, carbone, petrolio e gas naturale – i
grandi combustibili fossili che hanno impresso al mondo la spinta per
entrare nell’era industriale - lasceranno il posto a un nuovo regime
energetico, basato sull’idrogeno. La Shell ha già destinato un miliardo di
dollari per finanziare la transizione all’economia delle risorse rinnovabili.
La visione di Verne di un futuro basato sull’idrogeno è diventata, oggi,
l’oggetto di una spasmodica attenzione da parte dei vertici delle maggiori
società energetiche del mondo, delle case automobilistiche, delle aziende di
pubblica utilità, oltre che dei politici e di un numero cresecente di
organizzazioni non governative, tanto nelle nazioni industriali quanto nel
Terzo mondo. [34]
1.1 Dal carbone all’idrogeno
L’idrogeno è il più abbondante degli elementi presenti nell’universo:
costituisce il 75% della sua massa e il 90% delle sue molecole. Riuscire a
sfruttarlo efficacemente come fonte d’energia potrebbe significare per
l’umanità una sorgente energetica virtualmente illimitata. Quando la legna
ha ceduto il passo al carbone e quest’ultimo cominciava ad essere
rimpiazzato dal petrolio, già era in atto la “decarbonizzazione” dell’energia,
che avrebbe condotto inevitabilmente a un futuro basato sull’idrogeno.
Capitolo 1: Idrogeno ed economia
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“Decarbonizzazione” è il termine usato dagli scienziati per riferirsi al
cambiamento del rapporto carbonio – idrogeno nell’avvicendarsi delle
diverse fonti di energia. La legna, fonte primaria di energia per la maggior
parte della storia dell’uomo, ha il rapporto carbonio – idrogeno più alto,
con dieci atomi di carbonio per ogni atomo di idrogeno. Fra i combustibili
fossili, il carbone ha il rapporto carbonio – idrogeno più elevato, con un
valore di 2 a 1; il petrolio ha un atomo di carbonio per due di idrogeno,
mentre il gas naturale ne ha solo uno su quattro. Questo significa che ogni
nuova fonte di energia emette meno anidride carbonica della precedente. Il
fatto più importante, positivo e sorprendente che emerge dagli studi
sull’energia è che negli ultimi duecento anni il mondo ha progressivamente
favorito gli atomi di idrogeno rispetto a quelli di carbonio….la tendenza
alla “decarbonizzazione” è l’elemento decisivo per comprendere
l’evoluzione del sistema energeticoa. L’idrogeno rappresenterebbe il
compimento del percorso di decarbonizzazione visto che non contiene
alcun atomo di carbonio. Il suo emergere come fonte primaria d’energia del
futuro è indice della fine dell’energia basata sugli idrocarburi. Esso, fonte
di energia del sole (costituito per circa il 30% proprio da Idrogeno), suscita
aspettative sempre più diffuseb. La costante evoluzione dal pesante al
leggero, e dal materiale all’immateriale, nelle nostre fonti di energia trova
un parallelo, a ogni progressivo passaggio, nella sempre più evidente
leggerezza dell’attività industriale: dalla nascita delle pesanti tecnologie
legate al vapore, nei primi decenni del capitalismo industriale,
all’immaterialità e virtualità delle tecnologie informatiche del ventunesimo
secolo. In realtà, la materializzazione dell’energia e quella dell’attività
economica procedono di pari passo [34]. Decarbonizzazione ha significato
a
JESSE H. Ausubel, Where is the energy going?, in “The Industral Physicist”, Febbraio 2000.
Capitolo 1: Idrogeno ed economia
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anche una “dematerializzazione” dei combustibili, passati dallo stato solido
(carbone) a quello liquido (petrolio) e, ora, a quello gassoso (gas naturale e
idrogeno). Il passaggio di stato dell’energia da solido a liquido a gassoso,
ne ha reso più rapido ed efficiente il flusso nel sistema – negli oleodotti il
petrolio viaggia più rapidamente del carbone sui carri ferroviari, e il gas
naturale viaggia più rapidamente del petrolio – e fatto fiorire tecnologia,
beni e servizi che, analogamente, tendono alla velocità, all’efficienza, alla
leggerezza e alla virtualità. A quanto pare << il movimento ambientalista,
l’innovazione e le forze del mercato stanno modellando il futuro spingendo
inevitabilmente verso l’energia dell’idrogeno >>c.
L’idrogeno fu scoperto dallo scienziato Inglese Henry Cavendish. Egli
riferì nel 1776 di un esperimento in cui era riuscito a produrre acqua
combinando ossigeno e idrogeno con l’aiuto di una scarica elettrica; dato
che i due elementi non avevano ancora un nome, aveva battezzato “aria
vitale” il primo e “aria infiammabile” il secondo. Nel 1785 il chimico
francese Lavoisier replicò l’esperimento e rinominò i due componenti della
reazione con i nomi che oggi si utilizzano. Il primo utilizzo pratico
dell’idrogeno fu “militare”, come è facile immaginare. Nel 1789 un
chimico francese, Guyton de Norveau, che era anche membro del Comitato
di salute pubblica, una delle fazioni in lotta nel periodo che seguì la presa
della Bastiglia, suggerì di utilizzare l’idrogeno, prodotto in grandi quantità,
per sollevare da terra palloni aerostatici per la ricognizione. Il primo
generatore di idrogeno fu costruito nel 1974 in un campo militare alle porte
di Parigi.
b
Hydrogen Technical Advisory Panel (HTAP), US DOE, Fuel Choice for fel cells veichles, Washington
DC, Maggio 1999.
c
INGRISELLI F., Powering future mobility with electric transportation technologies, discorso allo
House Science Committee, US House of Representatives, 23 Aprile 2001.
Capitolo 1: Idrogeno ed economia
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La produzione industriale di idrogeno cominciò negli anni venti del
Novecento, in Europa ed in Nordamerica. La strada fu aperta dalla
canadese Electrolyser Corporation Limited. Fu questa azienda, che nei suoi
primi anni di attività si chiamava Stuart Oxygen Company, a produrre e
vendere i primi elettrolizzatori commerciali. Tali elettrolizzatori sono
macchine che scompongono l’acqua in idrogeno e ossigeno; oggi la
Electrolyser Corporation è una delle maggiori produttrici di impianti
eleltrolitici per la produzione di idrogeno. Il primo scienziato a
comprendere il reale potenziale dell’idrogeno, fu Joh Burden Sanderson
Haldane: in una lezione all’università di Cambridge, nel 1923, predisse che
l’energia tratta dall’idrogeno sarebbe stata il combustibile del futuro e
definì anche le modalità di possibile produzione, stoccaggio ed utilizzo.
Egli partiva dalla difesa della superiorità dell’idrogeno rispetto a qualsiasi
altra forma di energia perché l’idrogeno liquido a parità di peso è il più
efficiente tra i metodi conosciuti di conservazione dell’energia, dal
momento che genera il triplo delle calorie rispetto al petrolio, a suo dire.
Egli giunse ad anticipare anche gli ostacoli che si sarebbero frapposti alla
transizione verso un regime energetico fondato sull’idrogeno, oltre che le
conseguenze di tale transizione in termini sociali ed ambientali. Sul primo
fronte Haldane riconosceva che gli investimenti iniziali sarebbero stati
considerevoli, ma i costi operativi decisamente inferiori rispetto a quelli del
sistema energetico attuale; il grande vantaggio sociale dell’adozione
dell’idrogeno come base del regime energetico sarebbe stato che l’energia
avrebbe avuto lo stesso costo in ogni angolo del paese, permettendo una
grande decentralizzazione dell’industria. L’idrogeno fu utilizzato per la
prima volta come carburante per l’aviazione tra il 1920 ed il 1930. I tecnici
tedeschi lo utilizzavano come carburante ausiliario per gli Zeppelin, i
dirigibili tedeschi utilizzati per il trasporto passeggeri attraverso
Capitolo 1: Idrogeno ed economia
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l’Atlantico, il cui carburante primario era un miscela di benzene e benzina.
I motori erano modificati in modo che le normali fuoriuscite di idrogeno,
provocate per regolare la quota di galleggiamento del dirigibile, potessero
essere sfruttate come carburante. Già negli anni trenta e quaranta,
l’idrogeno era impiegato in Germania ed in Inghilterra come carburante
sperimentale per automobili, autocarri, locomotive e perfino sommergibili
e siluri. Oggi la produzione mondiale di idrogeno è di circa 400 miliardi di
metri cubi, pari a circa il 10% della produzione mondiale di petrolio del
1999. Gran parte di questo idrogeno viene impiegata per attività ben
diverse dall’impiego energetico ma il suo valore come combustibile è stato
largamente ignorato nel secondo dopoguerra, malgrado i primi successi
sperimentali negli anni Venti e Trenta nell’aviazione e nel trasporto
automobilistico. Fu soltanto dopo la prima crisi petrolifera del 1973 che
scienziati, tecnici e politici decisero di riprendere in considerazione
l’idrogeno come fonte d’energia nel senso più ampio del termine. In
quell’anno, a Miami Beach si tenne la prima Conferenza internazionale
sull’idrogeno, e furono fondati l’International Association for Hydrogen
Energy e una rivista mensile, l’<<lnternational Journal of Hydrogen
Energy>>. Un ristretto gruppo di entusiasti, che si battezzò <<Hydrogen
Romantic>>, cominciò un’attività di proselitismo nell’ambito dell’industria
energetica, sperando di conquistare adesioni alla causa dell’idrogeno. T.
Nejat Veziroglu, presidente dell’associazione e membro del gruppo,
sintetizzò così l’entusiasmo dell’epoca: <<L’idrogeno è la soluzione
definitiva al depauperamento dei combustibili convenzionali, e una
soluzione definitiva del problema ambientale a livello globale>>.
Negli anni seguenti, i governi degli Stati Uniti e di altri paesi cominciarono
a destinare modesti stanziamenti alla ricerca sull’idrogeno. Negli anni
Ottanta, con la soluzione della crisi energetica e la caduta del prezzo del
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petrolio sui mercati mondiali, il finanziamento pubblico della ricerca
sull’idrogeno scemò considerevolmente.
Una ripresa d’interesse si ebbe negli anni Novanta, dopo la pubblicazione
di allarmanti studi e rapporti sugli effetti, in termini di riscaldamento del
clima terrestre, delle crescenti emissioni di CO2 nell’atmosfera, dovute al
massiccio ricorso ai combustibili fossili, con la conseguente minaccia per
l’intera biosfera terrestre. Un sempre maggior numero di scienziati
cominciò a ventilare l’ipotesi che Ia transizione dagli idrocarburi
all’idrogeno fosse un modo per risolvere ii problema del surriscaldamento
atmosferico: per molti geologi,climatologi e ambientalisti, <<decarbonizza-
zione>> divenne la parola d’ordine.
Nel 1988 l’Unione Sovietica riuscì a convertire a idrogeno liquido un
velivolo per il trasporto passeggeri; nello stesso anno un americano,
William Conrad, fu il primo a far volare un aereo alimentato
esciusivamente a idrogeno liquido. Nel 1992, in Germania, ii Frauenhofer
Institute for Solar Energy Systems creò la prima casa solare che utilizzava
idrogeno per l’immagazzinamento dell’energia a lungo termine. L’anno
seguente, ii Giappone destinò 2 miliardi di dollari a un piano trentennale
per la promozione delI’idrogeno come fonte d’energia a livello mondiale.
Nel 1994, a Geel, in Belgio, furono messi in circolazione i primi autobus
urbani alimentati a idrogeno; un anno dopo, la Chicago Transit Authority
cominciò a eseguire test su propri autobus a idrogeno. Il Royal Dutch/Shell
Group avviò le prime sperimentazioni sull’idrogeno nel 1998, istituendo un
<<Hydrogen Team>> per esplorare le opportunità offerte dalla nuova fonte
d’energia, e soltanto un anno dopo costituì un’apposita divisione aziendale.
Queste tappe fondamentali, insieme a molte altre di minor importanza nel
corso dell’ultimo secolo, hanno contribuito a far crescere l’attenzione
intorno all’idrogeno. Tuttavia fu solo nel 1999 che si capì fino in fondo il
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potenziale impatto di questa nuova fonte energetica: nel febbraio di
quell’anno, infatti, l’Islanda anniunciò un ambizioso piano a lungo termine
volto a trasformare la propria economia nella prima al mondo fondata
sull’idrogeno.
La realizzazione del programma è stata affidata a una joint-venture fra tre
società transnazionali (Royal Dutch Shell, Daimler-Chrysler e Norsk
Hydro) e sei partecipanti islandesi (Reykjanes Geothermal Power Plant,
Reykjavik Municipal Power Company, una società produttrice di fer-
tilizzanti, University of Iceland, Iceland Research Institute e New Business
Venture Fund). I partecipanti islandesi controllano il 51,01% della
partnership “Iceland New Energy”
Thorstein Sigfusson, docente di fisica all’università di Reykjavik e
presidente dell’Iceland New Energy afferma che l’obiettivo del consorzio è
giungere nell’arco di vent’anni a una completa gestione dell’economia
islandese con l’idrogeno, elirninando quasi completamente i combustibili
fossili. L’Islanda è già nota come <<il Bahrein del Nord>>, e già si parla
del suo primato nella produzione di idrogeno e nell’esportazione verso
l’Europa.
Un progetto analogo è in corso anche alle Hawaii. Questo Stato, che per
soddisfare il proprio fabbisogno energetico dipende dalle importazioni e si
rifornisce di petrolio prevalentemente in Alaska e in Asia, conta di
diventare autosufficiente sfruttando l’energia geotermica e solare, di cui
dispone in abbondanza, e convertendola in idrogeno. Nell’aprile del 2001 il
Parlamento ha approvato un modesto stanziamento per contribuire a creare
una partnership mista, pubblica e privata, per lo sfruttamento dell’idrogeno
come fonte d’energia. L’University of Hawaii ha ricevuto un finanziamento
di 2 miliardi di dollari dall’US Department of Defense a sostegno del piano
di sviluppo dell’idrogeno.