II
collaborazione offerta dalle imprese nell’accertamento delle
condotte anticoncorrenziali, in specie dei cartelli.
Tutto ciò in realtà si inserisce in progetto più vasto che mira
al coordinamento e alla convergenza del diritto antitrust
nazionale con quello comunitario, al fine di garantire un piano
normativo più completo e coerente, aderendo così anche al
processo di modernizzazione avviato con il Regolamento CE
1/2003. Il suddetto Regolamento ha segnato il passaggio da un
sistema centralizzato di competenze, in capo alla Commissione,
ad un modello decentralizzato di poteri, che prevede un’intensa
attività di collaborazione sia tra le Autorità nazionali,
amministrative e giudiziarie, e la Commissione, sia tra le stesse
autorità degli Stati membri consentendo loro di poter esercitare
un controllo più diretto ed incisivo sull’attività delle imprese,
grazie anche ai nuovi poteri ad essi riconosciuti.
Nel presente lavoro, dopo un escursus sui contenuti
essenziali del Regolamento e i suoi riflessi nei rapporti tra
ordinamento comunitario e ordinamento nazionale, con
particolare rilievo alla funzione di incipit avuto nel ridisegnare
ruolo e competenze delle Autorità nazionali, compresi gli organi
III
giudiziari, si concentrerà l’attenzione sulle nuove disposizioni
normative della legge nazionale antitrust.
Si compierà, quindi, una disamina di ognuno dei tre poteri
riconosciuti all’Autorità in seno all’entrata in vigore del c.d.
Decreto Bersani, le modalità di applicazione degli stessi, la loro
prima attuazione nel nostro ordinamento con un’analisi delle più
importanti decisioni adottate dall’AGCM, anche per poter capire
quale è stato la linea di condotta assunta dall’Autorità.
Il lavoro si conclude con un capitolo dedicato al nuovo
rapporto che si è venuto a determinare tra public e private
enforcement, in seguito al processo di modernizzazione del diritto
antitrust comunitario.
Si verificherà quindi se, alla luce dei nuovi poteri conferiti
all’AGCM, si è raggiunta la complementarietà tra le due forme di
tutela della concorrenza, ponendo una particolare attenzione alle
problematiche concernenti il private enforcement così come
disciplinato dal legislatore alla luce dell’art. 33, 2° comma, l.
287/90.
CAPITOLO I
LE NOVITÀ INTRODOTTE DAL REGOLAMENTO CE
1/2003
Sommario: I.1 La modernizzazione del diritto antitrust
comunitario: il Regolamento CE 1/2003 e i riflessi sul diritto
nazionale antitrust; I.2 La disciplina della concorrenza in Italia: natura
e competenze dell’AGCM; Segue I.2.1: Il procedimento istruttorio
dell’AGCM; I.3 Le competenze dell’Autorità garante dopo il
Regolamento CE 1/2003: in specie le misure cautelari; I.4 Caso
Merck-Principi attivi: il primo caso di provvedimento cautelare
adottato in Italia
§ I.1 La modernizzazione del diritto antitrust comunitario: il
Regolamento CE 1/2003 e i riflessi sul diritto nazionale antitrust
Il Regolamento CE 1/2003, entrato in vigore il 1°maggio 2004,
ha sostituito il “Primo regolamento di applicazione degli art. 85 e 86
del Trattato”, n. 17/1962, ed è stato il frutto di un lungo dibattito che
ha avuto inizio con la pubblicazione del Libro bianco sulla
modernizzazione delle norme per l’applicazione degli artt. 85 e 86 del
Trattato, attraverso cui la Commissione Europea manifestava il
2
proprio disappunto rispetto all’assetto normativo del diritto antitrust
comunitario.
Con il nuovo regolamento avrà inizio quello che per molti sarà
conosciuto come il processo di modernizzazione del diritto
comunitario antitrust.
È possibile tracciarne i punti salienti attraverso un’analisi delle
principali novità introdotte: il decentramento
1
, realizzatosi per mezzo
di uno slittamento delle competenze dalla Commissione alle Autorità
nazionali a cui ha fatto seguito un’applicazione uniforme del diritto
comunitario relativamente ad operazioni anticoncorrenziali di
rilevanza comunitaria
2
; il sistema di eccezione legale, con il quale si è
sostituito il regime di notifica preventiva delle intese, la creazione di
un Network delle Autorità
3
per consentire un più efficace
coordinamento nell’applicazione del diritto comunitario, infine,
l’ampliamento dei poteri e delle competenze della Commissione.
Per ciò che concerne il passaggio da un sistema di enforcement
eurocentralizzato ad un modello decentrato, la scelta è stata
1
Articolo 3, Regolamento CE 1/2003: rapporto fra gli articoli 81 e 82 e le legislazioni nazionali
in materia di concorrenza.
2
L’art. 5 del Regolamento CE 1/2003 individua una serie di competenze che le Autorità Nazionali
possono esercitare allorquando procedano all’applicazione degli artt. 81 e 82 del Trattato: ordinare
la cessazione di infrazioni, disporre misure cautelari, accettare impegni, comminare ammende,
penalità di mora e altre sanzioni previste dal diritto nazionale; lasciando alla discrezionalità del
legislatore nazionale la scelta tra i poteri di cui dotare la propria autorità garante.
3
Articolo 11, comma 4, Regolamento 1/2003: Cooperazione fra la Commissione e le autorità
garanti della concorrenza degli stati membri.
3
determinata principalmente dal logorarsi nel tempo dell’efficienza
dell’operato della Commissione, a causa di un sovraccarico di lavoro
dovuto al sistema delle notifiche preventive e di esenzione delle
intese
4
.
Pertanto è stato ritenuto opportuno riconoscere ai giudici e alle
Autorità nazionali l’applicazione diretta degli artt. 81 e 82 del
Trattato, in presenza di accordi, decisioni, pratiche concordate o abusi
restrittivi della concorrenza, che costituiscano un pregiudizio per il
commercio comunitario.
Il decentramento è stato, quindi, il principio organizzatore
dell’impianto del Regolamento 1/2003, intorno al quale si è sviluppato
l’intero processo di modernizzazione del regolamento comunitario
5
.
Al fine di garantire un’attuazione uniforme e coerente delle
norme comunitarie, senza tuttavia stravolgerne gli equilibri con il
diritto interno antitrust, il Regolamento ha posto in capo alle Autorità
nazionali un vincolo di convergenza che preclude l’applicazione della
4
Il sistema della notifica centralizzata presentava dei vantaggi quando il diritto della concorrenza
era poco noto, infatti, consentiva alle imprese di sollecitare una decisione da parte della
Commissione e sottraendosi all’incertezza circa la liceità delle proprie condotte. Nel momento in
cui la cultura della concorrenza si è ampiamente diffusa la notevole mole di notifiche ha reso
impossibile per la Commissione mantenere in vita questo sistema, soprattutto perché sottraeva le
risorse necessarie per la repressione delle condotte più gravi, v. L. PROSPERETTI, M.
SIRAGUSA, M. BERETTA, M. MERINI, Economia e diritto antitrust: un’introduzione, Roma,
2006, p. 75 ss.
5
Tuttavia, c’è chi sostiene, che più che parlare di rivoluzione, sarebbe corretto parlare invece di
semplice evoluzione, laddove il decentramento operato ai sensi dell’art. 3 del Reg., non sarebbe
altro che la sistematizzazione di una prassi già da tempo in uso e che ha visto un’attiva
4
norma nazionale più severa in relazione a fattispecie che rientrano nel
campo di applicazione del diritto comunitario in quanto suscettibili di
influenzare il commercio intracomunitario, ma che non sono tali da
integrare una violazione degli artt. 81 e 82 del Trattato
6
.
Al di fuori di questa circostanza trova applicazione il principio di
competenza parallela, in virtù del quale le Autorità garanti e i giudici
nazionali, quando applicano la normativa nazionale, dinanzi a
fattispecie che pregiudicano il commercio tra gli Stati membri
7
, sono
tenute ad applicare anche gli artt. 81 e 82
8
. Bisogna anche tener conto
della circostanza che il nostro ordinamento giuridico, all’art. 1 della
legge 287/90, accoglie il c.d. sistema della barriera unica, in virtù del
cooperazione tra gli stati membri, v. A PERA, La modernizzazione del diritto comunitario della
concorrenza: rivoluzione o evoluzione?, Assonime, Atti del Convegno del 3 luglio 2003, Roma.
6
L’obbligo di convergenza in questione, in realtà è espressione del più ampio principio
comunitario, secondo cui le fattispecie che rientrano negli articoli 81 e 82 del Trattato possono
essere soggette anche al diritto antitrust nazionale, tuttavia da tale applicazione non deve derivarne
un risultato in contrasto con le disposizioni contenute negli artt. 81 e 82. Si noti, anche, che il
divieto in questione, non trova invece applicazione per le condotte unilaterali abusive, diverse e
ulteriori rispetto a quelle previste dall’art. 82 del Trattato CE, per tanto in quest’ultimo caso nulla
esclude che si applichi il diritto nazionale più severo, v. P. FATTORI, M. TODINO, La disciplina
della concorrenza in Italia, Bologna, 2004, p. 326; G. ROMANO, Rapporti tra Giudici nazionali,
Commissione e Agcm, in Quaderni del Dipartimento, 66, 2007, Università degli Studi di Trento,
Dipartimento di Scienze Giuridiche, p. 31 s.
7
A riguardo la Commissione ha adottato un’apposita Comunicazione, nel 2004, contenente le
linee direttrici sulla nozione di pregiudizio al commercio tra gli Stati membri. Tuttavia non sono
mai emersi, né nella prassi della Commissione, né della giurisprudenza della Corte, parametri
valutativi efficaci con cui verificare concretamente la sussistenza di tale parametro. In linea
generale la giurisprudenza comunitaria ritiene che il pregiudizio sensibile al commercio tra gli stati
membri, rappresenti la soglia minima oltre la quale, ogni pratica competitiva acquisisce rilevanza
comunitaria, v. P. FATTORI, M. TODINO, La disciplina della concorrenza in Italia, Bologna,
2004, p. 336, nota 73; G. A. BENACCHIO, M. CARPAGNANO, Il diritto comunitario della
concorrenza, in Quaderni del Dipartimento, 2007, 66, Università degli Studi di Trento,
Dipartimento di Scienze Giuridiche, p. 15 ss.
8
Ciò è quanto previsto dall’art. 3 del Reg. 1/2003, nucleo centrale della riforma apportata nel
diritto comunitario della concorrenza, e dal Considerando 8 dello stesso Regolamento.
5
quale la legge nazionale si applica solo nei casi che non rientrano
nell’ambito di applicazione della normativa comunitaria.
Sembra esserci, rispetto a queste due regole, un apparente
contrasto: da un lato si chiede la contestuale applicazione della
normativa comunitaria e nazionale, dall’altro l’esclusione di tale
possibilità.
In realtà l’art. 3 del Regolamento è la regola che cristallizza il
principio del primato del diritto comunitario, infatti, l’applicazione
parallela non deve costituire un pregiudizio al principio di prevalenza
del diritto comunitario. Il problema dell’applicazione contestuale,
almeno in teoria, nel nostro ordinamento non dovrebbe porsi, essendo
l’ambito di applicazione del diritto nazionale, del tutto residuale
proprio in virtù del primo articolo della legge nazionale
9
.
Tra le novità più significative del Regolamento 1/2003 c’è
senz’altro il regime di eccezione legale
10
.
Il precedente Regolamento 17/62, prevedeva un sistema di
controllo centrale in capo alla Commissione, che le consentiva di
esercitare un vero e proprio monopolio nel riconoscere le esenzioni ai
9
P. FATTORI, M. TODINO, o.c p. 326; G. ROMANO, Rapporti tra Giudici nazionali,
Commissione e Agcm, in Quaderni del Dipartimento, 66, 2007, Università degli Studi di Trento,
Dipartimento di Scienze Giuridiche, p. 26 ss; G. M. BERRUTI, La nuova cooperazione attiva tra
istituzioni comunitarie, Antitrust nazionali e Giudici nel Regolamento comunitario n. 1/2003, in
Corriere giuridico 1, 2004, p. 118.
6
sensi dell’art. 81, comma 3, del Trattato, ma soprattutto prevedeva un
criterio di interpretazione formalistica di questa disposizione, che col
passare del tempo si mostrò inadeguata.
Si è avvertita, da un lato, la necessità di smaltire il carico di
lavoro della Commissione e allo stesso tempo rafforzare il ruolo delle
autorità nazionali in sede di applicazione del diritto comunitario,
dall’altro, l’opportunità di un approccio sostanzialistico in sede di
interpretazione della norma, così come già da diverso tempo faceva la
giurisprudenza comunitaria
11
.
E’ stato così introdotto un sistema di controllo ex post, in questo
modo le intese che rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 81,
comma 1, del Trattato saranno lecite nella misura in cui soddisfano le
condizioni previste dallo stesso articolo nella sua interezza
12
, saranno
le imprese stesse a dover valutare la legittimità delle proprie condotte,
la verifica da parte delle Autorità eventualmente ci sarà soltanto ex
10
Sull’argomento si vedano anche gli scritti di M. SIRAGUSA, Il principio di eccezione legale,
ABI, Atti del Convegno del 3 luglio 2003; A. PERA, La normativa sulle intese: cambiamenti e
complementi, Assonime, Atti del Convegno del 15 dicembre 2003; G. ROMANO, o.c. p. 13 ss.
11
L’approccio sostanzialistico, o ancora la c.d. rule of reason, richiama l’opportunità di procedere
all’applicazione un divieto soltanto dopo aver accertato in concreto quali siano le ricadute effettive
sul mercato di un’intesa. Cosicché il comma 3 dell’art. 81, avrebbe un’applicazione residuale e
limitata alle poche ipotesi previste dallo stesso comma, v. A. PERA, o.c. p.10 ss.
12
L’inciso secondo cui l’art. 81 debba essere applicato nella sua interezza, non è di poco conto,
infatti, comporta un’inversione della tendenza, fino ad allora seguita, ad applicare in maniera
separata il primo ed il secondo comma. Con l’introduzione del sistema di eccezione legale, invece,
si propende per un’interpretazione economica dell’intera disposizione e che si sostanzia nella
valutazione degli effetti economici negativi e positivi delle intese. Le autorità e le giurisdizioni
competenti in sede di controllo di un’intesa devono soppesare gli aspetti favorevoli e
pregiudizievoli per la concorrenza, v. Libro bianco sulla modernizzazione delle norme per
l’applicazione degli artt. 85 e 86 del trattato CE.
7
post nell’ambito di un accertamento da parte delle Autorità garanti o
dei giudici civili, qualora sorga una controversia
13
.
Ma soprattutto con il nuovo sistema si riconosce ai giudici e alle
Autorità nazionali il potere di applicare direttamente anche il comma 3
dell’art. 81
14
.
In realtà la lettura di tale disposizione normativa non sembra
essere pacifica. Al contrario si sono poste questioni di legittimità della
norma, laddove attribuisce la competenza sulle esenzioni di cui al
comma terzo dell’art. 81, anche ai giudici nazionali
15
.
Innanzitutto non si può non rinvenire che, di fatto, la natura degli
accertamenti necessari ai fini dell’applicazione del predetto comma,
richiede una particolare competenza tecnica e la conoscenza di profili
13
L. PROSPERETTI, M. SIRAGUSA, M. BERETTA, M. MERINI, Economia e diritto antitrust:
un’introduzione, Roma, 2006, p. 75 ss.
14
La disposizione contenuta nel comma 3 dell’art. 81 contiene i criteri in base ai quali un’intesa
che ricade nell’ambito di applicazione del comma 1 dello stesso articolo, pertanto da considerarsi
restrittiva della concorrenza, risulta comunque compatibile con la normativa antitrust. Con il Reg.
CE 17/62, l’applicazione di tale disposizione era demandata esclusivamente alla Commissione che
interveniva con decisioni individuali ovvero con i regolamenti di esenzione. Con il Regolamento
CE 1/2003 lo stesso potere è stato conferito alle Autorità nazionali, circoscritto però ai casi
individuali, resta fermo pertanto il potere della Commissione di adottare i regolamenti di esenzione
per categoria, medianti i quali dichiarare inapplicabile l’art. 81, comma 1, del Trattato, secondo
quanto previsto dal Considerando 10 del Regolamento 1/2003. In effetti, si ritiene che tali
regolamenti di esenzione abbiano per un certo verso anticipato il principio di eccezione legale,
poiché questi prevedono che quando un’intesa ricade nell’ambito di applicazione del regolamento
di esenzione è automaticamente ritenuta compatibile con l’articolo 81, senza che sia necessaria una
decisione amministrativa in tal senso, così G. ROMANO, Rapporti tra Giudici nazionali,
Commissione e Agcm, in Quaderni del Dipartimento 2007, 66,Università degli Studi di Trento,
Dipartimento di Scienze Giuridiche, p. 16.
15
F. CAPELLI, Principi, obiettivi e filosofia della nuova disciplina antitrust comunitaria, in
Diritto comunitario e degli scambi internazionali, 1, 2007, p. 16 s.; in particolare il dubbio sulla
legittimità dell’art. 6 del Regolamento, per carenza di efficacia diretta del terzo comma dell’art. 81
è posto dall’autore L. F PACE, La politica di decentramento del diritto antitrust CE come
principio organizzatore del Regolamento 1/2003: luci ed ombre del nuovo regolamento di
8
prettamente economici, di cui non sempre i giudici ordinari sono in
possesso, ciò creerebbe maggiori difficoltà nel consentire loro di dare
piena e corretta applicazione al diritto comunitario antitrust
16
.
In secondo luogo, la disposizione del Regolamento sarebbe
obiettabile anche da un punto di vista prettamente giuridico.
Secondo la giurisprudenza comunitaria più consolidata, l’articolo
81, comma 3, sarebbe privo di quei requisiti necessari affinché una
disposizione del Trattato sia immediatamente efficace, consentendone
l’immediata applicabilità anche da parte dei giudici nazionali
17
.
La giurisprudenza comunitaria ha escluso che l’art. 81, comma 3,
possa avere effetto diretto e ciò sarebbe dovuto alla carenza di
determinatezza della disposizione e della necessità, affinché tale
condizione si verifichi, che vengano adottati provvedimenti che ne
concretizzano il contenuto
18
.
applicazione degli artt. 81 e 82 TCE, in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario, 1, 2004, p.
170 s.
16
Sarebbe opportuno introdurre delle sezioni specializzate in maniera che posso formarsi una
specifica competenza tecnica in capo ad un numero limitato di giudici, v. A. PERA, Le nuove
regole della concorrenza concernenti l’applicazione degli articolo 81 e 82 del Trattato, in
CERADI, Centro di ricerca per il diritto d’impresa, novembre 2003; M. TAVASSI, Il
Regolamento CE 1/2003: verso la devoluzione di competenze in materia di concorrenza dalla
commissione europea alle autorità garanti e ai giudici nazionali, in Diritto comunitario e degli
scambi internazionali, 2, 2004, p. 359 ss.
17
L. F. PACE, La politica di decentramento del diritto antitrust CE come principio organizzatore
del Regolamento 1/2003: luci ed ombre del nuovo regolamento di applicazione degli artt. 81 e 82
TCE, in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario, 1, 2004, p. 178 ss.
18
La Corte di Giustizia Europea ha più volte ribadito che la disposizione in esame ha la funzione
di creare un armonico sviluppo delle attività economiche nel complesso della comunità, obiettivo
che presuppone, quindi, una discrezionalità da parte degli organi, Commissione ed Autorità
garanti, che applicano la disposizione. La discrezionalità è una condizione che a sua volta
escluderebbe la determinatezza dell’art. 81, comma 3, del Trattato CE. La Corte di Giustizia
ritiene quindi che i giudici nazionali dovrebbero applicare la disposizione in esame soltanto dopo
9
Soltanto una diversa chiave di lettura, da parte della Corte di
Giustizia Europea, sulla natura del terzo comma dell’art. 81, ne
consentirebbe, contrariamente a quanto avvenuto finora, la diretta
applicabilità, senza rendersene necessaria alcuna modifica
19
.
Ulteriore profilo di rilievo che concerne i riflessi del
Regolamento comunitario nel diritto interno antitrust, riguarda la
compatibilità del regime di eccezione legale, con la comunicazione
preventiva delle intese, prevista dall’art. 13 della l. 287/90
20
.
Il passaggio da un regime di valutazione ex ante, da parte della
Commissione, delle intese comunicate volontariamente, ad un sistema
nella quale questa valutazione avviene soltanto ex post, è stato
giustificato essenzialmente dalle medesime ragioni che hanno spinto
al decentramento della normativa comunitaria, questo però ha
determinato un’evidente incompatibilità tra i nuovi poteri riconosciuti
dal Regolamento alla Commissione e il sistema della comunicazione
preventiva delle intese.
Tale scelta di politica della concorrenza non sembra tuttavia
essere validamente sostenibile anche per le Autorità nazionali.
che il relativo contenuto sia stato ben definito dagli organi competenti, Autorità garanti e
Commissioni, che godono di discrezionalità in merito. L. F. PACE, o.c. p. 178 s.
19
PACE L. F., o.c. p. 180.
20
Il procedimento di comunicazione volontaria, si prefigge di offrire alle imprese, mediante la
previsione di un termine per attivarsi posto a carico dell’Autorità, la certezza giuridica in ordine
10
Al contrario, la diversa posizione da queste ricoperte in ambito
comunitario, l’assenza della stessa discrezionalità di cui, invece, gode
la Commissione, nonché il riconoscimento di poteri di accertamento e
di garanzia dei diritti delle parti a fronte del mancato avvio di
un’istruttoria in sede comunitaria, porterebbero a sostenere
l’opportunità del mantenimento del sistema di valutazione preventiva
in ambito nazionale
21
.
Allo stato attuale, la strada seguita è quella che porta ad
un’eliminazione del sistema di comunicazione preventiva per quanto
riguarda le fattispecie di rilevanza comunitaria e al mantenimento
dell’istituto, invece, per le operazioni di rilievo nazionale le quali,
quindi, possono continuare a beneficiare di un sistema che di fatto
però crea un’evidente disparità di trattamento.
Un altro degli aspetti rilevanti del Regolamento, è rappresentato
dall’istituzione dell’European Competition Network, la Rete Europea
formata dalla Commissione e dalle Autorità Nazionali della
alla liceità concorrenziale dell’intesa comunicata, v. P. FATTORI, M. TODINO, La disciplina
della concorrenza in Italia, Bologna, 2004, p. 352.
21
In tal senso A. PERA, La normativa sulle intese: cambiamenti e complementi, Assonime, Atti
del Convegno del 15 dicembre 2003, p. 3 ss. Sempre riguardo alla compatibilità tra il sistema di
comunicazione preventiva e il regime di eccezione legale, M. Siragusa sostiene che abrogare l’art.
13 della l. 287/90 è possibile, ma non indispensabile, quanto meno sarebbe necessario per evitare il
fenomeno del forum shopping da parte delle imprese, M. SIRAGUSA, Il principio di eccezione
legale, in www.learlab.it/Relazioni/Siragusa .pdf p. 19. Altri ribadiscono che qualora alla
fattispecie risulti applicabile la norma comunitaria, oltre a quella nazionale, non debba applicarsi il
regime di comunicazione preventiva il quale troverà unicamente applicazione alla disciplina
nazionale, v. P. FATTORI, M. TODINO, o.c. p. 352.
11
Concorrenza
22
, la cui struttura non è più basata esclusivamente su di
un collegamento di tipo verticale, tra Autorità degli Stati membri e
Commissione, ma mira innanzitutto ad una più fitta rete di rapporti di
tipo orizzontale tra le Autorità nazionali.
La Rete per funzionare efficacemente ha bisogno tuttavia di una
reale cooperazione tra i legislatori nazionali e ciò perché il
Regolamento non ha efficacia vincolante per quanto concerne la
cooperazione orizzontale, al contrario della cooperazione verticale la
quale, invece, è direttamente realizzabile senza alcun intervento
legislativo, che si rende necessario nel primo caso.
Un adeguato sistema di trasmissione delle informazioni è utile
innanzitutto per garantire la ripartizione dei vari procedimenti avviati
dalle Autorità e dalla Commissione. È così assicurato il rispetto dei
criteri di ripartizione delle competenze e si evita che più Autorità
contemporaneamente avviino procedimenti nei confronti della
medesima infrazione, va tenuto inoltre presente che, qualora sia la
Commissione che per prima venga a conoscenza di un caso, questo
resta incardinato in capo ad essa.
22
La cooperazione tra la Commissione e le Autorità Garanti della Concorrenza degli Stati membri,
è prevista dall’art. 11 del Regolamento, il quale propone un sistema articolato di trasmissione delle
informazioni che mira soprattutto ad evitare sovrapposizioni di competenze ed attività di controllo.
12
Per quel che riguarda la funzione decisionale della Rete,
l’intensificarsi della giurisprudenza comunitaria garantisce
l’interpretazione e l’applicazione uniforme del diritto comunitario
della concorrenza.
Inoltre, le Autorità sono chiamate a prendere parte del Comitato
consultivo
23
all’interno del quale si dovrebbe realizzare un vero e
proprio confronto sull’analisi dei singoli casi, nonché delle
problematiche concernenti l’applicazione del diritto comunitario
antitrust, con conseguente rilascio di parere nei procedimenti
demandati in capo alla Commissione, parere di cui questa deve avere
in ogni caso considerazione.
Aver ampliato il ruolo delle Autorità e delle giurisdizioni
nazionali nell’area comunitaria del diritto antitrust, non ha significato
tuttavia voler sminuire o depotenziare la posizione della
Commissione. Il riconoscimento di un sistema decentralizzato, ha reso
più evidente l’opportunità di dover garantire un adeguato controllo
sull’operato degli organi nazionali antitrust.
Il tutto ha contribuito a far sì che alla Commissione si attribuisse
un vero e proprio ruolo da supervisore all’interno della Rete.
23
Articolo 14 del Regolamento 1/2003.