2
La prima parte, suddivisa a sua volta in due capitoli, introduce le tematiche
connesse al valore del tempo libero, al concetto di turismo e alla
definizione e analisi della condizione di disabilità di un individuo.
Il Primo capitolo, intitolato “Il valore del tempo libero”, affronta
inizialmente tale tematica da una prospettiva storica e letteraria.
L’attenzione si sofferma successivamente sulle problematiche connesse
alla strutturazione del tempo per la persona disabile. Come ultimo aspetto
è stato approfondito il processo progettuale nella gestione di attività di
tempo libero per individui con disabilità.
Il secondo capitolo, “Il turismo come attività del tempo libero”, è dedicato
prettamente al fenomeno turistico. Dopo un excursus storico sulle origini
del viaggio e sulle formulazioni dei concetti di turismo sostenibile,
responsabile e di “turismo per tutti”, viene proposta un’ampia riflessione
sul concetto di accessibilità, sugli effetti sociali, culturali ed economici
determinati dall’introduzione di tale principio nel mercato turistico, con
focus sull’attuale situazione e sulle prospettive future del settore del
turismo accessibile.
Fornite le nozioni fondamentali connesse ai temi “tempo libero”,
“turismo” e “disabilità”, nella seconda parte del lavoro sono analizzate le
fasi che compongono un’esperienza di vacanza. I due capitoli, che
costituiscono tale parte, risultano in stretta connessione, in quanto il primo
delinea le basi teoriche e gli strumenti appropriati per progettare e
realizzare un’indagine sulle vacanze per turisti con bisogni speciali
(Capitolo quarto).
Il terzo capitolo “Le fasi della vacanza” analizza quindi l’esperienza
turistica attraverso una scansione temporale in fasi: prima della partenza,
durante il soggiorno e dopo la vacanza. Ogni fase mette in evidenza i
principali aspetti connessi all’agire turistico, come i processi psicologici
intervenuti nelle scelte e nei comportamenti del turista. In tale fase viene
dedicata particolare attenzione anche alle azioni compiute dalle
organizzazioni turistiche e al valore della progettazione come risposta
attenta ai bisogni dei turisti.
3
Il quarto capitolo intitolato “Turismo per tutti”, riprende tale sequenza
applicandola però al settore del turismo accessibile. Questa parte di studio
verte specificatamente sulla valutazione tecnica, psicologica e sociale che
l’esperienza turistica rappresenta per il soggetto disabile, per la famiglia e
per gli operatori coinvolti. In tale capitolo si cercherà così di individuare i
bisogni specifici dei turisti con esigenze speciali, al fine di proporre delle
linee guida utili agli operatori per la fornitura di servizi accessibili.
Nella terza parte, composta da un unico capitolo intitolato “É tempo di
viaggiare”, si cerca infine di confrontare gli studi precedentemente
considerati con la realtà concreta. Tale disamina si baserà sull’esperienza
personalmente vissuta con l’Associazione “Tempo di Agire” di Seriate.
Nel tentativo di compiere un’analisi chiara e comprensibile, anche
quest’ultimo capitolo è ripartito in tre fasi: prima, durante e dopo la
vacanza.
Lo scopo finale del presente lavoro è quindi di mostrare che una corretta
“progettazione turistica per turisti con bisogni speciali” deve basarsi su
un’opportuna base teorica, che comprenda tutti gli elementi materiali
connessi al servizio e non prescinda dalle numerose implicazioni
psicologiche, educative, sociali e ambientali che l’esperienza turistica
determina.
Solo così sarà possibile garantire un’esperienza turistica di qualità in un
sistema turistico accessibile che valorizzi la singolarità di ogni individuo.
4
PRIMA PARTE
Tempo libero e turismo
5
PRIMO CAPITOLO
Il valore del tempo libero
1.1 Definire il tempo libero
Al fine di superare una definizione intuitiva e acritica del tempo libero è
indispensabile considerare sia il percorso storico che tale concetto ha
compiuto, che le teorie formulate a tale proposito.
Ognuno di questi sforzi di riflessione deve integrarsi necessariamente con
una ricostruzione generale di simboli, norme e impieghi sociali del tempo.
È necessario, in altre parole, considerare criticamente l’accezione di tempo
all’interno di ogni società.
1.1.1. Evoluzione storica del tempo libero
Il tempo libero si pone essenzialmente in contrapposizione al tempo di
lavoro. Questa separazione non è un fatto naturale, bensì un prodotto
storico di un’organizzazione sociale. Dall’antichità ad oggi i rapporti di
produzione, che implicano una ripartizione delle ricchezze, hanno condotto
ad una suddivisione della società in classi, ognuna delle quali sperimenta
un rapporto specifico con il tempo libero e il tempo di lavoro.
Nell’antichità classica si può osservare una forte divaricazione sociale,
specchio della rigida divisione del lavoro in manuale e intellettuale, che
distingue un gruppo dedito al lavoro ed un altro dedito all’ozio.
Di particolare interesse risulta l’analisi proposta da Aristotele. Partendo dal
presupposto che la funzione distintiva dell’uomo è la Ragione, Aristotele
afferma che questa agisce solo in pochi. Nella maggior parte degli
individui, ovverosia schiavi (i 2/3 dell’umanità di allora), mercanti,
contadini e artigiani, predominano solo funzioni vegetative ed animali o, al
massimo, una razionalità strumentale capace di operare alcune scelte
nell’esecuzione di compiti assegnati. Conseguentemente Aristotele
distingue fra educazione liberale e addestramento servile, al punto da
precludere qualsiasi finalità pratica all’educazione autenticamente liberale,
volta piuttosto a promuovere la capacità di sapere, intesa come attività
6
contemplativa fine a se stessa. Per Aristotele non è il tempo libero,
“inoccupato”, a costituire la fine del lavoro, ma piuttosto è il lavoro a
costituire la fine del tempo libero:
“ la natura stessa cerca non solo di poter operare come si deve, ma anche di stare in
ozio nobilmente […] ed è preferibile l’ozio all’azione, anzi ne è il fine.” (Aristotele,
1973, pp. 265-267).
La concezione aristocratico-contemplativa, fondata sul primato del tempo
libero come privilegio di pochi, passa anche nella tradizione culturale
romana (si ricordi la contrapposizione otium/negotium con l’accezione
positiva del primo termine). Lieve differenza di posizione si riscontra in
Cicerone con l’idea dell’otium cum dignitate che prevede la disponibilità a
ricoprire incarichi pubblici.
“ Non è infatti conveniente né che gli uomini si lascino trasportare dall’impegno per
le cariche pubbliche fino al punto di perdere di vista l’otium, né che abbraccino
talmente l’otium da rifuggire da qualsiasi pubblico impegno” (Cicerone, Pro P.
Sestio, 45, 98).
L’ozio non è più una sola necessità come per Aristotele, bensì diventa un
privilegio e un dovere.
La visione aristocratica del tempo ha una sua precisa e delimitata
specificità, ma viene contraddetta da concezioni profondamente diverse e
contrapposte. Il mondo contadino, per esempio, è sottoposto al ritmo
cosmico. Nelle società agricole si osserva infatti un tempo scandito dai
cicli naturali, associati alla luce solare e alla bella stagione. Il tempo
residuo è un tempo dedicato al sacro, in cui hanno luogo feste e riti
collettivi.
Nelle società urbanizzate il tempo viene sradicato dalla stagionalità e
spetta alle organizzazioni politiche e religiose stabilire calendari e scandire
i tempi di lavoro e di festa. Nonostante il consolidamento di una struttura
sociale rigida, si può osservare come la forte divisione tra classi si attenua
7
durante le feste, le rappresentazioni teatrali, le gare e i giochi, attività
queste in cui trova espressione la vita comunitaria e una partecipazione di
massa.
Con le grandi concezioni religiose del mondo medievale, il tempo del
lavoro viene rivalutato: l’esperienza monastica occidentale dell’ora et
labora benedettino e, prima ancora, la rivendicazione dell’uguaglianza
degli uomini e della dignità del lavoro manuale, contenuta nella tradizione
apostolica dei primi cristiani, vedono nel lavoro l’unica forma di salvezza
eterna sulla terra. L’uomo dimostra la sua forza attraverso il lavoro e si
realizza attraverso la sua opera. Il tempo libero deve essere indirizzato
prettamente all’elevazione spirituale dell’uomo e al recupero delle energie
spese nel lavoro. È quindi evidente la decisa condanna dell’ozio.
Inoltre dal XVIII secolo, al dominio incontrastato dell’aristocrazia si
oppone la borghesia, una nuova classe sociale che basa la sua ricchezza sul
lavoro e sulla produzione.
Già nella prima fase del processo di industrializzazione, avvenuto con la
Rivoluzione Industriale, vi è lo sforzo di tracciare i contorni di una nuova
divisione tecnica del lavoro a cui corrisponde una disgregazione sociale.
L’alternanza tra “l’attività spirituale e l’attività materiale, il godimento ed
il lavoro, la produzione ed il consumo” delineano l’innaturale
contrapposizione fra capitalisti e salariati. (Marx, 1845/46). Adam Smith
1
nei suoi studi, accusa tale situazione sostenendo che da essa derivano
grossi svantaggi, soprattutto per gli operai perché
“chi passa tutta la sua vita ad eseguire poche semplici operazioni, i cui effetti sono
inoltre forse sempre gli stessi o quasi, non ha occasione di esercitare l’intelletto o la
sua inventiva nello escogitare espedienti per superare difficoltà che non si
presentano mai. Perciò egli perde naturalmente l’attitudine di questo esercizio e
generalmente diventa tanto stupido ed ignorante quanto può diventarlo una creatura
umana” (Smith, 1776,V. I, parte III, art. 2).
1
Adam Smith: economista e filosofo scozzese, gettò le basi dell'economia politica liberale.
8
Di fatto l’affermazione della nuova classe borghese non fa che accentuare
l’idea di lavoro come fattore positivo e la produzione economica come
aspetto fondamentale dell’attività umana.
Nel tentativo di organizzazione e gestione del tempo altrui, fin qui
tracciato, si può osservare il manifestarsi del potere che la classe
dominante sancisce sul resto della società
“mettendo in rapporto il tempo naturale […] a un tempo artificiale, quantitativo, che
ha funzione di adattare il comportamento dell’uomo che vive in una società a una
griglia temporale razionale, matematica, oggettiva, che ne regola normativamente
l’attività.” (Tabboni, 1984).
Solo nei suoi sviluppi successivi la Rivoluzione Industriale genera
l’aumento della quantità di tempo libero disponibile. Questa conquista è
da attribuire sia ad un notevole progresso tecnologico che delega alle
macchine buona parte del processo produttivo, sia alle lotte dei lavoratori,
che ottengono così maggiori occasioni per un libero sviluppo umano,
prima riservate a pochissimi.
In realtà, secondo il filosofo Marx, per uomini, donne e bambini inseriti
nel mondo produttivo non resta molto tempo libero, dato che la classe
dominante tende a crearlo innanzitutto per sé, trasformando in tempo di
lavoro, tutto il tempo che le masse hanno a disposizione per vivere.
Contro queste inumane condizioni di lavoro si rivolge proprio la critica
marxista, con due finalità: rivendicare un effettivo tempo libero anche per i
lavoratori, attraverso la riduzione delle ore lavorative; e prefigurare un
lavoro libero per tutti, ovvero “un’attività libera e cosciente che è il
carattere specifico dell’uomo”, così come “la vita produttiva è la vita della
specie” (Marx, 1858).
Pur nella complessità dei processi coinvolti, l’avvento dell’organizzazione
industriale del lavoro favorisce il compimento delle due condizioni
9
fondamentali, indicate da Dumazédier (1974)
2
, per l’esistenza del moderno
tempo libero. Il fatto che le attività sociali non siano più regolate
interamente dagli obblighi rituali imposti dalla comunità, e che il lavoro
professionale sia staccato dalle altre attività ed abbia un’organizzazione
specifica, implica che il tempo libero sia abbastanza nettamente separato o
separabile dal tempo del lavoro.
L’obiettivo di gestire il proprio tempo e la necessità di un tempo libero, per
evadere dal luogo di lavoro e dall’habitat del lavoratore, si manifesta
compiutamente solo nel XX secolo.
Nell’individuo aumenta “il desiderio di poter in qualche misura controllare da sé le
limitazioni, conquistare la sovranità temporale sul proprio tempo locale […] inserito
in modo visibile e percepibile nel tempo mondiale.” (Nowotny, 1989).
Negli ultimi 150 anni le forze politiche e sociali (datori di lavoro,
lavoratori e Stato) si sono confrontate per ridefinire la struttura del tempo
libero all’interno della società. Limitando la durata giornaliera del lavoro,
passata da 15 ore a 8 ore, concedendo il riposo settimanale, assicurando le
vacanze pagate e definendo l’età di pensionamento, la vita dei lavoratori e
la società stessa si sono di fatto trasformate.
Nel 1919 a Washington, con la Conferenza internazionale del lavoro, si
conferisce per la prima volta un reale valore al tempo libero. Viene
proposta una “convenzione della giornata lavorativa di otto ore
nell’industria”, affinché il lavoratore possa avere sufficiente tempo per il
ciclo biologico di vita, costituito da riposo e nutrizione, nonché da attività
piacevoli, ricreative e culturali.
Siglando un’importante conquista a favore dei lavoratori, nel 1923 l’OIL
(Organizzazione Internazionale del Lavoro) riconosce delle garanzie e
indica delle attività per migliore la fruizione del tempo libero. Vengono
così istituite delle agevolazioni sugli orari di lavoro, sui trasporti, vengono
2
J. Dumazedier: sociologo francese, fu uno dei pionieri della sociologia del tempo libero e
dell’educazione.
10
create biblioteche, impianti sportivi, circoli culturali ed altre strutture di
aggregazione con corsi di cultura e istruzione.
Per individuare la data del vero e proprio riconoscimento del diritto al
tempo libero bisogna aspettare la fine del secondo conflitto mondiale.
Nel 1948 a Parigi tutti gli stati aderenti all’ONU, firmano la Dichiarazione
Universale dei Diritti Umani in cui viene riconosciuto “ad ogni individuo
il diritto al riposo e allo svago, comprendendo in ciò una ragionevole
limitazione delle ore di lavoro e la retribuzione di ferie periodiche” (Art.
24).
1.1.2 Liberare il tempo
“Strumento e forma di socializzazione, il tempo libero è stato prima di tutto una
conquista sindacale e politica per le masse, ma anche, in concomitanza con certe fasi
storiche, una forma e un mezzo di controllo e di irregimentazione delle stesse”
(Sorcinelli e Tarozzi, 1999, p. 8).
Come si può evincere dal precedente excursus storico, le problematiche
principali che ha incontrato l’uomo in rapporto con il tempo riguardano la
sua definizione, concettualizzazione e misurazione. Tuttavia la vera
finalità è quella di governare il proprio tempo.
In questo sforzo, l’individuo, incastrato in una più complessa struttura
organizzativa temporale, tenta di gestire il proprio tempo, ma per lo più
finisce per entrare in contrasto con la sovrastruttura dominante.
“Governare il tempo significa infatti porre il complesso problema del
rapporto tra potere e tempo libero” (Quadrio Araschi e Puggelli, 1999)
Rispetto al rapporto fra individuo e tempo libero, in relazione alla struttura
sociale dominante, si possono individuare diverse teorie.
La teoria liberale ritiene inevitabile la contrapposizione tra tempo di
lavoro (di costrizione) e tempo libero (da lasciare al privato). Il tempo
libero è il tempo specificatamente umano, per definizione piacevole e
desiderabile, dedicabile alla realizzazione delle aspirazioni e delle libertà
dell’uomo. Mannheim (1968) indica, nelle occupazioni artistiche,
11
un’occasione di liberazione e di sublimazione per le massa; Riesman
(1954) segnala che anche il consumatore eterodiretto esprime nel tempo
libero non un desiderio di possedere le cose, bensì di vivere esperienze.
La teoria marxista, già considerata, trova necessaria una ridefinizione del
concetto di tempo libero. Marx sostiene che:
“ Il regno della libertà inizia solo laddove ha fine il regno del lavoro imposto da
necessità e finalità esterne. Per questo si trova al di fuori della sfera di produzione
materiale propriamente detta […] Al di fuori di essa inizia lo sviluppo delle facoltà
umane, che può sorgere tuttavia solo fondandosi su quella sfera della necessità.
Condizione preliminare di tutto questo è la riduzione della giornata lavorativa”
(Marx, 1867, P. 933).
In questo passo il filosofo finisce per definire il tempo libero in rapporto al
tempo di lavoro, ma sempre nella tensione verso il superamento di questa
antitesi. Inoltre coglie l’indispensabile necessità di un tempo libero non
alienato, che prescinde dal consumo di massa, imposto dalla produzione di
massa, e che permette all’individuo una vera espressione del suo essere.
Marx esprime quindi un’idea diversa di tempo libero che definisce “tempo
liberato”.
Questa accezione delinea
“un tempo diverso, non residuale rispetto al tempo di lavoro, non coincidente con il
tempo di riposo, né con il tempo funzionalmente necessario alla riproduzione sociale
e culturale, né tanto meno con gli aspetti temporali discrezionali, prodotti da una più
accentuata flessibilità del lavoro” (Haralambos, 1996).
Il tempo liberato sembra essere l’unico tempo privo di vincoli sociali e
istituzionali, il cui unico impiego è quello di soddisfare il “desiderio di
costruire l’organizzazione sociale e l’esperienza individuale in modi mai
conosciuti” (Sorcinelli e Tarozzi, 1999, p.5).
Altre teorie che implicano l’esigenza di una liberazione del tempo sono
quella di ispirazione freudiana. Esse partendo dalla concezione di una
società malata, bisognosa di un trattamento terapeutico radicale, credono
12
in una possibile guarigione solo attraverso il rafforzamento
dell’immaginazione e della fantasia, con lo sviluppo del gioco e soprattutto
con l’arte. Il progresso tecnologico è necessario al fine di ridurre il tempo
destinato al lavoro e concedere spazio al tempo libero, unico tempo
autentico dell’uomo (Freud, 1912).
Fiducioso nelle potenzialità innovatrici del tempo libero è Dumazediér.
Egli definisce il tempo libero attraverso due espressioni diverse: loisir e
tempre libre. È solo però unicamente nel loisir (tempo in cui non rientrano
le attività esercitate per assolvere obblighi familiari e sociali) che l’autore
individua la corrispondenza al concetto di tempo liberato, in quanto
impiegato per attività dirette all’espressione della persona (Dumazedier,
1974).
Friedmann (1968) a sua volta, distingue tra un tempo libero e un tempo
liberato, affermando che solo quest’ultimo implica il concetto di libertà
ovvero, di soddisfacimento dei gusti individuali e di sviluppo della
personalità.
Di particolare interesse la più recente teoria di Dall’Ara (1995), secondo
cui non esiste un’opposizione reale tra tempo lavorativo e tempo libero, al
contrario è presente un’alternanza tra varie modalità di utilizzo del tempo
non lavorativo: tempo per il mantenimento personale, tempo per il
consumo, tempo dedicato alla cultura e tempo non utilizzato (dell’ozio).
La riduzione del tempo lavorativo, dunque, non implica necessariamente
l’accrescersi del tempo libero, bensì può comportare l’aumento delle altre
tipologie sopraelencate.
In conclusione si può affermare che il concetto di tempo libero non può
essere definito come la sola antitesi al tempo lavorativo.
Il tempo libero è quindi un tempo rivolto alla realizzazione della persona
(Maeran, e Novello, 1991), in cui l’individuo trova la propria dimensione
attraverso la ricerca del piacere e del senso della vita.
È il tempo dell’autonomia, dell’autodefinizione, della ricerca di sé e
dell’altro.
13
Gli studi di Dumazediér (1974) mettono inoltre in evidenza le
caratteristiche del tempo libero attraverso l’osservazione delle funzioni
psicologiche di soddisfazione personale. Pertanto il tempo libero ha
carattere:
- liberatorio in quanto conseguenza di una libera scelta, lontani da obblighi
istituzionali nel rispetto delle regole sociali;
- disinteressato perché non legato a fini utilitaristici, ideologici o religiosi;
- edonistico ovvero ricerca di uno stato di soddisfazione fine a se stesso, della
felicità e del piacere
- personale in risposta a bisogni individuali, per allontanarsi dalla quotidianità e per
recuperare le energie. (Dumazediér,1974)
1.1.3 Il tempo libero esiste ancora?
Il problema del tempo libero diventa rilevante nella società
contemporanea. L’attuale situazione permette infatti di occupare sempre
meno tempo con attività lavorative, avendo così a disposizione maggior
tempo libero.
L’aumento delle ore libere pone innanzitutto la questione del come
consumarle, in che cosa ed a che scopo. Carmen Belloni (1995), sociologa
e docente universitaria a Torino spiega:
“Oggi non esiste la percezione di avere un tempo libero - bensì persiste - una
rincorsa a varie attività per esorcizzare il «tempo vuoto» percepito come un tempo
privo di significati, come una perdita d'identità.” (Belloni, 1995)
Il disagio espresso dalla sociologa si ricollega alla più generica
preoccupazione rispetto al concetto di tempo libero, il quale è diventato
uno dei principali parametri di valutazione del benessere e della qualità
della vita.
Tale condizione viene percepita negativamente anche dai sociologi che
cercano di individuare una definizione adeguata del tempo libero, concetto
che sembra sottoposto a una sostanziale dissoluzione.
14
1.2 Tempo libero e disabilità
Riflettere sul concetto di tempo libero del disabile non è un compito
semplice. La scarsità di riferimenti bibliografici certo non agevola tali
studi, i quali si basano prettamente su dati empirici e alcune esperienze
dirette.
Al fine di affrontare questa tematica in modo accurato e sistematico, è
quindi necessario partire dalla formulazione del concetto di disabilità,
esplorare successivamente il contesto e i tempi di vita di un soggetto
disabile e concludere l’analisi, approfondendo il valore e le modalità di
fruizione del tempo libero.
1.2.1 La definizione di disabilità non è universale
Il concetto di disabilità si è modificato nel tempo in base al rapporto
stabilito tra il soggetto e le aspettative che la società ha nei suoi confronti.
Nel 1980 l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), definisce la
disabilità come la condizione sfavorevole che la persona presenta a livello
personale e, l'handicap come lo svantaggio sociale della persona con
disabilità
3
. Tale accezione ha mostrato negli anni una serie di limiti: viene
preso in considerazione solo un gruppo di persone (i disabili), mentre la
disabilità deve essere percepita come un concetto dinamico e in
evoluzione. Bisogna infatti considerare due aspetti fondamentali: la
difficoltà che si incontra nello stabilire un livello oltre il quale una persona
può considerarsi disabile e, non di meno, l’eventualità che ogni individuo,
nel corso della vita, possa diventare temporaneamente disabile. Un’altra
insufficienza della classificazione dell’OMS consiste nella mancata
valutazione dei fattori ambientali, i quali giocano invece un ruolo molto
importante nel limitare o facilitare l'autonomia della persona.
Negli anni ‘90, tenendo conto delle osservazioni sopra sintetizzate, l'OMS
ha commissionato, ad un gruppo di esperti, la riformulazione della
definizione di disabilità. Il nuovo approccio definisce lo stato di salute
3
(1980) International Classification of Impairments, Disabilities and Handicaps (ICIDH).
15
delle persone, piuttosto che le limitazioni, dichiarando che l'individuo
“sano” si identifica come “individuo in stato di benessere psicofisico”.
Conseguentemente cambia il concetto di disabilità: nella nuova
classificazione (approvata da quasi tutte le nazioni aderenti all'ONU), la
disabilità diventa un termine “ombrello”, ovvero che comprende le
difficoltà della persona, sia a livello personale, che nella partecipazione
sociale. Il termine handicap viene invece abolito per lasciare posto al
concetto di “restrizione della partecipazione sociale” (ICF, 1999)
4
.
In Italia la Legge-quadro n. 104 del 1992 diviene il principale riferimento
per ogni tipo di intervento nell’ambito della disabilità:
“La Repubblica Italiana garantisce il pieno rispetto della dignità umana e i diritti di
libertà e di autonomia della persona handicappata e ne promuove la piena
integrazione nella famiglia, nella scuola, nel lavoro e nella società.” (Art. 1)
I fini specifici di tale atto legislativo sono l’assistenza, l’integrazione e il
riconoscimento dei diritti delle persone disabili.
L’assistenza viene assicurata attraverso interventi di carattere socio-psico-
pedagogico, di assistenza sociale e sanitaria a domicilio, di aiuto
domestico e di tipo economico, a sostegno della persona e del nucleo
familiare.
L'inserimento e l'integrazione sociale della persona handicappata si
realizza in vari ambiti: scuola, lavoro, attività del tempo libero.
Basilare è assicurare l’accessibilità a tutti gli edifici pubblici e privati,
eliminando le barriere architettoniche che possono ostacolare i movimenti
e adeguando le attrezzature e gli spazi dei servizi educativi, sportivi e di
tempo libero.
Il diritto allo studio va tutelato e supportato attraverso la predisposizione di
dotazioni didattiche e tecniche, di programmi personalizzati e soprattutto
di personale qualificato. L'azione della scuola va integrata con attività
4
(1999) International Classification of Functioning, Disability and Health (ICF).