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CAPITOLO PRIMO:
EVOLUZIONE DEL RACHIDE
La suddivisione in scheletro assiale e appendicolare non è convenzione
puramente arbitraria: infatti, le strutture assili, cranio e colonna vertebrale
con le annesse coste e sterno, costituiscono lo scheletro primitivo, mentre gli
elementi scheletrici appendicolari, siano esse pinne, arti o ali sono a
comparsa successiva, anche se precoce, la cui importanza progressivamente
è aumentata con il complicarsi delle attitudini motorie dei vertebrati.
L’attuale colonna vertebrale è una caratteristica anatomica dei vertebrati,tra
cui l’uomo rappresenta la specie più evoluta. L’origine filogenetica risale a
circa 450 milioni di anni fa,con la comparsa dei “cordati”. Infatti,nel
Cambrico inferiore ,il rachide era rappresentato dalla notocorda;ad essa si
sono successivamente sommati ,durante l’evoluzione ,dapprima gli elementi
cartilaginei,poi quelli ossei.
Un asse resistente e flessibile allo stesso tempo costituisce, ovviamente, un
vantaggio per la locomozione degli animali a simmetria bilaterale con
tendenza ad assumere una forma allungata. Esso, impedisce che il corpo si
accorci a cannocchiale per effetto delle onde di contrazione che
bilateralmente si susseguono lungo successivi segmenti muscolari, come nel
caso dei movimenti sinuosi ed alterni della corda, che costituiscono l’atto
del corpo di locomozione principale nei vertebrati marini.
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Precocemente la notocorda è sostituita da una catena d’elementi ossificabili
mobilmente connessi per mezzo dischi di materiale deformabile.
Questo spiega il reperto di residui notocordali nelle vertebre di molti pesci,
anfibi e rettili. Questa sostituzione della notocorda si ripete durante la vita
embrionale di tutti i vertebrati.
Le vertebre che si accrescono attorno questa struttura per rimpiazzarla, sono
nei primi vertebrati, elementi complessi e d’aspetto vario; ma è a partire dai
rettili che la parte più importante diviene quella situata centralmente al
midollo spinale, in altre parole il centro che costituisce la maggiore parte del
corpo vertebrale.
Una tipica vertebra comprende in oltre un arco vertebrale, che circonda il
midollo spinale e si fonde ventralmente con la parte posteriore del corpo.
Comunemente l’arco presenta una protuberanza dorsale sulla linea mediana,
il processo spinoso o spina, e due processi trasversi laterali presso le
giunzioni tra corpo ed arco. Quest’involucro del midollo spinale, lo isola
dall’azione dei muscoli circostanti e lo protegge da forze esterne.
I muscoli segmentari che flettono la colonna, s’inserzionano solo in parte
direttamente alle vertebre; come leve per tali inserzioni si sviluppano le
coste. Esse occupano una posizione intersegmentaria e, poiché l’azione
fondamentale dei muscoli segmentari derivati da miotomi adiacenti è quella
di flettere la colonna vertebrale, anche le vertebre possono essere pensate
come di tipo intersegmentario(9). Da qui si deduce che l’unità fondamentale
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della colonna, in termine di movimento funzionale, è formata da vertebra,
disco intersomatico e vertebra successiva.
Riguardo il cingolo pelvico, esso si articola con più vertebre fuse, con i
rispettivi processi costiformi a formare il sacro. Tali vertebre persero la loro
mobilità reciproca e, nei mammiferi, vi sono da tre a cinque vertebre sacrali
immobili; più distalmente si trovano un numero vario di vertebre caudali,
che nell’uomo adulto sono ossa rudimentali e fuse a formare il coccige.
Le vertebre in todo del rachide possono essere divise in base alla regione
anatomica costituente: cervicali, dorsali e lombari.
Nel collo le vertebre sono più piccole, i processi costiformi sono poco più
che abbozzi, questo perché la respirazione branchiale è stata sostituita da
una polmonare, e in più la necessità di eseguire movimenti rapidi e a largo
raggio della testa rispetto al tronco, viene oltremodo facilitata. Nei pesci non
esiste un vero collo, essendo la regione postcraniale occupata dal sistema
branchiale, mentre nei vertebrati superiori e terrestri l’apparato respiratorio è
sito più in basso, da qui la necessità del collo, il cui tratto di colonna risulta
essere costituito da sette vertebre (eccetto il bradipo e i lamantini) persino in
quei mammiferi con collo di lunghezza assolutamente diversa come le
giraffe.
Parallelamente lo sviluppo di un sistema respiratorio che si basi
sull’ossigeno disciolto nell’aria rispetto ad una respirazione acquatica (da
cui deriviamo), ha portato all’adattamento delle coste e lo sviluppo del
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diaframma alla respirazione terrestre; le coste, persistono solo nel tratto
toracico come ben differenziate entità anatomo-funzionali solo articolate
con le vertebre, in altre parole ben distinte da esse. Non è esatto affermare
che i corpi vertebrali dorso-cervicali e sacrali siano sprovvisti di coste, in
quanto c’è la presenza di piccoli e rudimentali processi costiformi associati
oramai solo a formare il processo traverso.
Il numero complessivo di corpi vertebrali, ad eccezione di quelle caudali, si
riduce nei mammiferi primati, dai lemuridi e tarsioidei fino agli antropoidi.
In quest’ultimo sottordine che comprende scimmie (specie estinte ed attuali)
e uomo si rileva una certa uniformità di disposizione. Le vertebre cervicali,
dorsali, lombari e sacro-coccigee sono rispettivamente in numero di 7, da 11
a 15; da 4 a 7 e da 3 a 6; per il genere umano, la successione è di 7,12,5,5 e
3-4 (fuse assieme)
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CAPITOLO SECONDO:
CENNI ANATOMICI
La colonna vertebrale è indubbiamente il più complesso organo
dell’apparato locomotore: non si può fare a meno di considerarla
unitariamente per quello che concerne la funzione che svolge come mezzo
di sostegno e d’unione del corpo(16). Non si può non ricordare che al tempo
stesso è l’organo dell’apparato locomotore più segmentato e più ricco di
differenze tra segmento e segmento, non solo perché è costituito
dall’alternarsi di metameri ossei con particolari complessi articolari, che le
consentono una caratteristica elasticità e motilità, ma anche perché pur
considerandola come organo unico bisogna distinguerla in segmenti
regionali che hanno specificità morfologiche e funzionale che accomuna le
varie vertebre che costituiscono ciascun segmento.
Prima di addentrarci allo studio dei vari segmenti regionali e dell’insieme
della colonna è senza dubbio il caso di vedere qual è il modello di una
vertebra, e quali sono gli standard delle articolazioni che uniscono questa
vertebra alle successive:
La vertebra risulta formata anteriormente da un segmento osseo di forma
grossolanamente cilindrica, circondato da un corticale in genere piuttosto
sottile e limitato sia superiormente sia inferiormente da osso, che nella sua
parte centrale non si può considerare compatto, perché pur essendo piuttosto
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omogeneo è crivellato da forellini e solo alla periferia diviene una zona
anulare che ha nettamente i caratteri dell’osso compatto leggermente
rilevato rispetto al piano centrale.
La corticale che circonda il segmento osseo ha uno spessore notevolmente
maggiore posteriormente che non anteriormente o lateralmente, ed è
comunque forato dal passaggio dei canali venosi, che dal circolo vascolare
endo-osseo vanno a confluire nelle vene longitudinali del rachide.
Il centro del cilindro è costituito da vero osso spugnoso, nel quale le
trabecole sono disposte in modo da riprodurre un sistema di resistenza del
corpo vertebrale a quelle che sono le sollecitazioni meccaniche cui è
sottoposto.
Dai due lati del corpo vertebrale nella metà superiore del punto d’unione tra
la superficie laterale e quella posteriore prendono origine due relativamente
piccole formazioni ossee, grossolanamente cilindriche che hanno il loro asse
diretto orizzontalmente indietro, anch’esse sono circondate da osso corticale
e riempite d’osso spugnoso. Ciascuna di esse va a fondersi posteriormente
con una formazione ossea che è costituita dalla confluenza della base
dell’apofisi articolare superiore in alto, dall’apofisi articolare inferiore in
basso, mentre lateralmente dalla base dell’apofisi trasversa e medialmente
dalla porzione laterale dell’emilamina vertebrale omolaterale.
Questa piccola formazione ossea detta peduncolo o “radix arcus vertebrae”,
praticamente serve ad unire al corpo, ed allo stesso tempo a distanziarlo da
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esso, l’arco neurale, per dare passaggio al midollo spinale. Sia la superficie
superiore che quell’inferiore del peduncolo sono concave.
Come già detto, la porzione posteriore di ciascun peduncolo termina con la
formazione ossea di ben quattro elementi che costituiscono l’arco vertebrale
propriamente detto.
Da ciascun lato, l’arco sostiene in alto l’apofisi articolare superiore che è
delegata ad articolarsi con l’apofisi inferiore della vertebra soprastante, in
basso l’apofisi articolare inferiore, delegata ad articolarsi con quella
superiore della vertebra sottostante; lateralmente l’apofisi trasversa che è
diretta circa orizzontalmente di lato e sulla quale si inseriscono, o prendono
origine, numerosi muscoli e legamenti.
L’arco neurale con partenza dalle due emilamine laterali, si completa
fondendosi con l’unica apofisi dispari della vertebra quale il processo
spinoso; anch’esso sede d’origine ed inserzione di muscoli e legamenti.
Ciascuna lamina è costituita da un osso piatto in senso antero-posteriore, di
forma grossolanamente quadrilatera, che presenta una superficie anteriore ed
una posteriore e due margini uno superiore ed uno inferiore.
Ciascuna apofisi articolare si articola in artrodia con quella superiore o
inferiore, pertanto presenta una faccia articolare, rivestita da ialina, una
superficie non articolare, due margini ed un apice, il tutto racchiuso da una
capsula fibrosa tappezzata internamente da sinoviale e rafforzata
esternamente da legamenti.
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La disposizione spaziale della superficie articolare varia, come vedremo in
seguito secondo il segmento regionale nel quale l’apofisi articolare e situata.
Non costantemente, ma abbastanza frequentemente il contatto tra le due
superfici articolari è completato dalla presenza di una formazione simile ai
menischi delle articolazioni temporo mandibolari.
L’apofisi spinosa come già accennato, è una sporgenza mediana e posteriore
che prende origine dove le due lamine s’incontrano e si dirige in dietro ed in
basso secondo il distretto rachideo; ed anch’essa è costituita da osso
compatto con midollare spongiosa.
Da questa breve descrizione di una vertebra tipica, della sua morfologia,
spero sia sufficientemente chiaro che tra corpo ed arco vertebrale, grazie ai
peduncoli, si viene a formare un anello, scheletricamente vuoto, che prende
il nome di forame vertebrale.
Sovrapponendo una vertebra sull’altra ne deriva, come conseguenza, che la
continuità dei forami vertebrali realizza un intero canale (detto canale
midollare o contenente) che racchiude il midollo spinale racchiuso in un
sacco tri-meningeo. Tale speco vertebrale non rappresenta un calibro uguale
per tutta la sua percorrenza: è ampio a livello nel tratto cervicale, si restringe
in quello dorsale per poi riallargarsi in quello lombare e terminare
progressivamente chiudendosi sino al sacro.
Sempre per quanto detto sino ad ora; poiché ciascun peduncolo prende
origine dalla metà superiore della vertebra, ne deriva che ognuno di essi è
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distante da quello che lo precede o lo segue, perché anteriormente tale
distanza non è solo dovuta alla porzione inferiore di ciascuna vertebra, ma
anche alla presenza di quella articolazione anteriore tra vertebra e vertebra
intersomatica per la quale è preferibile fare una descrizione separata.
Posteriormente questa distanza è assicurata dal resto dello spessore dell’arco
neurale e dalla lunghezza delle articolazioni interapofisarie; per ciascuna
coppia di vertebre, le incisure vertebrali superiore ed inferiore concorrono a
formare forami vertebrali detti di coniugazione da cui fuoriescono le
emergenze dei nervi spinali e che devono andare a costituire i tronchi
nervosi, attraverso i quali pervengono al sistema nervoso centrale tutte le
sensazioni e gli stimoli percepite perifericamente e, contemporaneamente,
partono gli impulsi che devono arrivare in periferia.
Molti studi dimostrano che spetta alle apofisi articolari prevenire movimenti
di slittamento o di rotazione orizzontale di un metamero.. non è proprio vero
ciò:
Si prendano ad esempio le vertebre lombari: il centro di rotazione, su un
piano orizzontale, cade tra le apofisi articolari e non, come nel tratto dorsale,
al centro del corpo vertebrale (un po’ anteriormente). Quindi tutta la
rotazione avviene a livello delle articolazioni zigapofisarie; tant’è vero che
quando si passa dalla fisiologia alla patologia (caso principe le scoliosi), si
assiste ad un vero e proprio slittamento di un corpo vertebrale sull’altro.
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Quindi le articolazioni posteriori più che limitare fungono da centro
rotatorio! L’ostacolo semmai è dato dalla tensione opposta dalle fibre
dell’anulus e dai legamenti longitudinali. Altro esempio a cui si può
rapportare, è sicuramente quello della colonna dorsale; il cui centro di
rotazione cade al centro, un po’ anteriormente, del corpo vertebrale cosicché
la rotazione della vertebra avviene una sull’altra. A prova di ciò prendiamo
un atteggiamento scoliotico; in questo segmento, si nota la presenza di un
notevole gibbo dato dalla traslazione delle coste dovuta proprio a quella
rotazione di cui sopra, conferendo in una normale fisiologia movimenti
impensabili al tratto dorsale anche nonostante la presenza delle coste e dello
sterno che sicuramente, fungono da blocco.
Altra chiave di studio è sicuramente quella riguardante la distribuzione dei
carichi, che sulle apofisi vertebrali in un individuo è nullo o del 10%
(A.Nachemson); certo, questo se lo si considera in posizione perfettamente
eretta, allora ha ragione Nachemson; ma basti pensare che nel movimento di
flessione all’indietro, i corpi vertebrali si scaricano quasi completamente e il
peso ricade sull’apofisi articolari posteriori, per comprendere che non è
concetto perfetto affermare che queste strutture sono fuori del carico in
totale sulla colonna. Anzi, a volte sono strutture in sovraccarico.(rientrando
nella fisiologia patologica porto l’esempio di un paziente in atteggiamento
iperlordotico, magari per donna in stato interessante).
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Interessante fu lo studio del prof. Pais che calcolò che solo i legamenti gialli,
producono una forte tensione di carico sulla colonna. Egli costatò che una
colonna “libera” da ogni peso, lasciata solo con i legamenti gialli che la
univano; al momento della sezione di questi ultimi il rachide si allungava di
due centimetri e mezzo.
Si può ora tranquillamente parlare delle differenze strutturali che
caratterizzano le vertebre, nei segmenti anatomici del rachide
d’appartenenza; mettendo volta per volta in risalto le particolarità d’alcune
vertebre e, sicuramente, generalizzando in un solo corpo vertebrale le
caratteristiche anatomiche di quel determinato tratto rachideo.
VERTEBRE CERVICALI:
Le sette vertebre cervicali sono le più piccole tra le vertebre mobili e si
distinguono per i processi trasversi attraversati da un foro.La prima e la
seconda hanno caratteristiche proprie, e saranno trattate a parte; le rimanenti
sono conformi tra loro.
Una tipica vertebra cervicale presenta un corpo relativamente piccolo e
sviluppato trasversalmente; il foro vertebrale, particolarmente ampio è
triangolare piuttosto che rotondo. Corrispondentemente i peduncoli si
dirigono lateralmente ed indietro e formano, con le lamine, un netto angolo
aperto medialmente. Le incisure vertebrali superiori ed inferiori sono
all’incirca ugualmente profonde, dato che i peduncoli si attaccano al corpo a
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metà circa tra margine superiore e inferiore.Le lamine sono relativamente
lunghe e strette, il processo spinoso è corto e bifido, e termina con due
tubercoli spesso di dimensioni diverse. I processi articolari superiore ed
inferiore formano un pilastro articolare che sporge lateralmente alla
giunzione del peduncolo con la lamina. Il processo trasverso, attraversato da
un foro trasversario, possiede due radici, anteriore e posteriore, unite tra
loro. Tutte queste parti, del processo trasverso, nominate risultano essere la
rimanenza delle coste, ad eccezione del tratto mediale della radice posteriore
il quale corrisponde al vero processo trasverso.
La superficie anteriore del corpo convessa trasversalmente, presenta sui
margini superiore ed inferiore le impronte della inserzione del legamento
longitudinale anteriore e, ai lati della linea mediana, una leggera depressione
ci indica l’inserzione delle fibre del muscolo lungo del collo.
La superficie posteriore, forata per il passaggio dei vasi basivertebrali, ci
indica l’inserzione del legamento longitudinale posteriore. La faccia
superiore è concava trasversalmente, con un labbro prominente per ciascun
lato. Reciprocamente la faccia inferiore è convessa in senso trasversale, (e
anche in quello antero posteriore) quindi risulta “a sella”. Sul margine
superiore delle lamine e sulla parte inferiore della superficie anteriore
s’inseriscono bilateralmente i legamenti gialli. Sui processi spinosi cervicali
si inseriscono il ligamento nucale e numerosi muscoli estensori profondi del
collo, il multifido, lo spinale e gli interspinosi.
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Da notare anche la presenza di piccole articolazioni supplementari tipiche
del tratto in esame: le articolazioni unco-vertebrali. In una sezione frontale
si riconosce tra i due piatti vertebrali, il disco con nucleo ed anello, ma esso
non giunge sino al margine della vertebra. In effetti, il piano vertebrale
superiore s’innalza in due apofisi site ai lati: le apofisi unciformi la cui
faccetta interna, che guarda in alto ed indietro, è ricoperta di cartilagine e
prende rapporto con la contro-faccetta della vertebra sovrastante.
In tutte le vertebre di questo tratto, ad eccezione della settima, il foro
trasversario funge da passaggio per l’arteria vertebrale e per i plessi satelliti
venosi e del simpatico. Il tubercolo anteriore della sesta vertebra è
particolarmente voluminoso, e su di esso può facilmente essere compressa
l’arteria carotide comune.
L’atlante: prima vertebra cervicale regge il “globo”della testa. Differisce da
tutte le altre vertebre cervicali perché manca del corpo che essendosi fuso
con l’epistrofeo, concorre a formare quel perno di rotazione importantissimo
per i comuni movimenti del capo.
Manca anche un processo spinoso, costituito da due masse laterali congiunte
in avanti da un breve arco anteriore, e posteriormente da un più grande arco
posteriore. Risulta per tanto formato ad anello. Quando l’atlante si trova
articolato con l’epistrofeo, la sporgenza superiore di quest’ultimo (il dente)
si trova dietro l’arco anteriore, fermato da un legamento trasverso (detto
anche crociato, perché in alcuni soggetti si presenta a forma di croce).