3
Nella tesi si Ł appunto cercato di affrontare il tema di quanto sia penetrante,
di fatto, il controllo dei giudici sulla sussistenza del motivo (e su come debba
essere interpretata la nostra legge). Nella dottrina vi sono autori che accusano i
giudici del lavoro di sindacare persino il merito delle decisioni imprenditoriali,
finendo per ostacolare le scelte organizzative a m onte , che sono all origine
della catena causale che ha dato luogo ai licenziamenti; ma v Ł, all opposto,
chi considera il giustificato motivo oggettivo una regola minima di civilt ,
un argine che serve appena ad evitare che l imprenditore abusi delle proprie
prerogative. In generale, comunque, si pu dire che i recessi anche plurimi non
sono uno strumento affidabile, quando si devono adeguare le dimensioni
aziendali alle esigenze della produzione.
Le proposte di monetizzazione dei licenziamenti potrebbero essere un
compromesso tra le ragioni contrapposte dei lavoratori e dei datori.3 Da un
lato, chi subisce un licenziamento per motivi oggettivi avrebbe sempre diritto
a percepire un indennizzo economico, e dall altro sarebbe piø facile per le
imprese assumere e licenziare il personale in funzione di una maggiore
produttivit . La decisione di licenziare comportere bbe dei costi, magari anche
elevati, ma si tratterebbe di costi certi; e, soprattutto, il recesso sarebbe
senz altro efficace.
La soluzione potrebbe essere socialmente accettabile ed equa se venisse
accompagnata da una riforma piø ampia, che intervenisse sui trattamenti di
disoccupazione (che dovrebbero essere piø generosi e piø universali di quelli
attuali), e predisponesse servizi efficienti sia per l assistenza alla ricerca di
nuova occupazione sia per la formazione e riqualificazione professionale.
3
Sebbene molti lamentino la eccessiva vaghezza dell articolo 3, legge 604/1966, non ho
letto proposte di legge finalizzate a ridefinire e specificare la nozione di gmo. Il problema Ł
che qualsiasi ulteriore specificazione del giustificat o motivo oggettivo, invece di
agevolare, per l imprenditore, l esercizio del <<po tere di recedere da un rapporto che egli
non abbia interesse a mantenere in vita>>, si tradurrebbe in una maggiore pervasivit del
controllo da parte del giudice Per rendere piø facili i licenziamenti, l unica strada
praticabile sembrerebbe davvero quella di operare come non a caso si sta progettando di
fare- sul versante sanzionatorio, monetizzando completamente la <<sanzione>> per il
licenziamento non giustificato. il licenziamento privo di giustificato motivo rest erebbe
un recesso illegittimo, ma valido ed efficace. De Simone, op. cit., p. 34
4
Si Ł detto che lo scontro riguarda il regime sanzionatorio del licenziamento;
mentre non Ł all ordine del giorno una liberalizzazione assoluta dei
licenziamenti (nessuna delle proposte di legge depositate in Parlamento negli
ultimi anni ha proposto di cancellare il principio della giustificazione del
recesso). Tuttavia, anche rimanendo sul piano delle tutele, mi sembra che le
divergenze siano molto profonde, e che sia difficile trovare una sintesi, per
fare un esempio, tra la posizione di Ichino e quella di Gallino. I motivi di
inconciliabilit si trovano nelle premesse del disc orso, cioŁ nella diagnosi
sullo stato di cose; di conseguenza, le terapie p roposte dagli uni (per essere
chiari, da quelli che stanno dalla parte di Ichino) risultano inaccettabili per gli
altri.
4
Emerge abbastanza chiaramente, negli articoli che ho letto, un confronto (o
meglio, come si diceva, uno scontro) tra visioni a ntropologiche diverse.
Intendo dire che la differenza fondamentale, per me, si trova nel significato
che il lavoro dovrebbe avere per l uomo e nello s tabilire in cosa consista una
esistenza libera e dignitosa . Le norme della Cost ituzione riguardanti il
lavoro e i diritti sociali non vengono messe in discussione da nessuno; le
divergenze si registrano sul modo di attuare ed interpretare i principi, dando
loro un contenuto concreto. L articolo 4 Ł, in questo senso, emblematico: per
Ichino, l attuazione del diritto al lavoro richiede, in Italia, un allentamento
delle tutele di cui godono oggi i lavoratori tradi zionali . Ichino sostiene di
voler smantellare (almeno in parte) il diritto de l lavoro, proprio in vista di
4
Piergiovanni Alleva, in Piergiovanni Alleva et al. Il lavoro e il mercato, Rivista italiana di
diritto del lavoro , (1997), parte I, p. 241-242 La mia opposizione si dirige verso una certa
descrizione, molto ideologica a mio avviso, delle tendenze evolutive dell economia e della
societ , dalle quali si fa derivare, un po in tutt i i paesi dell occidente, una peculiare, ma
sempre uguale ricetta per il dramma della disoccupazione. non resta, secondo la teoria
o la <<ricetta>> ormai invalsa fino a divenire luogo comune, che utilizzare al massimo e al
meglio le <<nicchie>> in cui si creano occasioni di lavoro magari temporanee, e
rassegnarsi a contare essenzialmente su spezzoni di lavoro precario, nel quadro di una
concorrenza al ribasso tra aspiranti lavoratori davvero esacerbata. se nella sostanza il
lavoro Ł gi precario, allora tanto vale accelerare il processo e, anche per un principio di
uguaglianza tra i lavoratori, sbarazzarsi in fretta di tutte quelle c.d. <<rigidit >>, che altro
non sono se non le norme di tutela create dalla legge o dall autonomia collettiva, a
riequilibrio della posizione di debolezza e di bisogno del lavoratore. L autore annovera
Ichino tra i sostenitori della ricetta , e polemiz za esplicitamente con le sue proposte in tema
di diritto del lavoro.
5
quei valori che, originariamente, hanno ispirato le lotte dei lavoratori. Al
contrario, per la cultura sindacalista piø tradizionale (Ichino direbbe per i
giuslavoristi ortodossi), l articolo 4 viene attuato nella misura in cui si
riconoscono diritti e prerogative ai titolari del posto di lavoro.
5
Da una parte si prospetta lo scenario di un futuro in cui sar possibile
coniugare flessibilit (intesa come frequente passa ggio tra occupazioni
diverse, ma anche come alternanza tra periodi di occupazione e pause di
inattivit ) e sicurezza (nel senso economico di gar anzia di un reddito minimo e
di poter beneficiare di certi servizi essenziali, anche per chi non ha un lavoro).
Sarebbe questa la risposta e la soluzione moderna alle problematiche derivanti
dalla fine di una certa fase del capitalismo (in particolare, i paesi di antica
industrializzazione sono danneggiati dalla concorrenza delle nuove economie
emergenti e dal loro minore costo del lavoro). Dall altra parte, lo stesso
scenario Ł considerato come una minaccia da sventare: la cosiddetta
flessicurezza porrebbe i lavoratori in una condiz ione di piø stretta
dipendenza dalle imprese, con un peggioramento delle condizioni economiche
e di vita. In altre parole, le persone sarebbero meno libere, mentre nei luoghi
di lavoro si sarebbe costretti a svolgere mansioni sempre piø degradanti.
La stabilit talora Ł affermata come un valore, come una condizione
necessaria (anche se magari non sufficiente) affinchØ gli individui possano
pienamente esercitare tutti gli altri diritti e libert . In questa prospettiva la
perdita del diritto ad un posto stabile non pu e ssere compensata neppure
dai piø efficienti sistemi di welfare. Per i sostenitori della stabilit , nel
rapporto di lavoro sono implicati tantissimi aspetti della personalit del
dipendente; per cui il licenziamento non pu essere considerato,
5
De Luca Tamajo riconosce il valore rivoluzionario del pensiero di Ichino: Il primo
merito dell opera riguarda l aggiustamento dell ott ica valutativa dell ordinamento
giuslavoristico. In effetti, per quasi trent anni siamo stati abituati a misurare la bont e
l efficienza di un sistema di diritto del lavoro a nche in termini di comparazione con altri
ordinamenti- esclusivamente in funzione del tasso di garantismo (per la parte lavoratrice)
espresso dal sistema medesimo. Raffele De Luca Tamajo, in Alleva et al., op. cit., p. 248-
249
6
riduttivamente, come la fine di un rapporto contrattuale, e la giustificazione
assolve anche una funzione etica . E come se la l egge imponesse al datore di
rendere conto delle ragioni del recesso, e cos lo costringesse a considerare i
propri dipendenti come esseri umani . 6 I difensori della tutela reale temono un
imbarbarimento dei rapporti civili e sono sincera mente preoccupati per le
ripercussioni di tipo latamente sociale che potrebbero derivare da un regime di
licenziamenti automatici come quello descritto da Ichino. Le loro obiezioni
meritano di essere prese in considerazione, e non possono essere liquidate con
l accusa di voler difendere a tutti i costi lo status quo ed i privilegi dei
lavoratori .
Ho parlato di visioni antropologiche diverse perc hØ molto dipende da
come i lavoratori considerano la propria professione. Possono vederla
semplicemente come una fonte di reddito, o al contrario come l attivit
essenziale per la esplicazione della propria perso nalit . Nel primo caso si
pu accettare, al limite, di essere licenziati per motivi futili e capricciosi ,
purchØ il licenziamento sia accompagnato da un adeguato risarcimento
monetario e ci siano buone prospettive di trovare altrove un occupazione.
Invece, per il lavoratore del secondo tipo l estromissione dalla propria azienda
sar vissuta come un offesa alla propria dignit .
Non si pu parlare genericamente di mondo del lavo ro . Anche all interno
dei paesi occidentali assistiamo a fenomeni contraddittori. Per un verso si
assiste ad una specie di ritorno al passato, nel senso che si stanno diffondendo
6
Matteo Corti. Lento ma inesorabile tramonto della stabilit reale ? Qualche riflessione
italiana sulla riforma della disciplina dei licenziamenti in Germania, Rivista italiana di
diritto del lavoro , (2005), I parte, p. 393 La stabilit reale garantisce ai lavoratori che
l esercizio di tutti i diritti derivanti dal rapporto potr avvenire senza timore di ritorsioni;
svolge una funzione etica, poichØ ricorda al datore di lavoro che il lavoratore Ł una persona
nei confronti della quale non tutto gli Ł permesso; svolge una funzione pedagogica, poichØ
invita il datore di lavoro a valorizzare al massimo le proprie risorse umane, delle quali non
pu sbarazzarsi a cuor leggero. Tutti questi argome nti devono essere attentamente valutati
nel pianificare una riforma della disciplina dei licenziamenti in Italia: infatti, se da un lato
il diritto del lavoro deve imparare anche a incentivare la creazione di nuove opportunit di
lavoro, d altro lato esso non pu abdicare alla pro pria funzione storica di tutela della
dignit del lavoratore subordinato.
7
nuove forme di lavoro poco qualificato, che richiedono ai dipendenti di
svolgere mansioni alienanti (vengono in mente i call center); ma allo stesso
tempo si afferma una diversa cultura aziendale , c he esige dai lavoratori una
partecipazione ed un contributo di tipo intellettuale maggiori rispetto al
passato.
7
Il futuro del diritto del lavoro va pensato tenendo presenti entrambe
le tendenze.
Si pu iniziare a trattare i lavoratori da maggior enni , ma solo in certe
situazioni. Per i lavoratori piø forti i maggiori spazi per la negoziazione
individuale si traducono in una maggiore libert da l punto di vista sostanziale;
infatti, se un individuo Ł effettivamente in grado di scegliere la propria
professione (perchØ il suo livello di formazione professionale lo rende
competitivo sul mercato del lavoro), allora pu ess ere egli stesso a voler
rinunciare, in una certa misura, alle sicurezze approntate dal diritto del lavoro,
per avere in contropartita maggiori opportunit di guadagno e di successo
professionale. Viceversa, i lavoratori piø deboli , (quelli meno occupabili da
parte delle imprese), dovrebbero continuare a beneficiare di tutele inderogabili
imposte dall esterno (dalla legge o dalla contrattazione collettiva). 8
7
Katherine V.W. Stone. Ripensare il diritto del lavoro: i regimi di protezione per i
lavoratori nel nuovo mercato del lavoro, Rivista italiana di diritto del lavoro , (2005), parte
I, p. 403 Oggi la maggior parte delle politiche del personale mira a risolvere il seguente
paradosso: le imprese hanno bisogno di indurre l OCB (organizational citizenship behavior)
e l impegno per qualit , produttivit ed efficienza , ma allo stesso tempo smantellano le
sicurezze occupazionali e di carriera che in tutto questo secolo hanno costituito per i
dipendenti lo strumento di partecipazione al successo ottenuto dalla loro azienda. Vedi
anche Michela Spini. Lavoro, diritto al lavoro, diritto del lavoro, Diritto delle relazioni
industriali , numero 2/XVI, (2006), p. 387 oggi il lavoro umano contribuisce, con il
capitale, a stabilire il successo o l insuccesso di un impresa. L eccellenza del fattore umano
Ł elevata a punto critico per determinare il successo delle imprese. La figura socialmente
omogenea del lavoratore comune dell industria lascia spazio ad una pluralit di identit
sociali dei produttori derivante da professionalit spesso molto sofisticate. Il lavoro richiede
persone intelligenti, intuitive, adattabili, sempre giovani e scattanti, sempre aggiornate e
vivaci. ibid. p. 395 Nell ottica della flessibilit e dell adattabilit occorre anche una
rimeditazione del rapporto di lavoro subordinato. Ci che conta non sono piø la docilit e
l obbedienza del lavoratore ma la capacit di ri solvere i problemi e l adattabilit
agli stimoli esterni. Si pone l accento sulla formazione: su quella precedente all ingresso
nel mondo del lavoro , come su quella nel corso de lla vita lavorativa , e la formazione
diventa oggetto di considerazione da parte del diritto del lavoro. (pag. 395)
8
Riccardo Del Punta. Ragioni economiche, tutela dei lavori e libert del soggetto, Rivista
italiana di diritto del lavoro , (2002), I parte, p . 416 Ł quindi errato prospettare
un alternativa secca fra tutela nel rapporto e tutela nel mercato. La questione vera non Ł
8
Ichino parla di una destra e sinistra giuslavorist iche , che si caratterizzano
per il fatto di promuovere rispettivamente due valori tra loro in conflitto (nel
senso che, almeno in una certa misura, per attuarne uno si deve sacrificare
l altro): il principio di una uguaglianza a priori e quello della commisurazione
del trattamento economico del lavoratore alla qualit e quantit di lavoro
prestato.
9
Mi servo di questa schematizzazione (cui Ichino ricorre non per
motivi polemici, ma per chiarezza del discorso) per tentare di rappresentare a
grandi linee il dibattito sui grandi temi del diritto del lavoro, come uno scontro
tra diverse concezioni del lavoro e tra modi diversi di intendere concetti quali
la giustizia, l equit e la libert individuale.
I difensori del diritto del lavoro tradizionale tendono ad avversare le riforme
(o le proposte di riforma) degli ultimi due decenni. Il loro giudizio sugli ultimi
anni Ł decisamente negativo: dopo l apogeo del d iritto del lavoro, (per il
quale si pu considerare come data emblematica, per l Italia, il 1970, anno di
promulgazione dello Statuto dei lavoratori), il nostro ordinamento avrebbe
subito una involuzione, con un progressivo riconoscimento delle ragioni dei
datori di lavoro a danno dei diritti dei dipendenti. Questo fenomeno regressivo
(dal punto di vista della classe lavoratrice) ha investito quasi tutti i paesi
industrializzati, in modo piø meno accentuato a seconda dei casi (in questa
sede non posso discutere e approfondire le condizioni economiche e politiche
che hanno favorito politiche legislative di tipo l iberista ). Accanto alla
condanna del recente passato v Ł un diffuso atteggiamento di pessimismo nei
confronti del futuro: infatti, le intenzioni dei governi nazionali (e degli
organismi sopranazionali piø importanti in campo economico) vanno in
direzione opposta rispetto agli ideali della sinis tra giuslavoristica , per la
quella di abbandonare la tutela nel rapporto per sostituirla con una tutela nel mercato,
bens di distinguere con maggiore chiarezza e pertinenza facendo uso di un bisturi, e non di
una scure- le ipotesi in cui, onde garantire al lavoratore una effettiva parit negoziale, id
est di mercato, Ł necessario continuare a proteggerlo con tutele indisponibili dentro il
rapporto, da quelli nei quali (sic) egli pu essere riavviato su percorsi di autonomi a.
9
Pietro Ichino. La stabilit del lavoro e il valore dell eguaglian za, Rivista italiana di
diritto del lavoro , (2005), I parte, p. 16
9
quale le regole inderogabili andrebbero non solo mantenute ma, se possibile,
estese anche a quelle categorie che oggi ne sono escluse.10
Vorrei soffermarmi su alcuni aspetti della critica della flessibilit che ho
cercato sinteticamente di tratteggiare. Mi sembra che alla base del
ragionamento ci sia una concezione del diritto al lavoro , che per certi aspetti
Ł legata al passato. Le prime coalizioni dei lavoratori e l introduzione, in tutti i
paesi industrializzati, di norme eteronome inderogabili che imponessero
standard minimi di trattamento, rispondevano all esigenza di mitigare le
conseguenze della inferiorit socio-economica in cu i versavano i lavoratori.
Ma rispetto all inizio del diritto del lavoro sono trascorsi circa due secoli, in
cui i lavoratori hanno realizzato conquiste importanti. Forse il problema Ł
quello di attualizzare la nozione di inferiorit socio economica che viene
posta a fondamento del diritto del lavoro e che consente di giustificare -anche
da un punto di vista economico- il principio di inderogabilit e il divieto di
concorrenza selvaggia tra lavoratori. 11 Da questo punto di vista, la
10
Riccardo Del Punta. Statuto dei lavori e processo di riforma del diritto del lavoro,
Democrazia e diritto , (2004), fascicolo 3, p. 15 Il primo istinto della cultura
giuslavorista Ł stato quello di affrontare il problema (delle nuove forme di lavoro)
ragionando in termini di estensione pura e semplice delle protezioni anche a forme di lavoro
non subordinato, e dunque in chiave di espansione tout court dell ambito della disciplina.
11
Riccardo Del Punta. L economia e le ragioni del diritto del lavoro , Giornale di diritto del
lavoro e delle relazioni industriali , n. 89, anno XXIII, (2001), 1, p. 36 La pur sommaria
ricognizione critica delle piø significative teorie economiche del mercato del lavoro ha
dimostrato che, se Ł difficile trovare nell economia una giustificazione in senso proprio del
diritto del lavoro cos come lo intendiamo, quelle teorie non sono capaci di dimostrarne in
maniera conclusiva l irrazionalit dal punto di vis ta economico. Anzi, nelle loro varianti piø
avvertite, che rivelano un acuta consapevolezza delle imperfezioni (tanto <<naturali>>
quanto <<istituzionali>>) del mercato del lavoro, esse pervengono a (o comunque
consentono di) considerare efficienti, date certe circostanze, alcune forme di limitazioni
eteronome della libert contrattuale. Vedi anche Pietro Ichino. I giuslavoristi e la
scienza economica: istruzioni per l uso , Argomenti di diritto del lavoro ,
numero2/XVI, (2006), p. 456. Nella corrente neoclassica della scienza economic a si
possono trovare non soltanto, nØ principalmente, riferimenti che i nducono a contestare la
ragion d essere dell intervento autoritativo dell o rdinamento nel mercato del lavoro, ma
anche e soprattutto riferimenti che confermano l esistenza di una precisa ragion d essere
economica della nostra branca del diritto e che possono svolgere un ruolo indispensabile
per individuarne la giustificazione costituzionale
Ibid. p. 467 Il rifiuto tradizionale dell impostazione marginalista da parte del giuslavorista
ortodosso a ben vedere- Ł motivato dallo schema lo gico fondamentale del pensiero
marginalista, secondo il quale gli interventi correttivi dell ordinamento sono sempre
giustificati come second best, rispetto a un first best (la mano invisibile di ADAM SMITH)
impedito dalle distorsioni nel funzionamento del libero mercato.
10
riflessione di Ichino mi sembra convincente, o quantomeno ragionevole: egli
riconosce che delle disparit ci sono ancora, ma so no dovute a cause diverse
rispetto al passato.12
Per semplificare, mi permetto di descrivere la contrapposizione tra due
schieramenti. Da un lato, si vuole ampliare la libert dei soggetti nel mercato
del lavoro (e si accetta pacificamente che ci comp orti una maggiore
competizione tra lavoratori, anzi si auspica una maggiore meritocrazia nel
mondo del lavoro). Dall altro, si insiste sulla stabilit del posto come una
priorit (e tacitamente si accettano o si sottovalu tano le implicazioni in termini
di minore possibilit per i lavoratori di valorizza re al meglio le proprie
capacit , e si trascurano le legittime aspirazioni dei disoccupati a fare
concorrenza agli occupati).
Oggi, l esigenza di restituire il diritto di scelta ai lavoratori (non a tutti, ma
in modo oculato e tenendo conto della specifica situazione), pu anch essa
fondarsi su valori di rango costituzionale.13 Mi sembra che la difesa delle
tutele tradizionali si basi su di una idea di infe riorit socio-economica del
lavoratore come dato immutabile. Al contrario, Ichino invita a prendere atto
12
Andrea Ichino e Pietro Ichino. A chi serve il diritto del lavoro, Rivista italiana di diritto
del lavoro , 1994, I parte, p. 469-472 Gli autori d istinguono tra la situazione di monopsonio
statico che caratterizzava l epoca del primo svilu ppo industriale, e il monopsonio
dinamico degli odierni mercati del lavoro. Nella p rima situazione, i lavoratori si trovano
costretti a <<vendere>> quantit inferiori di forza lavoro (con conseguente disoccupazione
di alcuni) a livelli retributivi inferiori rispetto a quelli conseguibili in un mercato
caratterizzato da competizione anche dal lato della domanda. la funzione di tali misure
(cioŁ di norme in favore dei lavoratori dipendenti) Ł in sostanza, nel quadro del modello qui
considerato, quella di limitare le distorsioni del mercato, favorendo il passaggio da una
situazione di monopsonio a una situazione di duopolio, in cui datore di lavoro e sindacato si
fronteggino in un sostanziale equilibrio contrattuale, con l effetto di consentire al tempo
stesso livelli occupazionali piø elevati e un miglioramento degli standard di trattamento.
Tuttavia, nel considerare la realt attuale, non va nno persi di vista i profondi mutamenti
che si sono prodotti nella struttura dei mercati del lavoro moderni, per effetto non soltanto
dello sviluppo del tessuto produttivo, ma anche del riequilibrio dei mercati stessi derivato
dal rafforzarsi ed estendersi della capacit di coa lizione dei lavoratori. gli elementi
monopsonistici si sono in gran parte dissolti, mentre l espansione dell occupazione dati i
piø elevati livelli salariali- appare sempre piø vincolata alle fluttuazioni e ai trends di
crescita della domanda per i beni prodotti dalle imprese: tutto ci in un contesto in cui
l incertezza e la diffusione imperfetta delle informazioni diventano sempre piø
determinanti.
13
L articolo 3, comma 2 della Costituzione parla sia di uguaglianza che di libert dei
cittadini. Il problema Ł fare in modo di realizzare una libert sostanziale . Vedi Del Punta,
Ragioni economiche, tutela dei lavori e libert del soggetto, op. cit., p. 417-422
11
che la condizione dei lavoratori oggi Ł immensamente mutata rispetto
all inizio dell industrializzazione: proprio grazie al sostanziale successo del
diritto del lavoro nel raggiungere i principali obiettivi per i quali Ł nato e si Ł
sviluppato, le condizioni sociali, economiche e politiche rendono possibile (ed
eticamente doverosa) una legislazione del lavoro che, senza rinnegare la
protezione dei piø deboli, attui con decisione i p rincipi della libert del
soggetto .
Anche nella proposta ichiniana, invero, alcuni aspetti lasciano perplessi.
Egli ripone una eccessiva fiducia negli effetti macroeconomici che le soluzioni
legislative proposte dovrebbero produrre. Se i con servatori del diritto del
lavoro delegano allo Stato il problema della piena occupazione e non
prendono atto della impossibilit (almeno entro un prossimo futuro) di
realizzare la societ del pieno impiego, dall altra parte non si pu neppure
pensare che una riforma del diritto del lavoro, per quanto radicale, e per
quanto intervenga a vasto raggio sulle problematiche del mercato del lavoro e
degli ammortizzatori sociali, sia lo strumento adeguato a risolvere i problemi
occupazionali di un paese.14
Un aspetto caratterizzante del pensiero di Ichino (rispetto ai c.d.
giuslavoristi ortodossi) Ł la preoccupazione per gli outsider. Anzi, forse
l argomento usato con piø insistenza a sostegno delle proprie idee, Ł proprio
quello legato alla necessit di eliminare i privil egi di cui godono gli occupati
della cittadella del lavoro garantito , per dare a gli outsider qualche chance di
lavoro. Anche su questo tema occorrono delle precisazioni. Il filo conduttore
del ragionamento proposto mi pare il seguente: nell esercizio dei propri poteri
14
Paolo Sestito, in Alleva et al. Il lavoro e il mercato, op. cit., p. 261-262 L autore (Ichino)
insiste molto sulla tematica del rafforzamento del lavoratore nel mercato (questione della
formazione e dell informazione), che credo sia importante. L elemento di cautela che vorrei
proporre Ł che questioni come quella del miglioramento del set informativo dei lavoratori,
della facilitazione della mobilit e del passaggio da un posto di lavoro a un altro, sono s
importanti, ma sono efficaci soprattutto dove un mercato vivace gi esiste. La
considerazione, quindi, Ł di non aspettarsi chiss che cosa da interventi come quelli sul
lavoro interinale laddove il lavoro non c Ł, perchØ vi Ł un problema di carenza di domanda
di lavoro.
12
imprenditoriali (non solo in fatto di recessi, ma in generale in tutte quelle
situazioni per le quali l ordinamento richiede la sussistenza di un giustificato
motivo oggettivo),15 il datore persegue lo scopo di eliminare o di ridurre i
costi opportunit . In questo contesto, si inseris ce il progetto di
monetizzare i licenziamenti economici (ricordo ch e per Ichino la tutela
contro i licenziamenti discriminatori va mantenuta cos com Ł), affinchØ le
imprese utilizzino al meglio la forza lavoro, imp iegando solo dipendenti che
garantiscano livelli minimi di produttivit (nel ca pitolo primo ho cercato di
esporre per sommi capi la proposta).
Il regime di licenziamenti automaticamente indenni zzati si concilia con la
teoria della funzione assicurativa del rapporto di lavoro , e con l idea che
l impresa debba svolgere anche una funzione sociale (ma non assistenziale), e
debba pianificare in modo responsabile il proprio fabbisogno di manodopera.
Concretamente, nel regime prospettato da Ichino, i lavoratori licenziati
potrebbero beneficiare di trattamenti economici non peggiori rispetto ad oggi,
e le stesse imprese dovrebbero finanziare, in parte, quei trattamenti.
Regole diverse per l entrata nel mondo del lavoro (che consentano una
selezione piø accurata dei dipendenti prima dell assunzione), e per l uscita (la
riforma dei licenziamenti e una maggiore possibilit di assumere a tempo
determinato), possono aumentare la produttivit del lavoro e l efficienza delle
singole aziende; quindi, in definitiva, consentono di aumentare la produzione
complessiva di un paese. E anche vero che, in linea di principio, la maggiore
ricchezza pu essere ridistribuita secondo criteri di equit , con vantaggi per i
ceti sociali piø deboli, e magari proprio per chi non Ł riuscito a trovare
un occupazione.16 Per assurdo, si potrebbe anche immaginare che il maggior
15
Nel capitolo 1 far riferimento ad un volume in cu i Carinci prende in considerazione le
diverse ipotesi di giustificato motivo presenti nel nostro diritto del lavoro. Maria Teresa
Carinci. Il giustificato motivo oggettivo nel rapporto di lavoro subordinato, Padova, Cedam,
2005
16
Ichino. La stabilit del lavoro e il valore dell uguaglianz a, op. cit., p. 12-14Ichino fa
riferimento alla teoria della giustizia di Rawls. Anche in questa teoria, si immagina che gli
individui, siano indotti dal proprio interesse egoisticamente inteso, prima ancora e
indipendentemente da eventuali motivi etici, a scegliere di darsi contrattualmente un assetto
sociale ispirato a un principio di eguaglianza, che si concreta in regole di massima
13
reddito prodotto dai piø bravi che lavorano, fini sca tutto nelle tasche dei
piø sfortunati che per vari motivi non lavorano. Tuttavia, nella pratica
questo tipo di redistribuzioni non avviene agevolmente; inoltre (per motivi
psicologici e sociali, di autostima e di dignit ) l e persone, generalmente,
preferiscono poter guadagnare il proprio reddito lavorando, piuttosto che
riceverlo in qualit di assistiti. Insomma, nella realt , l occupato Ł piø ricco
del disoccupato, e non Ł secondario il fatto di meritare col proprio lavoro il
reddito che si percepisce.17 Pare che il mondo del lavoro auspicato da Ichino
sia piø concorrenziale dell attuale. Per questo, credo che le difficolt degli
svantaggiati (nel trovare occupazione e reddito) aumenterebbero, anzichØ
diminuire, in quanto sarebbe eliminata la condizione di ignoranza del datore
nei confronti delle qualit dei lavoratori (egli po trebbe possedere molte piø
informazioni sui candidati all assunzione, e comunque potrebbe licenziare piø
facilmente per difetti scoperti durante il rappor to di lavoro). L uguaglianza
a priori verrebbe sacrificata a vantaggio dell alt ro valore: il trattamento
proporzionato alla qualit della prestazione. Ichin o stesso riconosce che gli
strumenti necessari per colmare il gap tra insider e outsider sono livelli piø
elevati di istruzione, formazione professionale continua, servizi per l impiego
efficienti. Ma dal punto di vista degli sfortunati , quelle misure sono i
uniformit nella distribuzione dei diritti fondamen tali e che consente disuguaglianze nella
distribuzione dei diritti e delle risorse soltanto quando queste operino in favore di chi risulti
in concreto svantaggiato, al fine di ridurne lo svantaggio. L ordinamento fondato su tale
principio si propone dunque di perseguire l uguaglianza nonostante le diversit di dotazioni
e di posizioni sociali destinate a determinarsi via via in concreto, anzi contrastando tale
diversit sul nascere oppure, contrastandone gli ef fetti differenziatori sul piano della
ricchezza e del benessere. Inoltre, costituisce parte integrante di quella teoria (di Rawls)
anche un <<principio di differenza>> col quale egli giustifica una differenziazione dei
trattamenti volta a consentire la valorizzazione della maggiore produttivit dei piø dotati,
quando questa valorizzazione ridondi congruamente anche a vantaggio dei meno dotati.
(pag. 14) Il <<principio di differenza>> Ł inteso da Rawls nel senso di <<un accordo per
considerare la distribuzione delle doti naturali come un patrimonio comune e per
suddividere i benefici di questa distribuzione, qualunque essa sia.>>. Nessuno merita nØ
le sue maggiori capacit nØ una migliore posizione di partenza nella societ . Ma ci non
implica che si devono eliminare queste distinzioni. Esiste un modo per considerarle. La
struttura fondamentale pu essere modificata in mod o che questi fatti contingenti operino
per il bene dei meno fortunati.>> (John Rawls, A theory of justice, 1971. tr. It. a cura di
Sebastiano Maffettone, Milano, Feltrinelli, 1982, pag. 98)
17
Se il lavoro non avesse anche la funzione di dare d ignit , e cittadinanza a chi lo svolge,
non ci sarebbe ragione per incentivare l assunzione di persone disabili, e sarebbe sufficiente
provvedere al loro mantenimento economico.
14
servizi che uno stato sociale deve comunque attua re, e non possono essere
proposti come contropartita della flessibilit , c ome se la maggiore tutela
nel mercato implicasse necessariamente una minore tutela nel rapporto (tra
l altro, si Ł visto che per la sinistra giuslavori sta si tratterebbe di uno
scambio inaccettabile e portatore di incivilt ). Se la formazione professionale
Ł un investimento che accresce il capitale umano di una nazione, allora
questo tipo di investimento dovrebbe essere comunque conveniente per lo
stato e andrebbe attuato a prescindere dalla rigidit o flessibilit delle regole
del lavoro.18
I critici della flessibilit individuano le cause profonde del fenomeno nelle
grandi trasformazioni economiche e sociali che riguardano tutto il mondo.
Sembra che i lavoratori abbiano solo da perdere, mentre i vantaggi sarebbero
tutti delle imprese, considerate il vero potere c he, magari in modo un po
occulto, sta determinando la crisi del diritto del lavoro e delle sicurezze
tradizionali.
Sul lato opposto, si accetta come un dato di fatto la nuova organizzazione
delle aziende, il nuovo modo di produrre e di lavorare. Forse per occorre
saper distinguere tra piani diversi: non basta dire che, materialmente, i beni
vengono prodotti con tecniche nuove e che di conseguenza ai lavoratori si
richiedono competenze diverse e si assegnano mansioni diverse. Il problema Ł
fare in modo che la nuova organizzazione del lavor o sia compatibile col
rispetto dei lavoratori. Pu essere giudicata intra nsigente la posizione di chi
difende le norme del diritto del lavoro, come se si trattasse di valori assoluti e
atemporali . Ma Ł superficiale anche la posizione di chi si limita a constatare
la flessibilit come un dato di fatto su cui non si pu intervenire. Se le
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Alleva, in Alleva et al. Il lavoro e il mercato, op. cit., p. 244 La prospettiva e la
proposta,(di Ichino) allora, sono valide, ma in funzione aggiuntiva e non sostitutiva: il
diritto alla formazione e miglioramento professionale va affermato nel mercato del lavoro,
ma anzitutto nel rapporto. E pretendere che questo nuovo diritto <<si paghi>> con
l accettazione di una precarizzazione accelerata costituisce proposizione indimostrata, e in
definitiva anche poco logica, considerato il ruolo ancora preminente dell accumulo
dell esperienza nella formazione di un bagaglio professionale.